Domenica, 01 Settembre 2024 06:53

Terapia culturale unico rimedio al dilagante linguaggio violento. In evidenza

Scritto da Avv. Giuseppe Storti

Di Giuseppe Storti Roma, 30 agosto 2024 - Ormai dilaga, come un fiume in piena, un linguaggio violento in ogni settore della vita sociale e politica. Anzi la politica in particolare contribuisce ad avvelenare i pozzi, con un linguaggio ed un tipo di comunicazione ben al di sopra delle note dello spartito istituzionale, che invece, di contro, dovrebbe essere il modello più efficace e corretto adottato dal ceto politico.

Ma non è solo lo scenario politico nazionale a caratterizzarsi per l’uso e l’abuso di un linguaggio che lungi dal discorrere e ragionare di programmi ed intenzioni da realizzare per il progresso del popolo, si trasforma in una costante demonizzazione dell’avversario, concentrandosi solo ed unicamente sull’attacco alla persona. Infatti basta verificare ciò che sta accadendo nell’acceso scontro elettorale per le presidenziali americane. I due contendenti per la presidenza degli Usa fanno a gara a scagliarsi accuse che vertono sulle qualità personali dell’avversario; che viene fatto percepire come un nemico, e non  come un competitor da battere, convincendo gli elettori sulle grandi tematiche sociali ed economiche che sono sul tappeto del panorama politico americano ed internazionale, che attendono sicure ed efficaci soluzioni. I termini più abusati che si ascoltano ad ogni comizio, sono: combattere, resistere, nemico. Insomma come se si vivesse in un stato di guerra permanente, piuttosto che in una campagna elettorale di un paese democratico.

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Insomma un clima inquinato che già ha dato i suoi frutti nocivi con l’attentato a Trump, che per fortuna non ha avuto esiti drammatici. Ma siamo sicuri che in un paese come l’America, dove l’acquisto e l’uso di armi anche da guerra, è come acquistare un hot dog, non scateni nei cittadini in specie quelli più condizionabili sentimenti di odio tanto accentuati da indurli a gesti estremi? Anche i social, invasi dalla comunicazione politica, con pagine e profili personali, si sono trasformati in cassa di risonanza di una modalità di comunicazione sbagliata e fuorviante che inquina l’anima e la mente del popolo social. Già i social, anche senza la presenza dei politici, si sono di fatto, da tempo, trasformati in canali di diffusione di odio: una sorta di discarica umana del malessere profondo che attraversa ogni segmento della società, che trova spazio nella rete; dove tutti: dal colto all’inclita, senza freni né inibizioni si sentono liberi di postare i propri malevoli commenti sulle bacheche di personaggi famosi, ed anche dei politici. Insomma la violenza verbale e scritta, il turpiloquio, video irricevibili, vengono postati a iosa.

Per non parlare poi di pagine dove è diventato normale e quasi fisiologico, postare immagini di risse, di violenza estrema tratte dalla triste realtà di tutti i giorni. Migliaia di persone seguono dette pagine, mettendo il like, commentando i video, anche in maniera scherzosa, con la mente ormai distorta come se si assistesse alla proiezione di un film.

La società dell’immagine, del libero accesso alle informazioni da parte di tutti, delle connessioni istantanee H24, si è trasformata nel regno dell’orrido e dell’orripilante, dove postare il peggio di una umanità che  appare dolente e senza alternativa- se non quella di apparire a tutti i costi senza alcun freno morale ed etico- rappresenta la triste normalità. Come porre argine a questo terribile passaggio d’epoca, dominato da una violenza senza freni, anche nel linguaggio fortemente involuto soprattutto della politica, che rischia in particolare di essere letale per i minori di età che frequentano i social, spesso senza il controllo dei genitori, ce lo indica il Prof. Luciano Canfora, filologo classicogrecistastorico e saggista italiano,in una intervista televisiva di qualche tempo fa. Ovvero una sorta di terapia culturale per tutti quelli, politici compresi, che in un perenne rigurgito di impotenza espressiva, adottano come stile di espressione quotidiana, la violenza e l’insulto.

Ecco qui di seguito la ricetta del Prof. Canfora:"Credo sia molto semplice una considerazione a cui tutti possiamo dare un nostro assenso: il ricorso alla violenza verbale, e in particolare al turpiloquio, è un segnale di impotenza espressiva e concettuale. Perchè è un modo di sostituire a un ragionamento, a una definizione articolata, un urlo in forma di insulto. Quindi è un segno di impotenza, e va superato. C'è la Paideia, c'è la scuola, ci son le buone letture, ci sono tanti sistemi. Una volta per sempre dunque lasciamo perdere, e se non vorranno affrontare questa terapia culturale continueranno a parlare così, si condannano da soli”.Quindi: avviso ai naviganti nei mari procellosi del web;  per chi usa ed abusa di un linguaggio violento, sia esso un politico oppure altro personaggio famoso o non, dopo avergli suggerito la terapia culturale ideata dal Prof. Canfora; nel caso di reiterazione della impotenza espressiva, va abbandonato a se stesso, e quindi a parlare da solo.

Basta un semplice click del mouse, per non seguire ed ascoltare più siffatti personaggi.  

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