Avvertire dentro di sé un bisogno significa avviare una ricerca interiore ed esteriore in grado di recuperare l'assenza per cui si avverte l'urgenza di ristabilire l'equilibrio.
di Guido Zaccarelli Modena 22 novembre 2017 - Quando di parla di autostima il pensiero di molti corre rapidamente alla piramide dello psicologo statunitense Abraham Maslow che ha coniato nel 1954 la piramide dei bisogni.
Se osserviamo meglio la parola nella sua forma completa la notiamo formata da auto a cui fa seguito il suffisso stima.
La parola àuto ci porta indietro nel tempo fino alla radice greca che faceva riferimento a stesso. La parola stima ci porta invece al latino aestimare che assegnava un valore ad un bene grazie al derivato aes associato al rame, al bronzo o al denaro.
Autostima significa avere stima di sé stesso, dargli valore in relazione a tutte le dimensioni e alle sfumature che formano l'identità di una persona, senza avere ragione, o poco, dell'altrui pensiero. L'autostima, una volta raggiunta, è difficile da consolidare.
È una dimensione troppo variabile dell'uomo e fortemente dipendente e condizionata da fattori endogeni ed esogeni molto differenti tra loro.
Necessita di altro, di una continua ricerca di fonti dalle quali attingere le risorse necessarie per riportare l'uomo in equilibrio.
Avvertire dentro di sé un bisogno significa avviare una ricerca interiore ed esteriore in grado di recuperare l'assenza per cui si avverte l'urgenza di ristabilire l'equilibrio.
Il bisogno di cibo per saziare la fame, l'affetto, la relazione, lo spirito, la fede, la religione, la verità, la fiducia, sono alcune delle dimensioni tra le infinite situazioni nelle quali il corpo e l'anima dell'individuo si possono trovare.
Identificare e classificare le situazioni consente di individuare percorsi di diversa natura per agire in una direzione o nell'altra senza avere la presunzione che la strada che si decide di intraprendere sia la migliore in valore assoluto e che conduca ai risultati attesi.
Percorrere la strada dell'introspezione (del guardarsi dentro) significa dare ascolto al silenzio e raccogliere nelle frequenze del non udibile tutti gli stati d'animo che concorrono a dare un segnale, o meglio ancora, una risposta ai propri perché.
Uscire dal di dentro e osservare il chi siamo dall'esterno significa osservare la realtà in modo percepito frutto di ciò che vorremmo essere e spesso non siamo.
Maslow le ha rappresentate in una piramide e disegnato al suo interno sezioni orizzontali tra loro indipendenti dove le persone possono trovarsi nel corso della vita, dal livello più basso al livello più alto, fino a raggiungere in alcuni casi la vetta, quella dell'autostima.
Osservare la cima spinge l'uomo a percorre gradino dopo gradino la strada verso la sommità con l'energia propria della motivazione che consente di superare gli ostacoli che si frappongono tra il compiere il primo passo e dare seguito al successivo.
Se questa situazione può essere valutata in termini positivi, diventa difficile valutarla alla stessa stregua in discesa laddove le circostanze non consentono di stabilizzare la posizione nel livello desiderato.
Il disagio entra di forza rompendo l'equilibrio raggiunto ponendo l'uomo nella condizione di entrare in un nuovo stato di necessità che deve essere soddisfatto come contrappeso per bilanciare una realtà che necessita di trovare una nuova consapevole solidità.
Le condizioni di stress che condividono con l'uomo la sua quotidianità sono positive se vissute nella condizione in cui la motivazione è gestita per raggiungere traguardi S.M.A.R.T. Specifici, Misurabili, Acquisibili, Realistici e Temporalmente definiti in cui l'uomo è cosciente dei propri mezzi, delle proprie virtù, dei punti di forza e di debolezza.
Il voler raggiungere traguardi troppo ambiziosi, oltre le proprie caratteristiche, può riservargli situazioni di stress negativi che condizionano il raggiungimento dei propri scopi.
Inverso, raggiungere in modo graduale e con il giusto tempo una o più mete, pone l'uomo nella condizione di assaporare il momento e impiegare l'attesa per consolidare lo stato per involarsi senza timore verso nuove punti d'arrivo.
La piramide pone l'uomo nella condizione di riflettere e di scommettere su sé stesso, sulle sue capacità e di quelle del mondo che lo osserva, ponendolo nella condizione di dare e ricevere fiducia, ma di sapere che ogni passo che compie in salita o in discesa dipende da lui, e le scelte che mette in campo contengono una dose di rischio che deve essere misurato per salire senza affanno in cima alla piramide e trovare nell'autostima la risposta a tutti i suoi perché.
La clessidra è uno strumento impiegato per misurare il tempo, nel suo lento divenire. La prima clessidra fu realizzata facendo scorrere l'acqua al suo interno. Successivamente l'acqua fu sostituita con la sabbia.
di Guido Zaccarelli 29 ottobre 2017 - La sua etimologia ci porta ad entrare in contatto con due parole che viste nel loro insieme significano: rubare l'acqua.
La clessidra si comporta allo stesso modo di un bicchiere quando viene riempito di granelli di sabbia: nel primo caso i granelli scendono verso il basso sfruttando la legge di gravità, mentre nel secondo caso escono verso l'alto sfruttando, ad esempio, la mano dell'uomo.
Cosa lega la clessidra e il bicchiere oltre alla sabbia: il tempo con il quale misurare l'andamento di un fenomeno. Nella clessidra, il diametro del foro che unisce i due coni determina la quantità e la velocità con la quale i granelli di sabbia scorrono verso il basso. Nel bicchiere, la quantità e la velocità sono determinati dalla mano dell'uomo con la quale preleva uno o più granelli di sabbia in rapida successione.
Cosa lega il bicchiere, i granelli di sabbia, la mano dell'uomo all'azienda? I servizi o le attività che vengono chiuse.
Come mai? Le aziende vengono prevalentemente gestite da un management attento a raggiungere nel breve termine gli obiettivi di carriera.
La forbice inizia ad aprirsi con la contrazione del personale, spesso legata a motivi di uscita volontaria dal contesto lavorativo. Il personale non viene sostituito.
I granelli di sabbia vengono prelevati dal bicchiere ma non vengono re-immessi. Le attività vengono frammentate sul personale rimanente e in parte ridistribuite in altri settori dell'azienda. Intanto la mano continua a prelevare granelli di sabbia di fronte all'indifferenza di tutto ciò che ruota intorno. Una mattina il risveglio diventa amaro, il bicchiere è vuoto: la mano invisibile ha prelevato l'ultimo granello di sabbia.
Solo in quel momento le persone si accorgono che qualcosa è cambiato perché agisce sulla quotidianità influenzando comportamenti e stili di vita non sempre associati al benessere sociale. Il servizio o l'attività vengono chiuse e trasferite all'esterno oppure trasformate nella formato digitale senza ritorno.
È come vedere innanzi a sé la clessidra e osservare la sabbia che scorre verso il basso, persone, cose, attività, momenti della vita che se ne vanno a volte senza un perché, che si adagiano sul fondo in attesa del nuovo che avanza per accedere ad un cambiamento. Un po' come rubare l'acqua che scorre verso il basso dentro la clessidra messa nelle mani del tempo che osserva da lontano l'uomo agire contro se stesso.
Quando si parla di welfare aziendale lo stato d'animo delle persone prima e il pensiero poi si muovono d'intesa per accompagnare la mente e lo spirito a intravedere un ambiente di lavoro felice dove poter realizzare i propri sogni e conseguire le proprie aspettative personali, professionali e sociali.
Di Guido Zaccarelli Modena 19 ottobre 2017 - Molte aziende, spinte da un quadro legislativo favorevole, che consente loro di ricevere agevolazioni fiscali importanti in chiave di ammortamento sul breve e medio periodo, stanno mettendo a punto programmi di sviluppo interno del welfare rivolto alle maestranze, per creare una dimensione lavorativa in linea con le aspettative di ogni singola persona.
Uno sforzo che è ancora agli inizi per le molteplici difficoltà che nascono naturali in relazione alla necessità di promuovere similmente un cambio del modello culturale, al quale le persone sono state impegnate per anni a seguire, in strutture organizzative imperniate su schemi piramidali sostenuti da una accentuata azione verticistica delle linee di comando. "Il capo che ordina al sottoposto di eseguire un lavoro senza avere la possibilità, per quest'ultimo, di poter intervenire nel modulare schemi d'azione e comportamenti orientati a combinare la nascita di un valore aggiunto collettivo".
La catena del valore, da tempo terreno di studi e di osservazione da parte del mondo scientifico ed economico, è il punto di congiunzione all'interno della quale è imprescindibile la necessità di individuare e definire la stessa unità di misura per ottenere una gestione coerente del personale e delle attività ad esse riferite. Le difficoltà esistono, e in molti casi di difficile soluzione, causa la presenza della dimensione immateriale che non consente di definire ordini di grandezza misurabili in termini oggettivi e replicabili nella stessa realtà e in ambiti differenti.
La presenza di questi scenari induce una riflessione attenta e puntuale dello stato delle cose e il confronto tra posizioni differenti potrebbe fare emergere una scollatura tra il quadro normativo in atto, proiettata nella dimensione economica e psicofisica delle persone, e la volontà di una certa parte del management di consolidare la struttura organizzativa esistente, dando per scontato che la semplice adesione al programma di welfare aziendale sia sufficiente per soddisfare e completare il progetto di benessere delle persone.
E' urgente la pretesa, da più parti sollevata, di chiedersi se il modello piramidale in atto, che le persone vivono ancora oggi sulla propria pelle e avvertono come un peso quotidiano insostenibile da portare sulle proprie spalle, può essere ancora considerato il modello vincente sul quale continuare a sviluppare politiche economiche globali, oppure, forte dell'inversione di tendenza e della crisi in atto, è necessaria una brusca virata per rispondere alle mutate esigenze emerse dal contatto con le nuove economie di mercato e con modelli relazionali differenti.
È forte il dubbio in chi scrive che il welfare come oggi viene pensato, gestito e applicato, senza un cambio del modello organizzativo, possa realmente ed efficacemente completare il disegno che ha animato lo spirito e la mano del legislatore, se non vengono messe in campo azioni decise di cambiamento del modello organizzativo, legittimando il cerchio come figura geometrica di riferimento, al quale ispirarsi nelle aziende che hanno deciso che il benessere delle persone appartiene alla comunità, il cui valore sociale si mescola con il fine economico e nella cooperazione il punto d'arrivo del bene comune.