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A seguito dell'arresto dell'uomo che l'altra notte in un bar di viale Dante, si è macchiato dei reati di violenza sessuale, sequestro di persona, rapina e anche evasione (era agli arresti domiciliari) nei confronti di una giovane donna, il sindaco Patrizia Barbieri fa presente quanto segue: "Desidero ringraziare il comandante provinciale dei Carabinieri, colonnello Corrado Scattaretico e i componenti il Nucleo Investigativo e dell'Aliquota Operativa del Norm di Piacenza, per avere portato a termine in poche ore un intervento non certamente semplice, che ha condotto in carcere lo stupratore che si è macchiato della violenza più barbara nei confronti di una giovane donna e madre, cui sono vicina in questo momento di profonda sofferenza e di dolore, e alla quale va tutta la mia solidarietà e quella dell'intera Amministrazione".

Prosegue il sindaco: "Non si tratta della prima e non sarà certamente l'ultima azione importante delle Forze dell'ordine sul territorio, ma ritengo indispensabile valorizzare un'operazione di tale portata e i risultati conseguiti, cogliendo l'occasione per esprimere al colonnello Scattaretico la mia gratitudine più sincera, anche a nome di tutti i cittadini che hanno seguito da subito e con particolare attenzione questa vicenda che ha lasciato attonita e sgomenta un'intera città". Aggiunge Patrizia Barbieri: "Come Amministrazione Comunale ho sempre apprezzato il costante impegno quotidiano profuso per intensificare le attività di contrasto alla criminalità da parte di tutti gli uomini e le donne delle Forze dell'ordine e dei loro responsabili che in ogni occasione dimostrano di operare nella legalità a garanzia dell'incolumità dei cittadini".
Conclude il primo cittadino: "Il mio grazie di cuore va in questo momento a tutti i protagonisti di questa azione che, con professionalità e accuratezza, giornalmente svolgono le loro funzioni, anche con controlli mirati atti a prevenire molti reati".

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Grizzana Morandi, 16 aprile 2018 – Incendio in via Panoramica. Intervengono i Carabinieri.

Questa notte, una pattuglia dei Carabinieri di Grizzana Morandi si trovava in località Pioppe di Salvaro per un servizio di controllo del territorio. A un certo punto, i due militari, tra cui il Comandante e un suo collaboratore, si sono accorti che una villetta a schiera situata in via Panoramica era avvolta da una coltre di fumo nero e denso che faceva pensare a un incendio piuttosto serio.

I due Carabinieri si sono diretti velocemente sul posto e hanno iniziato a bussare insistentemente al portone d'ingresso della villetta fino a quando non hanno visto uscire una coppia di conviventi sulla cinquantina in stato confusionale a causa del fumo che avevano già respirato e il figlio della donna, ventenne.

Dopo qualche minuto sono arrivati anche i Vigili del Fuoco, chiamati dai Carabinieri, che hanno spento le fiamme, verosimilmente scaturite dalla canna fumaria di una stufa a legna.

I due conviventi sono stati trasportati al Pronto Soccorso dell'Ospedale Maggiore di Bologna per accertamenti.

Foto – Stazione Carabinieri Grizzana Morandi.

LOGO CARABINIERI_PROVINCIALI_E SPECIALI_2015_Bologna
Comando Provinciale Carabinieri Bologna
Via dei Bersaglieri nr. 3 - 40125 BO
Tel. 0512007513

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I Carabinieri del Nucleo Radiomobile di Bologna hanno arrestato un trentaseienne kosovaro per maltrattamenti contro familiari o conviventi e lesioni personali.

E' successo martedì sera, quando una pattuglia dei Carabinieri è stata allertata di recarsi velocemente a casa di una donna che aveva telefonato al 112 dicendo di essere stata picchiata dal marito davanti ai due figli adolescenti.

All'arrivo dei militari, la richiedente, trentacinquenne straniera, aveva il volto tumefatto e ricoperto di sangue, mentre il marito, poi identificato nel trentaseienne kosovaro, se ne stava tranquillamente in casa.

Ai militari, il trentaseienne, ammetteva di aver pestato la moglie "in maniera giusta", perché gli aveva mancato di rispetto.

La donna è stata soccorsa dai sanitari del 118 e trasportata d'urgenza al Pronto Soccorso, dove è stata medicata e dimessa con una prognosi di quindici giorni, a seguito di un trauma cranico e facciale.

Dalla ricostruzione dei fatti analizzati dai Carabinieri, è emerso che l'uomo, giunto in Italia una ventina di anni fa, avrebbe conservato un atteggiamento severo nei confronti della moglie e dei figli, costretti a sottostare a una serie di regole particolarmente severe.

Una situazione difficile che la donna aveva pagato a caro prezzo qualche anno fa, quando fu ricoverata presso il Reparto di Terapia Intensiva del Policlinico Sant'Orsola Malpighi a causa di un arresto cardiaco.

Nonostante i soprusi e l'infarto, la donna aveva avuto la forza di perdonare il marito dopo che questi l'aveva tradita con un'altra donna molto più giovane di lui. Quanto successo martedì sera non è altro che l'ennesimo episodio di violenza domestica che poteva avere un epilogo peggiore.

L'uomo, infatti, si è scagliato contro la donna come un animale e dopo averla tramortita con un pugno alla bocca dello stomaco, l'ha percossa dicendole: "Io ti ammazzo! Io ti ammazzo!". Quando la donna ha chiamato il 112, il kosovaro ha gridato "Io non ho paura dei Carabinieri, tanto non mi possono fare nulla, puoi chiamarli quanto vuoi, poi vediamo...". Su richiesta della Procura della Repubblica di Bologna, l'uomo, gravato da precedenti di polizia specifici, è stato rinchiuso presso la Casa Circondariale di Bologna.

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Carabinieri tra i banchi. Nel solco della tradizione dell'Arma dei Carabinieri che da sempre mette in atto campagne d'informazione e formazione sulla legalità presso le scuole, sono stati accolti con piacere i commenti positivi originati dal messaggio che un Maresciallo dei Carabinieri della Provincia di Bologna aveva lasciato sulla lavagna di un'aula dell'Istituto Comprensivo di Luzzara (RE), sede dei seggi elettorali durante le elezioni politiche del 4 marzo. Nel messaggio, il Maresciallo, salutava, ringraziava e invogliava allo studio gli alunni di quella scuola.

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Nel corso della nottata, a Napoli, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Bologna e della Compagnia di Bologna Centro, supportati dai militari del Comando Provinciale di Napoli, hanno dato esecuzione a un provvedimento di custodia cautelare, ponendo agli arresti domiciliari due cugini ventiquattrenni napoletani, ANTONIO MUSTO E MAURIZIO MUSTO.

Bologna 9 marzo 2018 - L'operazione nasce dai risultati conseguiti durante l'esecuzione dell'indagine "Avvoltoio" che il 30 settembre del 2016 aveva visto l'arresto di otto persone riconosciute quali componenti di un'associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe in danno di anziani. Le perquisizioni effettuate nei domicili degli arrestati avevano permesso di acquisire del materiale (telefoni cellulare, tablet, pc) che, una volta analizzato, ha fatto emergere delle responsabilità a carico di altri soggetti, allora ignoti, facenti parte dello stesso sodalizio criminale.

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Dal febbraio 2016, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Bologna e della Compagnia Bologna Centro hanno avviato una complessa indagine finalizzata a disarticolare un sodalizio criminale dedito, appunto, alle truffe con la cosiddetta "tecnica della cauzione".

Le investigazioni, condotte sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Bologna – diretta dal Procuratore Capo, dott. Giuseppe Amato - e svoltesi anche con l'ausilio di intercettazioni telefoniche e servizi di osservazione e pedinamento, hanno permesso di individuare l'esistenza di un'organizzazione criminale specializzata nelle truffe alle persone anziane, con sede esecutiva a Napoli, composta da una pluralità di "batterie", attive sul territorio nazionale in maniera autonoma. Nello specifico, è stata individuata una "batteria" riconducibile al clan "Marsicano-Esposito" di Casoria, composta da soggetti suddivisi stabilmente in "aliquote specializzate", una "cellula di telefonisti/terminalisti", soggetti stanziali a Napoli incaricati di:
- individuare e contattare come "avvocato" le potenziali vittime, grazie a siti web che abbinano l'indirizzo al numero del telefono fisso;
- provocare il contatto con il finto Carabiniere, spesso presentato come "Maresciallo Primo", per rassicurare la vittima, invitata a comporre un numero di telefono della caserma dei Carabinieri, senza rendersi conto che il truffatore, in realtà, non interrompe mai la comunicazione;
e un "aliquota di emissari", due soggetti, presenti sui luoghi delle truffe, in contatto diretto con i telefonisti, a cui suggeriscono gli indirizzi e che riscuotono le finte cauzioni dalle vittime.

Le indagini hanno permesso di accertare che l'organizzazione criminale in questione è collegata al clan "Contini" di Napoli, a cui viene corrisposta una tangente, che nel corso delle conversazioni è invocata in maniera convenzionale con i termini di "pesone" o "carosiello", ed il cui pagamento, a titolo di protezione, è ritenuto indispensabile per poter operare in tutta "tranquillità" e "sicurezza".

In particolare, il "canovaccio" abituale prevedeva l'entrata in scena del sedicente "avvocato Molinari", che componeva numeri di telefono di abitazioni di una medesima via/quartiere, reperendoli da siti internet, fino a quando non s'imbatteva in una persona anziana in casa da sola. L'avvocato cercava di convincere l'anziano che per evitare l'arresto del proprio parente, coinvolto in un fittizio incidente stradale e per questo motivo trattenuto in una caserma dei Carabinieri, era necessario pagare una determinata somma, generalmente qualche migliaio di euro, da consegnare a un suo collaboratore che si sarebbe presentato quanto prima presso l'abitazione. Per rendere il tutto ancora più credibile, la conversazione proseguiva con l'intervento telefonico del "finto" maresciallo dei carabinieri, che si presentava come "Maresciallo Primo", con il compito di carpire definitivamente la fiducia della vittima "rassicurandola" sulle buone intenzioni dell'avvocato.

La truffa si consumava quando la vittima consegnava al "collaboratore dell'avvocato", che nel frattempo stazionava nei pressi della via/quartiere preso di mira, il denaro richiesto. In molte circostanze, poiché le persone anziane non detenevano in casa grandi somme di contante, i truffatori si facevano consegnare gioielli o preziosi. Le indagini hanno acclarato che alle truffe partecipavano, direttamente o indirettamente, componenti d'intere famiglie, uomini, mogli, madri e figli, non solo con compiti operativi ma anche di collegamento con gli emissari (intervenendo all'occorrenza anche in prima persona) nonché logistici, reperendo numeri di telefoni di cellulari ma anche autovetture con cui spostarsi, trasformando così l'attività illecita in un vero e proprio "affare di famiglia" dal quale tutti traevano sostentamento. Il GIP del Tribunale di Bologna – Dott.ssa Francesca Zavaglia, recependo le risultanze investigative, ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 2 soggetti, incensurati, posti agli arresti domiciliari, ravvisando nelle condotte dei correi il reato di cui all'art.416 C.P.

Il provvedimento di oggi si colloca su quella stessa linea giuridica tracciata dalla Procura della Repubblica e concordata dall'ufficio G.I.P. del Tribunale di Bologna che nel settembre 2016 inaugurò un impianto accusatorio assolutamente originale, innovativo ed efficace rispetto alla fattispecie delittuosa: aver fatto emergere la matrice ideativa comune ed aver individuato gli elementi fattuali costitutivi di un'associazione finalizzata a commettere una serie elevatissima ed indeterminata di truffe pluriaggravate in danno di anziani, con condotta protratta nel tempo ed ancora in essere, agendo mediante ripartizione dei compiti, con carattere di continuità e stabilità. Tale contestazione ha permesso di aggredire in modo incisivo fenomeni delittuosi nei cui confronti, se presi singolarmente, la normativa vigente non offre strumenti di contrasto efficaci e adeguati.

Gli odierni arrestati sono accusati di aver commesso almeno quattordici truffe consumate e svariati altri tentativi a danno di persone anziane, con un metodo che può ormai dirsi, purtroppo, consolidato e comune a diversi gruppi criminali dediti a questa tipologia di reato, che hanno eletto la nostra provincia a territorio di "caccia" privilegiato in ambito nazionale.


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1. Foto Copertina - conferenza stampa – Comando Provinciale Carabinieri Bologna.
Nella foto, da sinistra, Maggiore Diego Polio, Comandante del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Bologna e Luogotenente Salvatore D'Elia, Comandante della Stazione Carabinieri Bologna Indipendenza;
2. Foto Maurizio Musto e Antonio Musto - interno al testo;
3. in allegato il Comunicato stampa Indagine Avvoltoio del 30 settembre 2016.

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Sabato, 03 Marzo 2018 09:13

L'intensa attività dell'Arma di Bologna

Nelle ultime settimane, su tutto il territorio cittadino e della provincia, il Comando Provinciale Carabinieri di Bologna, nell'ambito degli obiettivi programmati in strettissima sinergia con la locale Prefettura, ha intensificato le attività di controllo del territorio, finalizzate al monitoraggio di soggetti di interesse operativo, nonché quelle finalizzate alla prevenzione e repressione dei reati, soprattutto quelli contro il patrimonio, effettuando specifiche attività investigative sviluppate sotto l'alta direzione della Procura della Repubblica di Bologna.

Al riguardo, sul territorio della Compagnia Carabinieri di Bologna Borgo Panigale, proprio la massima attenzione connessa con il controllo ed il monitoraggio si soggetti sospettabili, i Carabinieri della Stazione di Calderara di Reno e della Stazione di Anzola Emilia hanno posto in essere delle importanti operazioni.

Nell'ambito delle attività di monitoraggio dei soggetti di interesse operativo e di controllo del territorio finalizzato al contrasto dei reati predatori, i Carabinieri della Stazione di Calderara di Reno hanno tratto in arresto C.I., classe 1989, cittadino moldavo, per ricettazione, detenzione e porto abusivo di armi.
In particolare, i carabinieri, all'esito di approfondite indagini, conseguenti alla formalizzazione di una denuncia di rapina da parte del predetto (autotrasportatore e corriere), - soggetto incensurato sul territorio italiano, ma di interesse operativo per precedenti reati perpetrati sul territorio moldavo - che aveva riferito di essere stato rapinato dell'incasso giornaliero dell'attività di corriere, ammontante a circa 1.200 euro, hanno accertato che, in realtà, il predetto:

- aveva utilizzato la predetta somma in denaro per giocare all'interno di una sala slot locale;

- avendo perso l'intera somma, aveva simulato di essere rimasto vittima di rapina.

Nel prosieguo delle attività investigative, i militari hanno eseguito un decreto di perquisizione nella sua abitazione di un comune limitrofo, all'esito della quale hanno rinvenuto e sottoposto a sequestro:

- una pistola marca Beretta mod. 51 completa di munizioni calibro 7,65, risultata asportata nel 2016 a Bologna, completa di n. 34 munizioni cal. 7,65;

- un tirapugni artigianale;

- due coltelli (uno a serramanico e uno da combattimento mod. KUKRI);

- una fibbia recante un logo nazista (svastica).

Il predetto è stato pertanto tratto in arresto per ricettazione e detenzione abusiva di armi.

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Nell'ambito delle attività di controllo del territorio, a Calderara di Reno (BO), i militari della locale Stazione Carabinieri hanno altresì denunciato in stato di libertà 7 soggetti, tutti pregiudicati, di origine rumena, in Italia senza fissa dimora, responsabili di invasione di edifici e furto di energia elettrica in concorso.
In particolare, a seguito di mirate attività info-investigative, conseguenti a segnalazioni di cittadini, i carabinieri hanno eseguito una verifica all'interno di un casolare abbandonato, ubicato in quella via san Vitalino, che ha consentito di accertare che:

- da alcuni mesi, l'edificio era occupato abusivamente dai 7 denunciati, che avevano realizzato un illecito allaccio alla rete elettrica, per un danno stimato di circa 30 mila euro;

- uno dei soggetti era in possesso di un pc portatile marca acer mod. aspire, risultato, all'esito delle verifiche esperite, oggetto di furto consumato in Bologna la settimana precedente.

Nell'ambito delle attività finalizzate alla verifica dei requisiti e delle condizioni di custodia delle armi denunciate da privati cittadini, i militari della Stazione di Calderara di Reno hanno denunciato in stato di libertà un uomo cl. 1965, per detenzione abusiva di armi.
In particolare, le verifiche effettuate hanno consentito di appurare che il predetto:

- aveva denunciato in ritardo (oltre le 72 ore dall'acquisto) l'acquisto di 3 fucili da caccia, cedutigli da altra persona;

- deteneva illegalmente n. 7 armi da fuoco e n. 500 munizioni, già appartenute al padre defunto.

Pertanto, sono state sottoposte a sequestro le citate 10 armi e ne sono state ritirate cautelativamente altre 37 per ulteriori accertamenti.

Per quanto attiene al contrasto ai reati contro il patrimonio, infine, i Carabinieri di Anzola Emilia hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Bologna, su richiesta della locale Procura, nei confronti di due pluripregiudicati italiani, C.A., classe 1979, di Aversa (CE), e C.P., classe 1982, di Modena, che nel mese di ottobre scorso avevano perpetrato:

- 3 rapine di telefoni cellulari nei confronti di altrettanti ragazzi minorenni;

- 1 tentativo di rapina nei confronti di una donna.

Le indagini dei Carabinieri della Stazione di Anzola Emilia hanno permesso di ricostruire la tecnica utilizzata: i malviventi, una volta avvicinate le vittime con una scusa banale, afferrandole per i polsi e strattonandole tentavano di impossessarsi dei loro telefoni cellulari e quant'altro di valore in loro possesso.

Il cosiddetto pedinamento telematico, effettuato analizzando le immagini delle telecamere di videosorveglianza comunale e di alcuni esercizi commerciali presenti nella zona, e le testimonianze dettagliate dei passanti e delle vittime hanno permesso di risalire tempestivamente agli autori delle condotte illecite e di assicurarli alla giustizia.

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Venerdì, 23 Febbraio 2018 10:44

Operazione "ALFA 31". Lotta allo spaccio

L'indagine oggetto degli odierni provvedimenti cautelari si inquadra in complessa manovra investigativa da tempo avviata dal Comando Provinciale di Bologna, sotto l'egida della locale Procura della Repubblica, finalizzata a contrastare il fenomeno del traffico e spaccio di stupefacenti condotto nell'ambito del Capoluogo, con particolare riferimento ad alcune precise aree della città.

Bologna 22 febbraio 2018 - In tale quadro, particolare attenzione viene infatti da tempo rivolta, in particolare, a zone estremamente sensibili al fenomeno, quali quelle attorno alla "MONTAGNOLA", "PIAZZA VERDI" e, più specificatamente, ruotanti attorno al polo universitario.

Il tutto è stato poi in epoca ancor più recente ulteriormente perfezionato grazie all'istituto del "MINI DASPO" ad opera della locale Prefettura. Trattasi di un'Ordinanza emessa dal Prefetto, Matteo PIANTEDOSI, tesa a vietare lo stazionamento nel giardino pubblico a tutti coloro i quali risultano essere già stati arrestati o denunciati nell'ambito dei controlli delle forze dell'ordine nell'area verde del centro storico. In tale quadro i soggetti colti in flagranza vengono dapprima allontanati e successivamente, laddove colti in violazione della medesima Ordinanza, deferiti per inosservanza del provvedimento.

Tale misura, che ha visto una sua immediata ed efficace applicazione da parte delle Forze di Polizia, ha prodotto immediatamente i suoi positivi effetti, contribuendo ad una sensibile diminuzione delle "presenze criminali" in determinate aree del centro (la sola Compagnia Carabinieri Bologna Centro ne notificava oltre 30).

E' qui che si è concentrato lo sforzo delle Istituzioni complessivamente intese, concretizzatosi attraverso lo sviluppo di articolata attività di contrasto, su doppio binario. Giova infatti premettere come sia stato, in primis, adeguatamente sviluppato il segmento prevenzione, attraverso l'avvio e progressiva implementazione di servizi mirati dei reparti territoriali, supportati da unità specializzate dell'organizzazione mobile, quali CIO e SOS.

A quanto sopra si è affiancata un'approfondita analisi del fenomeno "spaccio" in città, condotto dal Comando Provinciale dei Carabinieri, il che ha contribuito a circoscrivere ancora meglio l'area delle operazioni, al di là delle citate note zone del centro cittadino. All'interno di queste è stato infatti possibile individuare con precisione ancora maggiore alcune vie di particolare interesse, fasce orarie di commissione dei delitti ed in ultimo, certamente non per importanza, nazionalità/matrice etnica dei soggetti protagonisti, in modo da calibrare gli interventi più opportuni e mettere in cantiere la strategia di contrasto più efficace.

Tale altra direttrice ha quindi visto un suo sviluppo su più livelli, ovvero tanto attraverso una immediata attività cd. "di piazza", tesa ad infrenare il fenomeno dello spaccio al dettaglio con interventi diretti in flagranza di reato, quanto con l'impostazione di indagini a medio e lungo termine, aventi quali obiettivo quello di risalire il fenomeno giungendo all'individuazione e disarticolazione di componenti più o meno strutturate, dotate di rilevanti direttrici di approvvigionamento, ed a loro volta gerenti le articolate filiere di spacciatori loro agganciate.

Il contrasto nella sua forma più immediata, che ha visto coinvolte le strutture territoriali dell'Arma fino alle minori unità, ha fatto registrare un trend positivo, laddove nel corso degli ultimi 12 mesi, a fronte di un numero di reati interessanti il fenomeno stupefacenti pressoché immutato - a livello cittadino complessivamente inteso - è stato registrato un 28% in più di soggetti colpiti, tra arrestati, circa 270, e deferiti/segnalati alle Autorità competenti, circa 80.

Al contempo, come accennato, è stata accuratamente pianificata e messa in campo anche strategia più complessa, incentrata sull'avvio di attività investigative ad ampio spettro, tali da aggredire il fenomeno in maniera ancor più efficace e complessiva: determinante in tale ambito la sinergia con l'Autorità Giudiziaria bolognese, rappresentata dal dott. Giuseppe AMATO, che ha coordinato le indagini in questione, consentendo altresì che le stesse vedessero nei giusti tempi gli attesi esiti, attraverso l'emissione dei vari provvedimenti ritenuti opportuni.

Tra le attività investigative avviate anche quella oggetto delle odierne misure cautelari, che ha documentato l'operatività di associazione di matrice tunisina, dedita a traffico di eroina e cocaina, avente base operativa proprio nel centro cittadino. L'attività in oggetto riveste importanza particolare non soltanto proprio perché la prima in grado di aggredire il fenomeno sotto un profilo associativo, ma anche e soprattutto per l'operatività del sodalizio stesso in un'area sinora caratterizzata da fenomeni diffusi e mai valutati nella loro complessità.

Proprio nella centralissima via Centotrecento - tra piazza Verdi, via Irnerio e la "Montagnola" - veniva infatti localizzato il principale appartamento, intestato a terzi, utilizzato dai sodali per preparare lo stupefacente che sarebbe poi stato ceduto al dettaglio nelle zone limitrofe.

Appartamento costituente dunque vera e propria base operativa, laddove luogo adiacente alle privilegiate "piazze di spaccio", oltre che di incontro tra il capo e gli affiliati, ove il primo dettava decisioni e strategie e, non ultimo, luogo di ricovero per gli spacciatori stessi in occasione di problemi sopravvenuti quali improvvisi blitz da parte delle Forze di Polizia.

In particolare il gruppo criminale emergeva essere capeggiato da soggetto maghrebino inteso "ABDELTIF" o "LATIF", identificato in SOLTANI Latif, vero organizzatore e gestore della struttura, in diretto contatto con i fornitori in relazione ai significativi quantitativi di stupefacenti trattati e passati, in prima battuta, al suo diretto referente "HAMZA". Questi emergeva infatti avere funzioni di intermediario tanto verso l'alto (SOLTANI) quanto verso la nutrita schiera di pusher alle dirette dipendenze; in tale ambito si avvaleva del suo "braccio destro", JENDOUBI Ahmed, inteso "AHMED".

Le attività tecniche condotte in direzione dei succitati consentivano quindi di individuare non soltanto diversi canali di approvvigionamento, tra i quali quello rappresentato "NAPPA", rifornente la struttura mediante frequenti contatti con HAMZA o, per lui, con JENDOUBI, ma anche tutto il reticolo di soggetti da loro direttamente dipendenti, tra i quali BEJA Aziz, inteso "REDOUANE", e BENFALEH Hamza.

 

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Era in tale fase che - anche grazie a mirati servizi dinamici condotti in direzione dei vertici - che veniva localizzata la succitata base operativa dell'associazione, individuata nella citata Via Centotrecento presso l'abitazione in uso a G.R., detto "ROBY", ed alla sua compagna Z.N., detta "Cinzia", entrambi in frequente contattato telefonico con i diversi membri dell'associazione.

La successiva progressione investigativa consentiva di individuare anche il secondo appartamento nella disponibilità dei succitati, ovvero quello ubicato in Via Dei Gandolfi ed anagraficamente riconducibile ad una famiglia di ecuadoregni, sostanzialmente deputato al primo occultamento e taglio dello stupefacente. Lo stesso risultava abitato in via pressoché esclusiva da BEJA Aziz, incaricato di ricevere la droga che, con ausilio degli altri affiliati preparava e nascondeva poi all'esterno dell'abitazione, in mezzo al verde pubblico.

Lo stesso veniva tuttavia tratto in arresto per altri motivi, per cui il gruppo si vedeva costretto a spostare nuovamente il "laboratorio", che per un certo periodo veniva trasferito direttamente presso l'abitazione del capo, SOLTANI, in via Mazzini. Le funzioni del BEJA venivano quindi assorbite in toto dal BENFALEH, che curava quindi tanto i rapporti con il capo quanto con tutti i pusher lui legati. Era proprio con il SOLTANI che quest'ultimo - secondo consolidato modus operandi - in seguito ad ogni "taglio" provvedeva personalmente all'occultamento all'esterno dell'eroina che poi sarebbe stata passata agli altri affiliati per lo smistamento sulla piazza. A riscontro di quanto sopra, il sequestro effettuato dagli operanti il 28 aprile 2015, nei pressi di via Albertoni, di 26 palle di eroina, che il BENFALEH aveva poco prima occultato sotto alcune siepi, in attesa che venissero recuperate da altro sodale per le successive cessioni.

Il complesso delle acquisizioni raccolte in corso d'opera, tra i sequestri e gli oltre 1700 contatti complessivamente registrati tra i componenti l'associazione, consentiva di quantificare la sostanza immessa sul marcato, e segnatamente nell'area compresa tra la "Montagnola", piazza Verdi e le adiacenti via Irnerio e via Zamboni, pari a circa 1,8 kg mensili, con tutti i connessi introiti.

In tale quadro venivano altresì individuati altri punti fissi di spaccio che il sodalizio risultava utilizzare soprattutto in concomitanza dell'eccessiva pressione esercitata dall'Arma nelle zone di precipuo appannaggio: emergevano quindi via San Vitale, via Petroni, alcuni punti di Massarenti e di via Mazzini.
In maniera pressoché analoga veniva condotta l'attività di spaccio di cocaina, che vedeva HAMADE Nabil, inteso "Nappa", quale primo responsabile del canale di approvvigionamento.

Le intercettazioni condotte in direzione del medesimo consentivano di documentare compiutamente quantitativi e prezzi, laddove la sostanza - in perfetta linea con i prezzi di mercato - veniva ceduta all'acquirente finale a 60 euro al grammo.

L'HAMADE vedeva quale primo referente il capo dell'associazione, il SOLTANI, e spesso direttamente il JENDOUBI (curando il BENFALEH il complesso delle attività con particolare riferimento all'eroina). JENDOUBI Ahmed veniva coadiuvato nella sua attività illecita anche dalla compagna F.A.M. la quale, prestava la propria opera occupandosi della fissazione degli appuntamenti con i clienti ed assistendo anche alle successive cessioni di stupefacente. La donna coinvolgeva nell'attività illecita anche il fratello F.O., minorenne all'epoca dei fatti, utilizzandolo, in qualche occasione, per effettuare consegne di cocaina.

Nel corso delle indagini veniva intercettato anche JEBALI Anis, inteso "Aklash" o "Kaka", in quanto subentrato nell'utilizzo di una delle utenze di JENDOUBI Ahmed già monitorate. Sin da subito appariva chiara la sua partecipazione all'associazione anche se portava avanti la rivendita di eroina quasi esclusivamente nel parco pubblico ubicato tra via Mondo e via Della Torretta, oppure nei pressi della COOP di via Della Repubblica.

L'attività d'indagine portava a riscontrare non soltanto la ricorrenza di un gruppo stabilmente organizzato per portare avanti un'intensa attività di rivendita al minuto di sostanze stupefacenti del tipo eroina e cocaina, ma anche e soprattutto ad accertare la sussistenza di una stabile cerchia di clienti.
Per questo motivo, al termine delle attività tecniche, si procedeva ad identificare compiutamente proprio questi ultimi, per assumere da loro informazioni circa le ragioni, le quantità, la frequenza e le modalità degli acquisti di stupefacente effettuati. Dall'esito delle dichiarazioni rese a s.i.t. dagli acquirenti, oltre alle conferme circa i numerosi acquisti di eroina e/o cocaina effettuati nel corso del tempo, alcuni di essi, i più assidui, si dimostravano a conoscenza anche di alcune dinamiche interne ed organizzative dell'associazione.

L'attività d'indagine in analisi ha messo in evidenza, in maniera del tutto originale per il contesto felsineo, la sussistenza di un sodalizio criminale insistente su una circoscritta e ben definita area geografica cittadina, dedito allo smercio organizzato al dettaglio di sostanze stupefacenti di varia natura, nello specifico cocaina ed eroina bianca.

Lo studio delle dinamiche e dei rapporti tra gli associati di origine maghrebina ed altri loro connazionali, ha evidenziato la presenza su tutto il territorio felsineo di più fazioni, criminalmente organizzate e non; territorio di cui la consorteria di cui trattasi è emerso controllare in maniera assolutamente determinata, al punto di non escludere l'idea al ricorso a metodi estremi come l'uso delle armi o della violenza fisica, la porzione compresa tra la zona universitaria, centro storico fino alle zone immediatamente esterne alle mura.

 

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Immagini:
1. Foto conferenza stampa – Comando Provinciale Carabinieri Bologna. Nella foto, da sinistra, Capitano Marco Fragassi, Comandante della Compagnia Carabinieri Bologna Centro, Colonnello Valerio Giardina, Comandante del Comando Provinciale Carabinieri di Bologna e Tenente Colonnello Marco Francesco Centola, Comandante del Reparto Operativo Carabinieri di Bologna;
2. Foto soggetti – Sezione Investigazioni Scientifiche Carabinieri Bologna;
3. Frame arresti – Nucleo Operativo Carabinieri Bologna Centro.

 

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Una pattuglia dei Carabinieri del Nucleo Operativo Radiomobile di San Giovanni in Persiceto che si trovava a transitare per le strade di Cento, ha notato un uomo davanti a un bar che stava consegnando un oggetto a una ragazza. L'atteggiamento dei due soggetti ha insospettito i militari che si sono avvicinati per un controllo.

La ragazza, ventiseienne italiana, ammetteva di essere stata forzata ad acquistare della cocaina dall'uomo che di recente le aveva preso il suo smartphone, come garanzia per costringerla a continuare a comprare la droga da lui.

Lo spacciatore è stato identificato in un trentatreenne marocchino, disoccupato, senza fissa dimora, clandestino e con una marea di precedenti di polizia per reati contro il patrimonio, la persona e le norme sulla condizione dello straniero in materia d'immigrazione. Dallo scorso novembre, infatti, lo spacciatore è stato inserito nella lista dei soggetti da allontanare dal territorio italiano.

Oltre a una decina di grammi di cocaina, una bilancina di precisione e un centinaio di euro in contanti, l'uomo è stato trovato in possesso dello smartphone che aveva preso alla ragazza. Il cellulare è stato restituito alla giovane.

Su disposizione della Procura della Repubblica di Ferrara, l'uomo è stato rinchiuso in camera di sicurezza, in attesa del giudizio direttissimo, previsto per la mattina odierna presso le aule giudiziarie del Tribunale di Ferrara.

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I Carabinieri del Nucleo Operativo Radiomobile di San Giovanni in Persiceto hanno arrestato un quarantenne marocchino residente a Castello d'Argile per rapina impropria.

E' successo poco dopo la mezzanotte, quando la Centrale Operativa del 112 ha ricevuto la telefonata di una donna che riferiva di essere stata minacciata e aggredita da un cliente che aveva sorpreso a rubare il fondo cassa all'interno del suo bar situato in Piazza Andrea Costa a Pieve di Cento.

Una pattuglia dei Carabinieri del Nucleo Operativo Radiomobile di San Giovanni in Persiceto si è diretta sul posto e ha proceduto all'identificazione delle parti, la barista, quarantaquattrenne cinese e il cliente, quarantenne marocchino, con precedenti di polizia per reati contro la persona e il patrimonio e affetto da ludopatia e alcolismo.

Stando alla ricostruzione dei fatti, il cliente dopo aver perso dei soldi alle slot machine si è alzato dallo sgabello e approfittando dell'assenza della donna che era andata in bagno, è andato a "svuotare" il fondo cassa.

A furto consumato, il marocchino non è fuggito, ma preso da un impulso incontenibile di continuare a giocare, si è seduto nuovamente davanti alle slot machine. Quando la barista è tornata dietro al bancone e si è accorta di essere stata derubata di una settantina di euro, ha visionato le immagini di sorveglianza e ha scoperto che l'autore del furto era ancora all'interno del suo locale.

In attesa dell'arrivo dei Carabinieri, la barista ha affrontato il cliente-ladro, intimandogli di restituire i soldi, ma lui ne ha pretesi altri per continuare a giocare e forse a vincere.

La donna si è rifiutata e il giocatore d'azzardo, dopo averla minacciata con frasi del tipo: "Ti taglio la gola e ti brucio il bar", l'ha aggredita, ferendola a una mano. Medicata dai sanitari del 118, la donna è stata giudicata guaribile in sette giorni.

Su disposizione della Procura della Repubblica di Ferrara, l'uomo è stato rinchiuso in carcere.


All: Foto archivio – Comando Provinciale Carabinieri Bologna.

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Piacenza, aggressione Carabiniere: 'Emerge la matrice della sinistra radical chic. Con i rivoluzionari da salotto si rischia il ritorno agli anni delle BR'

'Figli di papà, che giocano a fare la rivoluzione contro l'ordine costituito che li mantiene, pedine di un disegno criminale che sta attaccando direttamente lo Stato e l'ordine costituito (quello che ne resta). Rivoluzionari da salotto, nemici dalla liberta', figli di quel tessuto culturale di sinistra che riporta a quello in cui generarono le BR. Questo è l'identikit che sta emergendo delle indagini sui responsabili degli scontri di Piacenza e dell'aggressione al Carabiniere: figli di papà annoiati, capricciosi e violenti per devianza ideologica. Assomigliano molto a quelli che nel passato imbracciarono le armi e si trasformarono in brigatisti. Un pericolo da evitare. Da chi provoca e pesta un Carabiniere, mette a ferro e fuoco le città - come sempre più spesso sta succedendo nei cortei sedicenti antifascisti in Emilia-Romagna - a chi decide di imbracciare le armi, il passo è purtroppo breve. Va scongiurato. La miccia accesa da questi gaga' rammolliti, radical chic di una "gauche au caviar", deve essere spenta, prima che sia troppo tardi."

A dichiararlo Enrico AIMI, consigliere regionale dell'Emilia Romagna e candidato al Senato per FI.

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