Da oltre sei mesi siamo in piazza tutte le settimane: non solo contro il GreenPass ma contro un paradigma dell'emergenza che ha sfruttato e continua a sfruttare la pandemia per cancellare diritti e demolire lo stato sociale. D'altronde, sono vent'anni che l'emergenza di turno, il terrorismo, i migranti, la crisi climatica o quella finanziaria, vengono usati per comprimere i diritti, per porre vincoli ai principi costituzionali e svuotare di ogni senso la parola "democrazia", spostando la sovranità e l'autodeterminazione dai popoli alla finanza.
Sono ormai storia la cancellazione di fatto dello statuto dei lavoratori a colpi di jobs act e riforme alla Fornero, la cancellazione del diritto allo studio attraverso la svendita della scuola pubblica e della sua trasformazione in anticamera di un lavoro precario e senza tutele, della sanità pubblica che ha visto disinvestimenti continui negli ultimi 20 anni e vedrà altri miliardi di tagli nei prossimi 3. Tutto questo mentre la ricchezza prodotta da 60milioni di cittadini veniva usata per salvare le banche e gonfiare le loro bolle finanziarie, o per finanziare guerre in ogni angolo del pianeta.
Quello che succede oggi, quindi, non suona nuovo, anzi: è il valzer di un capitalismo e di un imperialismo al collasso che, per l'ennesima volta, vuole far pagare ai popoli la propria crisi.
Un capitalismo che ha prodotto la crisi, sfruttando corpi e territori oltre ogni limite, che ha sacrificato ogni tutela in nome della produzione continua e del profitto (di pochi), trasformando al contempo il concetto di cura in un paradigma di controllo sociale e repressione.
Un capitalismo che all'interno impone contrazione dei diritti, mentre sul piano globale ci trascina in una nuova guerra volta solo a garantire i profitti e le rendite dei soliti noti, con un supposto Occidente che rifiuta di cedere i propri privilegi coloniali con cui ha saccheggiato e continua a saccheggiare interi territori. Europa compresa. Un occidente che non vuole riconoscere la realtà di un mondo multipolare, in cui i popoli reclamano autodeterminazione sui propri territori, e che combatte a colpi di sanzioni, mercenari e milizie private di banchieri e fondi speculativi. Un Occidente i cui governi e media di regime hanno alzato continuamente l'asticella del conflitto, dispiegando truppe a non finire, espandendo ossessivamente la NATO, ignorando accordi e diritto internazionale, salvo poi piangere lacrime di coccodrillo quando poi le bombe sono arrivate davvero. E ne siamo tutt* convinti: non esistono bombe buone. Né guerre buone. Che è il motivo per cui le guerre non vanno fatte. Senza se e senza ma.
Allo stesso tempo, però, non non abbiamo nessuna intenzione di subire l'ennesima propaganda scaricabarile di un capitalismo al collasso che vuole scaricare sugli altri le proprie responsabilità: che punta il dito contro la Russia e si dimentica delle bombe Ucraine sul Donbass, della pulizia etnica, delle sanzioni, dei finanziamenti ai movimenti nazisti, questi ultimi finiti con faccine sorridenti sui profili Facebook dell'establishment di metà dei paesi europei.
Un capitalismo, che continua a far suonare il valzer mentre la nave affonda e pensa di poter portare in salvo sulle scialuppe la prima classe e di lasciar affogare gli altri nei ponti inferiori. Perché certo è che, nei piani di chi a questa guerra ci ha portato, i costi anche questa volta dovremo pagarli noi. A colpi di rincari sulle bollette per comprare gas e petrolio dagli USA invece che da oriente, di spese militari sempre più stratosferiche per sostenere la corsa agli armamenti dell'Alleanza Atlantica, di nuove strette repressive per sedare ogni dissenso e annientare ogni pensiero critico.
Ma non abbiamo intenzione di affondare con la loro nave, né di ascoltare le loro sirene.
Saremo nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, riconquistando ogni giorno spazi di agibilità, partecipazione, cittadinanza, contro ogni guerra e paradigma dell'emergenza.
Per questo domani, sabato 26 febbraio 2022, ci troveremo in presidio in piazza Martiri del 7 luglio contro le politiche di guerra e di emergenza infinita per poi partecipare alla manifestazione contro Draghi e lo stato di emergenza in piazza S. Prospero.