I 70 anni della NATO declassati da Trump a incontro tra ministri degli esteri. Come è cambiato il mondo in questi ultimi 20 anni. Nel 1999 c'erano i capi di stato e di Governo e per noi un Massimo D'Alema con i baffi neri.
di Lamberto Colla Parma 7 aprile 2019 -
Non c'è che dire, gli scenari geopolitici si sono talmente modificati nell'ultimo ventennio da mettere in dubbio persino la sopravvivenza della Alleanza Atlantica che lo scorso 4 aprile avrebbe dovuto festeggia, in pompa magna, i 70 anni.
L'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (North Atlantic Treaty Organization - NATO) è quell'organizzazione internazionale di difesa, di cui fanno parte 30 Paesi, che venne istituita nell'immediato dopoguerra (4 aprile 1949) per la difesa dei Paesi membri dall'aggressione esterna.
Un po' di storia
Il Patto Atlantico ha avuto origine dalla percezione che il mondo occidentale, da poco uscito dalla crisi della seconda guerra mondiale, iniziasse ad avere frizioni e contrasti con l'altro vincitore dell'ultimo conflitto mondiale, la Unione Sovietica e i suoi Paesi satelliti.
Iniziava a diffondersi l'idea che l'Unione Sovietica, non paga della suddivisione territoriale post bellica, intendesse "conquistare" il mondo con la ideologia comunista. Una campagna di sensibilizzazione ben orchestrata dagli USA che in breve divenne un punto fondamentale della opinione pubblica.
La Guerra Fredda iniziava quindi a mostrare i primi segnali di tensione che sfociarono con l'assedio di Berlino a opera dell'Unione Sovietica il 24 giugno 1948 tanto da indurre gli alleati a istituire il più grande intervento di soccorso a una popolazione, istituendo un ponte aereo con Berlino durato ben 462 giorni. All'apice dell'operazione vennero effettuati oltre 1300 voli al giorno su Berlino trasportando ogni tipo di genere, dall'alimentare al carbone da riscaldamento. Infine l'Unione Sovietica tolse l'assedio il 12 maggio 1949 ma l'operazione di soccorso continuò sino a settembre al fine di organizzare sufficienti scorte per la popolazione utili a sostenere un eventuale secondo blocco che Mosca avesse voluto istituire.
La vicenda dell'assedio" a Berlino Ovest, fu dirompente per l'opinione pubblica occidentale e favorì la decisione di istituire un'Alleanza del mondo occidentale contro minaccia sovietica.
Il concetto unificatore di questa nuova "Alleanza" era quello della "difesa collettiva", riportato nell'art. 5, che recita: "Le parti concordano che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in America Settentrionale, deve essere considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite assisterà la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l'uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell'area Nord Atlantica".
Il 6 maggio 1955, all'indomani dell'ingresso della Germania Ovest all'interno della NATO, venne ufficializzata la costituzione del Patto di Varsavia (alleanza tra gli Stati "amici" dell'Unione Sovietica), concepito e sottoscritto nel 1950 da Nikita Chruščëv in contrapposizione alla costituzione del Patto Atlantico.
Quel 6 maggio 1955 segnò una nuova era in grado di tenere in scacco il mondo intero ben nota come "Guerra Fredda" e il Muro di Berlino (13 agosto 1961 - 9 novembre 1989) ne fu il simbolo per eccellenza.
Con la caduta del Muro di Berlino però, le mire "espansionistiche" della Nato si fecero sempre più imprudenti nel tentativo, peraltro riuscito, di attrarre a sé i Paesi che erano della ex URSS sino a quando non arrivò a infastidire troppo lo "zar" Putin con l'annessione dell'Ucraina (La NATO era tropo vicina ia confini russi) e la conseguente reazione nei confronti dell'Ucraina stessa per la restituzione della Crimea alla Russia.
Conclusione
Crollate le iniziali motivazioni che istituirono la contrapposizione est/ovest, con la salita al potere economico internazionale della Cina e ancor prima della Russia stessa, e dopo la primavera araba che ha dato vita all'ISIS e a un terrorismo internazionale "terzo" rispetto a i due tradizionali fronti, ecco che la stessa NATO sta per essere messa in discussione.
E le celebrazioni in totale sordina del 70esimo ne sono la conferma. Ben diverso il clima del 50esimo (4 aprile 1999) anniversario quando a Washington si riversarono tutti i primi ministri o capi di stato dell'alleanza, oggi invece "declassato" a vertice tra ministri degli esteri.
Dall'UE alla NATO è in corso un processo di revisione epocale che coinvolge tutto il mondo occidentale. Il sospetto però è che la qualità delle menti non sia paragonabile con quelle di 70 anni fa.
Leggi anche
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https://www.gazzettadellemilia.it/cronaca/item/10158-russia,-venti-guerra,-non-solo-fredda.html
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Molte sono state le dichiarazioni di soddisfazione per l'approvazione della direttiva europea riguardo la tutela del diritto d'autore, ma il percorso per vedere applicata la norma è ancora lungo e gli ultimi buoi faranno in tempo a scappare dalla stalla lasciata aperta "colpevolmente".
di Lamberto Colla Parma 31 marzo 2019 -
Ebbene sì, partiamo dall'ultima affermazione, "la stalla lasciata aperta colpevolmente".
Autori e editori, di ogni categoria professionale e artistica, erano, in un passato ormai remoto, molto soddisfatti dell'aiutino che derivava al loro business da queste strane "piattaforme", d'origine prevalentemente statunitense, che senza nulla chiedere consentivano di divulgare il loro prodotto.
La carta stampata tirava, i dischi dal vinile passarono al cd e poi dvd quando le case discografiche iniziarono a associare storielle alla canzone, e i prodotti primari incrementavano le vendite o la popolarità in altre fasce demografiche.
Grazie a queste nuove tecnologie, piattaforme aggregatrici (Wikipedia, e Youtube ad esempio) ai motori di ricerca (Google ad esempio) e infine ai social media (Facebook ecc...), il lancio dei dischi e la campagna di promozione riceveva sostanziosi aiuti senza intaccare il portafoglio così come pure i quotidiani potevano anticipare le notizie che il lettore avrebbe trovato il giorno seguente sui sui affezionati giornali freschi di stampa.
Il business dell'hardware tirava e, grazie a queste strane attrezzature digitali che si muovevano nel mondo sommerso di internet, gli affari prosperavano senza la necessità di ampliare il budget della comunicazione.
Uno sfruttamento che sembrava una manna dal cielo sino a quando ci si accorse che quegli strumenti tanto stupidi non erano e avevano iniziato a diventare i punti di riferimento del consumatore di informazioni, di musica e di libri ben oltre l'immaginazione e puntavano a competere o addirittura a sostituirsi ai negozi di musica, alle librerie e alle edicole.
Nonostante tutto, la miopia dei nostri industriali del settore si faceva sempre più grave e, per quanto i ricavi cominciassero a crollare, nessuno pensò a qualche strada alternativa da percorrere , magari investendo in tecnologie analoghe ma di fattura nazionale.
Niente di tutto questo!
Si preferì fare aumenti di capitali alle testate giornalistiche piuttosto che investire nel nuovo.
E così i nuovi costumi presero il sopravvento. Quello che siano a pochissimi anni fa era lo status symbol per eccellenza, ovvero i tre quotidiani (due rosa e un locale) sotto l'ascella, è stato sostituito dallo smartphone di ultima generazione capace di far leggere, ascoltare musica, guardare video e Tv in qualsiasi ora e senza lasciare macchie di stampa sui polpastrelli.
Ora che i buoi sono scappati e i giornali sono a meno di un terzo di lettori e il mondo musicale tradizionale sta per venire travolto dai musicisti underground nati e cresciuti nel sommerso mondo del web (da Achille Lauro a Sfera Ebbasta e al circuito dei trapper ad esempio) ecco che ci si sveglia e si decide che è ora di far pagare i contenuti che sino a ieri venivano offerti gratuiti pensando di averne un giovamento eterno.
Comunque, anche questa è solo propaganda!
Intanto perché dalla direttiva approvata dal Parlamento Europeo lo scorso 26 marzo, necessita della approvazione della identica proposta da parte del Consiglio Europeo (l'organo di rappresentanza degli Stati membri) e infine i singoli Stati, tra cui anche l'Italia, avranno due anni di tempo per recepire la direttiva, decidendo la strada da percorrere per raggiungere gli obiettivi che questa fissa. Insomma un percorso lungo quasi tre anni per arrivare all'applicazione della tanto decantata direttiva sul "Copyright", che, per i tempi dell'era digitale, sono una eternità.
Durante questi tre anni i "mostri" del web pian piano aumenteranno i prezzi di advertising e di accesso alle loro piattaforme incrementando ancor più il loro tornaconto a scapito del portafoglio degli autori e editori più piccoli che si vedranno costretti a limitare la loro visibilità a scapito della libertà di espressione.
Perciò, quando la direttiva entrerà in vigore il mondo sarà totalmente cambiato e la norma entrerà direttamente, senza passare dal "Via", nel cassetto dei ricordi inutili di questa Europa che non vuole modernizzarsi.
La morale: a fare i furbetti non sempre, anzi quasi mai, ci si guadagna... a lungo!
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L'Unione Europea teme che l'Italia diventi il "Cavallo di Troia" per l'invasione gialla. Dalla linea ferroviaria Zhengzhou -Amburgo (Germania) nessuna preoccupazione invece? E no, sulla Germania non si può!
di Lamberto Colla Parma 24 marzo 2019 -
L'Italia, come al solito, non ne fa una giusta, soprattutto quando pensa per sé stessa e non per la comunità.
Sino a ieri ci si raccontava la favola che il turismo (uno dei 19 accordi sottoscritti per un totale di 20 miliardi) potrebbe essere il "petrolio" dell'Italia e oggi, grazie al memorandum sottoscritto tra Italia e Cina, che potrebbe diventare una realtà, non va più bene. Chissà cosa potrà mai nascondere l'accordo Italia Cina di tanto pericoloso!
Intanto è da apprezzare la trasparenza. E' lo stesso presidente Xi Jinping che si è mosso per porre la firma a un memorandum che regolerà gli scambi e le acquisizioni. Un accordo che ovviamente prevede che l'Italia possa giocare la Golden Share nel caso in cui venisse compromesso il controllo nazionale su imprese e siti considerati di interesse strategico.
Ma non basta, e allora i nostri cari alleati e i loro fiduciari in Italia, sempre attenti a che l'Italia non cresca troppo rapidamente, ecco che scendono in campo con una ipotesi di Super Golden Power europea per bloccare la "Belt and Road Initiative" cinese, ovvero il programma infrastrutturale che i cinesi stanno "esportando" dal 2013 un po' in tutto il mondo, a partire dal continente africano, per arrivare ai paesi dell'est europa e ora, compiendo un notevole salto di qualità, sottoscrivendo un'intesa con il primo governo appartenente ai G7, l'Italia appunto.
Di questo piano infrastrutturale così pericoloso non si discusse quando venne progettata e infine inaugurata la linea ferroviaria più lunga al mondo che copriva la distanza commerciale tra Zhengzhou e guarda caso, Amburgo, un "paesino" della Germania, in soli 15 giorni.
Obiettivo, era il 2013, consisteva nel colmare la distanza di oltre 10.200 chilometri che separa le due città in 15 giorni con collegamenti periodici (la metà del tempo navale). Un flusso inesorabile di merci che dalla Cina approdano nel cuore dell'Europa. Ma lì tutti zitti, era coinvolta la DB Schenker, divisione Trasporti e Logistica di Deutsche Bahn (ferrovie tedesche), e... sulla Germania non si può!
D'altro canto la Germania è il più importante partner commerciale europeo e mondiale con la Cina per un valore di interscambio di 170 miliardi di euro nel 2017, contro 167 della Francia e 165 degli Usa. I 40 attuali di Italia sono una vera miseria, ma Junker, Macron e Merkel hanno avuto il coraggio di affermare che la Cina è un concorrente con il quale "non possiamo costruire qualcosa di stabile". Così, In tutta risposta al bilaterale Roma - Pechino, a dimostrazione che l'UE vuol dire Francia e Germania con l'assist della Commissione UE, mercoledi il triumvirato ha invitato Xi Jinping a Parigi per un incontro, 15 giorni in anticipo sul vertice UE/Cina del 9 aprile e subito a ridosso del vertice Italia Cina appena concluso, per riaffermare l'asse di ferro Parigi-Berlino.
I soliti splendidi alleati. Loro possono intervenire in Libia bombardando senza alcuna autorizzazione preventiva dell'ONU, pur di prendere i nostri contratti petroliferi, mentre noi non possiamo fare nulla senza il visto della UE.
(foto di copertina: Great Wall of China near Jinshanling - Jakub Hałun - 29 may 2009)
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Sono trascorsi quasi 3 anni, qualche Governo e tre Commissari Straordinari per la ricostruzione, ma il tempo nelle zone terremotate del centro Italia sembra si sia fermato a quel terribile 24 agosto 2016. Vi raccontiamo com'é la situazione oggi, fra desolazione e persone forti che sperano nel futuro.
Testo di Lamberto Colla, foto di Francesca Bocchia
24 agosto 2016 ore 3,36, una scossa di magnitudo 6.0 ha dato inizio a una lunghissima, interminabile, sequenza sismica che dalla valle del Tronto si è estesa prendendo parte delle Marche, del Lazio e dell'Abruzzo. 299 le vittime che non potranno più raccontare la loro disavventura, ma migliaia le vittime che dopo 930 giorni continuano a vivere e a rivivere quel tragico inizio, non potendo riscontrare miglioramenti nel paesaggio delle macerie.
Nei giorni in cui si parla tanto di solidarietà "non concessa" a qualche decina di extracomunitari, prevalentemente profughi economici e non in fuga da zone di guerra, siamo andati a dare uno sguardo a quelle zone che sembrano essere state inghiottite da un buco nero e di cui quasi non si parla.
Tra l'altro parlare di "Buco nero" non è così lontano dalla realtà. E' infatti di poche ore fa la divulgazione della notizia che ci sarebbe una sorta di volume fantasma sotto la faglia del sisma in Italia centrale. Come una fisarmonica, potrebbe aver "creato lo spazio" per accogliere tutto il volume di roccia che si è abbassato durante la sequenza sismica. E' l'ipotesi dei ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) pubblicata sulla rivista Scientific Reports. Una teoria nata dalla valutazione che la massa sprofondata è ben 7,5 volte il volume di quella che si è spostata verso l'alto.
Un aspetto per certi versi affascinante seppure altamente inquietante che dimostra come il nostro Centro Italia sia particolarmente fragile e esposto a altri fenomeni sismici di elevata violenza.
Nonostante la pericolosità della zona e la desolazione circostante la popolazione vuole assolutamente rifondare le radici dove sono nate e cresciute. Un esempio è la testimonianza che abbiamo raccolto in Amatrice. Alessio Bucci è gestore del tempio dell'amatriciana, quell'Hotel Roma il cui crollo è diventato il simbolo della tragedia che ha colpito il centro Italia quel fatidico 24 agosto 2016.
Alessio Bucci - "Hotel Roma"
"L'attività ha ripreso (nell'area FOOD di Amatrice sotto l'insegna "Ristorante Roma" ndr), - ci segnala Alessio Bucci - ovviamente non come prima (l'ospitalità alberghiera non è ripresa ovviamente - ndr) però la gente nella parte del ristorante viene. Chi lavora poco sono i commercianti giù. Le seconde case non ci sono e non c'è la gente che c'era prima".
Mostra tranquillità ma negli occhi di Alessio si legge ancora il terrore e la paura trascorsa. Ciò nonostante parla del futuro, pur nella convinzione che non sarà roseo, tutt'altro.
"Le difficoltà rimangono e qui - prosegue Alessio Bucci - la ricostruzione è lentissima, più che lenta non c'è proprio. Io non vedo niente. Sono passati quasi tre anni e son bloccate persino le costruzioni dei marciapiedi delle casette di legno. Purtroppo penso che questa non sia la situazione definitiva, ma poco ci manca. Credo che fuori dalla zona rossa di Amatrice cominceranno a ricostruire prima o poi, ma all'interno dell'area passeranno 10 anni o forse più."
Osservando la forza e determinazione di Alessio e di tutti i familiari è venuto spontaneo interrogare sui suoi ricordi di quel tragico giorno, per poi pentirci immediatamente nel timore di avere toccato un nervo scoperto.
"Cosa ricordo? Ricordo tutto. - risponde con grande dignità il gestore del Ristorante Roma - E' crollato tutto e son rimasto sotto. Stavamo vicini io e mia moglie. O qualcuno mi salvava o ero finito lì. Per fortuna siamo una famiglia molto unita e molto attaccati l'uno agli altri e questo ci ha dato la forza di ricominciare".
E di forza ce ne vuole tanta per ricominciare, soprattutto per chi è rimasto sepolto sotto le macerie della propria attività, dove, sotto alle stesse macerie sono perite 6 persone e molte alte furono graziate dal fatto che l'Hotel ha resistito alla prima scossa consentendo alla maggioranza degli ospiti di riuscire a mettersi in salvo.
Alessio Bucci, dopo oltre 40 giorni d'ospedale, ha trovato la forza di reagire e, anche grazie alle donazioni degli Italiani, è riuscito, insieme a altri 5 ristoratori, a riaprire seppure parzialmente l'attività, cercando di domare il dolore fisico e psichico.
Alessio, così come il suo Hotel Roma e Amatrice stessa, sono diventati un simbolo, un modo per sintetizzare e ricordare una tragedia ampia e estesa che dopo tre anni sembra congelata a quel tragico 24 agosto 2016.
930 giorni sono trascorsi, qualche Governo e tre Commissari Straordinari per la ricostruzione si sono succeduti, ma tutto sembra fermo a quel giorno dell'estate 2016 così come pure le promesse non hanno avuto alcun seguito concreto.
Prima è stato Vasco Errani, ex presidente della Regione Emilia Romagna e già Commissario per il terremoto di Modena e dintorni, a assumere l'incarico di Commissario Straordinario per la Ricostruzione del sisma 2016. Sembrava una garanzia! L'efficienza emiliana traslocata in centro Italia però non ha sortito effetti. Alla fine, dopo avere addirittura aperto una pesante polemica con il "suo" governo, ha lasciato l'incarico e poi anche il PD andandosi a schierare con una serie di notabili dissidenti del partito di sinistra.
"Non c'è dubbio che abbiamo avuto quattro terremoti, - è il commento di Vasco Errani e ripreso in esclusiva video da "Panorama" il 15 febbraio 2017 in occasione di un incontro con i Sindaci delle zone terremotate ad Ancona - la dimensione è stratosferica, ma tutto ciò non risolve il fatto che non riusciamo ad andare avanti su alcune cose... Non esiste il fatto che per cominciare a fare le casette, che non è cio che devo fare io, che si attenda il fatto di avere il fabbisogno definitivo di tutte le casette. Non esiste. Non esiste che per fare le stalle bisogna metterci tutto questo tempo. Non esiste. Non esiste...". Insomma molto sconsolato Errani riconosce il fallimento dello Stato, che lui stesso rappresenta, nella gestione delle fasi successive alle terribili scosse che hanno messo in ginocchio diversi paesi di Marche, Umbria, Abruzzo e Lazio.
Poi venne la volta della piacentina e "renziana di ferro" Paola De Micheli, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 23 settembre 2017 al 1º giugno 2018. Una prezzemolina del tubo catodico pronta, ogni due per tre, a intervenire in ogni talk show per discutere e difendere l'operato del premier di sinistra di turno. Una "passionaria" combattiva che dopo la nomina a Commissario Straordinario, in sostituzione di Errani, è scomparsa da ogni media. Nemmeno una citazione in qualche giornale parrocchiale. Sparita come è scomparsa la ricostruzione.
Infine arrivò anche la nomina dal governo "giallo verde". Lo scorso 5 ottobre il Consiglio dei Ministri nominò il geologo, presidente dell'ordine delle Marche e professore universitario, il 58enne Piero Farabollini. A darne notizia fu lo stesso vicepremier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio: "Piero Farabollini è il nuovo commissario straordinario per il terremoto. Lo abbiamo nominato al Consiglio dei Ministri e voglio per prima cosa fargli i migliori auguri perché ora ha davanti a sé tante responsabilità e un compito che non è facile, ma può contare sul sostegno assoluto del governo".
Una nomina che se non fosse per la proroga all'incarico pubblicata lo scorso 10 gennaio, del "Commissario professore" non ci sarebbe praticamente traccia nelle cronache dei giornali.
Intanto i giorni trascorrono inesorabili, gli inverni rigidi continuano a alternarsi a estati soffocanti e molti, quasi tutti, continuano a vivere nelle roulotte o nelle casette sgangherate.
E' inquietante osservare come le macerie siano ancora tutte lì, a Amatrice, a Castelluccio (zone del nostro servizio fotografico) come a Accumoli e in tutte le località colpite e ancora con la ferita totalmente aperta.
Il nostro servizio in zona (foto di Francesca Bocchia) testimonia il livello di distruzione delle cose fisiche, più difficile immaginare il tasso di isolamento e rammarico delle persone che, con tenacia e volontà, tentano di ricostruirsi una vita e una dignità nel totale isolamento.
Prima che il "Buco nero" inghiottisca il Centro Italia fissiamo queste istantanee di Francesca Bocchia e preghiamo che qualcuno finalmente si prenda a cuore il caso. Donne, uomini, bambini e anziani obbligati a vivere il terremoto tutti i giorni da quasi tre anni senza intravedere un futuro migliore.
Foreportage realizzato a fine febbraio
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Forza al lavoro. Una opposizione intelligente e collaborativa sarebbe indispensabile a quest'Italia senza idee. Speriamo che "voltiamo pagina" non resti solo uno slogan.
di Lamberto Colla Parma 08 marzo 2019 -
Finalmente è stato eletto il nuovo portabandiera del PD. Un evento, quello delle primarie, che altro non è che un modo per attrarre l'attenzione mediatica su di un partito che, se non avesse una pseudo dialettica interna, almeno nelle occasioni delle primarie, desterebbe interesse pubblico prossimo allo zero.
Meglio di Sanremo. Se per l'evento canoro sono state soprattutto i canali RAI a occuparsene, per le primarie del PD tutti i canali se ne sono interessati come se fosse una gara elettorale al punto che, forse per un certo momento, lo stesso Zingaretti ha creduto di essere diventato premier.
"...sono numeri che Matteo Salvini si sogna..." è stato il commento entusiasta del presidente del PIDDI Matteo Orfini, all'indomani del risultato "pseudo elettorale" che ha visto alternarsi 1,5 milioni di sostenitori ai gazebo sparsi in tutta Italia.
La cosa buffa è che mentre i tre candidati si alternavano su tutti palcoscenici dei talk show contribuendo a dare visibilità a un partito quasi devastato, Matteo Salvini cresceva nei sondaggi e con il Centro destra andava alla conquista delle prime regioni.
Mentre Salvini guadagna consenso, nonostante sia al Governo e venga insultato quotidianamente, piuttosto che inquisito o insignito delle più grandi malefatte, il PD si esalta della partecipazione, meno nutrita della storia delle primarie.
Furbescamente, alla vigilia dell'evento, i candidati si erano preoccupati di dichiarare che sarebbe stato un successo se si fossero presentati ai "pseudo-seggi" un milione edi persone, praticamente meno di 1/3 di quelli che andarono alla prima edizione.
Infatti, nel 2007, quando nacque il partito e fu eletto segretario Walter Veltroni, votarono 3,5 milioni di persone; nel 2009, quando vinse Pier Luigi Bersani, i votanti furono 3,1 milioni (stesso numero per le primarie di coalizione che si tennero nel 2012); furono 2,8 milioni nel 2013, e 1,8 milioni di voti nel 2017, quando Renzi vinse di nuovo.
Insomma, alla fine è stato un ottimo evento mediatico, ma che non venga promosso come un esercizio di democrazia da imitare, come vorrebbero far credere.
Innanzitutto i controlli ai pseudo seggi non sono né codificati e nemmeno certificati e i "due euro" necessari per partecipare alle spese sono senz'altro utili alla causa ma di cattivo gusto e per certi versi discriminanti.
"Oggi è avvenuto, - è il commento del neo segretario Zingaretti - come noi avevamo auspicato, un grande fatto politico: non sono state solo le primarie del Partito Democratico, sono state le primarie per l'Italia. E questo è un fatto molto importante che riaccende una grande speranza per il futuro. Una marea di persone, centinaia di migliaia di persone, anche fuori di noi, si sono fidate di noi. E noi saremo degni di questa fiducia, faremo di tutto per esserne degni, perché quanto è avvenuto conferma che noi queste primarie, questa scelta di democrazia è diventata per tante e per tanti la scelta più generale di difesa di un futuro migliore possibile. Io penso ai delusi, a coloro che non sono andati a votare un anno fa e che oggi erano in fila ai gazebo, a quelli che si sono allontanati.".
Comprensibili gli entusiasmi ma dichiarare che quelli che nel 2017 non si erano presentati perché delusi e domenica scorsa invece erano in fila è una affermazione un po' esagerato considerando che il flusso era inferiore o tutt'al più uguale alle ultime elezioni renziane.
La propaganda è finita! E' ora di lavorare e fare sul serio.
Quindi, passi il titolo di studio di Zingaretti che dovrebbe essere del medesimo livello della Ministra Fedeli, è venuto il tempo di scalare gli elettori, quelli veri che il PD per ora ha perduto ma che molti nostalgici che vorrebbero rientrare in un partito carico d'orgoglio e dignità.
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Un mondo sempre più interconnesso offre il fianco a sempre maggiori rischi di cyber attacchi. Secondo la relazione dei servizi nel corso del 2018 le aggressioni cibernetiche sono quintuplicate
di Lamberto Colla Parma 3 marzo 2019 -
Erano i primi giorni di novembre 2017 quando mezza europa andò in "Down". Il più grande server europeo "OVH", ufficialmente a causa di una serie di guasti in contemporanea ma non in relazioni tra essi, andò in crisi spegnendo milioni di siti, anche molto importanti, e caselle mail in tutto il mondo, Italia compresa. Il nostro giornale venne risparmiato ma non altrettanto bene andò la scorsa settimana quando un attacco hacker prese di mira Host.it (probabilmente il più grande host nazionale) e questa volta mettendo in crisi anche la nostra testata per diversi giorni.
Non passa giorno che la Polizia Postale non metta un avviso di porre attenzione a certi inviti commerciali di assoluta convenienza che invece nascondono frodi telematiche, dai furti di identità a ricatti telematici.
Ma la sicurezza nazionale, internazionale e la democrazia, quella con la "D" maiuscola e non ovviamente quella a stelle e strisce "esportata" dai "Bush", sono e saranno sempre più sottoposti a attacchi di qualsiasi natura: terrorismo, furti e brevetti industriali e tecnologici.
Insomma quello che pareva essere la soluzione di tutti i nostri problemi, che avrebbe messo in sicurezza i nostri più reconditi segreti, l'elettronica che nella declinazione "domotica" avrebbe consentito di accendere il forno di casa mentre stiamo ancora rientrando in treno, piuttosto che agevolare i contatti con il resto del mondo senza dover lasciare il salotto di casa, si sta rivelando molto più vulnerabile dell'immaginazione.
Ormai la sfida tra le super potenze si confrontano, oltre che sul nucleare, anche sulle telecomunicazioni, i veri contenitori dei dati di tutto il mondo e si sa, l'informazione è potere.
Se si analizzano nello specifico i campi d'azione dell'intelligence, secondo il rapporto presentato lo scorso 28 febbraio, in relazione alla minaccia cyber, lo sforzo più significativo posto in essere, "ha riguardato il contrasto di campagne di spionaggio digitale, gran parte delle quali verosimilmente riconducibili a gruppi ostili strutturati, contigui ad apparati governativi o che da questi ultimi hanno ricevuto linee di indirizzo strategico e supporto finanziario".
Gli attacchi, spiega ancora il documento "hanno mirato, da un lato, a sottrarre informazioni relative ai principali dossier di sicurezza internazionale, e, dall'altro, a danneggiare i sistemi informatici di operatori, anche nazionali, attivi nello Oil&Gas, nonché quelli di esponenti del mondo accademico italiano, nell'ambito di una campagna globale mirante a profilare settori d'eccellenza di università e centri di ricerca". E "benché marginali in termini numerici (12%), le finalità di spionaggio hanno fatto registrare un considerevole aumento, specie in danno di assetti istituzionali ed industriali".
Benché il cyberterrorismo jhiadista sia limitato al 5% , con la sconfitta sul campo dell'ISIS i tanti foreign fighters (138 sono italiani) potrebbero trovare nuove occasioni d'aggressione attraverso la rete, sia per riorganizzarsi ma anche per sferrare attacchi ben più cruenti a istituzioni, imprese e impianti tecnologici, anche d'avanguardia.
La Cattura in Canada, su ordine degli USA, della vicepresidente di Huawei e figlia del fondatore del colosso delle telecomunicazioni cinesi, altro non è che la punta dell'iceberg della guerra che si sta consumando sull'alta velocità e la rete 5G di cui i cinesi sono all'avanguardia anche nella "colonizzazione territoriale mondiale".
I fronti di conflitto si moltiplicano e nel frattempo le economie sono tutte in declino, prossie alla recessione.
(Video intervento Presidente Conte e Direttore DIS Vecchione - https://youtu.be/WOsKkxUR6OA ) Roma, 28/02/2019 - Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ed il Direttore Generale del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS), Gennaro Vecchione, intervengono alla presentazione pubblica della "Relazione sulla politica dell'informazione per la sicurezza".
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Lo spettro della recessione si fa sempre più concreto anche in forza dell'indebolimento di tutta l'area economica europea e dei mutati scenari globali.
di Lamberto Colla Parma 24 febbraio 2019 -
Ormai è consolidato. Tutta l'area "euro" verrà investita da una nuova ondata di crisi che non risparmierà nemmeno gli USA e la Cina sta già mostrando segnali di indebolimento.
Per certi versi sembra di tornare indietro all'incubo del 2008 con una sostanziale e assai preoccupante differenza: la solidarietà internazionale che a 11 anni di distanza non v'è più!
Da un lato dell'oceano la politica economica di Trump alla sfida del mondo intero, dall'altra parte una (Dis)Unione Europea alla vigilia del rinnovo delle cariche, sempre più spaccata tra populisti e sovranisti, in preda agli spasmi di una Brexit più complicata del previsto da realizzarsi e una polarizzazione sociale che ha già manifestato i suoi primi effetti: democratici con la consegna della guida statale ai giallo verdi in Italia e molto meno tolleranti con la sfida, che settimanalmente si rinnova, da ormai 4 mesi, dei "Gilet Gialli" alla politica economica e sociale di Emmanuel Macron e della UE.
In uno scenario di così bassa cooperazione internazionale la nuova crisi che avanza potrebbe avere risultati ancor più catastrofici di quella del 2008 che in Italia non è ancora stata digerita.
L'Italia, infatti, ha cominciato solo nel 2014-2015 a rialzarsi dalla batosta dei mutui Subprime, l'origine di tutti i mali del 2008, molto più tardi rispetto le altre nazioni occidentali e dell'UE, e per di più con una reazione molto più debole non avendo, i Governi tecnici e "Dem", optato per alcuna azione di contrasto salvo adottare una politica difensiva tutta basata sull'Austerity e sugli effetti benefici di riflesso dalla politica finanziaria di Mario Draghi (Quantitative Easing QE), scaduta proprio quest'anno, e favoriti da una congiuntura economica molto positiva che aveva visto il prezzo del petrolio e dell'energia ai minimi storici (anche sotti i 45$/bar per il WTI).
Ebbene, in uno scenario così positivo l'Italia dei Governi Monti, Letta, Renzi & C. è stata capace solo di traguardare di poco l'1% del PIL contro il 3% bene o male ottenuto dagli altri Paesi con i quali dobbiamo confrontarci nell'olimpo dell'economia mondiale.
Era perciò inevitabile che, al primo soffio di crisi, la recessione si sarebbe ripresentata ancora una volta alla porta. A maggior ragione, e bussando con insistenza, se a essere colpiti sono anche Germania (il cui indice di fiducia del comparto industriale è crollato al 50%), gli stessi Stati Uniti (prevista una recessione entro due anni) e con la spada di Damocle derivante dagli effetti della Brexit.
In un quadro economico e sociale così "astratto" e di difficile interpretazione, le opposizioni, quelle stesse forze politiche che in 10 anni non sono state in grado di ottenere un punto percentuale meritato di PIL, imputano al Governo Lega-M5S, la responsabilità di una probabile recessione che, almeno a livello temporale, non può essere a loro assegnata.
Un becco di ferro impressionante a dimostrazione di un tasso di reputazione tendente al segno "meno".
Un atteggiamento che favorisce solo gli avvoltoi che stanno svolazzando sull'europa e che in Italia hanno già banchettato abbastanza ma pronti a fare un altro giretto in mensa.
Quindi loro, i puri "dem", sono gli artefici di una ripresa molto tardiva, molto limitata negli effetti e soprattutto responsabili della mancata messa in sicurezza del Paese, contribuendo a offrire il fianco a una nuova crisi e al peggior incubo recessivo..
Ebbene, da costoro meglio stare lontani per sempre. Meglio lasciarsi guidare da degli incapaci di buona volontà che presto o tardi ci azzeccheranno piuttosto che da dei "killer seriali" dell'economia, come lo sono stati i loro predecessori
Purtroppo ora il cerino acceso è rimasto in mano ai giallo verdi e a noi l'onere di bruciarci le dita.
Ricordiamoci che quel poco di buono che si è realizzato in questi ultimi anni lo si deve prevalentemente alla caparbietà e coraggio dei nostri piccoli e medi imprenditori e ai sacrifici dei loro collaboratori.
Costoro sono stati i veri eroi di questa "guerra mondiale" combattuta a tavolino con generali dai colletti bianchi ma con morti, tantissimi, veri e spesso suicidi.
Meditate, gente, meditate!
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Vero che di Sanremo bisogna trovare delle occasioni eclatanti per parlarne, ma stritolarlo tra trappismo, razzismo e satanismo, mi sembra che quest'anno si sia esagerato sull'uso strumentale del cattivo gusto.
di Lamberto Colla Parma 17 febbraio 2019 -
Cosa accadrà quest'anno a Sanremo? E' la domanda che ormai sorge spontanea alla vigilia del festival della Canzone Italiana. Quell'appuntamento annuale che, tra critiche, polemiche e episodi eclatanti, catalizza l'attenzione sul tubo catodico mediamente di 10 milioni di telespettatori, numero sotto il quale l'evento viene archiviato come un "FLOP".
Proprio per la gran capacità attrattiva, il palcoscenico dell'Ariston e del Casinò prima, è stato frequentemente sfruttato per portare alla ribalta i problemi sociali più rilevanti e, non è stato infrequente, il sospetto che qualche "fuori programma" fosse stato costruito a tavolino per riaccendere i riflettori di una manifestazione che "non può e non deve fallire".
E così, l'edizione del 1995, rimase impressa nella memoria di tutti noi per il gesto di "coraggio" del Pippo nazionale, lanciato dal palcoscenico verso la balaustra della galleria, per abbracciare e quindi salvare un telespettatore, per la cronaca un certo Piero Pagano, che tentò il suicidio in diretta.
Pippo Baudo e la RAI hanno sempre negato che l'episodio fosse stato costruito a tavolino, fatto sta che l'edizione numero 50 verrà ricordata per questo "fuori programma" piuttosto che per Giorgia che con il brano "Come Vorrei" vinse sia il festival che il premio della critica e altri due riconoscimenti (Premio Radio/TV e premio autori), mentre nei giovani trionfarono i Neri per Caso con "le ragazze".
Un'edizione che vide anche il caso di Lorella Cuccarini, chiamata a ripetere l'esibizione per un black-out che aveva coinvolto diverse regioni. Di riffa e di raffa, l'edizione del tentato suicidio diventò la seconda più vista (66,5% di share) e la finale raggiunse il 75,2% risultando la quarta più seguita.
Insomma, gli "aiutini " al festival sono sempre stati tollerati e anch'essi sono diventati parte integrante dello spettacolo tant'è che il "fuori programma" è diventato un appuntamento atteso.
Nell'edizione n° 69, II dell'era Baglioni, invece la sorpresa è stata la "rigidità e la goffaggine" di due talenti comici e maestri dell'improvvisazione come Virginia Raffaele e Claudio Bisio, rinchiusi nella rigidità imposta dagli autori, e soprattutto dalla massa di polemiche che hanno coinvolto i partiti di maggioranza, di opposizione e persino la Chiesa.
La proclamazione del vincitore, Mahmood, portato alle stelle dalle giurie di qualità sconfessando il giudizio popolare che aveva scelto Ultimo con oltre il 46% di voti (il vincitore solo il 14%, un tasso ben inferiore anche alle preferenze dei terzi classificati "Il Volo") è stata presa come un "dispetto" a Salvini mentre uno sketch della bella e brava Virginia Raffaele è stato interpretato come l'evocazione di Satana e da alcuni rappresentanti della Chiesa è stato chiesto alla stessa di scusarsi. Infine, ma non da ultimo, sin dalla sua prima esibizione, il trapper Achille Lauro venne accusato di promuovere l'ecstasy e le turbo droghe attraverso il suo tormentone "Rolls Royce" .
A una settimana di distanza Sanremo fa ancora parlare prendendo ampi spazi dei media convenzionali ma soprattutto del web, il vero obiettivo commerciale del festival n° 69. Quel web in cui i padroni sono i trapper (cantanti new dark che evolvono dal Rap e dall'Hip Hop estremizzando i contenuti e inneggiando al sesso estremo e al piacere degli effetti delle droghe. Trapper sono anche chiamati, negli USA, i "cavallini" della droga.).
Insomma, pur di fare ascolti e conquistare un mercato "giovanissimo" ma discutibile, Sanremo si è spinto quasi alle soglie del Dark Web, mortificando il Buongusto, e sdoganando un genere musicale (trap) ben poco educativo soprattutto perché apprezzatissimo dai giovanissimi, come la tragedia di Corinaldo di dicembre scorso ha insegnato e prepotentemente portato alla ribalta delle cronache.
Al di là delle "coincidenze" evidenziate da "Striscia la Notizia", la manifestazione canora nazionale per eccellenza, a mio parere, è stato il Festival del Cattivo Gusto e la gran massa di pareri favorevoli pervenuti dai critici esperti non fa che confermare la discutibile qualità della categoria degli opinionisti.
Il peccato originale: la scelta dei cantanti e di un genere musicale, trap, troppo rappresentato.
Discutibili infine gli interventi della politica e della Chiesa. Quest'ultima, nel sottolineare che da Sanremo si è invocato Satana, attraverso l'esorcista Don Antonio Mattatelli ha colto l'occasione per dichiarare "Noi cattolici ci sentiamo sotto attacco. Si rispettano tutti tranne i cattolici. Si rispetta la sensibilità di tutti tranne che la nostra. C'è bullismo nei nostri confronti. Per troppo tempo anche noi siamo stati un po' in pantofole. Dobbiamo riprendere a combattere. Ci deridono, ci attaccano, ci umiliano. Ci considerano una sottospecie."
Sanremo si è quindi confermato il Festival dello share ma tomba del buongusto.
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Dalla giornata della memoria alla giornata del ricordo. Quello che gli uomini non vogliono apprendere: la convivenza civile.
di Lamberto Colla Parma 10 febbraio 2019 -
Il genere umano non sembra capace di imparare dalla esperienza e la mentalità del "tifoso" prende il sopravvento anche nelle più tragiche ricorrenze di inciviltà. Quei momenti di storia che dovrebbero restare a testimonianza della pericolosità dell'uomo e della sua capacità di "godere" della sofferenza altrui, di quell'altro che non la pensa come lui, che non ha la medesima fede o che occupa un territorio che non avrebbe dovuto.
E allora ecco che, da quello che avrebbe dovuto essere un momento di monito, collettivo e condiviso trasversalmente, proprio per l'incapacità di apprendere, certi genocidi hanno un valore superiore di altri.
Così, a pochi giorni di distanza dalla istituzionale e iper mediatica "Giornata della Memoria" dedicata a quella terribile pagina di storia che ha visto la atroce persecuzione degli ebrei, fanno da contraltare le pericolose spinte negazioniste e revisioniste sulle Foibe (Giornata del Ricordo) che l'ANPI, di Rovigo e di Parma, hanno rilanciato con ben poco rispetto della vita e delle famiglie che furono infoibate, dimostrando, ancora una volta, l'incapacità di vivere civile dell'umanità.
Così l'animo del "tifoso" si è immediatamente scatenato polarizzando il genere umano in fronti contrapposti pronti a scontrarsi nuovamente.
E allora ecco che da un lato si chiede di togliere i fondi all'ANPI mentre dall'altro si tenta di difendere la posizione antifascista tout court dell'associazioni partigiane e dai "social media" si scatena l'elencazione degli stermini dimenticati dalla storia, dal genocidio dei nativi d'America che da metà 1600 sino alle porte del 1900 ha contato circa cento milioni di morti per l'invasione europea del far west, o ai 5 milioni di ucraini decimati da Stalin, piuttosto che dello sterminio dei proprietari terrieri cinesi a opera dei contadini ordinata dal regime di Mao.
E l'elenco potrebbe continuare ma sarebbe solo una mera conta. Quel che è peggio è che per ciascuno di queste mostruosità si sia trovata una sua giustificata ragione per essere commessa e oggi un'altrettanta ragione per non essere commemorati o quantomeno ricordati, almeno come moniti per i posteri.
Invece NO! Qualcuno, anzi in molti, sono convinti che alla base ci possano essere state delle corrette ragioni perché ciò accadesse e costoro sarebbero pronti a istituire un termometro del dolore come se la morte di un bianco possa considerarsi più importante di un nero, di un proprietario terriero meno di un contadino, di un portatore di divisa piuttosto che di un'altra.
Ben venga quindi la dichiarazione della presidente ANPI nazionale Carla Nespolo che sulle posizioni dei circoli di Parma e Rovig è così intervenuta: "Sia la frase sulla pagina Facebook dell'ANPI di Rovigo che l'iniziativa di Parma non sono condivisibili e offrono uno straordinario pretesto di polemica a chi è molto più amico di Casapound che dell'ANPI".
Bene, peccato solo per la chiusura infelice dove anch'ella non trova di meglio che riproporre una pericolosa contrapposizione da partigiana "tifosa".
Peccato per quell'"inciampo", in fondo anche Lei la pensa come tutti gli altri.
Il "termometro" del dolore esiste.
Pietra Inciampo-Stolperstein Else Liebermann von Wahlendorf - Berlin, Budapester Strasse
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Blocco navale e ordine di sparare vennero ottimamente accolti da tutti, opinione pubblica compresa, quando nel 1991 e nel 1997 si dovette affrontare l'ondata migratoria albanese. Da rabbrividire i commenti riportati dai quotidiani dell'epoca
Di Lamberto Colla
Nei giorni della disputa sulla nave Sea Watch 3 battente bandiera olandese con 47 ospiti africani all'ancora davanti a Siracusa e un patetico barchino con tre deputati che hanno sfidato le intemperie per vedere di persona i migranti, è riesumata la questione della nave Diciotti e la richiesta di giudicare il Ministro dell'Interno, Matteo Savini.
Tutta la politica italiana di quest'inizio d'anno sembra imperniata solo su questa vicenda. L'opposizione sembra una classe di catechisti, limpidi e puri che, invece di contribuire a trovare una soluzione per i migranti e per il rispetto dei nostri confini e soprattutto dei nostri diritti, non trovano altro da fare che buttare benzina sul fuoco e cercare di incenerire Salvini.
Ovviamente tutte le testate giornalistiche sono al seguito di questa ennesima ondata di moralizzazione.
Ben diversa era stato invece il comportamento negli anni della fase migratoria albanese (1991 Governo Andreotti e 1997 Governo Prodi).
Un'esodo suddiviso in tre fasi principali, la prima nel marzo del 1991 alla quale ne seguì una seconda ondata nell'agosto del medesimo anno e infine una terza avvenne nel 1997.
Addirittura all'epoca si arrivò a disporre il blocco navale con l'ordine di sparare pur di non far attraccare le navi dei disperati alle nostre coste. Ancora è stampata nella memoria quella nave (Vlora) carica a livello nemmeno immaginabile, pare fossero 12.000 (forse 20.000) persone, che intercettata nel tentativo di approdare a Brindisi riuscì invece a attraccare a Bari l'8 agosto 1991 (Governo Andreotti).
A questi 12.000 non venne concesso di scendere salvo poi accatastarli per 8 giorni all'interno dello stadio, da dove in molti tentarono di fuggire. Imbrogliati con la promessa di poter tornare e essere ridistribuiti in varie città italiane, alla fine vennero rispediti in Albania.
Corvetta Sibilla - Marina Militare Italiana - 1997
E che dire dell'incidente marittimo accaduto, nella giornata del venerdi santo (28 marzo) del 1997 (Governo Prodi e Ministro dell'Interno Giorgio Napolitano), che vide coinvolto un nostro pattugliatore, la corvetta Sibilla, e la Katër i Radës con il suo carico di 120 disperati. Uno scontro che portò all'affondamento della nave albanese a seguito del quale morirono 81 persone.
Ebbene all'epoca nessun magistrato pensò di mandare sotto processo Napolitano o Prodi o Andreotti, la Corte di Giustizia di Bruxelles non venne chiamata in causa e le organizzazioni umanitarie internazionali non batterono ciglio. Anzi a rileggere le cronache del tempo vien da rabbrividire.
"Non possiamo accoglierli tutti," "Fuori tutti e subito, sono clandestini", sono alcuni titoli che apparivano in prima pagina e all'interno degli articoli si riferiva di riunioni tra amministratori locali, preoccupati per la stagione balneare, che mettevano sullo stesso piano i profughi con le mucillaggini e le calamità naturali:
"[...] Ieri i sindaci delle aree turistiche lo hanno ricordato in una riunione in prefettura. C'è il proposito di chiedere lo stato di «calamità naturale». I danni provocati dagli albanesi — sostengono — vanno considerati come la siccità o la mucillagine in Romagna.
Corriere della Sera, 18 giugno 1991"
E ancora, "È necessario – afferma la Boniver (ministro dell'Immigrazione, ndr) – impedire ogni tentativo illegale di ingresso in territorio italiano: per questo a nessun albanese sarà permesso di scendere dalle navi
Corriere della Sera, 14 giugno 1991"
Una posizione di intransigenza adottata sin dal 1990 sulla base della legge Martelli di quello stesso anno che distingueva nettamente tra rifugiati politici e semplici migranti "economici"
Ebbene che c'è di nuovo e di diverso dalla posizione presa dal governo giallo verde? Rispetto a quasi 30 anni fa non c'è blocco navale e nemmeno l'ordine di sparare. Forse è questo il motivo per il quale è richiesto a Salvini di presentarsi in Tribunale?
Così procedendo non ce ne usciremo vivi da questa crisi, economica ma sopratutto morale e intellettuale.
Vergogna!
Video: https://www.youtube.com/watch?v=1HldIdHX7_o&feature=youtu.be
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