Villa Levi a Reggio Emilia, una delle più affascinanti dimore storiche seicentesche della regione, a rischio crollo e abbandono: la denuncia di Gabriele Arlotti.
Reggio Emilia -
Sette milioni, presunti, di valore abbandonati a se stessi. Ma, soprattutto, uno dei beni immobiliari, storici e affettivi dei reggiani. Infiltrata d’acqua e muffe, vittima dei ladri, abbandonata al suo destino è una delle più affascinanti dimore storiche seicentesche della regione.
E’ Villa Levi che nel Settecento sarebbe passata proprio alla storica famiglia ebrea di cui porta ancora il nome. Una villa che comprende i due fabbricati annessi (Guado e Augusta), terreni per 20 ettari, l’oratorio Besenzi del 1840, ma che soprattutto ha un meraviglioso corpo centrale neoclassico e le dipendenze attorno.
Ieri, 17 aprile, sono andati via per sempre i pochi tecnici di laboratorio rimasti, con rientro all’Università di Bologna.
Villa Levi ha ospitato per quasi mezzo secolo il Corso di Laurea in Scienze della Produzione Animale (il triennio applicativo finale).
Nel 1968, in piena contestazione studentesca, i presidi delle facoltà di Veterinaria e di Agraria dell'Università di Bologna, fondarono per la prima volta in Italia il corso di Laurea di Scienze della Produzione Animale, collocando il biennio propedeutico a Bologna e quello applicativo a Reggio Emilia, con sede a Villa Levi-Coviolo. Nel 1970 la Villa venne acquista, con firme dei professori Zucchi e Zambonelli, dall’ultimo proprietario del tempo, l’avvocato Pelosi.
All'inizio, tutte le attività reggiane di Scienze della Produzione Animale si svolsero per diversi anni in una sede provvisoria, successivamente all’acquisto, operato dall'Università di Bologna con anche un contributo della Cassa di Risparmio di Reggio, si trasferirono qui definitivamente nel maggio del 1978 con il restauro fatto dall’Università di Bologna con contributi per la gestione degli enti locali reggiani Camera di Commercio, Provincia, Comune di Reggio Emilia.
Da allora fino all'aprile del 2011 in cui venne chiusa definitivamente, (per trasferire tutte le attività presso la sede di Bologna) ha laureato oltre 1500 professionisti.
Negli ultimi anni però è stata completamente trascurata per motivi economici dall'Università di Bologna, “fino a renderla a quasi un rottame”- commenta un ex docente, come dimostrano le diverse foto. Acqua infiltrata nei tetti, grondaie in rame rubate e sostituite con quelle in plastica, alberi monumentali caduti nel meraviglioso parco accanto.
“lo spreco di danaro pubblico equivale a un furto aggravato, perché trattasi di quattrini degli italiani. La morte di Villa Levi non é un danno economico solo per Coviolo, ma per tutta l'Università italiana”.
Perché Villa Levi venne abbandonata? “Ai primi anni Duemila a Reggio Emilia c’erano 3 facoltà di agraria oltre a questa di Produzione Animale di Bologna, con Modena e Parma. Nel mentre a Reggio Emilia era iniziata già a fine anni Novanta la battaglia per essere sede di Università e non solo distaccamento. Creata la nuova Università di Unimore risultava superfluo mantenere a Reggio un distaccamento di Bologna”.
Nel 2011 a Villa Levi cessarono funzioni didattiche, col rientro di ricercatori, insegnanti e studenti a Bologna, che, qui a Coviolo, erano svolti negli istituti di allevamenti zootecnici, di zooeconomia, microbiologia e industrie agrarie, istituto di produzione foraggere e di edilizia zootecnica. Qui sono nate, oltre a numerose analisi economiche, alcune tra le più grandi scoperte scientifiche del tempo, ad esempio, su Parmigiano Reggiano e suinicoltura.
Inutilmente, per 7 milioni di euro, l’Università di Bologna ha cercato di vendere questo luogo che è protetto da vincolo della Soprintendenza.
Gabriele Arlotti
I cuscini sono confezionati da donne per altre donne e rappresentano un ausilio nel percorso di cura oltre che un segno di vicinanza.
A distanza di tre anni dal primo, è stato donato nei giorni scorsi il 500mo cuscino di stoffa a una paziente del reparto di Chirurgia senologica del Santa Maria Nuova di Reggio Emilia da parte dei volontari di Senonaltro, l’associazione nata per sostenere le donne operate di tumore mammario.
I cuscini, che hanno la forma ergonomica di un cuore, sono pensati per alleviare il fastidio della posizione orizzontale e favorire il riposo nelle donne che hanno subito lo svuotamento del cavo ascellare nel corso di un intervento di rimozione del tumore.
Cuori sottobraccio è un’iniziativa che Senonaltro porta avanti dalla primavera del 2016 avendo mutuato analoghe esperienze italiane ed europee.
I cuori, rivestiti di allegra stoffa colorata, sono confezionati da donne nella piena condivisione della mission dell’associazione e sono consegnati alle pazienti dalle stesse volontarie in un momento di incontro che stimola un sentimento di solidarietà e vicinanza.
Alla consegna del cuscino, avvenuta al CORE, erano presenti il direttore della struttura Guglielmo Ferrari e i volontari e le volontarie di Senonaltro.
Il progetto è stato recentemente esteso alle pazienti operate all’Ospedale Magati di Scandiano e interesserà a breve anche l’Ospedale di Guastalla.
Una storia di abusi che andava avanti da addirittura vent’anni e che finalmente nei giorni scorsi, si é conclusa con la custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Parma e l’arresto da parte della Polizia di un soggetto, gravemente indiziato dei reati di maltrattamenti e stalking ai danni della moglie.
Parma -
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Parma – gruppo fasce deboli, sono partite dalla denuncia della vittima, una quarantenne parmigiana, che nei primi giorni di febbraio, si è presentata presso gli uffici della Squadra Mobile.
La donna, esasperata ed intimorita, ha raccontato delle violenze subite da parte dell’ex compagno, padre di suo figlio. Violenze senza tregua, perseguite da vent’anni.
Rassicurata dal personale specializzato della “Sezione reati con la persona” della Squadra Mobile, ha iniziato a descrivere una storia d’amore, nata quanto lei era poco più che ventenne e che era stata segnata, sin dall’inizio, da violenze verbali, fisiche e psicologiche.
Le vessazioni dell’ex compagno, anch’egli quarantenne - già conosciuto per numerosi precedenti di polizia per reati contro la persona ed in materia di stupefacenti - si sarebbero concretizzate, soprattutto, in frequentissime e furiose scenate di gelosia che spesso degeneravano in aggressioni fisiche nei confronti della donna stessa, dei suoi familiari, degli amici ma anche nei confronti di sconosciuti, che in più occasioni sono intervenuti per sedare le violente liti scoppiate tra i due anche in luoghi pubblici.
Sono così emersi numerosi singoli episodi. Un’aggressione risalente ai primi anni 2000 all’interno di un locale pubblico, a causa di una conversazione con un amico protrattasi troppo a lungo, percosse e minacce subite da lei e da un passante che aveva provato a frapporsi tra i due fidanzati durante un litigio avvenuto in strada, dopo che lui l’aveva inseguita e costretta a scendere dall’auto su cui stava viaggiando.
Episodi di violenza protrattisi per circa due decenni e proseguiti anche dopo la convivenza e la nascita del figlio. E alcune volte anche davanti allo stesso, tanto da ricorrere, in più occasioni, alle cure dei sanitari senza però spiegare la causa delle ferite riportate.
L’uomo, però, dopo ogni aggressione, facendo leva sul sentimento della donna e sulle ripercussioni che una loro separazione avrebbe potuto avere sul figlio. Tuttavia, circa 2 anni fa, al culmine dell’ennesima lite in cui lui l’avrebbe picchiata colpendola ripetutamente al volto e costringendola a trovare riparo nell’appartamento di una vicina, la donna ha deciso di allontanarsi definitivamente, trasferendosi, insieme al figlio.
La distanza non avrebbe posto fine però alle condotte minacciose e violente persecutorie dell’uomo, fino a quando - dopo l’ennesima aggressione avvenuta nei primi giorni del 2019 - la donna ha deciso di rivelare la sua storia con tutti i risvolti drammatici.
Uno studio della Cardiologia del Policlinico Modena – che fa parte dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena e che è diretta dal prof. Giuseppe Boriani di Unimore - ha esplorato la correlazione tra obesità e fibrillazione atriale.
Il professor Giuseppe Boriani è il primo autore di un articolo pubblicato in collaborazione con l’Università statunitense di Harvard in corso di stampa sulla prestigiosa rivista European Heart Journal e sinora pubblicato sulla versione on-line della rivista.
“Obesità e fibrillazione atriale – spiega il prof. Giuseppe Boriani - sono un'associazione di patologie poco studiate sinora, che in questo studio abbiamo analizzato in dettaglio su una casistica di oltre 20 mila pazienti, raccolta in quattro anni di lavoro in un database specifico. Questa casistica ci ha consentito di evidenziare che il sovrappeso e l'obesità molto frequenti nei pazienti con disturbi cardiaci e nel caso specifico nei pazienti con aritmia da fibrillazione atrialepossono essere trattati con sicurezza con i nuovi anticoagulanti orali nella prospettiva di ridurre la temibile complicanza dell’ictus cerebrale”.
La fibrillazione atriale, che consiste in un’alterazione del ritmo del cuore che produce un battito molto rapido ed irregolare, ha effetti sulla funzionalità dei ventricoli e sul flusso sanguigno. In condizioni normali, a riposo, il ritmo cardiaco, definito “sinusale” è solitamente di 60-80 pulsazioni al minuto. In caso di fibrillazione atriale, la frequenza può variare tra 300 e 600 battiti al minuto. La fibrillazione atriale è, però, una malattia progressiva e potenzialmente pericolosa, in quanto comporta una accelerazione della funzionalità del cuore, riducendo l’efficienza della pompa cardiaca. Per questo va inquadrata in breve tempo e trattata in maniera adeguata. La fibrillazione atriale ha una incidenza piuttosto significativa tanto da riguardare l'1-2% della popolazione mondiale. Mentre in Italia ne soffrono 600mila persone.
“Un moderno approccio al paziente con fibrillazione atriale – aggiunge Boriani - deve avere oggi le caratteristiche di un approccio integrato, multidisciplinare, mirato alla terapia del disturbo del battito cardiaco ma anche al corretto inquadramento oltre che della cardiopatia di base delle condizioni patologiche associate, in primis obesità e diabete. L’adozione di appropriati stili di vita e esecuzione di regolare attività con almeno due ore alla settimana di esercizio fisico può contrastare gli effetti di sovrappeso e obesità anche nel campo delle aritmie ed è ciò che caldamente consigliamo ai pazienti nel nostro ambulatorio del Policlinico dedicato ai pazienti con fibrillazione atriale, in piena collaborazione con gli altri specialisti e con i medici medicina generale”.
L’ambulatorio del Policlinico esegue circa 800 visite in un anno. Cardine dell’approccio clinico è la terapia anticoagulante, unita a trattamenti farmacologici o interventistici come la ablazione transcatetere, cioè la procedura in cui vengono colpite in modo “mirato” le zone all’interno del cuore, negli atri, che determinano l’insorgenza e il mantenimento della fibrillazione atriale. Per le ablazioni il Policlinico svolge il ruolo di centro di riferimento provinciale.
“Le equipe di elettrofisiologi della provincia – conclude Boriani - stanno lavorando insieme, riproponendo anche in questo settore l’attività di equipe già in atto per il trattamento dell’infarto in cui il ruolo di riferimento è svolto dalla Cardiologia dell’Ospedale di Baggiovara diretta dal dottor Stefano Tondi”.
Fonte: Policlinico Modena
Omicidio di Scandiano: i Carabinieri indagano sulle ragioni che hanno portato Giampietro Guidotti a sparare a bruciapelo a Giorgio Campani, suo amico d’infanzia. Tra loro c’erano querele e controquerele per una questione di terreni confinanti, ma anche una donna che aveva avuto una relazione con entrambi.
SCANDIANO (RE) –
Ci sono amicizie che durano una vita, e altre che si trasformano e portano le persone a odiarsi. A volte fino alle estreme conseguenze. Come nel caso di Gianpietro Guidotti e Giorgio Campani, vicini di casa nella frazione di Visignolo di Baiso e amici fin da quando erano bambini. L’amicizia è durata anche durante la giovinezza. Molti testimoni affermano che i due erano inseparabili, andavano spesso a ballare insieme e facevano a turni su chi doveva prendere l’auto.
Poi il tempo è passato e da amici per la pelle, i due uomini sono diventati acerrimi nemici, al punto da “combattersi” a colpi di querele, pare per problemi legati ai confini e ai diritti di passaggio sui terreni confinanti. L’esasperazione è arrivata al punto tale che ieri mattina alle 10 Gianpietro Guidotti è entrato nel Blue Bar di Rondinara di Scandiano che sapeva essere frequentato da Campani. E quando, come si aspettava, ha trovato l’ex amico, ha estratto una pistola e gli ha sparato a bruciapelo alla testa, freddandolo nella veranda del locale.
Nelle ore seguenti l’omicidio, proprio le diatribe e i dissapori legati alle questioni legali hanno portato gli inquirenti a ricercare in esse il movente. Tuttavia, dopo aver raccolto diverse testimonianze dai residenti e dai frequentatori del bar, dove pare non fosse la prima volta che i due si affrontassero, è emerso che il motivo scatenante possa essere stata una questione di donne. La vittima, Giorgio Campani, 61 anni, che era separato dalla moglie e aveva una figlia, da qualche tempo aveva una relazione con una donna che, in passato, aveva frequentato anche Guidotti. E su questo “passaggio di mano” si erano incentrate le prese in giro di Campani nei confronti dell’ormai ex amico. Qualcuno ha anche riferito che in più occasioni, Guidotti avrebbe intimato a Campani di smetterla con le provocazioni, pronunciando quella frase “Altrimenti ti ammazzo”, che spesso si dice quando si è arrabbiati o esasperati. Solo che, questa volta, si è passati dalle parole ai fatti.
Il frontale sulla Statale Canaletto: una Fiat Ulisse con a bordo una 53 enne e una bambina di otto anni si è scontrata con bus Seta, a quell’ora pieno di lavoratori e studenti.
Modena -
Ci sarebbe un sorpasso azzardato dietro al frontale che ieri attorno alle 19.30 ha visto coinvolti una Fiat Ulisse, con a bordo una donna di 53 anni e una bambina di otto, che viaggiava in direzione di Modena, e un autobus Seta che viaggiava verso Mirandola, a quell’ora carico di lavoratori e studenti che rincasavano.
La situazione è parsa subito molto complessa e sul posto sono intervenuti i Vigili del Fuoco, l’elisoccorso e alcuni mezzi del 118. Ad avere la peggio la conducente della Fiat Ulisse che è stata estratta dalle lamiere grazie all’intervento dei pompieri ed è stata subito trasferita con l’Elisoccorso al Maggiore di Bologna. Le sue condizioni sono gravi. Ferite serie, ma non sarebbe in pericolo di vita, anche per la bambina che era con lei, trasportata al Policlinico di Modena.
Tanta paura anche per i passeggeri che viaggiavano sul bus, nove dei quali sono rimasti leggermente feriti e sono stati prima medicati sul posto per poi essere smistati tra il Policlinico e l’ospedale di Baggiovara. Al Pronto Soccorso del Policlinico sono giunte una bambina di 4 anni e tre donne di 20, 26 e 53 anni e tre uomini di 33, 39 e 52 anni. Al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Baggiovara sono invece stati portati quattro giovani di 18, 19, 20 e 25 anni.
Nella mattinata di oggi, i pazienti sono stati tutti dimessi, tranne la bambina che viaggiava sull’auto, che è stata operata dagli ortopedici del Policlinico e verrà dimessa presumibilmente nelle prossime ore. Rimane invece in prognosi riservata al Maggiore di Bologna la conducente della Fiat Ulisse che ha invaso la corsia opposta scontrandosi con il bus.
Il vigilante aveva notato la coppia che si aggirava nello store di via Emilia Centro e aveva fermato la donna quando questa era uscita facendo suonare il dispositivo antitaccheggio. A quel punto l’uomo l’ha aggredito e ne è nata una colluttazione. La merce rubata è stata recuperata dai poliziotti.
MODENA –
Ladri sempre più “organizzati” e violenti. Ancora una volta, a farne le spese, è stato l’addetto alla sicurezza che presiede l’ingresso dello store Zara di via Emilia Centro, tra i “preferiti” dei taccheggiatori.
Erano circa le 13.30 di ieri quando il vigilante ha notato una coppia che si aggirava con fare sospetto tra la merce in esposizione. L’uomo era poi uscito, lasciando la compagna all’interno del negozio e si era messo ad attenderla sotto al portico. Quando anche la donna è uscita, ha fatto però scattare il sistema antitaccheggio. A quel punto, l’addetto alla sicurezza l’ha fermata e le ha chiesto di poter ispezionare la borsa, ricevendone però un netto rifiuto. È stato a quel punto che è intervenuto il complice, poi identificato in un pluripregiudicato di 32 anni, che ha aggredito con violenza il vigilante, consentendo in questo modo alla compagna di fuggire di corsa.
Alla colluttazione hanno assistito diversi cittadini, che hanno avvertito le Forze dell’Ordine. Sul posto è giunta in tutta fretta una Volante della Polizia. Nel frattempo, il vigilante, che perdeva vistosamente sangue dal naso, era riuscito a bloccare il rivale e lo ha consegnato agli agenti. L’addetto alla sicurezza è poi stato medicato al Pronto Soccorso. E anche la merce rubata, dal valore di 225 euro, nel parapiglia è stata recuperata.
Alessandra Mora è una giovane imprenditrice parmigiana che ha pensato di riproporre un servizio, un tempo presente nella vecchia stazione di Parma e poi smantellato, di cui si sentiva la mancanza.
Visita del sindaco, Federico Pizzarotti, al nuovo deposito bagagli in piazzale Dalla Chiesa.
Protagonista della vicenda una 43 reggiana che aveva messo in vendita on line il suo camper usato. Dopo aver risposto all’annuncio, quattro rom domiciliati nel modenese hanno prima versato un acconto, poi hanno sottratto il mezzo per poi distruggerlo.
CASTELLARANO (RE) –
Brutta avventura per una 43 enne reggiana che aveva deciso di mettere in vendita on line il suo camper usato al costo di 1500 euro. Dopo aver risposto all’annuncio mostrandosi interessati all’acquisto del mezzo, quattro persone di etnia rom, domiciliati nel modenese, si sono incontrati con la proprietaria per portare avanti la trattativa. In quell’occasione, le hanno anche consegnato un acconto di 500 euro, probabilmente per dimostrare la loro buona fede.
Ma è a questo punto che le cose hanno cominciato ad andare storte. Evidentemente, quella cifra era sufficiente per gli acquirenti, che hanno fatto di tutto per non saldare il corrispettivo totale. Nonostante la proprietaria avesse già effettuato il passaggio di proprietà, infatti, nulla è stato versato, perciò la 43 enne si è rifiutata di consegnare loro le chiavi del camper.
A questo punto, i quattro hanno approfittato della sua assenza per portare via il mezzo con un carroattrezzi. La proprietaria, a questo punto, ha revocato il passaggio di proprietà e il mezzo è risultato a tutti gli effetti rubato, poiché gli “acquirenti” si sono rifiutati di consegnarlo. Non solo: hanno intimato alla donna di perfezionare il passaggio di proprietà, minacciandola di dare fuoco al camper se avesse informato i Carabinieri. Una vera e propria estorsione, insomma. La 43 enne, tuttavia, non si è fatta intimorire e si è presentata direttamente dai Carabinieri di Castellarano denunciando il tutto.
I quattro a questo punto, appreso della denuncia, hanno messo in atto il loro proposito e hanno abbandonato il camper nelle campagne del mantovano, dopo avergli dato effettivamente fuoco. La denuncia, tuttavia, ha dato inizio alle indagini, che hanno permesso di risalire all’identità degli estorsori. Si tratta di due donne rom di 25 e 47 anni e un 24 enne rom domiciliati a Modena e di un 50 enne milanese, che sono stati denunciati in concorso alla Procura di Reggio Emilia per furto, tentata estorsione e danneggiamento a seguito di incendio. La 43 enne reggiana, invece, ha di fatto perso il suo camper.
Tutta Parma, e non solo, si stringe intorno al progetto di restauro della chiesa di San Francesco del Prato. Tante le iniziative. Una raccolta fondi e un ricco programma di eventi volti a sostenere la rinascita di quello che è già un simbolo della “Capitale Italiana della Cultura” per il 2020. Dai cofanetti con le sbarre dell’ex carcere, al progetto per la salvaguardia dei nidi di rondone. Eventi musicali, accademici e culturali. Visite guidate in quota tra i raggi del rosone e i decori della formelle, un crowdfunding che premia i sostenitori più generosi con un francescano cofanetto in materiale riciclato, numerato uno ad uno, contenente le sezioni in ferro delle inferriate (la chiesa fu anche prigione), tagliate accuratamente in corrispondenza dello snodo. Il cofanetto diventa così il simbolo di questa rinascita dopo 200 anni di carcere.
Parma -
Con una struttura che eguaglia per dimensioni la Cattedrale di Parma, San Francesco del Prato si prepara a diventare protagonista di un’autentica rinascita, grazie ad un’accurata opera di restauro che mira a renderla uno dei simboli della città eletta “Capitale Italiana della Cultura” per il 2020.
Una rosa di eventi, al motto “Liberiamo San Francesco del Prato”, si pone l’obiettivo di raccogliere fondi per l’intervento e di mettere in luce la lunga e affascinante storia del complesso. Il tutto promosso e coordinato dal “Comitato per San Francesco del Prato”, costituito con lo scopo di promuovere e sostenere il restauro della chiesa e la riapertura alla città e al culto, ad eventi musicali, accademici e culturali. E non ultimo, alla riconsegna di questa meraviglia ai Frati Minori Conventuali, che 800 anni or sono, l’hanno edificata.
La chiesa è stata data in concessione alla Diocesi nel febbraio del 2018, per disponibilità dell’Università. Grazie poi alla costituzione del Comitato si è potuto provvedere al completamento e all’aggiornamento del progetto originale. Il cantiere è stato aperto il 3 settembre 2018 e ad oggi sta proseguendo secondo i programmi prestabiliti, concentrandosi sulla fase di consolidamento strutturale e restauro della preziosa facciata.
Finanziato dalla Fondazione Cariparma, il progetto, redatto dal prof. Paolo Marconi, ed approvato dalla Soprintendenza nel 2004, è stato rivisto e adeguato alle attuali necessità e normative dall’arch. Giorgio Della Longa (già collaboratore del prof. Marconi) che ne ha curato la progettazione architettonica e che svolge il ruolo di supervisore. L’adeguamento sismico è invece opera dell’ing. Giovanni Cangi, progettista e direttore dei lavori strutturali.
UNO “SCRIGNO” PER RACCONTARE UN PEZZO DI STORIA
San Francesco del Prato ha una storia travagliata, dall’epoca napoleonica fino al 1992 da Chiesa fu trasformato in carcere. Un gioiello nascosto a cui finalmente è stato riconosciuto il suo immenso valore storico e culturale, portando così allo sviluppo di un progetto per il suo completo restauro. La prima fase dei lavori ha visto l’eliminazione dalla facciata delle inferriate del carcere, che da oltre 200 anni deturpavano, in più punti, la sobria architettura del complesso architettonico. L’agenzia Areaitalia, che si occupa della campagna di comunicazione per la raccolta fondi, ha voluto dare valore a questo “pezzo di storia” rendendolo il simbolo tangibile della rinascita della Chiesa.
Sono stati creati quindi dei cofanetti contenenti ognuno una sezione delle grate carcerarie. Il messaggio portante della campagna “Liberiamo San Francesco del Prato” viene espresso simbolicamente proprio da questi pezzi di grata, tagliati accuratamente in corrispondenza dello snodo e numerati uno ad uno. All’interno del cofanetto oltre alla grata del carcere troviamo un opuscolo che racconta la storia della chiesa con foto suggestive e frasi francescane e il certificato di autenticità che ne garantisce la provenienza certa e l'unicità. Un cordino sigilla la confezione (che ricorda il cingolo che indossano i frati) fissato con ceralacca marchiata. Infine, per consentire l’esposizione della riproduzione della finestra carceraria sono stati realizzati con i tagli di lavorazione cartotecnica due alloggiamenti che permettono di collocarla agevolmente ovunque si voglia. Il cofanetto è stato realizzato con materiali volutamente poveri e con linee semplici ed eleganti, una confezione "green" che riflette lo spirito francescano. Un progetto che rispetta l’ambiente anche nella scelta del contenitore esterno e degli imballaggi che non contengono plastica ma solo carta riciclata. Realizzati in numero limitato, questi cofanetti saranno consegnati a coloro che avranno donato on-line e che potranno ricevere un segno tangibile del loro contributo (sanfrancescodelprato.it).
In Piazza Garibaldi a Parma sarà presente un’importante installazione dove saranno collocati: una delle inferriate rimosse dalla facciata, uno scrigno con il cofanetto, alcune pannellature di approfondimento sulla storia della Chiesa e le modalità per contribuire alla raccolta fondi popolare.
Crédit Agricole Italia darà visibilità alla campagna stessa, allestendo le filiali cittadine con poster di “Liberiamo San Francesco del Prato” posizionando inoltre totem di comunicazione con il cofanetto, fisicamente inserito in una teca.
Cofanetti contenenti ognuno una sezione delle grate carcerarie credit Francesca Bocchia
VISITE IN QUOTA TRA LE MERAVIGLIE DAI MILLE COLORI
L’intervento di restauro della facciata, che si sviluppa su circa 600 mq, terminerà tra giugno e luglio del 2019. Solo nei weekend, da metà estate fino a cantiere ultimato, sarà possibile partecipare ad una serie di visite guidate per conoscere e ammirare al meglio la facciata, dal basso verso l’alto, con una prima parte propedeutica dedicata all’illustrazione della storia della chiesa e una seconda in quota. Le visite dall’alto offriranno l’occasione eccezionale di ammirare da vicino il grande rosone a 16 raggi e il raffinato decoro delle formelle policrome, ma anche di godere di uno straordinario panorama sul centro storico con un’inedita vista sulla vicina cattedrale. A tal proposito, verrà allestito un ascensore per raggiungere il rosone e un info point sul sagrato per ricevere tutte le informazioni necessarie riguardanti San Francesco del Prato. La visita sarà aperta a gruppi di 10 persone con prenotazione soltanto online sul sito sanfrancescodelprato.it
La quota di 10 euro a persona andrà interamente a sostenere il restauro della chiesa.
San Francesco del Prato - Rosone - Credit Giuseppe Bigliardi
L’OMAGGIO DEL FESTIVAL VERDI APRE UNA SINFONIA DI APPUNTAMENTI
Un progetto così significativo e suggestivo non poteva che ricevere doverosi attestati di stima da parte del mondo della cultura. Grazie al partenariato con la Fondazione Teatro Regio, San Francesco del Prato ospiterà la prima di Luisa Miller, nell’ambito del Festival Verdi 2019, con la regia di Lev Dodin, il cui debutto è fissato per il 28 settembre 2019 (repliche il 5, il 12 e il 19 ottobre). L’opera verrà allestita durante i lavori di restauro, trasformando la chiesa-cantiere in teatro e offrendo un’occasione irripetibile di assistere alla rappresentazione in una scenografia unica, della quale anche i ponteggi saranno parte integrante. Ma quella della rassegna che è a tutti gli effetti diventata un festival lirico di respiro internazionale, capace di richiamare ogni anno un pubblico numerosissimo ed eterogeneo, è solo una delle tante iniziative culturali che circondano un cantiere che promette colpi di scena.
Nel 2019 la Tortellata di San Giovanni del 23 giugno, la visita del Cardinal Ravasi del 29 settembre e il Transito di San Francesco del 3 ottobre si aggiungono per comporre un calendario di eventi che restituisce nuova vita alla pietra di questo gigante per troppo tempo rimasto assopito. È inoltre in corso di formazione un comitato di esperti che avrà il ruolo di curare una pubblicazione sulla chiesa e l’allestimento di una mostra inerente. Ancora da confermare, infine, il concerto di Massimo Quarta e Orchestra su musiche di Niccolò Paganini, con ingresso a offerta libera pro-restauro.
Da qui a fine 2019, gli eventi di promozione o a sostegno dell’iniziativa saranno affiancati dall’allestimento di un gazebo informativo itinerante e “green”. Saranno disponibili volontari che avranno il compito di comunicare aggiornamenti sullo stato del restauro e sulle modalità di donazione.
San Francesco del Prato - Lavori in corso - Credit Francesca Bocchia
ANCHE I RONDONI TROVANO CASA A SAN FRANCESCO
I rondoni sono una specie abituata a stabilirsi nelle buche pontaie dei palazzi antichi. L’intervento sul complesso di San Francesco del Prato ha creato le condizioni per salvare quelli presenti nella struttura della chiesa, che ne conta 300 solo nell’abside. Su suggerimento del prof. Andrea Beseghi (Liceo Ulivi di Parma) e del prof. Francesco Mezzatesta (Gruppo Rondoni Italia) sono stati installati in cantiere nidi artificiali sul ponteggio. Questi permettono ai rondoni - autentici antizanzare naturali e costruttori di nidi troppo piccoli per piccioni e altri uccelli infestanti - di tornare a nidificare anche in questa stagione.
Si tratta delle prime sperimentazioni in Italia su un cantiere attivo. Inoltre, le maestranze hanno ideato una soluzione tecnica e disegnato un’innovativa intelaiatura da inserire proprio nelle suddette buche per consentire la nidificazione, una volta terminati i lavori.
UN ASSIST AL RESTAURO
Sabato 20 aprile 2019, durante la partita di calcio Parma-Milan, un gruppo di giovani scenderà sul terreno di gioco dello Stadio Tardini, al momento dell’intervallo, mostrando con orgoglio un lungo striscione con la scritta “Insieme per San Francesco”.
MODALITÀ DI DONAZIONE
La raccolta fondi ad oggi ha raggiunto 3,5 milioni di euro, grazie all’intervento di Fondazione Cariparma, che ha già messo a disposizione 2 milioni di euro, del Gruppo Bancario Crédit Agricole Italia, Famiglia Chiesi, Barilla, Faac e di numerosi altri partner. Ora si attende la generosità di tutti coloro che hanno a cuore la “rinascita” della chiesa.
Il sostenitore versa una cifra a piacere sul sito sanfrancescodelprato.it tramite carta di credito o bonifico. In base all’importo dell’offerta, oltre alla presenza nel registro dei donors, saranno proposti un oggetto o un’attività come segno di ringraziamento:
- a partire da 10 euro: visita in quota sino al rosone
- a partire da 30 euro: un gadget eco-friendly
- a partire da 200 euro: un cofanetto con taglio dell’inferriata e librettino con foto e frasi francescane.
È possibile sostenere il progetto attraverso una libera erogazione, beneficiando dell’Art Bonus, che consente il recupero fiscale del 65%, in tre anni, dell’importo donato sia da cittadini sia da imprese.
BENEFICIARIO Diocesi di Parma
IBAN IT02N0623012700000038406827 c/o Crédit Agricole Italia
CAUSALE Art Bonus – Diocesi di Parma – San Francesco del Prato – Parma – Codice Fiscale o P. Iva del donante.
San Francesco del Prato - Facciata - Dopo il restauro