Giovedì, 31 Dicembre 2020 08:50

Vaccino sì, vaccino no: quale margine di scelta per il legislatore statale? In evidenza

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Foto di Francesca Bocchia - V-Day 27 dicembre 2020 Foto di Francesca Bocchia - V-Day 27 dicembre 2020

Di Daniele Trabucco 31 dicembre 2020 - Prima di entrare nel merito della questione che intendo trattare, vorrei esprimere vicinanza alla giovane infermiera che ha deciso, in modo libero e volontario (non abbiamo prove contrarie), di sottoporsi alla vaccinazione contro il Sars-Cov 2 domenica scorsa presso l'Istituto Spallanzani di Roma e che, per questo, è stata oggetto di insulti e minacce di morte.

Non è mai tollerabile alcuna forma di violenza sia essa fisica, sia essa verbale. Fatta questa premessa doverosa, ritengo penosa questa diatriba tra «i responsabili», ossia coloro i quali sono favorevoli alla vaccinazione, e gli «untori», cioè i non favorevoli.

Ad oggi, è bene ricordarlo, non c'è alcuna legge che imponga il vaccino.

L'obbligatorietà, che personalmente non ritengo utile visto il tasso di letalità molto basso dell'agente virale (tra lo 0,25% e lo 0,50%), è una valutazione discrezionale del legislatore statale la quale richiede siano rispettate alcune condizioni:

1) via sia una fonte-atto che la stabilisca. Dal mio modestissimo punto di vista l'art. 32, comma 2, della Costituzione vigente contiene una riserva di legge formale con la conseguenza che solo la legge ordinaria dello Stato può intervenire (contra cfr. la sent. n. 258/1994 che parla, invece, di riserva relativa). La valutazione del limite a ciascun trattamento sanitario obbligatorio, dato dalla dignità della persona umana, non può che essere, infatti, la risultante della dialettica tra maggioranza ed opposizione o meglio il frutto di un processo di integrazione politica sebbene non ritenga le forze che sostengono il Governo della Repubblica all'altezza del compito;

2) qualora il legislatore decida di intervenire in questo senso, deve essere consapevole anche delle c.d. «scelte tragiche» (così la sentenza n. 118/1996 Corte cost.) conseguenti l'imposizione dell'obbligo. Ora, poiché nessuno può essere chiamato a sacrificare la propria salute a quella degli altri, fossero pure tutti gli altri, non solo l'evento infausto, spesso non reversibile, deve essere indennizzabile (c'è già, in materia, la legge ordinaria dello Stato n. 210/1992), ma deve essere anche evitato con ogni mezzo che la tecnica e la scienza medica dispongono.

La Corte costituzionale, pur rigettando la questione di legittimità costituzionale vertente sull'obbligatorietà della vaccinazione contro l'epatite virale B (legge n. 165/1991), ha rivolto un monito (inascoltato) al legislatore, invitandolo a valutare, ed eventualmente a determinare, gli strumenti diagnostici idonei a prevedere la concreta verificabilità delle situazioni avverse (così la sent. n. 258/1994). Cosa che, con il decreto-legge n. 73/2017 convertito, con modificazioni, nella legge n. 119/2017 (c.d. «Lorenzin»), non è stata minimamente presa in esame. Il Paese è allo sfascio economico, il debito pubblico è alla stelle, la disoccupazione aumenta, gli strumenti finanziari dell'Unione Europea porteranno ad una restituzione dei prestiti con gli interessi e ad aumentare i contributi a favore del bilancio comunitario per ripagare le somme date a titolo di sovvenzione, e la priorità delle tv e dei media è il camioncino con il vaccino.

Valga il motto, attribuito a san Bernardo di Chiaravalle, espresso in occasione del conclave che elesse Papa Clemente XIII di origine veneziana (1693-1769): «Si doctus doceat nos, si sanctus oret pro nobis, si prudens gubernet nos». Il problema è che non abbiamo né dotti, né santi, né uomini prudenti.

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Prof. Daniele Trabucco

Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato e Dottrina dello Stato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/Centro Studi Superiore INDEF.

Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico.