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Di Meccagri 26 marzo 2020 - Con le vendite di macchine e attrezzature agricole totalmente bloccate dal 12 marzo 2020 è ormai crisi nera per i commercianti del settore, “condannati” già dal prossimo mese ad una estrema sofferenza economico-finanziaria che potrebbe causare la chiusura di molte aziende.
 
UNA LETTERA APERTA INVIATA AL PREMIER

Rinaldin_Conte.jpgUnacma, l’Unione nazionale commercianti di macchine agricole, descrive così la situazione di particolare gravità in cui versano i propri associati, situazione che ha indotto il presidente dell’Unione Roberto Rinaldin (nella foto di apertura e qui sopra a sinistra) a inviare una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, chiedendo a gran voce provvedimenti urgenti per la propria categoria.
 
UN COMPARTO VITALE PER L’ECONOMIA NAZIONALE

Dopo aver espresso grande considerazione per l’operato del governo («Per affrontare una emergenza così imprevedibile, siamo consapevoli che non esista né una procedura né un manuale da seguire e quindi le giunga il nostro apprezzamento per quanto finora fatto nell’interesse di tutto il popolo italiano», si legge nella lettera) e aver assicurato come associazione di categoria «il più completo e assiduo impegno nel garantire i nostri servizi ad agricoltori e contoterzisti perché possano a loro volta, garantire le produzioni alimentari indispensabili», Rinaldin sottolinea l’importante contributo al PIL nazionale del suo comparto corrispondente ad un importo di 4.300 milioni di euro, con una produzione di entrate per lo stato italiano pari a 1.000 milioni di euro netti, senza contare il gettito derivante dalla filiera agricola di cui i dealer fanno parte.
«Su circa 3000 aziende commerciali e di riparazione capillarmente distribuite sul territorio i veri e propri dealer di macchine agricole italiani sono poco meno di 700 – fa presente Rinaldin –. Oltre alle funzioni di distribuzione delle macchine agricole, vengono svolte anche le forniture di ricambi, servizi di riparazione e manutenzione, collaudi funzionali delle attrezzature di distribuzione fitosanitaria, messa a norme delle macchine agricole in base al decreto 81, messe in opera, personalizzazioni ed ottimizzazioni delle macchine da raccolta, manutenzioni degli impianti zootecnici, irrigui ed a servizio dell’industria agroalimentare, trasporti, pratiche di collaudo, servizi finanziari propedeutici all’acquisto, funzioni burocratiche relative all’acquisizione della clientela di pratiche contributive Inail, crediti d’imposta e accesso ai vari piani di sviluppo, ivi compresi studi di fattibilità e redazione dei preventivi».
 (Foto sopra Rinaldin e Conte)


UN’ATTIVITÀ STRETTAMENTE LEGATA ALLA STAGIONALITÀ
«Un’attività – sottolinea il presidente di Unacma – strettamente legata alla stagionalità delle produzioni alimentari, con un apice proprio dal mese di marzo. Allo stato attuale, grazie anche ai provvedimenti dei recenti Dpcm, le nostre strutture sono rimaste attive. Di fatto, però, l’intero comparto vive un momento di sospensione ed è attiva solo per la parte di fornitura urgente dei ricambi e di erogazione di servizi manutentivi, che per prassi sono più un costo che un ricavo».
 
VENDITE FERME, CON LO STOP AGLI INVESTIMENTI DA PARTE DEGLI AGRICOLTORI

«La vendita delle macchine e attrezzature, core business della nostra categoria, dove si consolidano i nostri bilanci, si è totalmente bloccata dal 12 marzo 2020 – prosegue Rinaldin –. Tutti gli agricoltori, comprensibilmente, in questo momento, non sono certo impegnati nel valutare e/o concludere gli investimenti programmati, neppure in presenza della opportunità che il Governo ha concesso agli agricoltori con la trasformazione del super e iper ammortamento in credito d’imposta. Questo significa, per le nostre aziende, perdere totalmente l’anno in corso dal punto di vista commerciale».

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MOLTE IMPRESE DEL SETTORE COSTRETTE ALLA CHIUSURA
«Unacma – rimarca il suo presidente – ha previsto per il settore l’entrata in uno stato di estrema sofferenza economico-finanziaria entro la fine del mese di aprile, che potrebbe causare la chiusura di molte aziende e il crollo di queste aziende, oltre a determinare ulteriori perdite di PIL e di posti lavoro, comporterebbe un danno difficilmente sostenibile dalle aziende agricole in generale, venendo a mancar loro primariamente il servizio capillare di fornitura e manutenzione del parco macchine circolante».
 
CINQUE RICHIESTE BASILARI PER LA SOPRAVVIVENZA DELLA CATEGORIA
Di qui la richiesta da parte di Unacma dell’adozione urgente di un provvedimento dedicato alla categoria che consta di cinque capisaldi:
1) intervenire, già entro la fine del mese di marzo, con azioni che ci consentano alla categoria, in mancanza di fatturato, di disporre di sufficiente liquidità per onorare gli impegni in scadenza immediata, ivi compresa una moratoria dei mutui bancari estesa da 6 a 12 mesi (a differenza di quella concessa a tutte le forme imprenditoriali sia individuali che societarie);
2) immediata messa a disposizione degli ammortizzatori sociali per il personale dipendente, oltre alle misure temporali già previste (ammesso che la criticità dovesse essere superata già nel mese di aprile, per i concessionari non cambierebbe nulla o quasi, economicamente;
3) immediata messa a disposizione, attraverso il sistema bancario, di liquidità corrente garantita da un fondo statale, di facile accesso mediante corsie preferenziali per far fronte alle scadenze ordinarie;
4) immediato rinvio di pagamento di qualsivoglia tassazione diretta e indiretta e successiva possibilità di rateizzazione a partire da 12 mesi delle stesse;
5) immediata emissione di contributi a fondo perduto dedicati alla categoria dei commercianti e riparatori di macchine agricole per il sostentamento di comprovate emergenze finanziarie occorrenti al proseguimento dell’attività lavorativa in termini di investimenti tecnico-strutturali.
«Siamo certi – conclude la lettera di Rinaldin – che considererà attentamente le nostre richieste e che vorrà sottoporle anche ai ministri competenti al fine di accoglierne il contenuto con un provvedimento urgente per dare al nostro settore, giustamente considerato primario, le risposte che si attende».
 
 
Fonte testo: Unacma
Fonte immagini: Unacma e SDF, e Nobili spa (lgc)

 

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Di Meccagri 26 marzo 2020 - FederUnacoma, la federazione dei costruttori di macchine per l’agricoltura, prende atto della decisione del governo di non inserire fra le attività produttive ritenute essenziali, in questa fase di emergenza sanitaria che il Paese sta affrontando, il proprio comparto modificando quanto precedentemente deciso, sulla base delle pressioni delle rappresentanze sindacali.
 
VIA DALL’ELENCO DELLE ATTIVITÀ ESSENZIALI, UNA SCELTA CON PESANTI CONSEGUENZE

Alessandro-Malavolti-Presidente-Federunacoma.jpg«L’elenco dei nuovi codici Ateco stilato ieri (il 25 marzo, ndr) dal MISE – commenta il presidente di FederUnacoma Alessandro Malavolti (nella foto) – esclude di fatto dalle attività ritenute essenziali le nostre produzioni, unico caso in Europa, ponendo un segmento produttivo da 11,4 mld di fatturato in gravissima difficoltà».

FederUnacoma ritiene pertanto doveroso fare alcune precisazioni a tutela del settore perché in gioco c’è certamente la massima attenzione nei confronti dei lavoratori, della loro salute ma anche la tenuta di un tessuto industriale che “serve” il Paese e il mondo.
L’agricoltura è da sempre il “bene primario” di ogni territorio, e in questa fase emergenziale è ritenuta giustamente, insieme alle attività sanitarie e farmaceutiche, un asset strategico al quale il mondo dei costruttori di macchine agricole appartiene interamente in un’ottica di filiera.
 
IL TRATTORE E LE MACCHINE AGRICOLE CHE NON VEDI AL SUPERMERCATO

In questo periodo dell’anno sono molti gli ordini in corso di ricambi e macchine, in particolare quelle stagionali come le seminatrici, le tante attrezzature per la lavorazione del terreno, le macchine per la raccolta, le macchine per i trapianti che, in particolare, avviano adesso la stagione agraria per la produzione di tanti nostri alimenti. Tutto quello che nei supermercati non si vede ma che è indispensabile a monte della filiera agro-alimentare e la cui possibile difficoltà di reperimento potrebbe rendere ancora più critica l’attività di molte aziende agricole.
 
ALCUNE AZIENDE AVEVANO CHIUSO MA ALTRE STAVANO CONTINUANDO A LAVORARE, NEL PIENO RISPETTO DELLE NORMESUPERMERCATO_TRATTORE.jpg
Alcune delle imprese aderenti a FederUnacoma – che accoglie piccole, medie e grandi aziende – sin dall’inizio delle restrizioni resesi necessarie per il contenimento del contagio, avevano già deciso la chiusura degli stabilimenti per difficoltà logistiche dovute anche all’incertezza su quelle che sarebbero state le decisioni governative.
Ma molte altre realtà aziendali stavano cercando di continuare a lavorare – seppur con linee produttive estremamente ridotte – nel rispetto di tutte le norme emanate dal governo e della sicurezza dei propri dipendenti, per non bloccare del tutto un comparto già pesantemente segnato da cali di fatturato senza precedenti.
 
PRONTI A PROSEGUIRE LA PRODUZIONE IN SICUREZZA, CON SENSO DI RESPONSABILITÀ
«Siamo dotati di un grande senso di responsabilità e di servizio per il nostro Paese, dichiara il presidente Malavolti, ma è difficile comprendere la mancanza di consapevolezza dell’importante ruolo svolto da questi mezzi meccanici soprattutto in un momento complesso come questo».
La Federazione sottolinea poi il rischio di una concorrenza sleale da parte di competitor internazionali in considerazione del fatto che molti altri Paesi ritengono essenziali attività produttive analoghe alle nostre, che hanno quindi la facoltà di continuare a commercializzare al posto delle nostre imprese.
Impossibile per FedeUnacoma pensare che il blocco imposto possa andare oltre il 3 aprile; la Federazione auspica quindi un confronto urgente con le parti politiche competenti per ripristinare, dopo questa data e secondo una gradualità adeguata, le produzioni delle nostre aziende.
 
Fonte: FederUnacoma
Fonte immagini: Maschio Gaspardo, Pixabay elaborazione Meccagri, e Nobili spa (lgc)

 

 

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di Francesca CAGGIATI - Vuole rimanere anonima, ma far sentire ugualmente la sua voce fuori dalle mura del monastero in cui vive. Così una monaca di clausura scrive una lettera aperta ai giornalisti e agli operatori di carta stampata, radio, tv e web.

Un ringraziamento che le arriva dal cuore per il lavoro che ogni giorno viene portato avanti dai media, per tenere informati e aggiornati i cittadini su una emergenza sanitaria dalla portata mondiale che passerà alla storia come una delle pagine più sofferte, senza che venga meno la speranza, la fede e la fiducia che un giorno tutto questo finirà e usciremo dalla sofferenza che ora ci attanaglia. 

Con la preghiera, incessante, sua e delle sue consorelle, vuole far sentire la vicinanza delle monache alla comunità tutta. Vuole portare speranza a chi sente di averla persa e dare fiducia a chi non vede più un futuro.

Nella fede si trova ristoro, nella fede si trova equilibrio, nella fede si trova la vita. Quella vita che oggi ci sembra un lontano ricordo, obbligati anche noi a rimanere in clausura tra le nostre mura domestiche.

Di seguito la lettera della monaca di clausura:

Carissimi fratelli e sorelle giornalisti, operatori radio,TV e web,
voglio dirvi grazie e abbracciarvi per il bene che fate per ciascuno di noi.
Siete meravigliosi!
Grazie a voi, noi, tutto il mondo, ci sentiamo più vicini gli uni agli altri. Con la vostra operosità ci fate sentire più fratelli e ci dà tanta speranza.
Le vostre notizie arrivano dappertutto e ci tengono informati. Così ci sentiamo tutti uniti nella prova, in un abbraccio cosmico di opere per il bene comune, non solo spirituale e di preghiera.
In questo momento di difficoltà la nostra preghiera è soprattutto per i malati, ma anche per voi che rischiate la vita ogni giorno.
Vi assicuriamo la nostra preghiera e la nostra vicinanza.
"Andrà tutto bene”.
Grazie.

una monaca di clausura

Pubblicato in Cronaca Emilia

di Francesca Caggiati - 23 marzo 2020 - Oggi si contano oltre 6.000 morti secondo i dati diramati dagli organi ufficiali. Cifra che purtroppo continuerà a salire e chissà quando potremo mettere la parola fine a questa ecatombe. Se non ne sappiamo la fine però, ne sappiamo l'inizio. E' datata 31 gennaio 2020 la delibera del Consiglio dei Ministri - pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.26 del 1/02/2020 e di cui trovate testo integrale a fine articolo - che dichiara lo stato di emergenza sanitaria per ben 6 mesi. Avete letto bene: 6 mesi!

Lo Stato sapeva tutto da fine gennaio e non si è attivato, non ha cercato fin da subito di evitare il peggio. Anzi per oltre un mese il capo del Governo, Ministri e politici di ogni schieramento hanno smorzato e minimizzato il problema dicendo che il coronavirus si trattata di una influenza o poco più. E ora, a distanza di quasi due mesi, sta cercando malamente di arginare l'ormai inevitabile. Se fossimo ad un processo sarebbe imputabile di omicidio doloso, che è il delitto previsto dall'articolo 575 del codice penale e che consiste nel provocare volontariamente la morte di un'altra persona. Si distingue in premeditato e non premeditato. E prevede una reclusione non inferiore ai 21 anni. Io se fossi il Pubblico Ministero proporrei l'ergastolo.

Sì, perché uno Stato che manda deliberatamente a morire i suoi cittadini, che siano anziani - forse speravano che morissero solo quelli così l'INPS si alleggeriva un pò - medici e personale sanitario, forze dell'Ordine o semplici lavoratori che ancor oggi costringono ad andare a lavorare (come tabaccai, benzinai, dipendenti delle poste, delle banche, ecc....) senza neppure una mascherina è un assassino

E sono da considerarsi sicari tutti coloro che sapevano e non hanno agito, come coloro che avrebbero dovuto sapere e hanno ignorato! E dovrebbero solo vergognarsi di essere al mondo.

Il disgusto e la rabbia che provo sono nulla in confronto al dolore delle tante persone che hanno avuto - e purtroppo avranno nelle prossime settimane - uno o più morti in famiglia e non hanno neppure potuto dare un ultimo saluto alle salme e fare ai propri cari un funerale degno di questo nome.

 

DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 31 gennaio 2020

Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio
sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti
virali trasmissibili. (20A00737)
(GU n.26 del 1-2-2020)


IL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Nella riunione del 31 gennaio 2020

Visto il decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, ed in
particolare l'articolo 7, comma 1, lettera c), e l'articolo 24, comma
1;
Vista la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 26
ottobre 2012, concernente gli indirizzi per lo svolgimento delle
attivita' propedeutiche alle deliberazioni del Consiglio dei ministri
e per la predisposizione delle ordinanze di cui all'articolo 5 della
legge 24 febbraio 1992, n. 225 e successive modificazioni e
integrazioni, che, ai sensi dell'articolo 15, comma 5, del citato
decreto legislativo n. 1 del 2018, resta in vigore fino alla
pubblicazione della nuova direttiva in materia;
Vista la dichiarazione di emergenza internazionale di salute
pubblica per il coronavirus (PHEIC) dell'Organizzazione mondiale
della sanita' del 30 gennaio 2020;
Viste le raccomandazioni alla comunita' internazionale della
Organizzazione mondiale della sanita' circa la necessita' di
applicare misure adeguate;
Considerata l'attuale situazione di diffusa crisi internazionale
determinata dalla insorgenza di rischi per la pubblica e privata
incolumita' connessi ad agenti virali trasmissibili, che stanno
interessando anche l'Italia;
Ritenuto che tale contesto di rischio, soprattutto con riferimento
alla necessita' di realizzare una compiuta azione di previsione e
prevenzione, impone l'assunzione immediata di iniziative di carattere
straordinario ed urgente, per fronteggiare adeguatamente possibili
situazioni di pregiudizio per la collettivita' presente sul
territorio nazionale;
Considerata la necessita' di supportare l'attivita' in corso da
parte del Ministero della salute e del Servizio sanitario nazionale,
anche attraverso il potenziamento delle strutture sanitarie e di
controllo alle frontiere aeree e terrestri;
Vista la nota del 31 gennaio 2020, con cui il Ministro della salute
ha rappresentato la necessita' di procedere alla dichiarazione dello
stato di emergenza nazionale di cui all'articolo 24 del decreto
legislativo n. 1 del 2018;
Considerato, altresi', che il Fondo per le emergenze nazionali di
cui all'articolo 44, comma 1, del citato decreto legislativo n. 1 del
2018, iscritto nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio
dei ministri, presenta le disponibilita' necessarie per far fronte
agli interventi delle tipologie di cui alle lettere a) e b)
dell'articolo 25, comma 2, del decreto legislativo n. 1 del 2018,
nella misura determinata all'esito della valutazione speditiva svolta
dal Dipartimento della protezione civile sulla base dei dati e delle
informazioni disponibili ed in raccordo con il Ministero della
salute;
Ritenuto, pertanto, necessario provvedere tempestivamente a porre
in essere tutte le iniziative di carattere straordinario sia sul
territorio nazionale che internazionale, finalizzate a fronteggiare
la grave situazione internazionale determinatasi;
Tenuto conto che detta situazione di emergenza, per intensita' ed
estensione, non e' fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari;
Ritenuto, quindi, che ricorrano, nella fattispecie, i presupposti
previsti dall'articolo 7, comma 1, lettera c), e dall'articolo 24,
comma 1, del citato decreto legislativo n. 1 del 2018, per la
dichiarazione dello stato di emergenza;
Su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri;

Delibera:

1) In considerazione di quanto esposto in premessa, ai sensi e per
gli effetti dell'articolo 7, comma 1, lettera c), e dell'articolo 24,
comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, e' dichiarato,
per 6 mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di
emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso
all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili.
2) Per l'attuazione degli interventi di cui dell'articolo 25, comma
2, lettere a) e b) del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, da
effettuare nella vigenza dello stato di emergenza, si provvede con
ordinanze, emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile
in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi
generali dell'ordinamento giuridico, nei limiti delle risorse di cui
al comma 3.
3) Per l'attuazione dei primi interventi, nelle more della
valutazione dell'effettivo impatto dell'evento in rassegna, si
provvede nel limite di euro 5.000.000,00 a valere sul Fondo per le
emergenze nazionali di cui all'articolo 44, comma 1, del decreto
legislativo 2 gennaio 2018, n. 1.
La presente delibera sara' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana.

Roma, 31 gennaio 2020

Il Presidente del Consiglio
dei ministri
Conte

 

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/02/01/20A00737/sg

Pubblicato in Politica Emilia

Il giornalista sportivo Gianni Mura intervistato dal collega Gabriele Majo durante la partecipazione alla rassegna Mangia come Scrivi del 2013

 

di Gabriele Majo – (da Stadiotardini.it) - E’ di poco fa la notizia della scomparsa di Gianni Mura, l’ultimo Gianni Brera del giornalismo (sportivo) italiano, aveva 74 anni e fatale gli sarebbe stato un attacco cardiaco. Per quelli della mia generazione un inarrivabile esempio da seguire, una lettura – i suoi Sette Giorni di Cattivi Pensieri – da non mancare mai. Pure un po’ orso lo stesso era sempre disponibile con l’impertinente radiocronista della piccola radio privata che lo andava a importunare durante le partite del Parma nei mitici anni ’90.

Se non commetto a caldo scambi di persona fu proprio lui a inorridire quando Carlo Chiesa esagerò in occasione del famoso gol definitivo di Hernan Crespo, quando i banchi della tribuna stampa erano ancora abbastanza sacri ed inviolabili (Gino Bacci, ad esempio, una volta mi bacchettò quando mi presentai con un taglio di capelli, che mi suggerì Serena Marsicano, decorato ed esagerato per quei tempi e che poi si tramutò nella mia prima pelata a zero su consiglio di Enrico Cavalca) per danzarci sopra o soltanto per alzare i decibel del volume della voce oltre il consentito. L’ultima volta che lo incontrai fu in occasione di un Mangia come Scrivi, (rassegna cultural gastronomica ideata e diretta dal giornalista Gianluigi Negri e di cui StadioTardini.it è media partrner) correva l’anno 2013, mese di Maggio, e mi concesse una intervista abbastanza lunghetta, al termine della quale mi fece capire che avrei potuto anche tenerla un po’ più corta, ma l’occasione era ghiotta e non me la feci scappare, magari approfittandomene un po’.

Per ricordarlo vorrei riproporvi quella chiacchierata esclusiva, ripresa in maniera magari un po’ amatoriale, ma i mezzi tecnici quelli erano… In quell'occasione Mura definì (come titolammo) il Parma quale l’ultimo felice esempio calcistico della provincia italiana” (anche se purtroppo sappiamo bene come andò a finire pochi mesi dopo…) e, da esperto amante di cucina, mi spiegò perché il famoso coniglio all'ischitana (“ucciso nell'aglio”) da lui citato in un suo libro pubblicato in quei giorni, costasse, circa 25 anni fa, ben 36 mila lire in trattoria, quando il prezzo di un primo piatto era di appena 4.000 lire: col collega Carlo Vaccari eravamo sull'isola per seguire la fase finale del campionato Primavera, con impegnati i bocia Crociati, e poi vinta dal Perugia di Gaucci, pure recentemente mancato. Maestro, riposa in pace. 

DALL'ARCHIVIO DI STADIOTARDINI.IT

INTERVISTA DI GABRIELE MAJO A GIANNI MURA

(Mangia come Scrivi, Venerdì 10 Maggio 2013)

1^ PARTE

https://www.youtube.com/watch?v=FrcdcqvnfSE&feature=emb_title

2^ PARTE

https://www.youtube.com/watch?time_continue=6&v=haQlaW1Fivg&feature=emb_title

Pubblicato in Cronaca Emilia

Luca Russo da Stadiotardini.it – Un paese intero chiuso in casa per contrastarne la diffusione, strutture sanitarie messe a dura prova dalla sua avanzata e bollettini giornalieri dai contorni drammatici. Il Coronavirus sta assumendo sempre di più le sembianze dell’11 Settembre italiano. Un 11 Settembre, però diluito nel tempo, che ci sferra un destro da potenziale ko un giorno sì e l’altro pure.

I contagiati aumentano di ora in ora, in modo sì costante, ma per fortuna non esponenziale come si temeva, crescono il numero di decessi e quello dei pazienti per i quali è necessario il ricovero in terapia intensiva, ma inizia a irrobustirsi anche l’esercito dei guariti. L’Italia, insomma, tiene botta, per ora e in attesa del prevedibile picco che gli esperti ipotizzano per la fine di Marzo. Merito di un Sistema Sanitario Nazionale che, a differenza di quanto accade altrove, garantisce cure a tutti, inclusi coloro che vuoi per l’età, vuoi perché affetti da molteplici patologie hanno una speranza di vita limitata.

Merito di medici, infermieri e operatori sociosanitari che stanno sottoponendosi a turni di lavoro massacranti, affrontando in prima linea a mani nude e a volto scoperto quel pericolo che noi comuni mortali stiamo combattendo restando a casa e in tenuta da astronauta. Loro, il nostro esercito a nostra difesa nella guerra al Coronavirus. Costretti ad operare in condizioni perlomeno critiche, perché i tagli alla Sanità degli ultimi anni hanno imposto una progressiva riduzione delle risorse e delle strutture ospedaliere i cui effetti, già visibili in tempi di pace, appaiono plasticamente evidenti e drammaticamente decisivi nella partita contro questo nemico invisibile. Una sfida che avremmo potuto vincere non dico a mani basse, ma quasi, se ormai molto tempo fa non fosse stato sdoganato il concetto di azienda sanitaria, ovvero la salute pubblica gestita da manager orientati innanzitutto agli equilibri di bilancio… e poi al resto.

Capisco, condivido e sottoscrivo la necessità di ridurre o addirittura azzerare completamente gli sprechi e l’esigenza di allocare meglio i soldi, ma come si può immaginare di offrire un servizio pubblico restando in pari? Tutt’al più si dovrebbe legittimamente tendere al “contenimento dei piazza danni”. La razionalizzazione voluta da qualcuno ci ha invece portati a sforbiciate irrazionali. Nel 2015 il regolamento per gli standard ospedalieri ha sancito che un utilizzo medio dell’80/90% dei posti letto durante l’anno va considerato efficiente. In soldoni, dei 5.000 posti di terapia intensiva disponibili sul territorio nazionale, quelli liberi per l’emergenza COVID-19 concretamente sono meno di un migliaio.

Quindi, è sufficiente che i pazienti con Coronavirus occupino il 20% dei posti per saturare i reparti. Cifre che dovrebbero farci intuire come le difficoltà attualmente patite dai nostri ospedali siano figlie non solo dell’elevata aggressività del virus, ma anche della dannosa spending review di cui sopra. Nel resto d’Europa solo la Germania è messa realmente bene in materia con 30 posti letto di terapia intensiva ogni 100 mila abitanti. La Francia, come noi, non va oltre i 12 e in Spagna si scende addirittura al di sotto delle 10 unità. Preoccupante il dato della Gran Bretagna: 7 posti letto di terapia intensiva ogni 100 mila abitanti. Una cifra che diventa raccapricciante se si pensa che il Regno Unito intende contrastare l’avanzata del virus puntando praticamente tutto sull'immunità di gregge, ovvero sul meccanismo di protezione per cui quando una parte significativa della popolazione risulta vaccinata contro una minaccia esterna finisce col tutelare indirettamente pure quei soggetti che non hanno sviluppato direttamente l’immunità. Una forma di protezione che si “attiva” in presenza di un vaccino, naturalmente.

Ma in sua assenza, come nel caso del Coronavirus, l’unico modo per venire all'immunità di gregge brutalmente è far sì che le persone siano contagiate così che possano sviluppare validi anticorpi. Immaginate il virus che nelle battute iniziali del suo dilagare saltando da un individuo all'altro trova soltanto semafori verdi, mentre quando l’immunità di gregge prende consistenza inizia ad imbattersi in qualche semaforo rosso. Questa è la strategia cui parrebbero voler tendere i governanti d’oltremanica: permettere al virus di camminare tra la gente e in questo modo avvicinarsi gradualmente all'obiettivo dell’immunità di gregge.

Dal mio punto di vista, un’idea malsana, rischiosa e disumana, perché al momento non si ha ancora la certezza che il COVID-19 sia una malattia immunizzante, ovvero in grado di garantire l’immunità a chi ne viene colpito, cioè non sappiamo se una persona contagiata possa essere infettata di nuovo; e perché costerà tante, tantissime, troppe vite umane, vista la letalità del COVID-19 e considerato che non tutti saranno abbastanza preparati e forti da sconfiggerlo in autonomia. E allora mi ritengo fortunato ad essere nato in Italia, in un Paese che opera pure i 90enni se esiste una sola piccolissima e impercettibile possibilità di salvargli la vita. Un’Italia che ora vedo inginocchiata, accartocciata su sé stessa, stremata dall'emergenza che l’ha travolta. Piegata, ma non spezzata. Alle corde, ma non sconfitta. In lacrime, ma non rassegnata. Un’Italia non come chi vince sempre, ma come chi non si arrende mai (cit. Frida Kahlo).

UN’ITALIA CHE CE LA FARÀ SE E SOLO SE NOI TUTTI RESTIAMO RESPONSABILMENTE A CASA. 

Da StadioTardini.it 

http://www.stadiotardini.it/2020/03/columnist-luca-russo-coronavirus-la-suicida-spending-review-sulla-sanita-continuiamo-restare-responsabilmente-casa.html

Pubblicato in Salute e Benessere

Con il DPCM 8 marzo 2020 sono state eliminate le iniziali "zone rosse" e introdotte due nuove classificazioni che prendono in esame il tasso di contagio e vengono imposte tutta una serie di restrizioni diversificate per le due aree in esame.

In allegato è possibile scaricare i documenti che illustrano nel dettaglio cosa è possibile fare e cosa sia vietato all'interno della nuova "zona rossa" (Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, e Rimini,) e le misure che vengono invece adottate per il resto d'Italia e quindi valgono per Ferrara, Bologna, Forli Cesena e Ravenna. 

A seguire il Comunicato stampa della Regione Emilia Romagna e in allegato i documenti (DPCM 8 marzo e il documento di sintesi - sinottico - il documento per le aree in zona rossa, il documento per le aree a minor tasso di restrizioni.

Coronavirus in sintesi. Il Decreto del Governo, le misure in vigore in Emilia-Romagna: possibile spostarsi per motivi di lavoro e movimentare le merci. Ordinanza del presidente del presidente della Regione: sospesa l'attività di piscine, palestre, centri ricreativi e diurni in tutto il territorio regionale

Il presidente Bonaccini: "Bene i chiarimenti del Governo. La lotta al virus una priorità, la salute delle persone davanti a tutto". Le misure del provvedimento nazionale in vigore da oggi 8 marzo al 3 aprile. Nelle sole province di Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì-Cesena, nidi, scuole e Università sospesi fino al 15 marzo. SCHEDE CON TUTTE LE MISURE

Bologna 8 marzo 2020 – Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha firmato il nuovo Decreto sulle misure urgenti di contenimento del Coronavirus. L’atto deriva dalle indicazioni del Comitato tecnico scientifico ed è adottato d’intesa con i ministri competenti e sentite le Regioni.

Elimina le precedenti zone rosse, e cioè i Comuni focolaio dell’epidemia della Lombardia e del Veneto, e suddivide il Paese sostanzialmente in due aree.

La prima, per la quale sono previste misure più restrittive a causa della maggiore diffusione del virus, comprende la Lombardia e le province emiliano-romagnole di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena e Rimini, oltre a quelle di Pesaro e Urbino nelle Marche, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli in Piemonte e Padova, Treviso, Venezia in Veneto.

Altre misure di contenimento del contagio valgono invece su tutto il territorio nazionale, e quindi sulle altre province dell’Emilia-Romagna: Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì-Cesena.

Le misure contenute nel decreto sono valide da oggi, 8 marzo, al prossimo 3 aprile.

Nelle province di Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì-Cesena, la sospensione di nidi, scuole e Università rimane invece in vigore fino al 15 marzo. 

Libertà di spostamento per lavoratori e merci

In merito a una delle misure più importanti, e cioè evitare gli spostamenti di persone nelle aree oggetto delle misure più stringenti, fra cui le cinque province emiliano-romagnole, limitandole a comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità e motivi di salute, il Governo, durante una videoconferenza con le Regioni nel pomeriggio, ha chiarito in modo inequivocabile come non esistano restrizioni per la mobilità dei lavoratori e delle merci né all’interno del Paese né tra il nostro Paese e gli altri. Dunque, chi deve spostarsi per ragioni di lavoro, anche fra le province e all’interno di esse, lo possa fare. E’ quindi garantito il diritto a lavorare per chi è in buona salute, non presenta sintomi né debba rispettare il periodo di quarantena. Con l’avvertenza che si tratti sempre di spostamenti per ragioni di lavoro o di necessità.

Ordinanza regionale: sospesa attività piscine, palestre, centri ricreativi e centri diurni in tutta l’Emilia-Romagna

“Bene che il Governo abbia fatto chiarezza su un punto che da ieri sera aveva spinto tantissimi cittadini a chiederci se domattina avrebbero potuto o meno recarsi al lavoro, o imprenditori a porre lo stesso quesito relativo alle merci”, sottolinea il presidente della Regione, Stefano Bonaccini. “Sia chiaro- prosegue- che il primo impegno è contrastare la diffusione del virus e l’Emilia-Romagna è in prima linea in questo sforzo. A dimostrazione del fatto che non abbiamo alcuna intenzione di indebolire i provvedimenti del Governo, d’accordo con i sindaci dei territori esclusi dalle misure più restrittive, ho appena assunto un’ordinanza che estende la sospensione dell’attività di palestre, piscine, attività ricreative anche alle zone che il Governo aveva escluso e che quindi varranno in tutto il territorio regionale”. Con la stessa ordinanza, “metteremo in protezione quella parte della popolazione più fragile che oggi frequenta i nostri centri diurni: parliamo di persone non autosufficienti che trovano in questi servizi un supporto molto importante per sé e per le proprie famiglie, ma che in questo momento rappresentano un rischio troppo alto per la loro salute. Per questo, sospendiamo l’attività dei centri diurni in tutta l’Emilia-Romagna, chiedendo ai Comuni di rafforzare l’assistenza domiciliare. Come Regione, li sosterremo in questo sforzo”.

 

(In allegato, le misure in vigore in Emilia-Romagna)

 


di Francesca Caggiati – Siamo in emergenza sanitaria ormai mondiale. Smettiamo di raccontarcela e di voler tenere gli esercizi commerciali e i mercati aperti, smettiamo di dire che è una banale influenza, smettiamo di invocare una fantomatica privacy per nascondere chi è stato colpito dal virus e potenzialmente ha già anche contagiato le persone con cui è entrato in contatto nelle ultime settimane. Smettiamola di farci dei selfie con degli slogan del tipo #parmanonsiferma, perché si sta parlando della vita delle persone.
Il diritto alla salute e alla vita deve essere messo al primo posto, al di sopra di ogni altro interesse o diritto privato. Non esiste il benessere del singolo, se non c’è al primo posto il benessere collettivo.


Finora solo la comunità cinese – che già da lunedì 2 marzo – ha deciso in modo autonomo, responsabile e consapevole di chiudere tutte le sue attività commerciali, ha dimostrato di avere a cuore il bene della collettività.


Come ha dichiarato il prof. Massimo Galli – Primario Struttura Complessa Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano – alle telecamere di La7 nel servizio andato in onda il 5 marzo scorso: “Nelle epidemie storiche hai una prima fase in cui ci si dà di gomito dicendo “Ce l’ha il nostro vicino il problema, ah che paura, però insomma ce l’ha lui”. Poi c’è la fase in cui ti rendi conto che ti è arrivata in casa e in cui rifiuti l’idea "Ma nooo! Non è possibile, non è possibile che sia qua da noi!". Poi c’è la fase in cui si deve prendere atto e vengono assunte delle misure. Poi c’è la fase in cui c’è qualcuno che dice: “Ma queste misure ci rovinano!” e allora vengono ridotte. E poi c’è la fase della rovina totale in cui la malattia dilaga”.
Semplici, ma precise parole che rendono perfettamente l’idea di quello che è successo con il primo decreto e l’attuazione dello stesso che fa quasi retromarcia poco dopo. Come dice il professor Galli: “Una assoluta sciocchezza!


Eppure abbiamo visto leader politici nazionali e locali dire di continuare a venire in Italia e a Parma, dire di continuare a vivere come se nulla fosse, postare selfie per far vedere al mondo intero che qui è tutto a posto e non c’è nulla o quasi di cui preoccuparsi. E questo è a dir poco sconcertante.


Perché sono già due settimane che l’Italia è in allerta e perché significa non essere consapevoli e non aver compreso la gravità della situazione, oppure significa fregarsene per dare un contentino agli esercenti delle attività commerciali che si lamentano, tenendo solo in considerazione l’aspetto economico a breve termine, senza avere chiaro che una pandemia come ormai è stato appurato essere il coronavirus, porterà ad un collasso del sistema sanitario ed economico inevitabile e di quelli forse mai visti prima.
Qui ci si limita a pubblicare dati statistici quasi timidamente, ricordando di attenersi alle distanze di sicurezza, che oggi non si sa neppure quali siano esattamente. Si parla di 1 mt o 1,82 mt o… ?!


https://www.corriere.it/salute/malattie_infettive/20_marzo_04/coronavirus-ma-qual-giusta-distanza-sicurezza-dc8a8c76-5df6-11ea-8e26-25d9a5210d01.shtml


Quindi cosa fare?!

Moriremo tutti? No per fortuna. Ma questo non significa che non ci dobbiamo preoccupare, perché il problema non è l’estinzione della specie.


Il problema è che il Covid-19 è una malattia che richiede un’assistenza al malato particolare, con una percentuale di malati che ha bisogno di ricevere respirazione assistita e quindi di essere ricoverata nei reparti di rianimazione. Se il numero di contagiati aumenta drasticamente, aumenta anche il numero di pazienti da ricoverare in rianimazione e chissà per quanti giorni.

Non essendoci una terapia specifica e ammalandosi gravemente fino alla morte anche persone giovani - tra i primi il medico ofmatologo Li Wenliang, 34 anni, di Wuhan, seguito da altri giovani medici cinesi - e persone apparentemente sane, bisogna evitare che il numero dei contagiati esca fuori controllo.


I posti in rianimazione sono limitati e, in più in generale, tutti i posti ospedalieri sono limitati rispetto alla popolazione, quindi il rischio concreto è quello di non poter accedere neppure alle cure che comunque – meglio ripeterlo – non sono specifiche per il coronavirus.


Il personale sanitario è limitato, si sta ammalando e alcuni medici anche in Italia sono già morti. Il rischio del collasso del sistema sanitario è reale. Non una remota ipotesi.


In aggiunta come già pubblicato da Il Fatto Quotidiano di oggi “La Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva ha diffuso un documento tecnico per "fornire un supporto agli anestesisti-rianimatori attualmente impegnati a gestire in prima linea" la maxi-emergenza in cui scrive: "Può rendersi necessario porre un limite di età all'ingresso in terapia intensiva. Non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata."

E il vaccino? Come prima cosa non è ancora stato trovato, quando e se verrà trovato, ci vorranno comunque mesi affinché sia disponibile, quindi non facciamoci troppo affidamento.

Prendiamo esempio dai cinesi. Fermiamoci. Ma fermiamoci seriamente. Tutti in casa per almeno due o tre settimane e comunque fin tanto che la curva dei contagi non arresti la sua crescita. Tutto chiuso, a parte gli ospedali. Medicinali e spesa consegnata a domicilio con personale munito di mascherina e pos per i pagamenti.

Se proprio non possiamo fare a meno di uscire, mettiamoci la mascherina anche se pensiamo di essere sani come i pesci, in modo da scongiurare il contagio.
Se non troviamo mascherine possiamo sempre metterci  una sciarpa sul naso e la bocca in modo tale da sopperire.
Ma se non è strettamente necessario… stiamo in casa!!

E lanciamo un nuovo slogan più saggio di questi tempi: #iomifermo


Io mi fermo significa che ho a cuore la mia salute, quella dei miei cari e di tutta la collettività. Io mi fermo significa che finalmente avrò il tempo per stare con i miei figli, i miei genitori, i miei fratelli o sorelle. Avrò il tempo per leggere quel libro che ho sul comodino da mesi, vedere o rivedere un bel film, cucinare in tranquillità utilizzando anche gli avanzi del giorno prima senza buttarli come facevo prima, ripensare alla mia vita e al mio lavoro.

Posso lavorare da casa?


Sì… possiamo anche lavorare da casa, in molti modi: mandare mail, ricevere e fare telefonate (ormai il telefono si usa per tutto tranne che per far sentire la nostra voce!), possiamo partecipare ad una riunione di lavoro in videoconferenza con colleghi e capo, clienti o fornitori, possiamo frequentare corsi e lezioni on line o in streaming e fare tante altre cose, da casa.


Ripensiamo tutti ad un modo di lavorare dislocato, geo localizzato, smart, da remoto… o chiamatelo come volete. Ma pensiamoci.


Tra qualche mese l’emergenza finirà. E quando l’emergenza sarà finita riprenderemo a frequentarci di persona, a ritrovarci per aperitivi ed eventi, ad abbracciarci e a baciarci ringraziando di essere ancora vivi!


Bisogna assolutamente evitare che il numero di persone contagiate aumenti.


E il modo più efficace è stare in casa.


Questo è l’unico vero messaggio che dovrebbe arrivare dalle Istituzioni a tutti gli Italiani. Senza tentennamenti e senza deroghe!

 

Pubblicato in Cronaca Emilia

L'impegno ad avviare le procedure per la Cassa integrazione straordinaria, per tutelare il reddito dei lavoratori. L'assessore Colla: "Al prossimo incontro necessaria la presenza della proprietà"

Tavolo di crisi in presenza del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, dei rappresentanti della Provincia, e sindacati Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil e Rsu.

Bologna – Oggi, presso l’assessorato allo Sviluppo economico, si è tenuto il primo incontro riguardante l’azienda Morris di Parma, industria cosmetica di alto livello nel panorama italiano e internazionale, richiesto dalle Organizzazioni sindacali in seguito a una procedura di liquidazione avviata dall'azienda, che occupa 114 lavoratori di cui la quasi totalità donne.

All'incontro, presieduto dall'assessore allo Sviluppo economico, green economy e Lavoro, Vincenzo Colla, erano presenti il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, la Provincia di Parma, i consulenti aziendali, l’Unione parmense degli Industriali, i rappresentanti sindacali di categoria e territoriali di Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil e Rsu.

“Per tutelare il reddito dei lavoratori in questa fase delicata - ha detto l’assessore regionale Colla-, abbiamo deciso di avviare fin da subito la procedura per la firma dell’accordo per le politiche attive del lavoro presso l’Agenzia regionale, elemento propedeutico alla richiesta di Cassa integrazione straordinaria per cessazione già depositata dall'azienda presso il Ministero del Lavoro. Però occorre che al prossimo incontro sia presente la proprietà, il Fondo Orlando, in quanto le informazioni fornite oggi da parte dei consulenti aziendali non sono state in grado di rassicurare le Istituzioni e i rappresentanti dei lavoratori in merito alla continuità produttiva e occupazionale, che rimangono il nostro principale obiettivo”.

La Perfume Holding nasce nel 2010 dall'unione di Morris Profumi e Selective Beauty, ereditando un know-how di alto livello nell'industria delle fragranze e della cosmetica e oggi si trova ad affrontare una situazione di difficoltà a causa della perdita di alcune commesse.

Foto di Francesca Bocchia per Gazzetta dell'Emilia

Mercoledì, 04 Marzo 2020 07:39

Sgominata banda di rapinatori: 7 arresti - video

In esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice delle indagini preliminari di Parma, al termine di una lunga attività di indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Parma (P.M. dott.ssa Paola Dal Monte), Ufficiali ed agenti della Squadra Mobile della Questura di Parma hanno tratto in arresto sette persone: BULL Tigei classe ’91; TONCIG Maichol classe ’84; BULL Cristian classe ’86; TONCIG Elvis classe ’79; HUDOROVICH Manolo classe ’80; BULL Sergio classe ‘67 e TONSI Gioi classe ’88.
Ai soli BULL Tigei, BULL Cristian, TONCIG Maichol, TONCIG Elvis e HUDOROVICH Manolo viene contestata una rapina in abitazione commessa il 01/03/2019 in strada Cornazzano a Parma ai danni di un’anziana donna; agli altri indagati, in concorso con questi e con ruoli e responsabilità differenti, vengono invece contestati dieci furti aggravati commessi nelle province di Parma, Reggio Emilia, Bologna, Piacenza e Mantova.

In fase esecutiva oltre cinquanta uomini delle Squadre Mobili di Parma e Reggio Emilia, del Reparto Prevenzione Crimine “E.R. Occidentale” e della Polizia Scientifica, dopo aver circondato i campi di Poviglio (Re) e Castelnovo sotto (Re), dove risultavano dimorare BULL Tigei, TONCIG Maichol, BULL Cristian, BULL Sergio ed HUDOROVICH Manolo, vi hanno fatto accesso, rintracciandoli ed arrestandoli. Contemporaneamente, altri equipaggi hanno rintracciato, presso le loro abitazioni, i restanti destinatari di misura cautelare.

L’attività di indagine ha preso abbrivio dall’efferata rapina perpetrata nel marzo del 2019 ai danni di un’anziana donna ultraottantenne presso la sua abitazione in località Viarolo.

Secondo le ricostruzioni fornite dalla stessa vittima, cinque uomini con il volto travisato da passamontagna, dopo averla bloccata mentre stava rientrando nella casa dalla vicina foresteria, l’avrebbero costretta ad entrare e le avrebbero intimato di non muoversi. I rapinatori, nel frattempo, dopo essere entrati in due dei tre appartamenti di cui era composto l’immobile, dopo aver aperto con un flessibile due casseforti presenti in entrambe le abitazioni, avrebbero asportato diversi monili in oro e due orologi ROLEX del valore di circa 10.000,00 euro. I quattro si trattenevano nell’immobile per circa mezz’ora, per poi fuggire a bordo di una vettura di colore nero.

Nell’occasione, la pattuglia della Squadra Mobile di Parma intervenuta sul posto intercettava l’autovettura descritta dalla vittima che si allontanava dal posto, riuscendo a individuarne parzialmente il numero di targa. Gli accertamenti successivi, tramite consultazione delle banche dati in uso alle forze di polizia, esame delle registrazioni dei sistemi di video sorveglianza pubblici e privati presenti in zona ed analisi di traffico telefonico, consentivano di addivenire alla individuazione dell’auto.
Successivamente la PG seguiva il percorso a ritroso dal luogo della rapina arrivando sino al campo nomadi di Poviglio (Reggio Emilia). Inoltre, attraverso l’analisi comparata delle utenze in uso alla persona che risultava avere in uso l’auto individuata, si perveniva alla identificazione dei quattro soggetti ritenuti autori del grave episodio. In sostanza si analizzavano i tabulati telefonici del telefono dell’usuario dell’auto, che risultava in contatto telefonico con altre persone di interesse investigativo, nel senso che vi erano utenze che, in contatto tra loro, avevano agganciato le celle in cui ricadeva la zona teatro degli accadimenti. Analizzando il movimento delle schede telefoniche di interesse, emergeva che tutti i telefoni erano rientrati nel capo nomadi in rapidissima sequenza.

Da tale fatto specifico ha preso avvio l’attività di indagine coordinata dal Sost. Procuratore dr.ssa Paola DAL MONTE, che ha consentito di ricostruire una pluralità di attività illecite, sistematicamente portate ad esecuzione da un gruppo di soggetti che, con formazioni sempre diverse, ma con un modus operandi ben rodato, avrebbe portato a segno con regolarità plurimi furti aggravati.
Le vittime erano tutte diverse: l’espositore proveniente da una fiera, la titolare di un esercizio commerciale dopo la chiusura della propria attività, il cassiere di una fiera di paese o, semplicemente, il proprietario di una macchina che aveva inavvertitamente lasciato il proprio voluminoso zaino nel veicolo; ma le modalità erano sempre molto simili: si muovevano in più gruppi a bordo di più autovetture, individuavano la vittima o l’obiettivo e lo monitoravano nei suoi spostamenti poi, al momento opportuno, mentre una parte della banda rimaneva in osservazione e copertura, gli altri si avventavano sulla vittima derubandola e dandosi immediatamente alla fuga.

In particolare, oltre alla citata rapina in abitazione, nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, sono contestati i seguenti episodi:
1. Furto aggravato di monili per un valore di 300.000 € commesso in danno di un espositore alla fiera “mercante in fiera” commesso il 10/03/2019 a Ladispoli;
2. Furto della borsa della vittima su autovettura contenente contanti ed effetti personali della vittima commesso a Brescello il 02/06/2019 (per tale fatto, contestualmente all’applicazione della misura cautelare, il gip si è dichiarato incompetente a favore della A.G. di Reggio Emilia);
3. Furto della borsa della vittima su autovettura contenente contanti ed effetti personali della vittima commesso a Dosolo il 02/06/2019;
4. Furto di 9000 € (incasso del giorno della manifestazione “Golese a tutta Birra”) perpetrato il 09/06/2019 a Parma;
5. Furto della borsa della vittima su autovettura contenente contanti ed effetti personali della vittima commesso a Castelvetro Piacentino il 24/06/2019;
6. Furto della borsa di un turista sulla propria autovettura contenente circa 3000 € ed i documenti di tutta la famiglia commesso presso l’area di servizio “Sillaro ovest” in Castel San Pietro il 20/07/2019 (per tale fatto, contestualmente all’applicazione della misura cautelare, il gip si è dichiarato incompetente a favore della A.G. di Bologna);
7. Furto della borsa di un turista sulla propria autovettura contenente circa 1000 € ed i propri documenti commesso presso l’area di servizio “San Martino” il 05/08/2019;
8. Furto dell’incasso della giornata di un esercizio commerciale ammontante a €9000 dall’auto della titolare commesso a Reggio Emilia il 06/08/2019;
9. Furto del campionario di profumi di un agente vendita sottratto dalla sua autovettura l’8/08/2019 a Parma.

Nel caso del furto a Ladispoli (consumato a distanza di pochi giorni dalla rapina) la tecnica investigativa è assimilabile a quella utilizzata per la rapina: incrocio dei dati relativi agli spostamenti dell’auto (la stessa utilizzata per la rapina) e delle celle telefoniche agganciate, che riportano ai telefoni in uso a Bull Tigei ed a Toncing Maichol, ovvero due dei soggetti ritenuti autori della rapina.
Negli altri casi (verificatisi tra giugno ed agosto 2019), all’incrocio dei dati su indicati si sono aggiunte le intercettazioni telefoniche che nel frattempo erano state avviate.

Il GIP ha affrontato il discorso della competenza territoriale e, tenendo presente che il fatto più grave è la rapina consumata a Parma in data 1.3.19, ha ritenuto la propria competenza anche per tutti gli altri reati commessi dagli stessi indagati in altre parti del territorio nazionale.

Invece, per il furto commesso a Brescello il 2.6.19 (contestato, oltre che a Bull Tigei, indagato per la rapina, anche a tale Bull Sergio) e per il furto commesso a Castel San Pietro (contestato, contestato, oltre che a Toncing Elvis, indagato per la rapina, anche al predetto Bull Sergio), il il gip si è dichiarato incompetente a favore, rispettivamente, della A.G. di Reggio Emilia e della A.G. di Bologna).

Tutti gli indagati, al termine della redazione degli atti di rito a loro carico, sono stati associati presso la Casa Circondariale di Reggio Emilia

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Pubblicato in Cronaca Parma
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