Il 5 marzo un incontro pubblico per conoscere il progetto di accoglienza estiva. L'associazione reggiana Jaima Sahrawi è alla ricerca di nuove famiglie disposte ad aderire ed ospitare nel periodo estivo una bambina o un bambino proveniente dal Sahrawi. -
Novellara, 24 febbraio 2015 –
L'associazione Jaima Sahrawi di Reggio Emilia, desidera proseguire anche quest'estate il progetto Accoglienza "Jaima – Tenda 2015" a Novellara, vista l'attenta e calorosa disponibilità da parte delle famiglie, della Parrocchia di Santo Stefano e delle associazioni di volontariato novellaresi.
L'associazione reggiana è alla ricerca di nuove famiglie disposte ad aderire ed ospitare nel periodo estivo (dal 28 giugno al 19 luglio) una bambina o un bambino proveniente dal Sahrawi.
Per presentare in modo dettagliato il progetto e per ascoltare l'esperienza dirette di alcune famiglie novellaresi che hanno già ospitato questi piccoli ambasciatori di pace sarà organizzato un incontro pubblico il 5 marzo alle ore 21.00 in Sala Civica, alla presenza dell'amministrazione comunale che patrocina il progetto. Le disponibilità debbono pervenire entro metà marzo all'associazione chiamando il numero 333.4450028 o 333.6165604 oppure prendendo contatto con l'ufficio scuola presso il Millefiori in via Costituzione, 10 a Novellara.
L'obiettivo del soggiorno è far trascorrere a questi bambini (di un'età compresa tra gli 8 e i 12 anni accompagnati da un adulto Sahrawi) alcune settimane lontano dal cado torrido del deserto, svolgere gli opportuni screening sanitari offerti dalla Regione Emilia Romagna e fare scambi interculturali attraverso i campi estivi svolti sul territorio. Il soggiorno non è una semplice vacanza, ma consente loro di vivere esperienze e opportunità importanti, altrimenti precluse dalla difficile vita nei campi dei rifugiati.
Nel contempo si pone la dovuta attenzione sul dramma che il popolo Sahrawi sta vivendo da oltre 40 anni, esiliato nel deserto dell'Hammada nel sud dell'Algeria, in attesa di veder riconosciuto il proprio diritto all'autodeterminazione sancito dall' Onu. Tutt'ora la popolazione vive divisa tra i campi profughi e i territori del Sahara Occidentale occupato illegalmente dall'esercito Marocchino. Già ribadita e segnalata più volte la preoccupante situazione nei territori occupati dove quotidianamente la gente civile è costretta a subire gravi violazioni dei diritti umani testimoniate anche dai rapporti di Amnesty International, Human Rights Watch e dalla Fondazione R. Kennedy.
Per informazioni e per disponibilità tel 333.4450028 o 333.6165604 o scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
(fonte: ufficio stampa Comune di Novellara)
Franco Battiato ha presentato al Forum Monzani a Modena il suo documentario "Attraversando il Bardo", con cui l'artista parla di passaggio nell'aldilà e della vita che c'è dopo. -
di Federico Bonati -
Modena, 24 febbraio 2015 –
In un Forum Monzani pieno in ogni ordine di posto, Franco Battiato ha presentato il suo documentario "Attraversando il Bardo". Uno sguardo sull'aldilà è il tema veicolo della proiezione, capace di affascinare e colpire lo spettatore nel profondo, capace di allontanare pensieri nefasti legati alla morte donando consapevolezza e saggezza in merito al passaggio dal corpo all'anima.
La morte non è vista come un tabù, bensì è rappresentata come l'apertura di una nuova porta verso un mondo di luce e di vita, attraverso i racconti e le esperienze di monaci tibetani, pensatori, psichiatri e filosofi di fama internazionale. Tutto ciò è "Attraversando il Bardo", dove il Bardo è inteso come stato intermedio della mente dopo la morte, cui segue il passaggio alla vita nuova dell'anima intesa come opportunità, come illuminazione.
È immediato domandarsi per quale motivo la morte ci spaventa tanto?
La risposta è nella razionalità umana, che ci dono grande conoscenza, ma al tempo stesso una conoscenza limitata, e non riesce a condurci ad una piena e libera felicità; quella stessa felicità che è respiro dell'anima, pura essenza di ogni essere. Non si è mai completamente pronti alla morte, al passaggio ad una vita nuova, perché non lo si vuole essere. Si teme un giudizio ultraterreno in base a ciò che siamo stati e a ciò che abbiamo fatto, senza considerare il fatto che forse la vera domanda che ci verrà posta è: quanto abbiamo amato?
Imparando a comprendere a pieno questo concetto, è inevitabile sentirsi pervasi da una leggerezza, una pace interiore che porta a vivere pienamente la vita e a guardare con serenità a ciò che ci sarà dopo di essa, senza paure e senza timori di distacco e solitudine.
In sala tanti sguardi straniti quando è evidente il concetto che il corpo altro non è se non un mezzo relativo per permettere all'anima di compiere delle esperienza, poiché è l'anima la vera parte eterna, ed ecco quindi l'importanza di una preparazione a ciò che verrà dopo la vita terrena. E questa importanza si ritrova sia nella cultura buddhista che in quella cristiana, culture quanto mai simili, con tanti punti in comune. Non si tratta di due religioni, ma di due vie di spiritualità, così affini e così rasserenanti.
Uno dei monaci tibetani parla del senso della vita, la classica domanda da un milione di dollari. Ma la risposta è semplice, come l'innocenza del gioco di un bambino: vivere felici con amore e compassione. Perché è l'amore il vero veicolo dell'anima, non la sopraffazione e la sete di potere che muovono potenti e capi religiosi di ogni dove.
Battiato è riaccolto sul palco da un caloroso applauso e sale assieme a padre Guidalberto Bormolini, monaco e teologo, apparso anch'egli nel documentario.
Si parla della ricerca spirituale di Battiato, che dura da ben quarant'anni, si affronta il tema della proiezione, in cui davvero la morte non è un tabù, ma un passaggio a vita nuova, si parla dell'arte del silenzio, e poi di musica.
Sia Battiato che padre Bormolini parlano di una stretta connessione fra la musica e il divino, parlano di come la musica sia il linguaggio di ogni anima.
E mentre prosegue il dibattito sul palco, è difficile non accorgersi di quanto Battiato sia riuscito a toccare ancora una volta, ma stavolta senza le sue meravigliose canzoni, le corde più intime e sensibili dell'anima di ognuno.
Oltre tre mesi di programmazione, 52 concerti in una ventina di città. Sulla scena i migliori musicisti italiani e stranieri tra cui Diane Schuur, Hugh Masekela, Jan Garbarek, Steve Lehman, Enrico Rava, Paolo Fresu, Rita Marcotulli -
Parma, 23 febbraio 2015 -
Il Festival on the road per eccellenza sta per tornare. Crossroads è un viaggio nel jazz moderno che si snoda tra una ventina di città della nostra regione. Per questa sedicesima edizione del festival, i numeri saranno da record, a partire dalla durata senza precedenti, di oltre tre mesi. Dal 28 febbraio sino al primo giugno, prenderanno vita 52 concerti con oltre 500 artisti coinvolti.
Altisonante anche il cast artistico, che come sempre offre un'ampia selezione di 'big' senza rinunciare alle nuove proposte e, soprattutto, ai nomi di grande interesse ma di raro ascolto, specialmente in Italia.
Crossroads 2015 è organizzato come sempre da Jazz Network in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna e numerose altre istituzioni.
La prima data di Crossroads 2015 sarà ospitata dal Teatro De André di Casalgrande, in provincia di Reggio Emilia: qui il 28 febbraio si esibiranno i Cordoba Reunion, formazione tutta argentina raccolta attorno al sassofonista Javier Girotto, da anni sulla cresta dell'onda del latin jazz.
A segnare momenti salienti della programmazione arriveranno poi musicisti capaci di interpretare l'idioma jazzistico da prospettive assai diverse. La cantante Diane Schuur è la portabandiera di un mainstream venato di virtuosismo (celeberrimi i suoi sovracuti), per l'occasione declinato in forma di omaggio a Stan Getz e Frank Sinatra (Rimini, 17 aprile, Teatro degli Atti). Joshua Redman, col suo trio sax-basso-batteria, incarna un jazz muscolare e vigoroso nel taglio solistico, avventuroso nelle esplorazioni improvvisative (Imola, 21 aprile, Teatro Ebe Stignani). Il sassofonista Jan Garbarek è il creatore di una personale visione lirica, ricca di 'sentimento' nordico, che si abbina in maniera singolare agli spunti world del percussionista indiano Trilok Gurtu, ospite d'onore del quartetto del sassofonista norvegese (Piacenza, 15 maggio, Teatro Municipale). Il flicornista e cantante Hugh Masekela è uno dei più celebri portavoce della musica sudafricana: nella sua lunghissima carriera successi e prestigiose collaborazioni internazionali si affiancano all'impegno sul territorio africano (Correggio, 28 maggio, Teatro Asioli). Sul fronte italiano spiccano le nuove creazioni musicali del trombettista Enrico Rava, in un poetico duo col chitarrista Irio De Paula (Coriano, 10 aprile, Teatro CorTe), e del vocalist John De Leo, impegnato a ricreare dal vivo Il Grande Abarasse con un'orchestra acustico-tecnologica (Cervia, 8 aprile, Teatro Comunale).
Il jazz statunitense compare in numerosi momenti lungo tutto il tragitto geografico di Crossroads: dal dinamismo moderno del quartetto "Fairgrounds" del batterista Jeff Ballard (Parma, 17 marzo, Casa della Musica), alle deliranti e dissacranti avventure dei Sexmob del trombettista Steven Bernstein tra le musiche felliniane di Nino Rota (Lugo, 22 marzo, Teatro Rossini), al recupero di canzoni vintage della vocalist texana Hailey Tuck (Modena, 9 aprile, La Tenda), sino al cantautorato jazz-folk del multistrumentista Raul Midón (Rimini, 25 aprile).
Correggio Jazz
La parte finale del cartellone di Crossroads sarà dominata dalle ben dieci serate di Correggio Jazz. Oltre al già citato Masekela, il Teatro Asioli ospiterà una selezione dei più rappresentativi jazzisti italiani: dal tributo a Don Cherry del policromo ottetto Multikulti del batterista Cristiano Calcagnile (14 maggio) al confronto tra underground e post-bop, portati sul palco in successione dagli Hobby Horse (Dan Kinzelman, Joe Rehmer, Stefano Tamborrino) e dal quintetto Fresh Fish con Daniele Tittarelli e Francesco Lento (il 19), continuando poi con il jazz poliglotta di Pasquale Innarella e Carmine Ioanna, che condivideranno la serata con l'omaggio a John Zorn del quintetto del sassofonista Gabriele Coen (il 20). E in seguito il trio elettronico dell'indomito pianista Franco D'Andrea (22 maggio); la scalpitante tromba di Fabrizio Bosso (il 24, in quartetto); due spregiudicati trombonisti come Gianluca Petrella, con il suo nuovo quintetto "Cosmic Renaissance"(il 27), e Mauro Ottolini, con la più aggiornata versione dei suoi Sousaphonix, ben undici elementi che daranno vita alla mirabolante "Musica per una società senza pensieri" (il 30); il Times Quintet, che annovera Maria Pia De Vito e Rita Marcotulli (l'1 giugno). Non mancherà un altro sguardo internazionale, garantito dalla presenza del trio di uno dei più noti contrabbassisti, l'israeliano Avishai Cohen (il 21).
Ravenna Jazz 2015
Ma la più sensazionale sfilata di star si avrà a Ravenna, dove dal 2 all'11 maggio si terrà la nuova edizione di Ravenna Jazz, inserita anche quest'anno nel cartellone di Crossroads. Il notevole successo della precedente annata spinge il festival ravennate a proseguire nella sua ritrovata magniloquenza: ben 10 giorni fitti di appuntamenti, con concerti serali al Teatro Alighieri e in vari club della città e dei dintorni, oltre ad appuntamenti pomeridiani nei locali cittadini.
In allegato il programma scaricabile.
(Fonte: Regione Emilia Romagna)
A Novellara è tutto pronto per "Nomadincontro" e per il ventitreesimo tributo ad Augusto Daolio. -
di Federico Bonati -
Reggio Emilia, 20 febbraio 2015 –
Chi, almeno una volta nella vita, non ha ascoltato "Io vagabondo" dei Nomadi? Quell'aria iniziale inconfondibile che cede il passo lentamente all'incedere di quella voce calda e potente, la voce di Augusto Daolio. A ventitrè anni dalla scomparsa, Novellara e il "popolo Nomade" non dimenticano chi ha scritto, assieme all'inossidabile Beppe Carletti, pagine indelebili della musica italiana, e lo fa con Nomadincontro, una due giorni dedicata ad Augusto e a tutto il panorama musicale, e non solo, dei Nomadi.
Si comincia sabato 21 febbraio, quando alla Rocca dei Gonzaga, alle 17.00, saranno inaugurate le mostre "50 anni Nomadi" e "In arte, Augusto Daolio". Alle 20.30, presso il Teatro Tenda ci saranno gli opening act di Matteo Rovatti, Luca Anceschi con Francesca Scalari, iVideo per lasciare poi spazio ai Nomadi alle 21.30.
Mentre i suggestivi portici di Novellara ospiteranno una mostra temporanea dedicata ad Augusto, gli eventi proseguiranno anche domenica 22. Alle 8.30, presso la Collegiata S. Stefano, ci sarà una messa in suffragio di Augusto Daolio e Dante Pegreffi, dopo la quale, intorno alle 10.30 Beppe Carletti incontrerà i testimoni della Shoa al Teatro della Rocca dei Gonzaga nell'incontro intitolato "Ad Auschwitza c'era la neve, il fumo saliva lento, nel freddo giorno d'inverno e sono nel vento", condotto da Pierluigi Senatore.
Alle 14.00, al Teatro Tenda, sarà la volta di "Son", nella quale interverranno i vincitori dei concorsi dedicati ad Augusto, alla quale saranno presenti gli ospiti Martina Maccolini, Davide di Pietro, i Controtempo, Silvio Sacchi e il coro "È più bello insieme". Alle 15.45 Marco Barbieri presenterà l'associazione "Augusto per la vita", con la conseguente consegna del contributo al progetto di Ricerca "Caratterizzazione molecolare e nuovi approcci terapeutici nel trattamento del mesotelioma pleurico" svolto in collaborazione tra Università degli Studi Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma e I.R.S.T. (Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori) di Meldola.
Alle 16.00 sarà ancora la volta dei Nomadi, che concluderanno la rassegna novellarese proponendo il meglio del loro repertorio. Per entrambi i concerti della band, i biglietti sono in vendita al costo di 18 € in prevendita e 20 € in giorno del concerto.
Un'occasione speciale per ritrovarsi e far mantenere vivo il ricordo di chi non c'è più, anche e soprattutto, grazie alle sue canzoni.
Il Centro interculturale del Comune di Piacenza e Kaprasquare, in collaborazione con Consorzio Sol.Co, cooperativa sociale L'Arco e Borgo Faxhall, organizzano una serie di eventi a partire dalle ore 15 nella Galleria del centro commerciale di piazzale Marconi -
Piacenza, 19 febbraio 2015 -
In occasione della Giornata internazionale della Lingua Madre che ricorre sabato 21 febbraio, il Centro interculturale del Comune di Piacenza e Kaprasquare, in collaborazione con Consorzio Sol.Co, cooperativa sociale L'Arco e Borgo Faxhall, organizzano una serie di eventi a partire dalle ore 15 nella Galleria del centro commerciale di piazzale Marconi.
Tra le iniziative la "Biblioteca Vivente", che prevede l'allestimento di una biblioteca vera e propria con operatori e un catalogo di titoli tra cui scegliere, con la peculiarità che i "libri" da prendere in prestito sono persone con cui il lettore può prenotare una conversazione, durante la quale i "volumi parlanti" potranno raccontare la propria esperienza di vita sul rapporto con la loro lingua madre.
Sarà inoltre presente un punto gioco per i più piccoli, nonché l'esposizione "Lingue del Mondo" con approfondimenti a cura delle associazioni del Centro Interculturale, associazione dei Polacchi in Italia, Angolano, Comunità Congolese, Comunità Rumena, Elegance, Ghana Nationals Association, Nzuko Ndi Igbo, Sentieri nel Mondo. Gli esercizi commerciali della galleria e del quartiere esporranno cartelli che richiamano la Giornata, indicando inoltre quali sono le lingue parlate nei loro negozi.
La Giornata Internazionale della Lingua Madre nasce nel 1999 sotto il patrocinio dell'UNESCO per promuovere la diversità linguistica e culturale ed il multilinguismo. L'evento di sabato rientra nell'ambito di Logos, il progetto del Comune di Piacenza in partnership con cooperative sociali e Comuni della provincia, mirato a favorire l'incontro tra cittadini italiani e cittadini provenienti da Paesi Terzi.
Per informazioni: pagina facebook Progetto Logos.
(Fonte: Comune di Piacenza)
Sabato 21 febbraio alle 17.30, presso la Sala D, nell'ambito di BUK, fiera della piccola e media editoria, sarà presentato il volume "Emilia Romagna Segreta" (Historica Edizioni). Intervengono il curatore dell'opera Stefano Andrini e la giornalista Manuela Fiorini, autrice del capitolo dedicato a Modena -
Modena, 18 febbraio 2015 -
"Emilia Romagna segreta" - Historica Edizioni - non è semplicemente una guida dedicata alle città della regione, ma un "occhio di bue" che mette a fuoco le bellezze e le curiosità: quelle dimenticate, sommerse dalla polvere del tempo, quelle leggendarie, che pur nascondono un fondo di verità, quelle assai note, ma tanto scontate che le avviciniamo senza neanche più esserne colpiti. In questo libro ci sono storia, arte, letteratura e i personaggi che hanno fatto grande la nostra terra. Alcuni sono davvero grandi, altri non hanno raggiunto la fama che promettevano, nonostante il potere enorme che hanno gestito. Ci sono anche i monumenti che determinano il contesto urbanistico, i santi nati fianco a fianco con l'anticlericalismo e le personalità che hanno consumato cavalli e carrozze sulla strada consolare. Non mancano i capolavori e le piccole perle: aneddoti che hanno fatto impazzire le gazzette dell'epoca, ma anche curiosità gastronomiche e cinematografiche.
Il volume di 420 pagine, suddiviso in dieci capitoli, ognuno dedicato a una città, si propone come un almanacco illustrato del nostro intrinseco federalismo, quello della bellezza e della diversità che, tuttavia, diventano quel tutt'uno che è la nostra bellissima regione.
"Durante l'Alto Medioevo, Modena condivide con il resto d'Italia i secoli bui del crollo dell'Impero Romano. – si legge nella prefazione al capitolo modenese, curato dalla giornalista Manuela Fiorini - Alla fine del IV secolo il vescovo della città è Geminiano. La leggenda vuole che sia stato proprio lui a proteggere Modena dal passaggio degli Unni, capeggiati dal temibile Attila, facendo calare una fittissima nebbia su tutta la zona. Geminiano, divenuto poi Santo Patrono della città, muore il 31 gennaio del 397 e le sue spoglie riposano ancora oggi della cripta del Duomo" .
Proprio dalla cattedrale romanica, Patrimonio dell'Umanità UNESCO, parte un viaggio che si snoda tra i segreti dei bassorilievi e degli angoli più nascosti della città, passando da Piazza Grande, con la pietra ringadora e la statua della Bonissima, dal ghetto ebraico a quella che era la sede della Santa Inquisizione.
Domenica 15 febbraio 2015 dalle ore 17,00 alle ore 19,00 in via Negrelli 15 a Modena.
Come nasce un romanzo collettivo, come è possibile portare avanti un progetto in più scrittori, come si sviluppa una trama a più mani, da cosa e da chi gli scrittori prendono spunto .....insomma curiosità, aneddoti, gossip dietro la scrittura dell'ultimo romanzo best seller de I SEMI NERI, un thriller a sfondo storico ambientato nelle nostre terre.
Il pomeriggio sarà condotto da Daniela Ori e Gabriele Sorrentino, scrittori e co-autori assieme ad altri Semi Neri di questo romanzo e avrà come scopo quello di raccontare l'esperienza di scrittori che si sono cimentati su forme di scrittura collettiva, alternando letture di alcuni brani del libro a curiosità che susciteranno l'attenzione del pubblico.
L'Enigma del Toro (Damster Edizioni, 2013) è un thriller che si svolge nel 2012 e che ha inizio con un incidente stradale nel quale muore Marco Antonio Tarvisi figlio del Marchese Gherardo Tarvisi, patriarca di un'antica famiglia leader della moda a livello mondiale. La crisi economica della famiglia, che vive a Cà del Toro nei pressi di Cavezzo (Mo), si è aggravata a causa del terremoto del maggio 2012. Conduce le indagini l'ispettore Marcello Prandi che assieme a Lucrezia, nipote della Marchesa Artemisia Tarvisi, comincerà ad indagare nel passato della Casata. Marcello e Lucrezia saranno così proiettati in un viaggio attraverso i secoli, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino al Cinquecento, quando un altro terremoto cambiò il destino dei Tarvisi di allora, mercanti di stoffe alla ricerca di un riscatto sociale. Attraverso lettere, indizi, diari segreti, Marcello e Lucrezia scopriranno un segreto inquietante.
Alle origini di tutto, la presenza di due figure tragiche e carismatiche, Padre Ruperto Tarvisi, il fondatore della fortuna di famiglia e la contessa Caterina Barigazzi vedova Tarvisi, madre di Francesco Niccolò, morto in circostanze misteriose nel 1571. Qual è il segreto dei Tarvisi? Quali sono le intenzioni del Marchese Gherardo? E chi è davvero Lorenzo Montichiari, il cugino fiorentino? E che cosa sa nonna Artemisia? E in fondo ... qual è il famoso "Enigma"?
L'ingresso è libero, ma per esigenze organizzative è gradita la prenotazione
Info: e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.- Maria Elena Fabbrucci 347 6487976.
"Album di famiglia" è una panoramica su un' Emilia antica, che non c'è più, ma che non ci ha mai abbandonati -
di Federico Bonati
Modena, 14 gennaio 2015 –
A chi non è capitato, magari durante una domenica lenta e uggiosa, di ammazzare la noia guardando uno dei vecchi album di famiglia? Quelle fotografie, ingiallite dal tempo, hanno celato al loro interno una storia. Nella fattispecie, la nostra storia.
È proprio da quest'album che Vito, al secolo Stefano Bicocchi, racconta tre storie, frutto di un'Emilia antica, lontana, dalla quale però non si può prescindere, e grazie alle cui radici si realizza la stabilità personale.
Accompagnato musicalmente da una batteria e da una fisarmonica, che incedono sulle cadenze di una mazurka, Vito racconta ne "L'angoscia del dì di festa" i fasti della cultura contadina, la semplicità ma anche l'umorismo della vita quotidiana, la centralità del cibo nella vicenda, e il secolare campanilismo tra Bologna e Modena per un'annosa questione: ma, il tortellino, è bolognese o modenese?
La seconda storia è quella di Pierino e il lupo, ma nella versione puramente emiliana. Una storia fatta di ospitalità e leggenda, un'avventura che vede protagonista il giovane Ninin e i personaggi del racconto di Prokofiev. La sostanziale differenza è che "anatra", "gatto", "uccellino" sono i nomi degli avventori del bar, anziani amici del nonno di Ninin. L'avventura ha anche un lupo, ma che in realtà, per tenere fede alla cultura mangereccia locale, è un maiale. O meglio, il grande porco.
La terza, e ultima, vicenda, intitolata "Il Cattocomunista" rievoca le atmosfere tipiche della Brescello di Don Camillo e Peppone. Ci si domanda: cosa può succedere ai figli nati dall'unione tra comunisti e democristiani? Da qui parte il filone narrativo. Un racconto che fluttua tra Feste dell'Unità e processioni, tra Casa del popolo e chierichetti che consegnano "Famiglia Cristiana", che diviene per l'occasione un inserto dell'Unità. Persone così lontane ma anche così vicine, disposte a darsi una mano a vicenda quando serve.
Si tratta di un bel ritratto dell'Emilia quello scritto da Enrico Saccà per la regia di Silvio Peroni, un ritratto nel quale ci si ritrova, del quale si ride e per il quale ci si emoziona, inserito nella rassegna "Una serata a San Rocco", promossa dalla fondazione Cassa di Risparmio di Carpi e dall'associazione San Rocco Arte e Cultura.
Vito conclude poi con un omaggio a Cesare Zavattini, recitando le sue poesie, profonde e irriverenti, scanzonate ed emotive. E l'auditorium San Rocco si prodiga in uno scrosciante applauso.
Vito, con estrema cordialità, ha accettato di rispondere alle domande della Gazzetta dell'Emilia.
Questo spettacolo è il racconto di un'Emilia che non c'è più o che è ancora così, solo con un "vestito" diverso?
La base dell'Emilia è la stessa ancora oggi, così come pure il carattere degli abitanti del territorio. Certo, è cambiato il modo di esprimersi, viviamo in un mondo in cui è tutto più veloce, ma le radici sono sempre le stesse.
Quanto è importante, nella vita di oggi, il ritorno ai valori di una volta?
È fondamentale. Se non conosciamo la nostra storia, la nostra cultura, anche quella culinaria, non si va da nessuna parte. È solo mantenendo un forte contatto con le radici della nostra identità che diverremo come alberi che non cadono, anche se sferzati dal vento.
Vedendo l'Italia e l'Emilia di oggi, e pensando all'epoca raccontata nello spettacolo, prevale il rammarico o la speranza?
Nessuno dei due. Non è uno spettacolo nostalgico, basti pensare che per tanti motivi oggi stiamo molto meglio rispetto al passato. È come se avessimo un lungo cannocchiale e potessimo vedere cosa accadeva in quel tempo. Certamente, la speranza è quella di far recepire la storia ad ognuno nella maniera giusta. Ad ogni modo, di una cosa sono contento: sono felice di essere emiliano.
Resistere alla mafia è possibile, combattendola con impegno civile, onestà e con il sorriso, come faceva Radio Aut -
Reggio Emilia, 9 febbraio 2015 – di Federico Bonati -
Il 9 maggio 1978 il corpo di Aldo Moro, assassinato dalle BR, fu ritrovato in via Caetani a Roma. In quello stesso giorno, a Cinisi in Sicilia, veniva fatto esplodere Peppino Impastato. Una morte che fu inscenata come suicidio, con l'intento di far passare come attentatore di estrema sinistra Impastato, ma che si scoprì essere una montatura: Peppino Impastato fu ucciso su mandato di Gaetano Badalamenti, mafioso.
Ancora oggi, a trentasette anni dalla sua scomparsa, la figura e il ricordo di Peppino Impastato, una figura straordinaria per la democrazia, che lottò la mafia con l'impegno civile e con la satira, è più viva che mai, grazie anche alle suggestive parole del fratello, Giovanni Impastato.
Per il ciclo "Teatro e Legalità" promosso da Noveteatro, Giovanni Impastato è giunto nel reggiano per una tre giorni dedicata alla memoria del fratello, attraverso spezzoni del film "I cento passi" di Marco Tullio Giordana, attraverso letture del libro dello stesso Impastato "Resistere a Mafiopoli" e con un botta e risposta finale tra il pubblico e l'ospite.
Nel corso della serata, Giovanni rievoca i ricordi di famiglia, aprendo metaforicamente al pubblico il proprio "album dei ricordi": il rapporto col padre anch'egli mafioso, gli screzi infantili e l'avvicinamento a Peppino, la lotta nel ricordo del suo nome assieme alla madre Felicia dopo l'assassinio del fratello. C'è uno spaccato d'Italia, un racconto svoltosi nel cuore della Sicilia, di chi arrivato ad un certo punto, non può più fare finta di niente.
Una storia di satira con Radio Aut e la mitica trasmissione "Onda Pazza", ma allo stesso tempo una storia di depistaggi e insabbiamenti, a dimostrazione di quanto il cancro mafioso sia stato e, purtroppo, sia ancora inserito nelle istituzioni e nelle forze dell'ordine. Una storia di chi, invece, riaprì il caso Impastato dopo l'archiviazione: da Gaetano Costa a Rocco Chinnici fino a Giovanni Falcone, con una triste considerazione finale: chi favorì l'insabbiamento e il depistaggio delle indagini fece una brillante carriera, mentre chi cercò di fare luce sulla vicenda finì assassinato dalla mafia, ad eccezione di Antonio Caponetto. Inutile commentare ulteriormente.
Impastato parla poi di Casa Memoria, casa natale dei fratelli Impastato, divenuta oggi museo alla memoria di Peppino e inno alla libertà, parla di quei cento passi che la dividono da casa Badalamenti, attualmente affidata alla famiglia Impastato dopo l'esproprio, parla delle pietre d'inciampo sulle quali è vivo il ricordo della vita e della lotta di Peppino. Conclude poi con una frase eloquente: "La mafia non è invincibile".
Il signor Giovanni Impastato ha gentilmente risposto ad alcune domande del pubblico al termine della serata, e anche a quelle della Gazzetta dell'Emilia.
Giovanni, l'operazione Aemilia ha fatto capire una cosa: la mafia è arrivata anche al Nord ed è entrata nei luoghi di potere. Che riflessione si può trarre?
La mafia ha cambiato strategia, segue i flussi di denaro, l'economia, la finanza, è entrata negli studi medici e dei professionisti, ecco perché si parla di borghesia mafiosa. Anche l'Emilia, terra di principi e di efficienza, è stata intaccata da ciò, basti pensare che Gaetano Badalamenti fu mandato al confino a Sassuolo, e acquistando un'azienda di ceramica, riciclò denaro sporco. Se mi si chiede se oggi ci sia più mafia in Sicilia o in Lombardia non ho dubbi, decisamente in Lombardia, pensiamo a quello che è successo col caso Expo. Falcone diceva che la mafia, come ogni storia, ha un inizio e una fine; il problema è che manca la volontà politica di abbatterla.
Portando in giro per l'Italia la storia e il ricordo di suo fratello, le sembra di portare avanti ancora le sue battaglie?
Si. Le battaglie di Peppino, le sue iniziative a livello ecologico e sulla salvaguardia dell'ambiente sono più attuali che mai. La sua è una storia d'impegno sociale, di lotta e di passione.
Che idea ha del nuovo Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il cui fratello Piersanti fu ucciso in un attentato mafioso?
Mi sembra una brava persona, con una forte coscienza democratica. Sono convinto che farà bene essendo, inoltre, una persona che nutre un profondo rispetto nei confronti della costituzione.
La storia insegna che chi si fa avvinghiare dai tentacoli della mafia, divenendone colluso, riesce a fare una brillante carriera nel nostro paese. Ma la storia insegna che c'è anche chi dice no, chi lotta e muore, ma che non si piega mai, il cui ricordo e le cui battaglie sono portati avanti da altre persone, perché come diceva Peppino: "La mafia è una montagna di merda". Sono quelli come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rocco Chinnici, il Generale Dalla Chiesa, e più recentemente Roberto Saviano, Don Ciotti, Pino Maniaci, i ragazzi di Addio Pizzo. Sono quelli come Peppino. Ed è grazie a loro e a chi, seguendo il loro esempio, lotta, vive e si impegna ogni giorno nel proprio piccolo, che l'Italia ce la farà.
Con il nuovo profilo Instagram il Museo di Palazzo Farnese condividerà anche foto e video inviati dai suoi follower -
Piacenza, 7 febbraio 2015 -
Anche la cultura si fa "social" ed ora con il profilo @palazzofarnese.piacenza il museo di Palazzo Farnese è il primo museo piacentino ad approdare su Instagram, la notissima piattaforma per condividere foto, che conta oltre 200 milioni di utenti attivi al mese.
Il nuovo profilo Instagram dei Musei Civici, attivo da ieri, consentirà la condivisione di fotografie e video riguardanti non solo dipinti, sculture e altre testimonianze del patrimonio storico-artistico, ma anche scorci suggestivi di Palazzo Farnese.
Accanto alle foto scattate dai referenti dei Musei, verranno anche condivise le immagini più belle inviate dai follower.
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