Giovedì, 09 Febbraio 2023 09:41

Sanremo 2023: il palco osceno della musica italiana In evidenza

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Partita la prima serata del festival all’insegna della gerontocrazia gestita da un’influencer telepredicatrice e il solito ignoto con il condimento del “pippone” da premio Oscar sulla Costituzione.

Di Andrea Caldart Cagliari, 8 febbraio 2023 (Quotidianoweb.it)  - Che Sanremo sia diventato un fatto politico, lo si evince dalla presenza per la prima volta, di un Presidente della Repubblica, che ascolta soddisfatto l’interpretazione giullaresca della lettura della Costituzione.

Peccato che l’averla calpestata in questi ultimi tre anni, abbia portato questo Paese allo sfascio sociale portando il Festival ad esser il delegato di un progressismo neoliberista, rinnegando la sua funzione di veicolo musicale internazionale.

Una rappresentazione di plastica conservata di un’Italia che non produce più nulla, anzi si presta per essere la retroguardia del pensiero unico politicamente corretto e, come ci raccontano le cronache recenti, anche europeisticamente, corrotto.

Dalla plastica alla cera anche quest’anno non mancano i “pezzi da 90” amabilmente rifatti, un po' claudicanti, contrapposti a giovani rappresentanti di un mondo in cerca di identità.

Sono anonimi ragazzini, senza cultura, senza tempo e manco talento, ma loro sono i sessualmente fluidi immolandosi come sommi sacerdoti della liturgia che Sanremo predica.

Artisti che non sanno se sono uomini o donne, Rosa Chemical, donne che si sentono forti se sono puttane, Elodie, oppure la violenza di Blanco che prende a calci i fiori del palco perché non sente la sua musica, che noi invece “dobbiamo” ascoltare.

Sanremo non può fare a meno del suo gesto eclatante probabilmente concordato, basti fare memoria al “salvatore” Pippo Baudo quando, nel 1995, convinse Giuseppe Pagano, a non buttarsi dalla balaustra del teatro; era tutto combinato.

Irreverenti quanto maleducati senza un briciolo di dignità, imbalsamati dentro abiti che sembrano manifesti pubblicitari di parcheggi pubblici per scambisti, offendono il lavoro onesto di chi si adopera per la cultura nel nostro Paese.

È la solita patetica solfa in salsa Rai dove da una parte si può dire e fare tutto, ma dall’altra, guai a sollevare il benché minimo dubbio e, aspettiamoci, magari a sorpresa, l’arrivo di qualche virostar dispensatrice di consigli per la nostra salute che non sono contenuti nei bugiardini delle farmaceutiche.

Forse siamo davanti ad una “quarta rivoluzione musicale” dove la protesta puoi farla solo se ti accodi ai dettami dell’agenda gender e quella davosiana europeista 2030.

Non c’è più musica, non c’è più canzone, non c’è più cultura e quel che è peggio, non c’è più Festival, ma solo la banalità delle luci di un palco osceno, ossessionato dal fluidificante, politicamente corretto.

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