Rabboni: "l'Emilia-Romagna è stata la prima regione italiana per l'export dell'agroalimentare, superando la Lombardia".
Bologna – 16 Luglio 2014 –
L'Assemblea legislativa ha approvato a maggioranza il Programma di sviluppo rurale 2014-2020 dell'Emilia-Romagna in attuazione del Reg. (CE) 1305/2013. La proposta, nei sette anni, potrà contare su una dotazione di risorse per un miliardo e 190 milioni di euro. Le risorse: 513 milioni provengono dall'Europa; 474 milioni dallo Stato e 203 milioni dalla Regione (che raddoppiano rispetto all'anno precedente).
Tra le priorità: la competitività delle imprese con l'obiettivo di aumentare e stabilizzare la reddittività (544,6 milioni); l'ambiente (526 milioni per ridurre l'impatto delle attività agricole e sostenere la produzione biologica integrata), i giovani (130 milioni per l'insediamento di nuove imprese agricole) e lo sviluppo dei territori e delle zone rurali più fragili. Quest'ultima priorità è finalizzata a contrastare l'abbandono e il dissesto idrogeologico dei territori. Al suo interno, previsto un finanziamento regionale di 26 milioni per aumentare la dotazione di servizi socio-assistenziali nei territori.
L'assessore all'Agricoltura, Tiberio Rabboni, è tornato a sottolineare il rilievo economico, sociale e politico di questo atto di programmazione per un "settore leader in Italia e in Europa". Nel 2013 - ha ricordato- "l'Emilia-Romagna è stata la prima regione italiana per l'export dell'agroalimentare, superando la Lombardia". Il comparto, in crescita dal 2008, "ha una funzione antirecessiva e vogliamo contribuire ad una ulteriore crescita e ad un miglioramento della capacità di competere e della redditività. Riassunto in numeri, il programma- ha ricordato l'assessore- finanzierà circa 10 mila progetti di investimento da parte di imprese agricole, e poi sono previsti interventi formativi e consulenze tecniche per circa 29 mila destinatari. Mentre sono 200 mila gli ettari di terreno su cui ci saranno azioni di miglioramento ambientale". (Fonte Regione Emilia Romagna)
I produttori ungheresi chiedono un intervento contro l'ingresso di latte a basso costo. Il Ministro Martina dice NO all'aumento delle quote.
di Virgilio, Parma 16 luglio 2014
Il latte è un alimento principe nella dieta alimentare e la sua produzione è da sempre fonte di reddito per una gran parte di imprese agricole.
Il regime delle quote latte è stato uno dei sistemi più efficaci di intervento da parte della CE prima e UE dopo per equilibrare domanda e offerta all'interno del mercato comune e, nonostante le storture italiane, il suo scopo è stato in gran parte raggiunto.
Dal 2015 tutto cambierà ma nel frattempo, anche in ragione delle differenze organizzative e strutturali dei sistemi economici e, nello specifico, zootecnici dei diversi Paesi membri, determina pressioni alle "frontiere" come sta accadendo in Ungheria in questi giorni.
A riportare la notizia per la quale i produttori magiari sarebbero sul piede di guerra è il sito EUROREGION.NET.
I produttori di latte ungheresi si dicono quindi pronti a manifestare se il loro governo non interverrà sulla questione ormai insostenibile del latte importato a basso costo che comporta una sovraproduzione di quello nazionale.
La rotta del latte - ricorda www.economia.hu- infatti procede da Nord a Sud, approdando in Italia e in Grecia, mentre quello arriva che in Ungheria proviene dall'Europa Settentrionale e Occidentale, soprattutto dalla vicina Slovacchia, ma anche dalla Polonia, dalla Germania e dall'Austria. Hegedus Imre, parlando alla tv nazionale M1 a nome associazione ungherese dei produttori di latte che presiede, ha sottolineato che il problema deve essere legato anche a questioni di Imposta sul Valore Aggiunto. La domanda che deve essere posta, sottolinea Hegedus, come possa essere rivenduto a basso costo sugli scaffali il latte straniero, ad esempio quello tedesco, che in Germania costa di più che in Ungheria.
- CHIUSO DOSSIER LATTE -
Nel frattempo, lo scorso 14 luglio, dopo 5 mesi di trattative, si è finalmente concluso il dossier latte con un No da parte del nostro Ministro Maurizio Martina sostenuto da altri rappresentanti di Paesi UE che in questi ultimi anni di regime quote latte hanno, contenuto le produzioni. Non così è stato invece da parte di Germania, Olanda, Polonia, Austria, Danimarca e Belgio che, al contrario, hanno notevolmente aumentato le proprie produzioni di latte proprio allo scopo di godere di un "vantaggio competitivo" in occasione delle nuove misure di intervento sul latte che verranno adottate a partire dalla campagna lattiera 2015-2016. La richiesta di questi Paesi del Nord, con in testa la Germania, era di modificare il tenore di grasso nel latte che, in sostanza, si sarebbe tramutato in un aumento della quota latte disponibile per i loro produttori con la conseguenza non indifferente di non dover pagare la "multe".
Questa volta non sono stati gli italiani a fare i furbetti...
Troppa segretezza pone dubbi sulla equità del corposo trattato di libero scambio n discussione tra USA e UE. I tanti dubbi sulla "NATO del commercio" che emergono qua e là sono stati "dimenticati" dalla politica europea.
di Lamberto Colla ---
Parma, 25 maggio 2014 -
La prima battuta d'arresto sul negoziato tra USA e UE per un libero scambio commerciale avvenne poco meno di un anno fa all'indomani dello scandalo delle intercettazioni statunitensi (Data Gate - svelato da Edward Snowden) nei confronti di alti diplomatici e politici UE. Non era ancora trascorso un mese dalla firma di interesse a procedere verso quello che fu soprannominato la "NATO del commercio" che il programma già rischiava di abortire. Poi più nulla o quasi. Un silenzio quasi totale sull'argomento, almeno sino a pochi giorni fa. Un leggero venticello ha iniziato a muovere qualche foglia con l'arrivo di Obama in Europa nei giorni scorsi. Un tour, che a detta di alcuni osservatori, aveva come scopo principale di fare pressione perché si raggiunga in tempi brevi alla stipula del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) o TAFTA (Transatlantic Free Trade Area).
Certamente un mercato molto appetibile quello che si realizzerebbe, il più grande in assoluto, coinvolgendo una popolazione complessiva di 800 milioni di persone. Ma, come è prerogativa americana, l'apertura liberale dovrebbe propender molto maggiormente verso gli altri. Le potenti lobby USA, secondo una ricostruzione di Paolo Raffone sul sito illsussidiario.net e riportato da Italia Oggi lo scorso 29 aprile a firma di Tino Oldani, hanno messo in campo 600 consulenti (altre fonti sostengono 400, ma pur sempre è un piccolo esercito) a disposizione dell'amministrazione Obama che si contrappone a soli 6 o 7 rappresentanti UE guidati dal tedesco Paul Nemitz, che fa parte della Direzione Generale Giustizia della Commissione Ue.
- Un segreto tra i meglio custoditi in Europa -
Ma quali segreti devono essere così gelosamente custoditi tanto che nessun membro di gabinetto di Manuel Barroso sembra autorizzato a partecipare alle riunioni bilaterali? Tanta segretezza fa sorgere altrettanta diffidenza rafforzata dal fatto che alla guida della commissione ci sta un tedesco ma, guarda caso, nessun italiano. Il dubbio che ancora una volta l'europa lavori per Berlino ci sta tutto.
Ma ciò che risulterebbe inaccettabile, almeno dal poco che è trapelato e immediatamente diffuso dalle testate nazionali dei diversi paesi europei, è il forte sbilanciamento verso una liberalizzazione quasi totale a favore delle "Multinazionali" a danno addirittura dei Paesi sovrani.
Sull'argomento si è espresso molto categoricamente il senatore francese (centrista) Jean Arthuis che, a dir il vero, nel suo post parla di "7 buone ragioni per opporsi"
Al primo punto pone proprio la questione della sovranità nazionale: " Primo – mi oppongo alla composizione privatistica delle controversie fra Stati ed imprese. Domani, come vuole la proposta americana, un'azienda che si ritenga lesa dalla decisione politica di un Governo vi potrebbe ricorrere. È l'esatto contrario della mia idea della sovranità degli Stati." In pratica verrebbe a crearsi un "tribunale speciale" che giudicherebbe i contenziosi tra Imprese (leggi multinazionali) e Stati sovrani.
Di fatto quindi, verrebbe creata una istanza giuridica davanti alla quale un investitore potrà trascinare uno Stato europeo, se questo ha messo in atto misure che possano danneggiarlo economicamente e richiederne il risarcimento.
E poi c'è tutto il grande capitolo dell'agroalimentare. Due opposte filosofie che si scontrano duramente. OGM dal lato statunitense e DOP da quello europeo, seppure molto più sentito nell'area mediterranea ma concetto molto meno radicato nei paesi del nord. Senza nulla togliere alla ricerca scientifica, da sempre motore di sviluppo sociale e economico, ma personalmente preferisco la DOP!
La partita alimentare, da italiano, mi sta molto a cuore e mi auguro che di questo sentimento siano anche gli Eurodeputati che oggi - 25 maggio 2014 - verranno eletti al Parlamento Europeo .
Bologna, 04 Giugno 2013 --
SESSIONE EUROPEA. IL DIBATTITO IN AULA: "EMILIA-ROMAGNA MODELLO DI PARTECIPAZIONE" - "REGIONI CONTINO DI PIU'". TAJANI: NUOVA EUROPA, BASTA EGOISMI STATI
di Walter - Parma, 18 Maggio 2013 -
Una nuova e terrificante norma dell'UE mette davvero a rischio i piccoli agricoltori biologici. Già c'è la crisi a mettere al tappeto gli agricoltori e forse la UE vuole tirare la mazzata finale. La nuova norma di fatto creerebbe una sorta di favore alla multinazionali dei semi, la Monsanto e DePrut in prima linea.
di Lamberto Colla - -
Parma 09 Maggio 2013 - -