ISMEA

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Ismea, ortofrutta fresca e trasformata primo comparto dell'export agroalimentare, settore in grado di riorganizzarsi e puntare su nuovi mercati.

"L'ortofrutta fresca italiana mostra performance positive, con un valore alla produzione di 12,3 miliardi di euro, pari al 25% della produzione agricola, una dinamica positiva dell'export che prosegue anche nel 2017, con un + 6% su base annua nel primo trimestre, e un saldo del commercio estero che, nel 2016, segna un +40% rispetto all'anno precedente, grazie soprattutto alla riduzione della spesa per le importazioni. Considerando cumulativamente l'export di ortofrutta fresca e trasformata, il settore risulta essere il primo dell'export agroalimentare per un valore di 8,3 miliardi di euro" - ha dichiarato il Direttore Generale di Ismea, Raffaele Borriello, introducendo oggi a Firenze i lavori dell'evento Think Fresh 2017.

 I numeri del settore mettono in evidenza anche i prodotti più vocati all'export: kiwi (Italia 2° esportatore mondiale dietro alla Nuova Zelanda); nocciole (2° esportatore mondiale dietro la Turchia), mele (3° esportatore mondiale, dietro Cina e Usa); uve da tavola (3° esportatore mondiale, dietro Usa e Cile) e pere (5° esportatore mondiale). I mercati europei consolidano le loro posizioni ma contemporaneamente crescono le spedizioni verso quelli extra-Ue. Nel caso del kiwi, che nel 2016 ha registrato un +30% delle esportazioni, spiccano tra le destinazioni oltremare Usa, Brasile, Canada e Cina.

Un settore che grazie a punte di eccellenza in termini organizzativi ha dimostrato grande capacità di rispondere in modo efficace e tempestivo ai cambiamenti imposti dal mercato; emblematico il caso dell'export delle mele italiane, che per superare l'embargo russo avviato nell'agosto 2014 - quando la Russia era arrivata a rappresentare la terza destinazione dell'export di mele italiane, con circa 45,5 mila tonnellate di mele e un corrispettivo monetario di 31,7 milioni di euro - ha individuato sbocchi alternativi e incrementato le spedizioni dirette verso nuovi mercati come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, India e Brasile.

l'Italia conquista la leadership mondiale superando la Germania e punta all'espansione in USA, Canada e Giappone

Con un valore complessivo di quasi 1,38 miliardi di euro, nel 2016, l'Italia ha conquistato la leadership mondiale per le esportazioni di preparazioni e conserve suine, superando la Germania. Lo storico sorpasso è avvenuto soprattutto grazie alla crescita della quota detenuta dall'Italia nei primi tre mercati di sbocco - Germania, Francia e Regno Unito - che, complessivamente, rappresentano quasi la metà del valore generato dalle vendite all'estero dei salumi nostrani.

"I salumi italiani vincono il confronto competitivo, pur posizionandosi su una fascia alta di prezzo - ha dichiarato Raffaele Borriello, Direttore Generale dell'Ismea, intervenuto oggi all'Assemblea Generale di Assica, l'Associazione degli industriali delle carni e dei salumi -: il posizionamento dei prodotti italiani è nel segmento premium, ma lo scenario competitivo è più articolato e soprattutto con notevoli prospettive di espansione anche in considerazione dell'apertura di due mercati rilevanti, come USA e Canada, a seguito del superamento di importanti barriere sanitarie. Significativo anche il caso del Giappone che, nel 2016, ha complessivamente ridotto dell'8% gli acquisti dall'estero di salumi, mentre i flussi dall'Italia sono risultati in aumento del 7%: segnale, questo, di una capacità competitiva in grado di spingersi anche oltre le tendenze del mercato-target".

L'analisi dell'Ismea evidenzia, inoltre, che la Germania ha incrementato i propri acquisti dall'Italia (+4 % in valore nel 2016) a discapito dei concorrenti spagnoli (-3%) e che, in Francia, i salumi italiani hanno guadagnato terreno (+7%) nei confronti dei produttori tedeschi (-7%). Complessivamente, negli ultimi cinque anni le esportazioni italiane di preparazioni e conserve suine sono cresciute del 27% in valore: oltre la metà è rappresentata dai prosciutti stagionati (692 milioni di euro nel 2016). A seguire, con poco meno di un terzo, salami e insaccati (417 milioni di euro nel 2016) e i prosciutti cotti con una quota pari al 10% in valore (134 milioni di euro nel 2016).


(ismea 13 giugno 2017)

Il nostro paese nel 2016 ha prodotto il 14% del pomodoro da industria mondiale, ed è il primo esportatore.

Ismea 6 giugno 2017 - Nei primi mesi del 2017 le dinamiche, inoltre, confermano l'inversione del trend negativo delle vendite al dettaglio, che segnano un +1,7% in volume e un +1,1% in valore. Un ruolo di primaria importanza quello svolto dall'Italia nella filiera dei trasformati del pomodoro, con un giro di affari stimato in 3,2 miliardi nel 2016. Secondo i dati elaborati da Ismea - Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, l'Italia è il primo esportatore mondiale sia di polpe e pelati (con una quota del 77% del valore mondiale, davanti alla Spagna che ha solo il 6%), sia di passate e concentrati (26%, seguita in questo caso a stretto giro dalla Cina col 25%).

Secondo il monitoraggio delle vendite al dettaglio Nielsen-Ismea, nel 2016, si è inoltre interrotto il trend negativo delle vendite retail che proseguiva ormai da un decennio. I primi mesi del 2017 confermano questa inversione di tendenza, segnando un +1,7% in volume e un + 1,1% in valore.

Ottime in particolare le performance di sughi pronti e pomodorini, che crescono in valore rispettivamente del 6,9% e dell'8% nel gennaio-aprile 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016 (6,5% e 5,3% in volume).

L'Italia continua comunque ad importare rilevanti quantità di passate e concentrati (soprattutto di questi ultimi): è il secondo importatore mondiale dopo la Germania, con un valore assoluto di 154 milioni di euro nel 2016, ben il 54,4% in più rispetto al dato di cinque anni prima.

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