Venerdì, 05 Novembre 2021 16:55

Le radiazioni che salvano il cuore All’Ospedale Maggiore primo trattamento in regione In evidenza

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Alte professionalità insieme per un lavoro di squadra che ha offerto una nuova possibilità di vita ad un grave paziente cardiologico


Pensavo fosse arrivata la mia ora e, invece, posso ancora guardare il tramonto dalla mia finestra”. Il signor Fabio (nome di fantasia) è un paziente seguito da molti anni dalla Cardiologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, diretta dal prof. Diego Ardissino. In seguito ad un infarto di molti anni fa, il suo cuore si era indebolito e soffriva di frequenti aritmie, refrattarie ai farmaci e agli shock del suo defibrillatore, che lo costringevano a lunghi periodi di ricovero.

Fino all’ultima crisi quando le aritmie incessanti hanno richiesto il ricovero in Terapia Intensiva Cardiologica. La sua vita era “appesa ad un filo”, quel tubicino di plastica che gli infondeva terapia antiaritmica ad alte dosi e che non poteva essere staccato. Gli era stato detto che lui era “troppo malato per essere sottoposto all'intervento di ablazione convenzionale”, che non l'avrebbe sopportata. Fabio non si è arreso, lui voleva continuare a vivere.

E' stata la sua forza che ci ha indotto a pensare ad una strategia di ablazione alternativa. Non potevamo abbandonarlo. Così gli abbiamo proposto un trattamento eseguito per la prima volta negli Stati Uniti nel 2015, la Radioterapia Stereotassica. Ovvero l’utilizzo di radiazioni ionizzanti di alta energia per ‘silenziare elettricamente’ la porzione di cuore che genera aritmie” - spiega il gruppo degli elettrofisiologi che si sono occupati del caso (i dottori Maria Francesca Notarangelo, Antonio Crocamo, Gianluca Gonzi).

Abbiamo contattato i colleghi della Radioterapia - continua Gianluca Gonzi - chiedendo di aiutarci nel nostro progetto: far tornare a casa il sig. Fabio. Abbiamo iniziato un lavoro di equipe, dove ogni diversa professionalità è risultata fondamentale: gli Elettrofisiologi per identificare la parte di cuore malata, i Cardioradiologi per trasformare le informazioni elettriche in anatomiche, i Radioterapisti per definire con la massima precisione l’area di cuore aritmogena da trattare e le strutture sane da risparmiare, i colleghi della Fisica Sanitaria per ottimizzare il trattamento e le verifiche dosimetriche, i colleghi della Medicina legale per la personalizzazione del consenso informato e i Tecnici di Radiologia per l'esecuzione del trattamento.

Senza l'entusiasmo di tutti non ce l'avremmo fatta - commenta Nunziata D’Abbiero, direttrice della Radioterapia del Maggiore. - Negli ultimi anni questa tipologia di trattamento è stata eseguita nei più importanti Centri di Radioterapia italiani e i risultati pubblicati evidenziano ottime possibilità di riuscita. La Radioterapia Stereotassica consente l’erogazione di dosi elevate di radiazioni su un bersaglio piccolo e con una elevatissima precisione e, nel nostro Centro, vengono eseguite più di 250 trattamenti di questo tipo all’anno per le patologie oncologiche con numeri nettamente in incremento grazie al rinnovamento tecnologico con acceleratori lineari di ultima generazione acquisiti con il contributo di fondi regionali e fondi locali (Fondazione Cariparma, raccolta Fondi per il Nuovo Centro Oncologico). Insomma avevamo tecnologia e knowhow per rispondere alla richiesta di collaborazione dei colleghi della Cardiologia. Prima di arrivare al trattamento ci siamo incontrati più volte per valutare la fattibilità e la procedura, simulata nei giorni precedenti fin nell’ultimo dettaglio, è stata eseguita senza anestesia, in modo assolutamente indolore ed è durata poco più di 30 minuti”.

In sintesi il nostro ‘bisturi invisibile’ è intervenuto con successo, – conclude la direttrice della Radioterapia – ‘riprogrammando’ quell’area del cuore che non funzionava correttamente, così abbiamo ottenuto il risultato di cui andiamo orgogliosi: restituire una persona ai suoi affetti più cari ed essere stati il primo ospedale in regione Emilia Romagna ad averlo eseguito”.

Ora Fabio può guardare il tramonto dalla sua finestra. La sua determinazione lo ha salvato e ha aperto la strada ad altri pazienti con la sua stessa patologia che fino ad oggi dovevano essere esclusi dalle cure convenzionali.