Associazione nata negli anni 70 per ricostruire un modo corretto di vivere e pensare la natura. Fondata da profondi conoscitori dell’ambiente e delle sue più sane tradizioni , liberi da preconcetti e lontani da visioni disneyane. Assolutamente senza scopo di lucro e confermata tra le ONLUS, annovera tra i suoi iscritti diverse decine di migliaia di persone.
A rischio una sanzione di oltre 1 miliardo di euro. Ministro Galletti: "sono stati fatti notevoli passi in avanti per mettere in condizione le Regioni, che sono responsabili degli interventi, di operare con la massima rapidità: abbiamo reso disponibili 11 milioni per quei comuni che hanno attuato nei periodi di maggiore concentrazione di smog una serie di misure anti-inquinamento"
Roma 11 marzo 2017 - E' in via di scadenza l'ultimo avvertimento pervenuto da parte della UE relativamente alla messa in sicurezza della qualità dell'aria. Il richiamo dell'Unione Europea, peraltro l'ultimo prima che scatti un provvedimento sanzionatorio, ha riguardato le persistenti violazioni dei limiti imposti per il biossido d'azoto (NO2).
Un inquinante che è legato a doppio filo con il traffico veicolare e per il quale il numero di decessi di cui è responsabile sono considerevoli.
Secondo l'ultimo rapporto dell'Agenzia Europea per l'Ambiente, nel 2015 sono state ben 66.630 le vittime imputabili al particolato (polveri ultrasottili PM2,5), 21.040 per il biossido d'azoto e 3.380 relativamente all'ozono (O3). Tre inquinanti per i quali la direttiva 2008/50/CE stabilisce ben precisi limiti.
Ecco perciò che, in caso di superamento di tali limitazioni, gli Stati membri hanno l'obbligo di adottare le opportune contromisure.
In questo periodo invernale che sta andando a esaurirsi, ben 12 sono state le aree del Bel Paese interessate dal fenomeno inquinante tra cui Roma, Milano e Torino, facendo perciò scattare l'ennesimo richiamo.
Già in passato l'Italia venne ripresa e una volta condannati dal tribunale europeo per la violazione dei limiti PM10 in 55 aree geografiche nel 2006 e nel 2007. Da quel momento leggeri miglioramenti sono stati registrati ma le violazioni sono proseguite anche nel 2008-2012 obbligando quindi la Commissione a avviare due procedure d'infrazione, una per il particolato e una per il biossido d'azoto.
Ed ora siamo ormai prossimi alla scadenza dei due mesi concessi dall'ultimo richiamo, peraltro inviato anche a Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, con il quale la Commissione chiede di compiere maggiori sforzi ai tre livelli istituzionali (Nazionale, Regionale e Comunale) per tutelare la salute pubblica.
Per il Ministro Gian Luca Galletti, da fine 2015 sono stati fatti notevoli passi in avanti per mettere in condizioni le Regioni, che sono responsabili degli interventi, di operare con la massima rapidità avendo reso disponibili 11 milioni per quei comuni che hanno attuato misure anti-inquinamento nei periodi di maggiore concentrazione di smog.
"Governo, Regioni e comuni - ha dichiarato il Ministro galletti - hanno già scelto di lavorare insieme per la qualità dell'aria e di farlo programmando misure finalmente strutturali, uscendo dalla logica delle risposte emergenziali. E' chiaro a tutti che il problema dello smog non si risolva da un giorno all'altro: è il motivo per cui non può sorprendere l'apertura della seconda fase dell'infrazione, rispetto alla quale siamo del resto in buona compagnia in Europa. Siamo convinti che la Commissione riconoscerà il nostro cambio di marcia".
Ora si tratta di verificare se gli sforzi sono stati sufficienti o se invece la "pratica" dovrà passare alla Corte di Giustizia che sarà anche titolata a stabilire la reale consistenza della sanzione che potrebbe risultare di importo superiore al miliardo di euro.
In proposito il Ministro Galletti ha rilasciato un ottimistico comunicato: "Nel bacino padano, area per sua conformazione tra le più critiche sotto il profilo dell'inquinamento il lavoro con le quattro regioni interessate sta dando i risultati, a partire dal decreto sulla certificazione di qualità delle 'caldaiette'. L'attuazione della direttiva Nec e il relativo programma nazionale di riduzione delle emissioni – conclude Galletti – sarà un ulteriore tassello di un'azione mai così determinata per elevare la qualità ambientale dei nostri centri urbani" a cui ha fatto eco Ekoclub: "Ancora un volta - osserva il presidente Fabio Massimo Cantarelli – la complessa articolazione di competenze non giova ad una spedita risoluzione dei problemi. Va preso quindi come un lodevole auspicio la citata "azione mai così determinata" come viene definita dal Ministro...".
Uomo e Ambiente. Occorre rivedere le azioni di prevenzione e correggere rapidamente le storture del passato. Siamo tutti chiamati a dare il nostro contributo per riportare equilibrio, per una più tranquilla condivisione degli spazi ed un migliore utilizzo delle risorse.
di Fabio Massimo Cantarelli Roma 24 febbraio 2017 -
La comunità internazionale, scientifica e politica, è divisa sul tema del riscaldamento globale. La maggiore contrapposizione è quella che vede da un lato i sostenitori della teoria che l'Uomo con le sue attività è il primo responsabile dell'innalzamento della temperatura media globale e che tale innalzamento ha solo conseguenze negative nell'immediato e catastrofiche nel futuro, e dall'altro quelli che osservano che nel lungo periodo geologico sia da considerarsi nella norma una variazione di 4-5 °C della temperatura media globale, ma soprattutto che nell'immediato non sono riscontrabili conseguenze negative, né prevedibili con la dovuta accuratezza quelle per il futuro. A sostegno delle tesi di questi ultimi ci sono ad esempio i dati del International Disaster Database che mostrano una chiara inversione di tendenza a livello globale negli ultimi 15 anni riguardo sia al numero dei disastri naturali sia al numero delle persone coinvolte.
A sostegno delle tesi dei primi abbiamo invece i dati di NOAA, NASA e IEA sull'aumento delle temperature medie e delle emissioni climalteranti di origine antropica. Et cetera. Il dibattito è rovente e non desideriamo alimentarlo qui. Ci preme piuttosto proporre una riflessione a lato della diatriba.
A pochi giorni di distanza dalla constatazione che il 2016 è stato l'anno più caldo di sempre (tra quelli registrati), superando anche il 2015 che stabilì il precedente primato, dalla California e più precisamente da Oroville, arriva la notizia dell'evacuazione di oltre 200.000 persone per la falla che stava minando la stabilità della più grande diga degli USA.
Dall'alto dei suoi 234 metri la diga di Oroville, indispensabile per alimentare buona parte della ricca pianura agricola californiana, era stata, soltanto pochi mesi prima, oggetto di svariati servizi giornalistici per testimoniare l'abbassamento del livello idrico del bacino a seguito di 5 anni consecutivi di siccità. Il lago di Oroville, 33 km quadrati (un po' meno di un decimo del Lago di Garda), a seguito delle abbondanti piogge si è rapidamente riempito e dopo una settimana di frenetici tentativi per regimare l'abbondanza d'acqua, le autorità hanno dovuto procedere con l'apertura, per la prima volta dalla sua inaugurazione (1968) di un canale di emergenza, oltre al canale principale aperto in precedenza ma non sufficiente a ripristinare il livello di sicurezza all'interno del bacino, il quale però non ha retto la furia dell'acqua e si è danneggiato mettendo a rischio la stabilità della diga stessa. Immediato l'allarme e il conseguente trasferimento di 200.000 persone in luoghi di maggiore sicurezza.
Un ennesimo episodio che sembrerebbe rinforzare la teoria che promuove la radicalizzazione degli eventi atmosferici come prova degli effetti del riscaldamento terrestre.
Ma se a livello globale occorre il contributo di tutte le Nazioni che fanno uso di combustibili fossili, così come espresso nelle varie conferenze sull'Ambiente (vedi COP 21 Parigi), cercando di operare per il mantenimento dell'innalzamento della temperatura media entro gli 1,5 °C; a livello locale, occorre fare una più rigorosa riflessione sull'impatto delle opere dell'Uomo in relazione ai rischi di ogni specifico ambiente.
L'esempio ce lo hanno drammaticamente proposto sia il caso Oroville sia il caso Abruzzo.
In entrambi i casi, le dighe in questione, quella di Oroville e di Campotosto sono a rischio sismico indotto dall'Uomo.
Per quanto riguarda la diga californiana, nel 1975, a seguito di un rapido svuotamento e di un successivo altrettanto rapido riempimento, ne conseguì un terremoto di magnitudo 5,9 che gli esperti hanno collegato al fenomeno sopra descritto. Per la più nostrana diga Abruzzese invece, proprio nei giorni in cui i soccorritori tentavano l'impresa di portare in salvo le vittime di "Rigopiano", il Vice Presidente della Commissione Grandi Rischi lanciava l'allarme di un pericoloso rischio sismico per la più grande diga nazionale. Una spada di Damocle che andava a aggiungersi alla disastrosa e interminabile sequenza sismica del centro Italia (oltre 50.000 scosse dal 24 agosto) , sul quale era calata la più grande nevicata della storia locale con muri di neve di oltre 4 metri che tutto hanno ricoperto isolando decine di villaggi e comunità già provate. Una nevicata catastrofica, culminata nella tragedia di Rigopiano, dove una valanga di straordinaria violenza (fronte di 300 metri e una massa pari a 4.000 TIR) si è abbattuta, alla velocità di 100 km/h sul resort dei Vip spostandolo di oltre 10 mt.
Ecco quindi l'importanza di prevedere ogni rischio, prima di realizzare opere di grande impatto ambientale, pur nell'urgenza di risolvere problemi contingenti; ma anche l'importanza di revisionare durante tutto l'arco di vita delle medesime opere i rischi ad esse associati tenendo conto delle mutate condizioni ambientali, nel più ampio senso del termine: sistema idrogeologico, eventi meteorologici, utilizzo del territorio per scopi agricoli, industriali o urbani.
Non è solo in fase di progettazione che ogni soggetto, privato e pubblico, ha il dovere morale di indagare ed eventualmente suggerire l'innalzamento dei fattori protettivi, per quanto attiene la loro specialità e competenza, specie in quelle zone ove la terra, oltre che frutti pregiati, potrebbe generare energia distruttiva. Ed è fondamentale che non siano mai trascurate le opportune operazioni di manutenzione ed adeguamento da parte dei soggetti gestori.
Il rapporto tra l'Uomo e le sue attività e l'Ambiente non è di conflitto a patto che ogni intervento sulla Natura non sia a sua volta "snaturante" per l'Ambiente; altrimenti, presto o tardi, la resa dei conti arriverà.
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Ekoclub International - 
Associazione nata negli anni 70 per ricostruire un modo corretto di vivere e pensare la natura. Fondata da profondi conoscitori dell'ambiente e delle sue più sane tradizioni, liberi da preconcetti e lontani da visioni disneyane. Assolutamente senza scopo di lucro e confermata tra le ONLUS, annovera tra i suoi iscritti diverse decine di migliaia di persone, con tendenza alla crescita. Attualmente il presidente è l'avvocato Fabio Massimo Cantarelli ed il vicepresidente dott. Roberto Lancini.
Fiore all'occhiello dell'associazione è l'oasi di Canneviè, che è lo sforzo maggiore profuso da Ekoclub per l'ambiente: un posto sicuramente da vedere e vivere. La differenza di Ekoclub da altre associazioni ambientaliste è la centralità dell'uomo rispetto all'ambiente e di conseguenza la sua possibilità di raccogliere i frutti vegetali ed animali della terra, con rispetto e per reale necessità.
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Roma, 25 agosto 2016 - A seguito del tragico evento sismico che ha colpito il Centro Italia, Ekoclub International ha messo in preallarme gli uomini ed i mezzi delle regioni interessate dal terremoto.
La PROTEZIONE CIVILE della Regione Lazio ha posto in stato di allerta i gruppi di volontari dell'associazione attivi sul territorio coordinati dal responsabile nazionale Roberto Lancini che, con il vicepresidente Giuseppe della Corte e ad Armando Baiocchi, responsabile del Gruppo di Accumoli Terracina, segue le drammatiche vicende che hanno interessato la provincia di Rieti e le zone limitrofe.
Ekoclub International
Associazione nata negli anni 70 per ricostruire un modo corretto di vivere e pensare la natura. Fondata da profondi conoscitori dell'ambiente e delle sue più sane tradizioni , liberi da preconcetti e lontani da visioni disneyane. Assolutamente senza scopo di lucro e confermata tra le ONLUS, annovera tra i suoi iscritti diverse decine di migliaia di persone, con tendenza alla crescita. Attualmente il presidente è l'avvocato Fabio Massimo Cantarelli ed il vicepresidente dott. Roberto Lancini.
Fiore all'occhiello dell'associazione è l'oasi di Canneviè, che è lo sforzo maggiore profuso da Ekoclub per l'ambiente: un posto sicuramente da vedere e vivere. La differenza di Ekoclub da altre associazioni ambientaliste è la centralità dell'uomo rispetto all'ambiente e di conseguenza la sua possibilità di raccogliere i frutti vegetali ed animali della terra, con rispetto e per reale necessità.
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