Di Daniele Trabucco (*) Belluno, 9 gennaio 2022 - Il PIL italiano, nel 2021, si attesta al 6,3%. Esso è generalmente il primo indicatore che viene utilizzato nella diagnosi di una situazione economica e sociale e nella comparazione tra contesti diversi.
Sotto forma di tasso di crescita (del PIL), esercita una vera e propria dittatura mediatica nelle valutazioni e nei dibattiti delle performances nel tempo di un Paese o di una Regione. Tuttavia, non è in grado di dare voce a una serie di fenomeni, tutti quelli non traducibili nel linguaggio della moneta, dal lavoro di chi si occupa delle economie domestiche ai benefici legati alle caratteristiche culturali, sociopolitiche e perfino geografico-ambientali dei vari Paesi che pure incidono in maniera significativa, e in un senso inequivocabilmente economico, sulla qualità della vita.
Il Pil è un tutto teoricamente a disposizione di tutti, ma può essere distribuito in maniera così sperequata da escludere dal benessere, o farvi partecipare in maniera del tutto inadeguata, ampie frazioni della popolazione; e ciò al punto che si dovrà ritenere socialmente preferibile un Pil inferiore a un altro che riesca però a tagliare le "punte" della scala dei redditi, quelle che, invisibili nella media statistica, coincidono da un lato con la categoria dei veri e propri indigenti, dall’altro con quella dei ricchi oltre ogni limite (senza nulla togliere alla liceità e alla possibile gradevolezza della grande ricchezza).
(Grafici da Gov.it - https://www.programmazioneeconomica.gov.it/andamenti-lungo-periodo-economia-italiana/ )
(*) prof. Daniele Trabucco. Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico. Professore a contratto in Diritto Internazionale presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano.