Sulla pelle delle Fiere di Reggio si sta consumando una delle pagine più buie nell'intreccio tra politica ed economia che riguarda la storia recente della nostra provincia.
E' di tutta evidenza che se non interverranno fatti nuovi ed un deciso cambio di passo in tempi rapidissimi da parte di tutti i protagonisti di questa "COMMEDIA DI VIA FILANGIERI", il rischio che abbiamo di fronte è che si possa andare ad una chiusura, o comunque ad un drastico ridimensionamento del polo fieristico di Reggio Emilia. Ed i primi effetti cominciano già a sentirsi.
Una scelta illogica, irrazionale, antieconomica che non troverebbe giustificazione alcuna se non in una logica autodistruttiva che come Associazione Albergatori di Reggio Emilia - Federalberghi e come FIPE Confcommercio respingiamo nel modo più fermo. Le nostre aziende associate che rappresentano circa 5.000 occupati nel solo comune di Reggio Emilia, non possono esimersi dall'esprimere la loro più viva preoccupazione.
La chiusura del polo non eliminerebbe il problema del debito dell'Ente Fiere reggiano, ma priverebbe soltanto il nostro territorio di un giro di affari complessivo importantissimo per il nostro tessuto economico, soprattutto nell'attuale e difficilissima congiuntura economica, la peggiore del dopoguerra.
Oggi occorre separare il passato delle Fiere di Reggio dal suo futuro.
La via del concordato, a suo tempo scelta dal Consiglio di Amministrazione e la creazione di una nuova entità "CRPA EVENTI SRL" per gestire il futuro delle Fiere di Reggio, ci è parsa da subito una scelta realistica e ragionevole.
Quanto ad una possibile alleanza con "FIERE DI MILANO SPA", società quotata in borsa, uno dei più importanti poli fieristici europei e sede di EXPO 2015, è una soluzione appropriata ed in grado di garantire un solido futuro alle Fiere di Reggio.
Oggi nella stagione della globalizzazione non si può più ragionare con la vecchia logica campanilistica del secolo scorso. Il concetto che siamo in Emilia e quindi dobbiamo allearci per forza con Parma e seguire i diktat della Regione Emilia Romagna, ci pare un retaggio del passato che non aiuta la nostra provincia.
Ricordino e meditino i politici reggiani. Le ultime grandi conquiste della nostra provincia, stazione Mediopadana e Università, ce le siamo guadagnate da soli, combattendo giorno per giorno!
La richiesta di rinvio di 3 mesi della votazione sul concordato liquidatorio, supportata da una perizia con valori non in linea con l'attuale contesto economico e portata avanti dagli enti pubblici, Comune di Reggio Emilia ed Amministrazione Provinciale, appare solo come una via di fuga con l'obiettivo di prendere tempo. Oppure per perseguire irrealistiche logiche campanilistiche dando vita ad un polo fieristico emiliano che finirebbe inevitabilmente col mettere insieme solo tre debolezze, se è vero come è vero che le FIERE DI PARMA riescono a far quadrare i loro conti solo grazie ai proventi del fotovoltaico.
Restiamo fermamente convinti che la conclusione dell'iniziativa concordataria, la possibile sinergia con "Fiere di Milano Spa", l'avvio della piena operatività di "CRPA EVENTI SRL" sia la via maestra da perseguire con determinazione e nei tempi più rapidi.
Troppi eventi fieristici sono già saltati, ad iniziare dall'importante "CASA & TAVOLA", che è stata solo l'ultima vittima in ordine di tempo.
L'Associazione Albergatori di Reggo Emilia – Federalberghi e la FIPE (Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi) aderenti a Confcommercio rivolgono il loro accorato appello a Camera di Commercio, Istituti di Credito e Comune di Reggio Emilia affinchè nella prossima assemblea dei soci già convocata adottino quelle scelte in grado di rappresentare un evidente segno di discontinuità rispetto al recente passato e diano un futuro certo alle nostre fiere.
Lo chiedono le imprese del turismo, dei pubblici esercizi e dei servizi che rappresentiamo, che mai come in questo periodo stanno soffrendo una crisi economica senza precedenti, non solo per un contesto economico interno ed internazionale difficile, ma anche e soprattutto per quelle riforme strutturali che in Italia vengono rinviate da oltre vent'anni. Da una classe politica troppe volte sorda e cieca.