Venerdì, 07 Luglio 2023 08:59

Successo annunciato per Pif, protagonista della serata al Cinghio di Musica in Castello In evidenza

Scritto da Gabriele Majo
Successo annunciato per Pif, protagonista della serata al Cinghio di Musica in Castello Ph. Paolo Bevilacqua

Bagno di folla per PIF, al secolo Pierfrancesco Diliberto, nel quartiere Cinghio Montanara a Parma: nel cortile dinnanzi al cinema Edison, e soprattutto alla ristrutturata Biblioteca Malerba, orgoglio dell’amministrazione comunale, nel quadro del 20° di Musica in Castello, ali di folla in piedi, assiepate ad autorità e sponsor seduti.

 

Del resto, come ben spiegato nella sua introduzione dal direttore artistico ed ideatore della kermesse Enrico Grignaffini, tratto distintivo della medesima è l’accesso gratuito, sicché facendo squadra tutti assieme, si possono godere i 46 spettacoli (questo il 13° andato in scena) che scandiscono l’estate di ben 7 provincie di 4 diverse regioni.


La prima tappa parmigiana di Musica in Castello, dunque, per precisa scelta dell’amministrazione comunale, era delocalizzata dal centro storico cittadino, come spiegato dal consigliere comunale Lorenzo Lavagetto sul palco, sì da valorizzare i quartieri, coinvolgendo chi ci abita con un’offerta culturale di spettacolo qualificata ed attirando altre persone per farli conoscere.

Ingresso gratuito, si diceva, ma col consiglio di versare l’obolo volontario, in ingresso o in uscita, a sostegno di Fondazione Pangea ETS che assiste le donne, le loro figlie e i loro figli che vivono una condizione di violenza domestica: a perorarne la causa, come già avvenuto a Fontanellato in occasione della serata dedicata a Teresa Mannino, era presente Silvia Redigolo, da 20 anni attivista nonché Responsabile della Comunicazione e della Raccolta Fondi: “E’ la prima volta che lo dico pubblicamente, ma le case dove ospitiamo i piccoli e le loro madri vittime di vere e proprie guerre in famiglia, sono ricavate da beni sequestrati alla mafia…”


E quale occasione migliore poteva esserci per farlo se non al cospetto del regista ed interprete de La mafia uccide solo d’estate, film del 2013 scritto dallo stesso Pif con Michele Astori e Marco Martani, commedia drammatica che, attraverso il racconto della vita del protagonista Arturo, ricostruisce, in toni paradossali e ironici, la storia della sanguinosa attività criminale di Cosa nostra a Palermo, sua città d’origine, dagli anni settanta agli anni novanta.


Enrico Grignaffini, dalle comode poltrone fashion del palco en plein air, dopo aver ringraziato Massimo Cervelli della Rai per esser riuscito a scritturarlo, grazie ai suoi buoni uffici, dopo un corteggiamento di alcuni atti, chiede al gradito ospite se deve chiamarlo Pif o Pierfrancesco, Diliberto gli risponde: “Basta che non mi chiami Pierferdinando… Pierfrancesco non mi chiama più neppure mia mamma, che mi chiama Pier… Per cui saresti l’unico…”. Il tutto prima di spiegare l’origine del fortunato acronimo: “A Casablanca una volta ci si andava per cambiare sesso, io, invece, per cambiare nome…”. Fu, infatti, al termine di una lunga trasferta in torpedone per le Iene in Marocco che gli venne appiccicata l’imperitura etichetta Pif.


Lui, invece, si autodefinisce un “Povero Idiota”, prendendo spunto dal protagonista (autobiografico) della sua ultima fatica letteraria, Arturo, che va alla ricerca delle sette anime gemelle scelte per lui da un nuovo algoritmo, per un viaggio attorno al mondo cercando l’amore… “Crescendo ho preso coscienza di essere un disadattato…”, confessa Pierfra, assieme al suo non perfettamente lindo percorso scolastico all’Istituto Don Bosco: “La cosa più umiliante era vedere i miei compagni d’estate andare a fare il bagno a Mondello, mentre io mi recavo a lezione per cercare di recuperare le quattro materie nelle quali ero stato rimandato. E alla fine mi hanno pure bocciato… Ai miei genitori, consigliandoli di ritirarmi, dissero: Vedete, qui formiamo i top manager del futuro, ma io non credo che fosse esattamente questa la mission indicata da Don Bosco…”


Prima di diventare famoso, racconta Pif, che passava le sue giornate, ormai trentenne, sdraiato sul divano di casa a guardare il Tg4 di Emilio Fede (non propriamente la bibbia per uno che si professa democratico, iscritto al PD…), anche perché poi seguivano le meteorine, ossia quelle ragazze un po’ discinte che arricchivano le previsioni del tempo, “e che poi, magari si vedevano ad Arcore…”. Una vendemmia un po’ tardiva, verrebbe da pensare, del resto Pier è diventato papà solo a 2020 inoltrato, alle veneranda età di 48 anni“Questa paternità ha un po’ posto fine alla mia adolescenza…” E poi “Ho chiamato mia figlia Emilia perché qui siamo in Emilia…”, sfruttando, sia pure in un modo proprio convincente, l’assist del presentatore…


“La telecamera, stando davanti o dietro, mi consente di dire o fare cose che altrimenti non farei mai: ad esempio certi scherzi, tipo quelli fatti con le interviste interrotte, come quando stavo intervistando Maurizio Costanzo e vedevo passare un altro, meno famoso di lui, e lo lasciavo lì appeso, tornando poi indietro dicendo che non potevo farmelo sfuggire…”. Un bel giorno un importante produttore gli offre  l’opportunità di passare da davanti alla macchina da presa, dietro, chiedendogli di fare un film: lui non aspettava altro, perché già era contento di poter fare quello che gli piaceva ed esser pure pagato (“sempre meglio che lavorare…), ma il grande sogno era appunto quello di fare il regista. E il sogno si è avverato…


Non bisogna mai demordere, e questo è un insegnamento, l’altro è quello di non essere mai timidi: “Io ho avuto un certo successo con le donne, proprio perché ero timido e imbranato, ma ho sempre concluso con loro proprio perché timido ed imbranato…”. Forse non diventerà il suo epitaffio sulla tomba, ma la frase di un suo giovane ammiratore: “Pif, quello che filma la vita” è la perfetta sintesi della sua attività: “è meravigliosa, solo come i ragazzi sanno coniare…”. A proposito di fan: giocava in casa tale Agnese, parmigiana, ovviamente presente nel Cortile della Malerba, c0sì come in ogni pubblica uscita del nostro, che ancora non l’ha denunziata per stalking, ma anzi gratificata con la pubblica citazione durante la serata “La realtà raccontata con scanzonato divertimento e intelligente curiosità…”


Pif ha anche svelato di essere stato un assistente del grande Zeffirelli, dettagliando che, in realtà, assisteva Blanche, affezionatissima cagnolina che il Maestro portava sul set e che andava seguita in quanto, a seconda delle scene, guaiva o abbaiava e bisognava che non si sentisse, per cui andava accudita…


Assoluto dominatore della serata, con arguzia e simpatia, Pif non ha lasciato molto spazio al Monteforte Jazz Duo cui erano affidati i momenti musicali che hanno inframezzato il flusso delle parole, intensificatosi proprio nel finale, grazie alla musa Matteo Salvini: “Il Ponte sullo Stretto è un escamotage per cercare di ritrovare un po’ di quell’attenzione che gli ha sottratto la Meloni, che tra l’altro è simpaticissima: mi piacerebbe fare un giro in barca con lei, purché non si parli di politica… Però quello che non mi piace di Salvini è che prima era per la secessione, poi, quando non ha funzionato, ha iniziato, tatticamente, ad occuparsi del Sud, quanto è buona la bufala, quanto è bella la Calabria, e ora il Ponte sullo Stretto. Io dico che non è necessario: magari prima dateci l’alta velocità, che è ancora un’utopia, cosa serve lo Stretto se prima e dopo non ci sono strutture all’altezza?” (Foto di Paolo Bevilacqua)


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