La strada per trovare un po' di pace è lunga soprattutto quando, per certi tipi di vittime, non ci sono supporti e fondi per agevolare il percorso verso una normalità. L'appello di Rosangela Cataldi alle parlamentari di Parma.
Di Lamberto Colla, Parma 16 marzo 2019 - Dopo il clamore dei primi giorni i riflettori si spengono e le tenebre calano definitivamente sui familiari, sul loro dolore e sulle loro domande che stentano a trovare risposte plausibili. Trascorrono i giorni, le settimane i mesi e le domande son sempre le stesse, senza risposte e così la mente va in corto circuito.
Una sensazione di solitudine e di ingiustizia che deve fare i conti con i problemi quotidiani, dalle bollette di casa che continuano a arrivare anche se l'appartamento è rimasto sigillato e a disposizione dell'autorità giudiziaria sino a pochissimo giorni fa, alla rabbia di non poter vedere un colpevole, Guelin Fang nel caso specifico, nel posto che merita perché "incapace di intendere e di volere" e perciò non processabile.
Sono trascorsi poco più di sei mesi da quel tragico giorno d'agosto quando il cinese Fang decise di liberarsi dall'ossessione di un "complotto" che lo voleva morto andando direttamente alla base del problema eliminando Filomena, la "complottista".
Da quel 22 di agosto, l'ossessione di Fang, per l'infausto gioco del caso, si è trasferita sui familiari di Filomena, ormai incapaci di trovare una ragione all'accaduto.
(Filomena Cataldi)
"Fang, suggerisce Rosangela la sorella di Filomena Cataldi, non aveva mai dato a pensare che volesse far del male a mia sorella. Il pomeriggio precedente si era fermato da lei a chiacchierare, in attesa dell'arrivo del suo compagno dal lavoro, curioso di sapere come si trovava al nuovo impiego dopo che aveva lasciato l'impresa dove entrambi lavoravano da buoni colleghi."
La "nuova" ossessione, presume Rosangela, era che Alessandro volesse tornare al vecchio impiego "facendo le scarpe" proprio a lui. Solo a posteriore è venuto il sospetto che quell'incontro del pomeriggio precedente fosse stata una sorta di prova generale. L'insistenza con la quale voleva conoscere con precisione gli orari lavorativi di Alessandro Pedrazzi, compagno di Filomena, può configurarsi come una pianificazione del gesto delittuoso consumato 24 ore dopo.
"Il cinese, continua la sorella di Filomena, raccontano i colleghi che fosse un lavoratore precisissimo e diligente e, a parte che tenesse quasi segregata in casa la moglie, nulla faceva intendere che avesse dei gravi problemi di salute mentale."
Fatto sta che con quelle gravi patologie psichiatriche di natura persecutoria, certificate lo scorso dicembre dallo psichiatra Renato Ariatti, nominato da Tribunale e dallo stesso Simone Bertacca di nomina Cataldi, l'assassino di Filomena ha trovato riparo, in via definitiva all'interno di un REMS (Residenza per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza), struttura sanitaria (non carcerarie, ndr) di accoglienza per gli autori di reato affetti da disturbi mentali.
(Dalla Gazzetta di Parma del 1 dicembre 2018)
Il reo confesso, Fang infatti aveva rilasciato una confessione scritta in cinese subito dopo l'arresto, quindi avrà una vita "quasi libera" in una struttura protetta, dalla quale non è particolarmente difficile sottrarsi dal controllo come le cronache spesso riportano (ad esempio la fuga di Solomon - https://www.gazzettadellemilia.it/cronaca/item/16998-duplice-omicidio-fermato-solomon.html - , la promessa del calcio che uccise mamma e la sorellina nell'estate 2017) , mentre loro, i familiari, resteranno incarcerati nel loro dolore, privati degli affetti e dell'assistenza dello Stato per le vittime dei reati violenti.
"I miei genitori - prosegue Rosangela - hanno cominciato a soffrire di cuore, mia nipote Martina di soli 18 anni, è seguita da uno psicologo perché spesso in preda all'incubo che una violenza analoga si possa ripetere verso il padre o verso sé stessa, mentre io non trovo pace, fatico a dormire e per di più penso al fatto che mia nipote non abbia la minima assistenza dallo Stato in quanto vittima di un reato violento come invece lo è per le vittime di terrorismo, ad esempio." яндекс
Per questa ragione infatti, proprio per la mancanza di un fondo specifico per le vittime di reati violenti, l'Italia è stata già condannata due volte dalla Corte di Giustizia Europea, chiamata a ripristinare un sistema paritario di trattamento in favore di tutte le vittime di reati violenti.
Nel caso specifico, in ragione del fatto che il cinese sia stato dichiarato incapace di intendere e di volere, quindi non processabile e ne consegue che non si arriverà a sentenza definitiva e perciò resta impossibile proporre domanda di risarcimento, ammesso e non concesso, che la domanda stessa possa essere ammissibile.
Insomma, tutele ferree per i carnefici e nessuna garanzia o ammortizzatore per le vittime. Fang è già da tempo ospite del REMS di Mezzani, una struttura sanitaria e non carceraria, la moglie e i due figli, dopo essere stati ospiti di una struttura protetta, pare siano tornati nel Paese d'origine, mentre i familiari di Filomena soffrono nella solitudine la mancanza di una affettuosa madre, di una figlia, sorella e compagna presente e gioviale, privi di assistenza e per di più con la casa rimasta sotto sequestro per oltre 6 mesi.
Dopo 200 giorni ancora nulla si è lenito, una ragione che possa mettere pace a quanto accaduto non l'hanno ancora trovata e la sensazione di aver subito una ingiustizia si somma a tutto il resto.
E' per questa ragione che Rosangela fa appello alle donne parlamentari di Parma perché si prendano a cuore i casi analoghi e cerchino di trovare una soluzione al "buco legislativo" che vedrebbe escludere dagli indennizzi la maggior parte delle vittime di reati violenti, per lo più femmine. Per la verità, informa Rosangela, Nicoletta Paci, Assessore alla Partecipazione e ai Diritti dei cittadini del Comune di Parma si è attivata e ha favorito l'incontro con la "Fondazione Emiliano Romagnola per le vittime dei reati" con la speranza che qualcosa possa pervenire a sostegno dei costi che la famiglia ha dovuto e dovrà ancora affrontare, oltre ovviamente ai problemi di natura affettiva e psicologica che restano incommensurabili.
(Dalla Gazzetta di Parma del 6 dicembre 2018)
"Che almeno il nome di Filomena - conclude Rosangela - possa essere ricordato per aver contribuito, col suo sacrificio, a alleviare i dolori dei familiari delle vittime. Dopo sei mesi ormai nessuno si ricorda di noi e dei nostri disagi ma soprattutto di quelli di Martina, una ragazzina che dovrà crescere senza il sorriso e la protezione di sua madre. La speranza è che almeno questo non possa più accadere e che l'incapacità di intendere e di volere, per quanto non processabile non sia più da ostacolo a un risarcimento e/o a un indennizzo statale soprattutto ove vi sia anche una confessione scritta di primo pugno".
Dal canto nostro sposiamo l'idea che chi possiede disturbi psichiatrici vada curato ma anche giudicato. "La non imputabilità è un errore". Secondo Franco Corleone, infatti, garante delle persone sottoposte a misure restrittive e limitative della libertà personale della Regione Toscana, in prospettiva le REMS andrebbero chiuse, nell'ambito di una riforma che prevede che se si compie un delitto, c'è sempre responsabilità e giudizio. Saranno poi le strutture sanitarie ad affiancare quelle giudiziarie nell'elaborazione e attuazione di direttive terapeutiche.
Non è infatti corretto che un caso sociale, quale è il Guelin Fang, possa provocare una cascata di danni immensa i cui costi, materiali e immateriali, siano totalmente in carico ai familiari delle vittime, i quali, oltre al dolore per la scomparsa della loro cara, hanno da affrontare montagne di difficoltà in totale solitudine.
Un'ingiustizia che siamo certi verrà sanata anche grazie alla sensibilità delle parlamentari locali che, se lo vorranno, riusciranno a coinvolgere le loro colleghe anche di diversa appartenenza politica.
(Filomena Cataldi)
Dall'AVRI, Associazione Vittime Riunite d'Italia, riceviamo la conferma dell'avvenuto trasferimento di Guelin Fang, il cinese che ha brutalmente assassinato Filomena Cataldi lo scorso 22 agosto a San Polo di Torrile, nella struttura sanitaria (NON carceraria) del REMS di Mezzani. Una struttura da dove, peraltro, non è difficle allontanarsi...
A sguire il comunicato di AVRI.
"Arriva l'ufficialità a mezzo sentenza, di un'ulteriore devastante notizia per i familiari di Filomena Cataldi. Il cinese che l'ha brutalmente assassinata è già detenuto da tempo presso la Rems di Mezzani; struttura famosa per le continue fughe dei suoi residenti. Il soggetto dalla "evidenziata pericolosità" così come affermato anche dai giudici, è stato accontentato nella sue richiesta di essere detenuto proprio a Casale di Mezzani, per poter rimanere vicino alla famiglia e continuare quindi a vedere moglie e figli. Non è stato tenuto in considerazione però, il volere della famiglia Cataldi,che fino a prova contraria, dovrebbe la parte lesa, che non avrebbe voluto vedere "detenuto a metà" l'assassino, già giudicato incapace d'intendere e di volere, e quindi assolto. Da tempo ci si era battuti per tenere lontano dalla REMS di Casale di Mezzani un soggetto così pericoloso. Abbiamo cercato di tutelare in ogni modo oltre al volere della famiglia,insieme al gruppo Amo Colorno, anche la sicurezza del territorio.
Ricordiamo che da tale struttura era evaso anche Solomon Niantakyi che uccise brutalmente a coltellate la madre (26 coltellate) e la sorellina (18 coltellate). Il ghanese fu recuperato alla stazione di Colorno mentre attendeva il treno, anche se di portata inferiore, a livello di pericolosità, ultimamente si è registrata un'altra fuga, subito bloccata dagli addetti. E' facile immaginare cosa potrebbe succedere se un soggetto di tale pericolosità sociale riesca ad evadere e ad andarsene in giro per le nostre strade.
La scelta fatta la riteniamo inconcepibile. Insieme ai ragazzi di Colorno, chiediamo con convinzione la chiusura della struttura di Casale di Mezzani e la sua riconversione atta ad una gestione esclusivamente sanitaria e non detentiva. Lo faremo in nome di Filomena. Lo faremo in nome delle volontà della famiglia Cataldi.
A livello nazionale, abbiamo ritenuto opportuno sensibilizzare il Parlamento, tramite alcuni parlamentari per chiedere di ridiscutere tutto il sistema REMS per noi non garante di sicurezza.
Domenico Muollo
Referente per l'Emilia
Associazione Vittime Riunite d'Italia"
(Filomena Cataldi)
Il gruppo AMO - COLORNO ha deciso di scrivere alle più alte cariche dello stato per ciò che sta accadendo in merito alla vicenda di Filomena Cataldi, brutalmente assassinata da un vicino di casa di origini cinesi a San Polo di Torrile. La missiva è stata indirizzata al presidente della repubblica Sergio Mattarella e ai ministri Matteo Salvini e Luigi Di Maio.
Nello scritto si chiede di intervenire sulle leggi attuali, al fine di garantire pene certe per gli autori di femminicidi, indipendentemente dall'eventuale capacità di intendere e volere, intervenendo anche sul caso proprio di Filomena, e l'istituzione di un fondo governativo per il pagamento delle spese legali in favore delle famiglie delle vittime, da elargire come si fa con il patrocinio gratuito per gli aventi diritto.
Dopo un lungo colloquio con Rosangela (la sorella di Filomena), membra di AMO - COLORNO, si è deciso di fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per far si che ciò che accade alla famiglia Cataldi, non capiti più. Rosangela sta attraversando un momento terribile, e nonostante ciò deve farsi forza per cercare di "consolare" le sofferenze dei genitori settantenni e di sua figlia, che da un pò di tempo non riesce più a dormire la notte e che ha iniziato a frequentare uno psicologo temendo di subire la stessa sorte della zia. Rosangela è una ragazza forte e di cuore che ha visto spegnere il suo sorriso perdendo una delle persone più importanti della sua vita. Per lei Filomena era tutto, era più di una sorella. Era un'amica, una confidente, la metà del suo cuore e il suo ossigeno. La sua perdita è stata la fine di un bellissimo percorso d'amore famigliare; la perdita di due vite anziché di una sola. La fine di una bellissima favola.
Filomena manca da morire ai suoi cari e anche a tutti noi del territorio di Colorno e Torrile. Una mancanza che sente anche chi non la conosceva, continuandosi quotidianamente a chiedersi perchè tanta violenza e crudeltà nei confronti di una donna poco più che quarantenne, dal fisico esile e dal carattere gentile che mai avrebbe fatto male ad una mosca. Il dolore non se ne vuole andare e il giudizio della legge è stato crudele. E' come se Filomena fosse stata uccisa per la seconda volta". Il suo assassino è stato riconosciuto completamente incapace d'intendere di volere e quindi non farà nemmeno un giorno di carcere. Farà l'ergastolo presso una struttura REMS e alla famiglia di Filomena toccherà pagarsi addirittura le spese legali. Pensiamo che non sia giusto tutto questo. Che non sia giusto che la famiglia debba pagare un prezzo ancora più alto di quello che già ha dato.
Auspichiamo nella sensibiltà delle istituzioni perchè le famiglie di queste atroci disgrazie non possono e non devono essere lasciate sole. Hanno bisogno della vicinanza dello stato.
Il gruppo Amo Colorno
18/12/2018
Aveva tentato di uccidere la moglie, prima sparandole in viso con un apistola detenuta illegalmente, poi con un forcone e infine, nel tentativo di fuggire era caduto da una altezza di circa 8 metri ferendosi gravemente.
Non ce l'ha fatto Carlo Pibiri, il sessanteseienne di Parma che alle 5 di domenica scorsa, nella casa di Martorano, aveva tentato di sopprimere la compagna 52enne, ed è spirato ieri al reparto di rianimazione dell'Ospedale di Parma dove era stato trasportato d'urgenza.
Durante le prime ore della mattina di Domenica 15 Luglio 2018 si è consumato un tentativo di omicidio, da parte di un uomo, ai danni della compagna di lunga data, all'interno della propria abitazione sita in Strada Argini Enza, 71.
di redazione Martorano (PR) - Intorno alle 5.00 della mattina di ieri, a seguito di litigio, la donna scappava dalla camera matrimoniale per cercare rifugio nella camera da letto delle figlie dove veniva raggiunta dal compagno P.C., classe 1952, originario di Cagliari, il quale esplodeva un colpo di pistola colpendola al volto.
Svegliati dall'esplosione i figli maschi hanno trovato il loro padre sul ballatoio, ancora con l'arma in mano, lo affrontavano e riuscivano a disamarmarlo uscendo indenni da un nuovo colpo che partiva dall'arma e coliva il soffitto. Ma il raputs omicida dell'uomo non si è placato e imbracciato un forcone si è diretto nella camera delle figlie nel tentativo di "finire il lavoro" inizato sulla propria compagna, P.A. classe 1966, da Reggio Emilia.
Il pronto intervento dei figli maschi riusciva nuovamente a disarmare il genitore che questa volta ha tetato la fuga dopo aver appreso che avrebbero chiamato il 113.
Allertati dal 118, gli uomini della Squadra Volante, si precipitavano sul posto dove, appreso dai figli della coppia di quanto accaduto, avuta notizia della presenza di armi da fuoco ed accertato che l'uomo si era barricato in una vicinissima costruzione dalla quale potenzialmente avrebbe potuto ancora colpire, hanno creato un corridoio di sicurezza per i militi del 118, affinché questi ultimi potessero fornire soccorso alla donna ferita al volto.
Permesso ai militi di evacuare la vittima, gli operanti, tenendo al riparo tutti i presenti, si concentravano sulla villa padronale nella quale P.B. aveva trovato riparo. Nel frattempo l'uomo si era spostato sul tetto minacciando di gettarsi nel vuoto e contestualmente ingeriva del liquido da un contenitore che aveva in mano, che in seguito si scoprirà essere liquido detergente.
Nel tentativo di bloccare l'uomo e di impedirne il minacciato suicidio, gli operatori sfondavano, con non poche difficoltà, le porte di accesso alla villa ma dal tetto, il P.C. nel frattempo si era spostato nella zona retrostante scivolando e precipitando per 8 metri sul terrazzo sottostante.
Gli operatori delle Volanti entrati nella costruzione, hanno quindi raggiunto l'uomo, dopo avere ivelto e forzato porte e persiane, constatando la gravità delle sue condizioni.
Sul posto gli operatori della Squadra Volante, ricostruivano tutta la vicenda mediante l'escussione di tutti i presenti, i 4 figli della coppia e la fidanzata di uno di essi e recuperavano l'arma da fuoco con la quale P.C. aveva sparato alla moglie nel tentativo di ucciderla.
L'arma risultava essere una pistola semiautomatica cal. 7,65, avente matricola abrasa arma che veniva sequestrata anche per i successivi accertamenti inerenti la provenienza
Sul posto, oltre a personale della Squadra Volante, si sono recati anche il funzionario reperibile della Questura, Dott. MASTORCI e, poco dopo anche il P.M. di turno, Dr.ssa Daniela NUNNO che assumeva il coordinamento delle indagini.
Al termine di tutte le attività di sopralluogo svolte dalla Polizia Scientifica, di repertazione e di ascolto dei testi, P.C. veniva tratto in arresto per tentato omicidio e per detenzione abusiva di arma clandestina e ricettazione, attualmente piantonato dalla Polizia Penitenziaria presso il locale Ospedale Maggiore.
Nel corso della vicenda nessun'altra persona riportava lesioni, eccezion fatta per uno dei figli che, nel tentativo di disarmare il padre, riportava una leggerissima ferita nell'incavo di una delle mani.
Alla base del folle gesto parrebbero esserci dissapori familiari ancora in fase di valutazione.
Al momento la donna risulterebbe essere fuori pericolo mentre le condizioni del compagno risulterebbero ancora gravi.
Alle porte del cetro storico di Piacenza, una donna è stata trovata assassinata nel proprio appartamento di via Dante. L'ANSA riferisce che la tragedia è accaduta davanti al figlio diciassettenne che ha chiamato la Polizia.
Il marito, fuggito in un primo momento, alla fine si è costituito.
I killer passionali quasi sempre sono persone di sesso maschile molto vicine alla vittima. Mariti, figli, padri. Ma perchè un uomo uccide una donna?
di Paolo Mario Buttiglieri Piacenza 9 novembre 2017 - Quasi sempre è il rifiuto della donna a fare qualcosa che il maschio pretende da lei. E cosa pretende il maschio killer da una donna? Disponibilità a fare sesso, soldi, proprietà immobiliari, comportamento da schiava e disponibilità totale a fare da badante tuttofare per il maschio padrone possibilmente gratis cioè per vocazione innata.
Questi maschi con queste attitudini al killeraggio sono stati allevati in genere da madri a loro volta succubi di maschi padroni. E' la catena della schiavitù psicologica.
Ma una donna può evitare di imbattersi in un maschio killer?
Si, deve innanzitutto evitare di essere troppo disponibile, non assecondare il proprio senso del dovere. Qualunque cosa le chieda un maschio non deve automaticamente dargliela e ricordarsi che se una cosa piace al maschio non deve automaticamente piacere anche a lei. Il maschio comincerà a maltrattare la donna che si mostra troppo disponibile e paurosa delle sue reazioni. La paura femminile, l'ansia di accontentarlo, eccita la violenza maschile e il maschio pretenderà sempre di più e si mostrerà sempre più insoddisfatto di quello che la donna farà per lui.
Consiglio fondamentale per una donna: lasciate prima possibile la famiglia dei vostri genitori, costruite una vita autonoma economicamente, e soprattutto scegliete sempre il meglio per voi stessi. Il cibo migliore, i ristoranti migliori, una bella casa e così sarà facile scegliere il miglior uomo per voi. L'uomo va scelto tra quelli che sono attratti da voi. Da scartare subito quello che vi corteggia. Chi corteggia è falso e vi deluderà quando vi avra conquistato. Siate voi stesse, esprimete la vostra creatività seguite ciò che veramente vi interessa, non reprimetevi quasi mai e se dovete reprimervi scaricate subito la tensione in una attività fisica in mezzo alla natura dove possiate respirare profondamente. Non costringetevi a frequentare persone noiose e sgradevoli, che parlano di se senza preoccuparsi se vi interessa quel che dicono.
Gli uomini migliori sono quelli che non vi chiedono di rinunciare a esprimere quello che sentite e a fare quello che più vi piace. Pericolosi sono anche gli uomini che una volta iniziata una relazione affettiva con voi vogliono fare sesso anche quando voi non lo desiderate.
Semplicemente non vi amano. L'amore comporta sempre rispetto dei bisogni dell'altro, pazienza ma non repressione. Se non vi va di fare sesso con il vostro partner vuol dire che non siete più attratti anche se continuato ad amarlo.
Paolo Mario Buttiglieri, sociologo
(Foto tratta dalla Fiaccolata in ricordo di Arianna Rivara - Parma gennaio 2017 - Scatto di Francesca Bocchia)
Il terrificante episodio era venuto nel giugno del 2016. Armando Canò, strangolò la ex compagna, Bernardetta Fella e poi nascose il corpo senza vita in un grosso frigorifero spento, nella cantina dell'abitazione in strada Nazionale per Carpi, a Modena.
Il 50enne aveva confessato di avere strangolato l'ex compagna durante l'ennesima lite. La perizia psichiatrica aveva stabilito che l'uomo era ubriaco ma capace di intendere e di volere. Oggi è stato condannato dal Giudice del Tribunale di Modena, a 18 anni, con rito abbreviato e tre anni di casa lavoro a Castelfranco.
In programma oggi, domenica 29 gennaio 2017, la Fiaccolata contro le vittime di femminicidio. Appuntamento alle 18, in via Sidoli, dall'abitazione di Elisa Pavarani, per raggiungere quella in cui è stata uccisa Arianna Rivara, in via Gibertini.
Parma 29 Gennaio 2017 -
E' in programma oggi, domenica 29 gennaio 2017, la Fiaccolata contro le vittime di femminicidio. Appuntamento alle 18, in via Sidoli, dall'abitazione di Elisa Pavarani, per raggiungere quella in cui è stata uccisa Arianna Rivara, in via Gibertini.
L'iniziativa è promossa dalla coordinatrice del Consiglio dei Cittadini Volontari del quartiere Lubiana, Monica Reggiani, e vede il sostegno dell'assessorato alle pari opportunità del Comune di Parma, guidato da Nicoletta Paci.
Si tratta di un modo per dire ancora una volta no alla violenza contro le donne, ma anche alla violenza in generale. Siamo tutti invitati a partecipare, per dare un segno di vicinanza non solo all'ultima vittima, ma come simbolo di solidarietà verso tutte coloro che hanno subito violenza o hanno perso la vita in tragiche circostanze analoghe.
La mappa del percorso
L'ultimo caso a Parma. I femminicidi aumentano di anno in anno e in Emilia Romagna sono arrivati a 11, quasi il doppio rispetto al 2015. Anche se si ha paura, denunciare senza esitazione pare essere l'unico modo per evitare il peggio...
di Alexa Kuhne
Parma, 16 gennaio 2017 -
L'ultimo duplice omicidio è accaduto lo scorso 27 dicembre.
Vengono ritrovati, in un casolare adibito a locale notturno, i corpi di Gabriela Altamirano, 45 anni, e della trans Kelly, 47 anni, entrambe uccise, stando alle ultime indagini, dall'ex compagno di Gabriela, Samuele Turco, di 42 anni, che pare si sia fatto aiutare da suo figlio.
Si ipotizza che la trans Kelly si sia trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, divenendo così una vittima collaterale del femminicidio.
Fatti di cronaca in cui le vittime sono donne, perseguitate e poi uccise da uomini che erano spesso compagni di vita.
La violenza maschile ha continuato a mietere vittime fino alla fine dell'anno ma la scia di femminicidi non si è arrestata con l'inizio dell'anno. Anzi. Altri casi di cronaca con al centro donne ferite e assassinate hanno insanguinato la settimana appena passata.
Solo in Emilia Romagna, nel 2016, sono state 11 le donne uccise, a cui si aggiungono 4 tentativi falliti; nel 2015, a pagare con la vita per la follia degli uomini, erano state 6 donne.
Un bilancio che fa riflettere perché vede quasi raddoppiare i femminicidi nel 2016 rispetto all'anno precedente.
Un dato allarmante ma che, comunque, non fornisce il quadro reale della situazione, visto che si basa solo sui casi che ottengono attenzione mediatica.
Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell'Emilia-Romagna sottolinea l'importanza di sensibilizzare sul tema del femminicidio e la necessità di un lavoro congiunto con le istituzioni per fermare la violenza maschile contro le donne. Ma soprattutto la volontà di denunciare. Il primo passo, spesso, purtroppo, non tempestivo e non sufficiente ad evitare il peggio.
Violenza e stalking, cioè atti persecutori nei confronti della vittima, sono all'ordine del giorno. Solo che per molte donne rimane difficile farsi aiutare, per timore di rimanere isolate o per paura di mettere a repentaglio la propria vita e quella dei figli.
Anche Gabriela Altamirano si era rivolta al centro antiviolenza di Parma per raccontare la condotta persecutoria del suo ex compagno, che, come molti uomini violenti, non aveva accettato l'intenzione di quest'ultima di troncare la relazione.
Gabriela aveva sporto querela ed aveva già chiesto aiuto ma, come purtroppo accade in molti, troppi casi, questo non è bastato a proteggerla dalla violenza dell'uomo che aveva deciso di punirla per averlo lasciato.
Come lei c'è un numero di donne che si sono rivolte a un centro antiviolenza in Emilia-Romagna che fa riflettere: dal 1 gennaio al 31/10/2016 sono state in totale 2930. Fra di esse, le donne che hanno subito violenza sono 2739, il 93,5%.
Soprattutto italiane: 1305 (pari al 63,2%), contro 751 provenienti da altri paesi.
Le donne straniere costituiscono più di un terzo di tutte coloro che chiedono aiuto ai centri antiviolenza della regione.
La grande maggioranza di esse subisce violenza da partner o ex partner, nel contesto quindi di una relazione di intimità: si tratta infatti per lo più di donne sposate o conviventi con figli. Altro dato allarmante è che la brutalità si estende ai figli e alle figlie delle donne che la ricevono: sono 1440, pari al 55,2%, bambini e ragazzi che chiedono aiuto.
Anche la violenza si manifesta in molteplici forme: la più diffusa è quella psicologica (92,6%), seguita dalla fisica (65,2%), economica (43,2%) e sessuale (13,9%). I numeri dei centri antiviolenza sono solo la punta dell'iceberg: molte vittime non hanno il coraggio di denunciare e subiscono, fino a quando non succede il peggio.
Il nostro codice penale prevede il reato di stalking (dal termine inglese "to stalk" = fare la posta, braccare la preda). Con esso si intendono tutte le condotte persecutorie - quali comportamenti invadenti, di intromissione, con pretesa di controllo, minacciando costantemente la vittima con telefonate, messaggi, appostamenti, ossessivi pedinamenti - verso una persona e che interferiscono nella vita privata della stessa.
Questi atti si manifestano in persecuzioni e provocano uno stato d'ansia e paura compromettendo anche il normale svolgimento della vita quotidiana.
La pressione psicologica legata al comportamento dello stalker crea nella vittima uno stato di allerta, emergenza e stress psicologico, stati d'animo che possono essere sia percepiti come intrusivi, sgradevoli e fastidiosi, sia legati a sentimenti quali l'angoscia, la preoccupazione e la paura per la propria incolumità.
La prima parte, la più subdola, che generalmente sfocia in altre forme di violenza.
La legge si è inasprita nei confronti del reato di stalking, ma è fondamentale chiedere aiuto ai centri che possono guidare e sostenere le vittime di violenze psicologiche e fisiche.
Perché non si arrivi a sentire, ancora una volta, un intervistato che dica di un carnefice, insospettabile, fino al momento dell'ennesimo femminicidio: "Il mio vicino era una brava persona, tranquilla, chi lo avrebbe mai detto"...