Di Chiara Marando – Sabato 14 Marzo 2015
Un viaggio lungo la via Emilia alla scoperta delle sue tradizioni e tipicità culinarie, un patrimonio che fonda le sue radici nella storia contadina, nei suoi cibi poveri divenuti eccellenze gastronomiche da tramandare.
“Ma sei di coccio?”, di Enrico Belgrado (I quaderni del Loggione ed. Damster), un nome curioso per un libro che racconta il passato di un territorio trasformandosi in una piccola guida per saperne di più sul buon mangiare.
C’è un filo conduttore che lega i vari piatti perché, che siano tigelle, crescentine, spianate o gnocchi fritti, la cosa importante è gustare delle prelibatezze accomunate da materie prime semplici e genuine.
Tanti nomi per prodotti vicini tra loro e simili nelle caratteristiche, ed altrettante metodologie di preparazione, che nascono dalle peculiarità delle varie zone e dalla necessità di inventare nuovi modi e forme per alimenti basati su pochi ingredienti basilari come farina, acqua, olio e sale.
Cotture come il più antico “arrosto sulle braci”, fino alla più recente “frittura” nelle varianti con strutto, prediletta dai puristi, olio d’olio d’oliva oppure di girasole, il prescelto dai ristoratori esperti.
Tra le pagine del libro si viene trasportati in un racconto alla scoperta degli strumenti antichi fatti in coccio e terracotta, degli ingredienti, delle ricette, dei riti e segni propiziatori capaci di favorire l’abbondanza di cibo come la croce sulle pagnotte, che contribuisce ad una migliore lievitazione, oppure le rose celtiche sul fondo delle padelle.
Un affascinante excursus tra squisitezze della cultura contadina, testimoni di una tradizione popolare: dalla Torta Fritta tipica del parmense, al Gnocco Fritto reggiano e modenese, alla Crescentina di Bologna, fino alla Piadina romagnola ed alla Bortellina piacentina.
Un tesoro gastronomico che rischia di scomparire a causa delle moderne contaminazioni che trasformano ricette lontane in qualcosa di diverso, e merita di essere di essere preservato e protetto. Proprio questo è lo scopo per il quale sono nate denominazioni come i PAT, ovvero nomi che identificano prodotti agroalimentari tradizionali che ancora vengono realizzati in aree territoriali molto ristrette, oppure i DOP e gli IGP che aiutano a determinare e riconoscere un’eccellenza alimentare in un mondo dove il fare cucina è diventato ormai globale.
A completare degnamente il libro sono un elenco di specialità con relativi ingredienti, insieme ad un nutrito ricettario per provare a diventare dei veri chef a casa propria.
Per saperne di più: www.damster.it