Di Andrea Caldart Cagliari, 28 settembre 2022 (Quotidianoweb.it) - Da una parte vi è una volatilità dell’elettorato che si “sposta” in ragione del momento, dall’altra cresce invece il numero dei cittadini italiani che, delusi da tutto, non esprimono il loro parare.
Non importa il ceto di appartenza, non cambia se sei del nord o del sud o del centro, quello che avrebbe fatto il voto è la possibilità di provare un cambiamento.
Invece, abbiamo assistito ad una frattura molto grande, un vero e prorpio caos quello di questa tornata elettorale, dove il “vincitore” è un perdente nuovo, un organismo politico-sociale, il movimento del non voto.
È quello che ha raccolto il più alto numero di consensi perché è arrivato a superare il 36%
Il movimento non voto ha portato alla luce un problema complesso da risolvere, con radici culturali profonde nei nostri territori, che per risaldare la ferita sociale, ha bisogno di veri gesti concreti.
Nel suo blog il prof. Stefano Montanari descrive la sua amarezza con la frase: “E la democrazia ha stabilito senza equivoci che io non servo a niente”.
Non è vero prof. Montanari lei ha fatto grandi scoperte, coadiuvato anche da sua moglie Dottoressa Antonietta Gatti, scienziata come lei, prima di tutti gli altri, avendo voi aperto gli occhi a molti, di questa che ormai abbiamo capito, è una farsa pandemica.
C’è poi il ringraziamento di Gianlugi Paragone ai suoi 534.574 elettori che gli hanno dato il 1,9% non sufficiente e la delusione di Toscano e Rizzo altra compagine politica sempre legata al malumore o chimiamolo con il suo nome, il dissenso italiano.
Italexit 1,90%, Italia Sovrana 1,24% e Vita 0,76% assieme avreste fatto il 3,9% e sareste entrati.
Il dissenso non può essere divisivo, è unico e in quei gesti concreti sarebbe servita l’unità di un unico simbolo non i presonalismi e i verticismi dei movimenti.
In questo modo si è spaccato l’elettorato che è andato in confusione soprattutto quando Enrico Letta pubblicamente, invitò tutti i leader politici a dire chiaramente che la campagna vaccinale sarebbe proseguita dopo le elezioni e lì, nessuno dichiarò realmente cosa intendesse fare.
Questa non chierezza e la spaccatura in più liste del dissenso, ha destabilizzato l’elettorato che già vedeva il “rosatellum” un abominio con la tipica frase: “tanto non cambia nulla”.
Invece avrebbe cambiato molto mostrare la sicurezza della verità dell’impegno che si pronunciava verso i cittadini, perchè non basta dire no pass, no questo e no quello, bisogna anche dire come si arriva ad ottenere quel no, per la sicurezza del consenso dato.
Va anche detto che spesso, quando si parla di Costituzione, di diritti, noi italiani facciamo subito la smorfia con il sorrisetto, probabilmente perché di valori ci stomaca sentirne parlare.
Però cadiamo subito in contraddizione, perchè ne continuamo a parlare di lei, la Costituzione e allora avremmo dovuto ricordarci che l’art. 48 ci pone davanti un valore e dovere civico, votare.
Come la spaccatura tra le liste del dissenso è alla base della loro non riuscita, così l’astensionismo ha aiutato a far vincere comunque il “sistema”.
Astenersi è legittimo, ma la domanda che dobbiamo farci è se davvero così facendo si difendono quei principi oppure se si avvallano invece quei valori che un governo potrebbe distruggere, illusi invece di combattere per un ideale o una patria.