Ismea, carne bovina: domanda debole ma sempre più orientata al prodotto nazionale. +5,6% le importazioni di bovini da allevamento nei primi 7 mesi del 2016.
Roma, 29 novembre 2016
Nei primi nove mesi del 2016 calo del 4,8% su base annua dei volumi acquistati di carni bovine fresche, corrispondente a un calo del 6,8% della spesa.
Nello stesso periodo le attività di macellazione nazionale segnano una ripresa e salgono del 3,9% in termini di capi macellati e dell' 1,5% in termini di carne prodotta, con ulteriori stime di crescita a partire da gennaio 2017.
I primi nove mesi del 2016 forniscono alcune indicazioni interessanti sul settore delle carni bovine. Da un lato, evidenziano una flessione su base annua dei consumi domestici. Infatti, secondo i dati rilevati con l'indagine "Consumer Panel" di Ismea-Nielsen, dopo un 2015 chiuso con cali di oltre 6 punti percentuali sia in termini di spesa che di volume, anche il 2016 presenta un cedimento del 4,8% dei volumi di carni bovine fresche acquistate delle famiglie, corrispondente a una contrazione del 6,8% della spesa: si è comprato meno ma anche a minor prezzo.
Di contro, la ripresa delle attività di macellazione nazionale nel periodo che va da gennaio ad agosto 2016, evidenzia una crescita del prodotto italiano nei consumi. Secondo l'indagine mensile Istat, le macellazioni nazionali risultano - su base annua - incrementate del 3,9% in termini di capi macellati e dell' 1,5% in termini di carne prodotta. Ad agosto risultano avviati al macello oltre 1,7 milioni di capi bovini per un peso complessivo superiore a 507 mila tonnellate. La buona disponibilità di carne di bovino adulto nei circuiti nazionali, in presenza di consumi stagnanti, si è tradotta anche in questo primo frangente del 2016 in una riduzione del 4,2% delle importazioni di carni fresche. Nei primi 7 mesi del 2016 si è avuto un ingresso complessivo in Italia di circa 204 mila tonnellate di carni fresche, e di oltre 38 mila tonnellate di carni bovine congelate provenienti da oltre confine.
Significativo in questo senso il dato di importazione di bovini da allevamento che segna nei primi 7 mesi un aumento del 5,6%: la stima dell'offerta interna di vitelloni, che verrà avviata al macello dagli allevamenti nazionali, prevede una crescita già a partire da gennaio 2017.
(Ismea 29 novembre 2016 - in allegato il pdf Ismea completo)
Attenzione alla salute e necessità di risparmio sono i principi, non sempre convergenti, che guidano le scelte alimentari degli italiani.
Roma - Nei primi nove mesi del 2016 gli acquisti di alimentari e bevande si riducono di un punto percentuale, con cali più accentuati per le carni e i lattiero caseari.
Il 2016 si avvia a chiudersi con il segno meno per la spesa che le famiglie destinano all'alimentazione tra le mura domestiche. Il bilancio dei primi nove mesi dell'anno, secondo le rilevazioni Ismea-Nielsen, indica infatti una riduzione degli acquisti di cibo e bevande dell'1% rispetto al 2015, anno che ricordiamo, aveva segnato una leggera ripresa dei consumi dopo i significativi cali registrati negli anni più duri della crisi.
Il carrello della spesa, come spesso succede, fa da cartina tornasole dei fenomeni in atto nella società. Vi si riflettono spinte contrapposte: da una parte la ricerca della qualità, l'attenzione alla salute, all'eticità e alla sostenibilità degli alimenti che si portano in tavola e dall'altra la tendenza al risparmio che si spinge, per le famiglie meno abbienti, fino alla rinuncia degli alimenti di base.
La flessione della spesa rilevata dall'Ismea è frutto di dinamiche eterogenee tra i diversi comparti, tra cui si segnalano cali, anche di una certa intensità, per le carni (-5,6%), i salumi (-5,2%) il latte e derivati (-3,6%) e oli e grassi e vegetali (-1,9%), solo in parte compensati da un incremento degli acquisti di prodotti ittici (+2,6%) e della frutta (+1,7%). Per le altre categorie di prodotto le variazioni in positivo e negativo risultano più contenute: nello specifico +0,1% per i derivati dai cereali, -0,7% per le uova e -0,3% per gli ortaggi.
Mentre gli acquisti di carne stanno registrando una riduzione che assume ormai caratteristiche strutturali i prodotti ittici hanno trovato nell'anno in corso un maggiore spazio nel carrello degli italiani. Alle referenze di quest'aggregato le famiglie hanno dedicato il 7,4% della loro spesa agroalimentare complessiva, (era il 7,2% nel 2015). Si sottolinea, in particolare, il buon apprezzamento per il pesce fresco con un avanzamento della spesa del 4,8% sui primi nove mesi del 2015.
Infine, l'analisi del comparto delle bevande alcoliche e analcoliche, indica una lieve tendenza flessiva (-0,6%) dopo l'aumento del 2015 (+3,2% rispetto al 2014). Nello specifico, flette la spesa per bevande analcoliche (-3,8%), mentre tiene quella per le acque minerali e la birra (+0,4%). Anche in questo caso la diminuzione del consumo di bevande ricche di zuccheri riflette una maggiore consapevolezza circa lo stretto rapporto tra salute e alimentazione. Per i vini, infine, la spesa risulta nel complesso più contenuta rispetto all'analogo periodo dello scorso anno, nonostante l'ottima performance degli spumanti (+10%).
(Fonte Ismea 16 novembre 2016)
Il recupero dei prezzi nel mese attenua la deflazione in campagna (-4,1% a ottobre vs il -8,4 di settembre).
Roma, 10 novembre 2016 - Continua a ottobre la fase di recupero dei prezzi agricoli avviatasi nella seconda metà dell'anno. L'Indice dei prezzi elaborato dall'Ismea si è attestato, nel mese in esame, a 114,4 (base 2010=100), evidenziando un incremento del 2,1% su base congiunturale. Sulla scia dei rialzi degli ultimi mesi si riduce anche il gap rispetto al 2015, passando dal meno 8,4% registrato a settembre al meno 4,1% di ottobre. Il confronto su base annua evidenzia, più nel dettaglio, una flessione ancora piuttosto marcata del comparto vegetale (-6,4%), e più lieve per quello zootecnico (-1,2%), nonostante entrambi i comparti abbiano beneficiato di una congiuntura favorevole.
Ancora più marcata la riduzione della tendenza deflativa evidenziata dall'indice core. L'indicatore elaborato dall'Ismea per cogliere la tendenza di fondo dei prezzi agricoli - eliminando le componenti più stagionali e fluttuanti - registra infatti una flessione su base annua del 3,1%, dopo il -7,1% registrato il mese precedente.
In particolare, il calo tendenziale dei prezzi delle coltivazioni è sintesi di dinamiche eterogenee per i vari prodotti. Permane la forte riduzione dei prezzi dei cereali (-14%), per effetto soprattutto del crollo del frumento (-25,9%), in un contesto deflativo anche per i cereali minori (l'avena segna un calo di 34,8 punti percentuali) e per il riso. Risultano in flessione anche i listini degli olii e grassi vegetali, nonostante si siano ridotti di intensità i ribassi che interessano da tempo l'extravergine (-5,6%). Tra i prodotti stagionali, l'andamento è marcatamente ribassista per l'insieme degli ortaggi (-18,1%) a fronte di un confronto annuo positivo per la frutta (+6,2%). Positiva la dinamica annua anche per le colture industriali (+8%).
Il comparto zootecnico beneficia a ottobre di una congiuntura favorevole per tutte le produzioni (nel complesso +2,4% rispetto a settembre) che attenua la tendenza deflativa (-1,2%). In particolare sale il prezzo del bestiame vivo (+1,2%), sospinto dai rincari a doppia cifra dei suini (+18,3%) che controbilanciano i deprezzamenti registrati dagli altri allevamenti (bovini, cunicoli, ovi-caprini e volatili). Continua invece la tendenza flessiva dei lattiero-caseari (-2,3%), di riflesso ai cali di latte (-7,5%) e formaggi molli, fusi e semiduri, a cui si contrappone il consistente aumento del burro (+40,5%). I prezzi delle uova, anche a ottobre, sono fermi su livelli inferiori di circa 20 punti percentuali a quelli del 2015.
Con il dato di ottobre, migliora la variazione acquisita dei prezzi agricoli per l'intero 2016: il confronto con il dato medio del 2015 passa dal -6,4% registrato a settembre al -5,9% del mese di ottobre. Migliora anche la variazione acquisita calcolata per l'Indice "core", passata al -6,0%, dal -6,7% di settembre.
L'indice Ismea dei costi di produzione a settembre segna una riduzione del 2,2% su base annua. A incidere sul calo soprattutto i prodotti energetici (-7,9%), ma il ribasso riguarda fertilizzanti e fitosanitari (-3,9% e -1,2%), mangimi (-2,8%), materiali, attrezzi e piccoli apparecchi (-5,4%)
Roma, 31 ottobre 2016 - Nel terzo trimestre 2016, l'indice Ismea segnala costi di produzione più bassi rispetto a quelli sostenuti nel 2015. Prosegue infatti, anche nel mese di settembre, la dinamica deflativa dei mezzi correnti di produzione del settore agricolo che, senza soluzione di continuità, prosegue ormai dal 2014.
L'Indice dei prezzi dei mezzi correnti di produzione elaborato dall'Ismea, nel mese in esame si porta a quota 102,8, mostrando una sostanziale stabilità sul livello dei costi del 2016 (-0,3% il calo rispetto al mese di agosto), ma risultando in flessione di 2,2 punti percentuali su base annua.
Analizzando le singole voci di spesa, anche nel mese di settembre, la componente che ha determinato il calo dei costi per la produzione agricola è quella relativa ai prodotti energetici: tale voce risulta interessata da una dinamica significativamente deflativa (-7,9% rispetto al corrispondente periodo del 2015) seppure con cedimenti tendenziali più contenuti rispetto a quelli di inizio anno (attorno ai 13 punti percentuali). A monte, i ribassi che stanno interessando le quotazioni del petrolio, strettamente connesse ai prezzi degli energetici, proseguono ma si riducono di intensità: a settembre il prezzo al barile (Brent), dopo due lievi incrementi mensili, ha raggiunto quota 46,6 $, e le recenti affermazioni di un possibile accordo tra la Russia e i paesi dell'OPEC per tagliare la produzione hanno fatto ulteriormente salire le quotazioni a ottobre, pur rimanendo il livello di tali quotazioni sempre più basso di quello corrispondente del 2015.
Altre voci di costo che a settembre hanno riportato un calo su base tendenziale sono quelle relative ai prodotti fertilizzanti e fitosanitari (rispettivamente -3,9% e -1,2%). Con riferimento alle spese sostenute dagli allevatori, proseguono i ribassi nei prezzi dei mangimi (-2,8%) mentre i prezzi degli animali d'allevamento risultano stazionari (+0,2%). A livello trasversale, sono diminuiti i costi relativi a materiali vari, attrezzi e piccoli apparecchi (-5,4%).
Per comparto, sono quindi le aziende delle produzioni vegetali a trarre maggior vantaggio dal calo dei costi di produzione: i prezzi dei mezzi correnti usati nelle coltivazioni agrarie, leggermente in crescita rispetto ad agosto (0,4%), risultano comunque in flessione nel confronto tendenziale (-2,4% rispetto a settembre 2015).
Tutte le produzioni vegetali beneficiano di costi più bassi e se ne avvantaggiano particolarmente le imprese specializzate in cereali e in semi oleosi: per queste la variazione su base annua è rispettivamente del -3,2% e del -2,9%.
In ambito zootecnico d'altronde i costi risultano in calo rispetto ad agosto (-0,9%) e riportano una flessione tendenziale di 2 punti percentuali. Se la contrazione ha riguardato tutte le principali produzioni, i dati di dettaglio evidenziano un ribasso particolarmente rilevante nel segmento produttivo delle uova (-10,7% su base annua), imputabile al forte ribasso della voce di costo relativa all'acquisto degli animali del segmento avicolo (-18,7%).
Conclusosi il terzo trimestre dell'anno, la variazione acquisita dei prezzi dei mezzi correnti di produzione per l'intero 2016 scende ulteriormente in territorio negativo: il confronto con il dato medio 2015 si porta al - 2,1% per l'indice generale e al -2,8% per le coltivazioni. Risulta in calo anche la variazione acquisita calcolata per l'indice per i prodotti zootecnici (-1,5%).
(Fonte Ismea 31 ottobre 2016)
Appare ancora lontana la possibilità di riconquistare la leadership in quota di volume di vino esportato. Ancora una certa sofferenza per i vini in bottiglia.
Roma - L'export in valore continua la sua "cavalcata" vincente, anche se il ritmo è un po' rallentato. Nei primi sette mesi del 2016, attestandosi ad oltre 3 miliardi di euro, gli incassi segnano, infatti, un ulteriore +1% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso e, con un po' di ottimismo, si può ben supporre che a fine anno potrebbero arrivare sulla soglia dei 5,5 miliardi di euro, mettendo così il sigillo all'ennesimo record.
Ma se dal lato "valore" si è fatta ormai l'abitudine ad avere delle progressioni, sul fronte volumi la situazione appare più incerta. Gli 11,5 milioni di ettolitri esportati, infatti sono in linea con quelli dei primi sette mesi del 2015 e si può comunque considerare un buon segno nella misura in cui si assiste, quantomeno, ad una frenata della riduzione dei volumi che ha caratterizzato tutto il 2015.
Appare, quindi, lontana la possibilità dell'Italia di riconquistare la leadership mondiale degli esportatori in volumi, nonostante la Spagna stia mostrando una battuta d'arresto rispetto allo scorso anno.
La nota positiva arriva dal fatto che la flessione dell'export italiano di vini comuni sfusi, si sta arrestando. Mentre c'è una certa sofferenza dei vini in bottiglia soprattutto Igp.
(Fonte Ismea 21 ottobre 2016
La dinamica positiva riflette il significativo aumento delle vendite all'estero dell'industria alimentare italiana (+13,5% su base annua) e la buona performance dell'export di prodotti agricoli (+6,5%).
Roma, 17 ottobre 2016 - Torna a crescere l'export agroalimentare italiano, dopo la battuta d'arresto registrata a luglio. È quanto sottolinea l'Ismea sulla base dei dati preliminari diffusi dall'Istat sul commercio estero. Archiviato un luglio poco favorevole per le vendite oltrefrontiera di food and beverage (-2,8% sullo stesso mese dell'anno precedente), il mese di agosto chiude con una crescita record delle esportazioni: +12,3%.
Il dato riflette un aumento tendenziale del valore delle vendite all' estero di prodotti agricoli (+6,5% su base annua), e una crescita ancor più importante dell'export dei prodotti alimentari trasformati (+13,5%), la più significativa degli ultimi due anni.
In virtù dell'andamento positivo registrato nel mese di agosto, migliora anche il dato cumulato dei primi mesi del 2016: rispetto al corrispondente periodo del 2015, tra gennaio e agosto 2016 l'export agroalimentare è cresciuto del 3,1%, sempre sospinto dalla dinamica positiva delle vendite dei prodotti trasformati (+3,5%).
L'export agroalimentare, che in valore rappresenta una quota del 9,0% sul totale delle esportazioni nazionali, continua a mostrarsi come una delle componenti più dinamiche di quest'ultimo che, sempre con riferimento al periodo cumulato, è fermo sui livelli del 2015 (-0,1%).
Il settore agroalimentare continua a essere una componente trainante e competitiva, per quanto la frenata del commercio internazionale unitamente al recente lieve apprezzamento dell'euro sia sul dollaro che sulla sterlina, abbiano influito sul trend del settore, che resta dinamico e positivo, ma in rallentamento rispetto all'eccellente performance del 2015 (7,4%).
L'analisi del dato cumulato indica una diminuzione del grado di dipendenza dall'estero dell'Italia per i prodotti agroalimentari, con il saldo normalizzato del valore degli scambi commerciali che passa dal -8,3% dei primi 8 mesi del 2015 al -6,5% del corrispondente periodo 2016.
Si riduce ulteriormente l'incidenza delle importazioni sul totale degli scambi per i prodotti dell'industria alimentare, mentre rimane elevata la dipendenza dall'estero di prodotti agricoli.
Infine, sulla base degli ultimi dati diffusi dall'Istat sulle esportazioni regionali e relativi al primo semestre dell'anno, viene evidenziato che il maggiore contributo al buon andamento delle vendite agroalimentari all'estero è pervenuto nel periodo dalle regioni del Nord- Est e del Centro.
(Fonte Ismea 17 ottobre 2016)
Solo il 4% della produzione agricola prende la via dei mercati esteri, mentre oltre il 20% delle aziende pratica la vendita diretta (più del 40% nel caso delle olivicole).
La vendita diretta è praticata dal 22% delle aziende agricole italiane, e tra queste la metà ricorrono in esclusiva a questa forma di commercializzazione. È quanto si evince da un'indagine Ismea condotta su un panel di mille aziende appartenenti ai vari comparti agricoli.
Più nel dettaglio, l'analisi di vari canali di sbocco indica un'estrema eterogeneità da settore a settore: per le aziende con allevamenti da carne il canale preferenziale è direttamente l'industria di prima trasformazione, a cui destinano il 43% dei capi allevati, mentre per le aziende della zootecnia da latte è più rilevante la quota di produzione (46%) destinata agli organismi associativi (Cooperative, Associazioni, OP, Consorzi), come anche nel caso dei viticoltori (39%), e degli operatori specializzati in seminativi (38%) e legnose (31%). Questi ultimi due settori destinano una quota altrettanto significativa della produzione agli intermediari commerciali.
Dalle risposte fornite, risulta poi che il 35% della produzione nazionale di olio di oliva viene venduta direttamente al consumatore finale. La vendita diretta è infatti molto diffusa tra le aziende olivicole e interessa il 44% delle aziende intervistate, tra le quali la quota maggiore la utilizza come unico canale di commercializzazione.
Relativamente ai mercati di destinazione, complessivamente la quota di prodotto che le aziende destinano all'estero ammonta a 4% del totale, di cui il 3% verso i Paesi europei e l'1% verso i Paesi Extra-Ue. Le percentuali sono analoghe per tutti i comparti, a eccezione delle aziende olivicole e vitivinicole, per le quali la quota estera sul totale commercializzato ha un'incidenza più rilevante (rispettivamente, 7% e 13%).
La destinazione geografica principale rimane la provincia stessa di localizzazione dell'azienda, dove viene esitata una quota pari al 74% del totale commercializzato dalle imprese nell'ultima campagna commerciale.
In riferimento alle tipologie di contratto, sulla base delle risposte fornite dalle aziende intervistate, emergerebbe che il contratto scritto di durata uguale o inferiore all'anno sia molto più diffuso di quello di durata superiore ai 12 mesi e che molti imprenditori pratichino ancora l'accordo verbale, o in fase preliminare al contratto scritto o perché attinente a cessioni di prodotti realizzate in seno a un organismo associativo.
Per più della metà degli operatori, il prezzo viene fissato sulla base di quello praticato dai principali mercati di riferimento al momento della stipula del contratto ma con aggiustamenti alla consegna in base alla qualità. Le aziende che aderiscono a una cooperativa, si basano, infine, sul prezzo di liquidazione fissato da questa.
(in allegato il Report Ismea in formato pdf)
(Fonte Ismea 29 settembre 2016)
Editoriale: Antiterrorismo e le falle tedesche e europee. Latte spot. Due mesi di costante crescita. Dal salone del Gusto di Torino 2016, in bicicletta. Cereali e dintorni. Mercati stabili e stime abbastanza in linea con le attese. I sovversivi del gusto. Il bello italiano. Ismea, lieve risalita dei prezzi agricoli a settembre.
SOMMARIO Anno 15 - n° 41 16 ottobre 2016
1.1 editoriale Antiterrorismo e le falle tedesche e europee.
2.1 Lattiero Caseario Latte spot. Due mesi di costante crescita.
3.1 eventi Dal salone del Gusto di Torino 2016, in bicicletta
3.2 Pasta e tracciabilita' Scopri di che pasta son fatta.
4.1 cereali Mercati stabili e stime abbastanza in linea con le attese.
5.1 cereali Cereali e dintorni. Le stime USDA del 12 ottobre
6.1 il bello italiano I sovversivi del gusto. Il bello italiano
7.1 prezzi agricoli Ismea, lieve risalita dei prezzi agricoli a settembre
8.1 mercati Indagine Ismea sui canali di sbocco delle aziende agricole
9.1 promozioni "vino" e partners
9.2 promozioni "birra" e partners
A luglio rallenta l'export agroalimentare italiano. Meno 7,3% l'export complessivo italiano. Flessioni di intensità minore per le vendite all' estero dei prodotti agricoli (-5,5%) e dell'industria alimentare (-2,4%).
Dopo l'andamento positivo registrato nei mesi di maggio e giugno, a luglio le spedizioni all'estero dei prodotti agroalimentari registrano una frenata, perdendo 2,8 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo del 2015 (in valore).
Il calo è stato più evidente per le esportazioni dei prodotti dell'agricoltura (-5,5%) mentre per quelli dell'industria alimentare la flessione tendenziale è stata meno marcata (-2,4%), ma tuttavia la più significativa degli ultimi due anni.
La battuta d'arresto registrata a luglio non inficia, tuttavia, la positività del dato complessivo dei primi sette mesi dell'anno: la performance dell'export agroalimentare segna infatti una crescita del 2% rispetto ai primi sette mesi del 2015, grazie soprattutto al buon andamento delle vendite dei prodotti dell'industria alimentare, cresciute più di quelle dei prodotti agricoli (rispettivamente, +2,35 e +0,8%).
Naturalmente, sottolinea l'Ismea, Il rallentamento del commercio internazionale, unito al lieve apprezzamento dell'Euro sul Dollaro Statunitense, non lascia intravedere per l'intero anno una performance esportativa del food and beverage italiano pari a quella avuta nel 2015 (+7,4%).
Ciononostante, il confronto col totale export nazionale (che nei primi sette mesi del 2016 ha perso 1,2 punti percentuali rispetto al dato corrispondente dello scorso anno) mette in evidenza il posizionamento della componente agroalimentare, per il suo trend positivo e dinamico sui mercati esteri.
L'analisi temporale, d'altronde, mostra una diminuzione del grado di dipendenza dall'estero dell'Italia per i prodotti agroalimentari: il saldo normalizzato del valore degli scambi - indicatore elaborato per misurare tale variabile - passa infatti dal -8,2% dei primi sette mesi del 2015 al -6,4% di quest'anno: si riduce l'incidenza delle importazioni sul totale degli scambi, in ragione della flessione degli acquisti dall'estero di prodotti lavorati; rimane elevata invece la dipendenza dall'estero di prodotti agricoli.
(Fonte Ismea, Roma 19 settembre 2016)
Con luglio è stata archiviata anche la campagna 2015/2016, mentre tutto il settore ha lo sguardo attento sulla vendemmia che sta prendendo già il via in alcuni areali della Sicilia.
Da tener conto che la produzione del prossimo autunno dovrà essere messa a confronto con quella piuttosto abbondante del 2015 che, stando a dati Istat, ancora provvisori, ha superato del 14% quella dell'anno prima. Questo risultato colloca al primo posto l'Italia nel ranking dei produttori mondiali, superando la Francia, ferma a 47,8 milioni di ettolitri. Per la vendemmia che sta iniziando, ma che avrà il suo apice come sempre a settembre, le aspettative sono piuttosto ottimistiche nonostante le incertezze derivanti gelate tardive e dai problemi fitosanitari che hanno colpito alcuni zone.
Ancora troppo presto però per dare delle indicazioni numeriche che, invece, saranno prodotte da ISMEA grazie all'indagine di metà Agosto i cui risultato verranno diffusi dall'Ente nell'ambito della sua partecipazione all'Osservatorio del vino, nella prima settimana di settembre.
Ma al di là del primato "statistico" 2015, questa maggior produzione ha da subito condizionato negativamente i listini soprattutto nel segmento dei vini comuni, che proseguono in direzione opposta rispetto a quella dei vini di pregio.
(in allegato il rapposrto Ismea 4 agosto 2016)
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