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Mercoledì, 21 Gennaio 2015 11:22

Parma - Leo Caligiuri in Trio al Ratafià Teatrobar

Musica d'autore con aperitivo. Concerto di Leo Caligiuri in Trio, domani, giovedì 22 gennaio (ore 21.30) al Ratafià Teatrobar di via Oradour 14, Parma -

Parma, 21 genniao 2015 -

Serata dedicata ai grandi standard jazz americani tra tradizione e contemporaneo quella che giovedì 22 gennaio (ore 21.30) si svolgerà al Ratafià Teatrobar di via Oradour. Ad esibirsi saranno Leo Caligiuri (piano) insieme a Paolo Ghetti (contrabbasso) e a Paolo Mozzoni (batteria).

Leo Caligiuri, già batterista a 8 anni, segue lo studio accademico delle percussioni con Danilo Grassi per poi avvicinarsi ad un altro strumento percussivo, il pianoforte, che non abbandona più. A 17 anni incide il suo album d'esordio che si piazza primo in Italia e terzo nel mondo come miglior debutto ai "Prog Awards". Le tecniche d'improvvisazione le affina con Tacchini, Bonati e Dani e poi segue delle master con Bruno Tommaso, Trovesi e Alperin. Con i suoi progetti entra a buon diritto sulla scena del Jazz italiano, con giovani talenti e con artisti del calibro di Gianni Cazzola, Emiliano Vernizzi, Enrico Lazzarini, Paolo Fresu, Marco Brioschi, Nick Wight, Nevruz, Lele Barbieri, Claudio Baglioni.

www.ratafia-teatrobar.it

(Fonte: leStaffette ufficio stampa)

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Questa sera, giovedì 8 gennaio ore 21.30 al Ratafià Teatrobar, Via Oradour 14 Flaco presenta L&R - Surf Guitar Band musica d'autore con aperitivo: Piero Canavera (batteria) Lorenzo Merlini (basso) Claudio Tuma e Flaco Biondini (chitarre) -

Parma, 8 gennaio 2015 -

Riprendono i giovedì musicali al Ratafià Teatrobar, in via Oradour. Primo appuntamento del nuovo anno, giovedì 8 gennaio ore 21.30, con la band L&R (Left & Right Band) che proporrà un concerto impostato su sonorità GUITAR SURF.
La Band, composta da Piero Canavera (alla batteria), già fondatore del gruppo progressive-rock Acqua Fragile, Lorenzo Merlini (al basso), Claudio Tuma e Flaco Biondini (alle chitarre), eseguirà brani evergreen quali Apache, Blue Star, Pipeline, Atlantis, fondendo melodie e suoni elettrici vintage.

Sviluppatasi negli USA negli anni tra la fine della decade del '50 e l'inizio di quella del '60, la Surf Musica ha come suoi precursori chitarristi come Dick Dale e gruppi strumentali quali The Ventures, The Surfaris, The Chantays o gli inglesi The Shadows. Una musica antesignana a quell'era beat che con l'avvento dei Beatles ha poi imposto un nuovo stile, il così detto British Sound. Negli anni '90 il genere ha vissuto un suo importante revival, anche attraverso l'uso che di questa musica da parte di alcuni giovani registi cinematografici americani - tra i quali spicca Quentin Tarantino - nelle colonne sonore dei loro film.

Il surf rock è tra una delle forme più popolari del rock&roll americano, strettamente associato alla cultura del surf, la cultura giovanile nata in quel periodo sulle spiagge della California meridionale. Pur essendo suonato da musicisti bianchi e diretto ad un pubblico bianco, il surf fu profondamente influenzato dalla musica nera. La prima ondata di surf rock fu lanciata da Dick Dale ed il suo singolo Let's Go Trippin. La seconda ondata del Surf è stata condotta dai Beach Boys, che aggiunsero lo stile Pop dei Four Freshmen ai ritmi di base di Chuck Berry al Surf, considerati da molti, l'ultima band Surf, semplicemente perché, assieme alla musica, conservarono i testi trattanti il Surf e la Spiaggia.
Tuttavia, il sound del surf rock rimase un'ispirazione per i chitarristi degli anni sessanta ed il genere tornò popolare negli anni novanta, grazie ad alcune band che ripercorsero la strada dei loro predecessori, dando vita al Surf Revival.

www.ratafia-teatrobar.it

(Fonte: leStaffette ufficio stampa)

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Ascoltare una canzone dei Rio vuol dire ricevere una scarica di energia positiva, gioia, felicità e buonumore. Ma, oltre queste sensazioni, da quelle canzoni arriva un messaggio di speranza, di libertà, di amore. Sentimenti scontati nel mondo della musica? Forse, o forse no. Almeno non per i Rio, che fanno del sole, il loro simbolo, un autentico way of life. Parola di Fabio Mora, cantante dei Rio.

Parma, 29 novembre 2014 - di Federico Bonati -

Fabio, facciamo un tuffo nel passato. È il 2001, tu incontri Marco Ligabue e lì nascono quelli che poi sarebbero divenuti i Rio. Che sogni c'erano in quell'incontro?
Marco ed io ci conoscemmo ad un concerto dei Los Lobos, e lì scoprimmo di avere in comune la passione per la musica messicana. È stata quindi la cultura tex-mex ad avvicinarci, e da lì sono nati i primi Rio. Il sogno, vero e proprio, era fare musica che ci appassionasse, che potesse far star bene chi la ascoltava e portarla in giro.

Nel 2004 poi la svolta con "Sei quella per me".
Prima però ci sono stati due anni di gavetta, dove abbiamo suonato davvero nei "peggiori bar di Caracas" (ride, ndr). Però da quei due anni siamo passati da un mix di rock 'n roll, blues, tex-mex, ad avere l'esigenza di scrivere pezzi nostri. Sentivamo effettivamente l'urgenza di dire qualcosa, ed ecco che Claudio Maioli ci diede l'opportunità di mettere nero su bianco i nostri brani, col nostro primo cd, "Mariachi Hotel". Poi ci fu anche l'esperienza del tour di "Elettrico Vivo", un tour acustico con le percussioni prodotte da un pc, in cui registravamo live alcuni brani sfornando dei cd a caldo della serata. Tutto questo ci ha permesso di trasmettere gioia alle persone, rubando metaforicamente il sole e portarlo tra la gente.

2009: l'incontro con Fiorella Mannoia, e quel brano "Il Gigante", incentrato sul tema dell'ambiente, un vero e proprio inno al pianeta. Che cosa pensi di quel brano?
Abbiamo capito, col tempo, che come band potevamo comunicare qualcosa di importante, non solo gioia e divertimento, ma anche un messaggio. La cosa bella è stata comunicare un messaggio sociale, come quello del rispetto dell'ambiente e del nostro pianeta, attraverso un brano leggero e coinvolgente, ma capace comunque di far riflettere. E il messaggio è quello dell'attaccamento a questo mondo, che troppo spesso maltrattiamo. Basterebbero piccoli gesti da parte di ognuno per cambiare le cose.

Poi un'esperienza di quelle che restano impresse nella pelle: il viaggio ad Auschwitz assieme a 700 studenti degli istituti superiori di Modena e provincia, con partenza dal campo di concentramento di Fossoli (MO). Che cosa ha significato per te quel viaggio?
È stato un viaggio che mi ha toccato nel profondo, e a parlarne ho ancora la pelle d'oca. Io sono partito per questo viaggio con nella mente ancora impressi i racconti di mio padre, prigioniero in Germania, e della sua fuga dopo l'attacco dei russi. Lo ammetto, c'era una tensione particolare, ma credo che lì i Rio siano cresciuti anche sotto il profilo umano. Auschwitz è un luogo terrificante, e dentro il campo si percepisce il male che è stato fatto in quel luogo. Tutte le coscienze dei presenti ne hanno risentito. Io mi sono chiesto: "Ma perché hanno invitato proprio noi?", e alla fine l'ho capito. Dopo tanto dolore, dopo tanta negatività legati al posto, c'era bisogno di una botta di energia positiva. A Cracovia suonammo per questi 700 studenti e fu un concerto spettacolare, pieno di gioia, felicità e libertà. Era questo che serviva dopo l'esperienza della visita ad Auschwitz.

"150" è una canzone che avete scritto in onore dei 150 anni dell'Unità d'Italia. L'Italia di oggi, per Fabio Mora, è l'Italia di "150" oppure no?
Pur essendo nazionalista, fatico a credere ad un unità d'intenti come poteva esserci al fondamento della nostra piccola/grande Italia.
L'attacco all'istruzione, alla cultura, il continuo togliere fondi all'arte, far sfumare il nostro "classico", modo di vivere, di vedere e respirare le cose, insomma il nostro "essere" italiani, sta scomparendo.
Credo ci siano comunque tanti giovani in gamba, anche se molti continuano ad uscire dai nostri confini anche solo per rincorrere un sogno o per realizzare un idea.
Sono sempre meno i mezzi per poter costruire qualcosa di nuovo in un paese dove la creatività è sempre stata parte integrante dell'essere italiano.
Ma continuo ad avere fiducia nel domani e credo nelle nuove generazioni.
So che arriverà un vento caldo che porterà nuova linfa ed energia alla nostra cara e vecchia Italia!

Dopo l'album "Mediterraneo" termina la collaborazione tra te e Marco. Due destini che prendono strade differenti. Che cosa ti ha lasciato quel momento?
Oltre alla fine di un sodalizio lavorativo che è durato dieci anni, quel momento lo ricordo come la fine di un rapporto amichevole. Era caduta tutta la struttura, tutto il concetto di gruppo, che è unione e condivisione. Quello che ci dovevamo dire, comunque, ce lo siamo detti e resta tra noi.

Nell'album "Fiori" del 2013, c'è una canzone, "Terre Mosse", con un chiaro riferimento al sisma dell'Emilia del 2012. Ricordi quei giorni di maggio? Una canzone per esorcizzare la paura o per mantenere vivo il ricordo?
Ricordo molto bene quei giorni, e la paura che scaturì da quelle scosse. Credo che quando accadono certi eventi, si scrive un po' per esorcizzare il tutto, un po' per mettere a nudo i propri sentimenti e un po' per regalare un'opportunità di rivalsa nei confronti dell'evento. Ammetto che non è stato facile scrivere il pezzo, ci ho messo sei mesi. Non volevo comporre una canzone triste e cupa, ma una canzone che desse speranza, e la svolta è stata quando ho trovato la metafora sole/girasole. In quel momento, la canzone ha preso davvero vita.

Fabio, se dovessi fare un bilancio della tua vita artistica, e per farlo dovessi usare una tua canzone, quale utilizzeresti?
Direi "Il sole splende sempre", una canzone che racchiude un po' tutta la filosofia dei Rio, ossia dare speranza, anche quando è difficile trovarla. Ma un modo, per vedere il bicchiere mezzo pieno, c'è sempre.

Il 2015, per Fabio Mora, sarà un anno di...
Intanto, il 2014 è stato il decimo compleanno dei Rio. Ora io e Bronski (Fabio Ferraboschi, ndr) stiamo portando avanti il nostro progetto blues, che ci vedrà il 5 dicembre sul palco del Vox di Nonantola (MO). Abbiamo in cantiere un progetto che si sta sviluppando e che prenderà vita nel 2015, e quello sarà il ritorno dei Rio. Un progetto ricco di sorprese, dove si chiuderà un cerchio e si aprirà una finestra su qualcosa di nuovo.

Si aprirà quindi un nuovo capitolo nella storia dei Rio pronti a vivere, e a far vivere, citando una loro canzone, un "Nuovo sole".

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Mercoledì, 05 Novembre 2014 11:49

Piacenza - "Musica al Lavoro" 11esima edizione

Musica al Lavoro 11esima edizione: 
si parte venerdì con Cisco, ex Modena City Ramblers. 
"Cultura e lavoro sono tasselli fondamentali della democrazia". Tutti gli eventi ad ingresso libero e gratuito -

Piacenza, 5 novembre 2014 -

Presentata l'undicesima edizione della rassegna "Musica al Lavoro"di Cgil e Arci Piacenza che si aprirà con un appuntamento speciale venerdì 7 al salone Nelson Mandela (via XXIV Maggio, 18 – Piacenza) quando Cisco Bellotti, storica voce dei Modena City Ramblers presenterà la prima nazionale di "Oh belli ciao! Ecco perché ho lasciato i Modena City Ramblers" con Carlo Albé voce narrante, Simone Corbellini alla tromba e lo stesso Cisco alla voce e alla chitarra. Tutti gli spettacoli presentati dal direttore artistico Luca Garlaschelli, dal segretario generale Cgil Piacenza Gianluca Zilocchi e da quello organizzativo Ivo Bussacchini sono ad ingresso gratuito.

"Musica al Lavoro investe sull'idea che i temi del lavoro si leghino in maniera molto stretta con il mondo della cultura e dello spettacolo – ha spiegato Zilocchi - anche il nuovo gruppo dirigente della Cgil di Piacenza ha deciso di investire su Musica al Lavoro in una fase nella quale la nostra organizzazione è impegnata in una forte mobilitazione per giustizia ed equità, questa è una delle mille sfaccettature che ci vede in campo".

"Nelle mille difficoltà quotidiane siamo in grado ancora una volta di aprirci alla società in un connubio tra arte, musica e cultura – ha aggiunto Bussacchini - Vogliamo parlare ai giovani e ai meno giovani per dire che nella società la cultura e la conoscenza sono tasselli fondamentali della democrazia".

Garlaschelli, jazzista di fama internazionale che cura il cartellone della rassegna. Ha spiegato come la vita non sia fatta "solo di lavoro o solo di cultura". "Il movimento operaio ci ha dato una lezione e una strada da seguire – ha detto - e proprio questa strada cerchiamo di seguire da undici edizioni di una rassegna che ha portato a Piacenza, in un salone Nelson Mandela dall'acustica splendida, personaggi come Bruno Lauzi, Moni Ovadia, Ascanio Celestini e altri: tutti felici di essere ospitati qui a Piacenza dalla Cgil". Le date scelte per le iniziative non sono casuali: il giorno della scomparsa di Fabrizio De Andrè, la giornata internazionale della memoria dell'Olocausto, la Festa della Donna, la Festa della Liberazione.

Il programma completo:

Tutti gli appuntamenti sono ad ingresso gratuito ed avranno inizio alle ore 21,30 presso il Salone Nelson Mandela della Camera del Lavoro di Piacenza via 24 maggio N.18 -

07/11/2014

Stefano "Cisco" Bellotti e Carlo Albè presentano "Oh belli Ciao!" ( ecco perché ho lasciato i Modena City Ramblers" )

Cisco : voce e chitarra
Simone Correllini: tromba
Carlo Albè : voce recitante

Cisco Bellotti nato in quel di Carpi il 29 luglio del 1968, è un cantautore di musica folk rock. Il soprannome Cisco deriva dalla sua passione per il calcio. Infatti, tutte le volte che da ragazzo giocava a pallone con gli amici, indossava una maglietta con la scritta San Francisco, via via usuratasi fino a lasciare solo le ultime cinque lettere, per l'appunto Cisco. Ha militato nei Modena City Ramblers dal 1992 fino al 2005, pubblicando nove album di inediti e vendendo circa un milione di copie, collezionando più di 1200 concerti tra Italia, Europa e America Latina. Ora è un apprezzato cantautore solista con alle spalle tre lavori inediti e due raccolte live. "Oh belli ciao!", è un divertente romanzo-biografia che ripercorre la sua esperienza nei Modena City Ramblers.
Carlo Albè nato a Busto Arsizio nel febbraio del 1981, è un lavoratore precario, ma soprattutto scrittore indipendente e giornalista free lance,. Nel dicembre del 2011 ha dato alle stampe il suo primo romanzo, intitolato "L'importante è non restare", con postfazione dell'amico Stefano "Cisco" Bellotti. Nel febbraio del 2013 pubblica il fortunato "Stabile Precariato" che promuove con un tour di ben cinquanta reading in un anno. Carlo legge ovunque. Nei pub, bar, circoli, biblioteche, scantinati e balere. Scrive racconti e inchieste di cronaca per la Provincia di Varese e la Provincia di Como.

15/01/2015

Nel segno di Faber. Concerto in omaggio a Fabrizio De Andrè - Musicisti, cantanti, attori renderanno omaggio al celeberrimo cantautore genovese alternandosi sul palcoscenico.

25/01/2015

Giornata della memoria - Concerto del gruppo Muzikobando special guest Gabriele Coen

MUZIKOBANDO lavora come laboratorio attento alla riscoperta di una tradizione musicale molto vasta; unisce generi diversi ed apparentemente lontani, in un percorso organico articolato nella forma del viaggio. L'ensemble propone musica popolare ebraica, armena, brani strumentali e canzoni in lingua Yiddish. L'intero programma si basa sul dialogo degli strumenti ad arco (violino e viola) con voce e fisarmonica.
Nel 2013 è stato presentato il primo album: Babil.Una personale idea della musica klezmer; una Babele di suoni e di lingue che cerca la propria riunificazione attorno al piacere dell'ascolto. Melodie dolci e suadenti lasciano spazio a suoni taglienti e gutturali.
MUZIKOBANDO è un ensemble formato da musicisti che apportano al gruppo le personali esperienze artistiche, frutto di collaborazioni che spaziano dalla musica antica al folk, dal melodramma alla musica leggera, ma anche dalla televisione agli studi di registrazione. Il gruppo ha partecipato ad importanti Festival, tra cui: Mantova Chamber Music Festival, Festival Musica Diffusa di Pontenure (Pc), Festival Internazionale violinistico di Salò, Stagione Concertistica del Centro Culturale Italo-Tedesco 'Goethe Zentrum' di Piacenza, Festival Folk di Savignano Irpino (Av), BAF – Bibiena Art Festival di Piacenza, Estri d'Estate (Parma), Rovigo, Cremona, Camogli, Torino, Mondovì.

GABRIELE COEN sassofonista, clarinettista e compositore è tra i massimi divulgatori in Europa della tradizione popolare ebraica e punto di riferimento importante per il Jazz contemporaneo. Fondatore e leader dei Klezroym, la più nota formazione italiana di musica klezmer con la quale è tra i massimi divulgatori in Europa della tradizione musicale popolare ebraica reinterpetata in chiave jazzistica. Parallelamente, Gabriele amplia la sua intensa attività didattica e divulgativa che vede uno dei suoi momenti più importanti nella pubblicazione del saggio "Musica errante. Tra folk e jazz: klezmer e canzone yiddish" edito nel 2009 da Stampa Alternativa.

06/03/2014

Giornata Internazionale della Donna - "Sebben che siamo donne". Giovanna Zucconi voce recitante - Enerbia accompagnamento musicale

Giovanna Zucconi: Giornalista, autrice e conduttrice di trasmissioni televisive e radiofoniche. Scrive di cultura su Stampa ed Espresso. Da qualche anno parla di libri all'interno della trasmissione Che tempo che fa di Fabio Fazio. 

Sempre per RaiTre, è stata autrice e conduttrice di Pickwick con Alessandro Baricco, e Gargantua. 
Ha lavorato per Radio3 e per Radio2 al programma Sumo (chiuso qualche mese fa), e a Diritto di replica, condotto su RaiSat (primissima coproduzione con il canale culturale europeo Arte)nonché a molte ore di diretta da festival italiani e stranieri.
Ha ideato e diretto per Feltrinelli "Effe", la rivista di libri a più ampia diffusione in Italia.

Enerbia:E' uno dei più importanti gruppi italiani attivi nel campo della musica tradizionale e antica e dedica il suo lavoro di ricerca principalmente alla valorizzazione del repertorio dell'Appennino nord-occidentale, tra i più interessanti di tutta la penisola italiana.
Il gruppo ha collaborato con personaggi come Ermanno Olmi nel film "I cento chiodi" con Giuseppe Bertolucci ed Edmondo Berselli nel documentario "Un paese chiamato Po" e con Paolo Rumitz nel libro "La leggenda dei monti naviganti".

27/04/2015

Ancora Bella Ciao - Lucilla Galeazzi voce e chitarra

Lucilla Galeazzi è una cantautrice italiana. Negli anni 70/80 comincia a cantare nell'ambito del folk revival con Giovanna Marini. A partire dagli anni novanta, si dedica con grande energia alla carriera di solista, realizzando sia dischi e progetti suoi, sia collaborazioni con musicisti di differente provenienza:esponenti importanti del jazz francese, come il chitarrista Claude Barthelemy, il violoncellista Vincent Courtois, il suonatore di basso tuba e serpentone Michel Godard e il compositore di musica e canzoni Philippe Eidel. Con i jazzisti italiani Gianluigi Trovesi, Eugenio Colombo, Giancarlo Schiaffini, Pino Minafra, Bruno Tommaso, Antonello Salis , Luigi Cinque ecc. ecc.. partecipa a numerosi progetti nazionali ed internazionali. Con Roberto De Simone a L'Opera di Napoli, collabora a 5 progetti di quest'ultimo e poi , nel 1989 fa una lunga tournée di 3 mesi nei grandi teatri francesi, con lo spettacolo "TANGO, MEMORIA DI BUENOS AIRES" insieme al Quarteto Cedron, Juan Josè Mosalini al bandoneon, Gustavo Beytelmann al pianoforte ed il grande violinista di tango Antonio Agri. Lucilla Galeazzi ha dedicato la sua vita alla musica tradizionale della sua terra, l'Umbria: Stornelli a saltarello, a malloppu, a recchia, canti epico-lirici, canti a mete, strambotti, canti a vatoccu ecc... Dal 1994 , da solista, ha creato i progetti: CUORE DI TERRA, LUNARIO, AMORE E ACCIAIO, STAGIONI, MAGGIO MAGGIO È CAPITANO,CORRETE SORELLE con il quartetto vocale Faraualla, CELESTE TESORO, ANCORA BELLA CIAO, IL NATALE DEI SEMPLICI , FESTA ITALIANA) e partecipato a progetti con altri musicisti popolari come Carlo Rizzo e Ambrogio Sparagna formando " IL TRILLO " ed anche con l'organettista Riccardo Tesi per uno spettacolo/CD omaggio alla grande ricercatrice/interprete toscana Caterina Bueno "Sopra i tetti di Firenze" . Ha inoltre interpretato brani di musica contemporanea come le Folk Songs di Luciano Berio e la Passio et Resurrexio di Sergio Rendine. Inoltre nel 2001 comincia la collaborazione con la tiorbista Christina Pluhar al progetto "LA TARANTELLA" con l' Ensemble "Arpeggiata" da lei creato e diretto.

(Fonte: Ufficio stampa CGIL Piacenza)

Sabato, 01 Novembre 2014 09:30

Tutto Bertoli

Capello lungo raccolto a coda di cavallo, chitarra in spalla, giubbotto in pelle e ciondolo a forma di chitarra: Alberto Bertoli si presenta così. Viene spontaneo pensare ad una canzone di suo padre, Pierangelo Bertoli, ossia "A muso duro". Poi ci si siede, si inizia a parlare, e cresce la convinzione che la canzone adatta a lui sia "A muso duro"; ma non in senso letterale.

Parma, 1 novembre 2014 - Intervista al musicista Alberto Bertoli - di Federico Bonati -

Alberto, tu la musica l'hai sempre avuta in casa, dalla nascita. Figlio del compianto Pierangelo Bertoli, ti avvicini all'atto pratico dell'esecuzione musicale a dieci anni. In quel momento cosa hai provato?
Una sorta di sfida. Mi sono avvicinato alla musica perché c'era una bambina in classe con me che sapeva suonare la chitarra. E io, figlio di cantautore, non la sapevo suonare. Inaccettabile. Andai da mio padre e gli chiesi di insegnarmi. Da lì fu un'escalation. La musica per me è una "malattia", e oltre a quella nei live, la eseguo anche nella vita quotidiana, ai pranzi con gli amici, suscitando la disperazione della mia compagna (ride, ndr). Credo che solo chi è musicista possa comprendere a fondo la cosa.

Nel 2010 arriva poi il tuo primo EP: "Il tempo degli eroi". Fu un punto di arrivo o è stato un punto di partenza nella tua carriera e nella tua vita?
Fu senza dubbio un punto di partenza. All'inizio sembra un punto di arrivo, ma una volta che realizzi il tutto, ti senti defraudato della meta. Ecco perché fu un punto di partenza. Ma, senza dubbio, come ogni cosa fu un punto del percorso della mia vita.

Hai realizzato anche "Safà", brano scritto per l'associazione "Africa nel cuore", la quale si occupa di raccogliere fondi per la città di Rumuruti e per i villaggi attorno ad essa in Kenya. Quanto è importante la solidarietà per te Alberto?
È fondamentale. Nella vita ognuno di noi deve fare ciò che lo fa stare bene, e a me fa stare bene fare della solidarietà. Mi fa stare talmente bene che rompo le scatole agli amici pur di convincerli a fare della solidarietà (ride, ndr). L'Associazione "Africa nel cuore" l'ho conosciuta tramite il Direttore del reparto di Chirurgia dell'Ospedale di Sassuolo. Da lì poi è nato un altro progetto, ossia "Natale in ospedale" in cui io e i miei già citati amici andiamo a suonare per i pazienti il pomeriggio del 25 Dicembre. I soldi che raccogliamo li devolviamo poi all'associazione. Alla fine fare del bene è un impegno sociale: se ognuno di noi facesse qualcosa in più nel proprio piccolo, sicuramente il mondo intero ne risentirebbe in meglio.

Molto spesso sembra che la musica sia vettore di solidarietà, a volte quasi più delle istituzioni stesse. Lo dimostra, ad esempio, l'evento "Italia Loves Emilia", evento a favore del sisma dell'Emilia 2012. Tu hai partecipato cantando assieme ai big della musica italiana la canzone di tuo padre: "A muso duro". Che emozione è stata?
Faccio una premessa: c'è una bella differenza tra lo show e il motivo per cui è stato realizzato. Lo spettacolo fu una festa, gli artisti furono splendidi sia sul palco che dietro le quinte e nessuno percepiì un centesimo. Fu un momento in cui ognuno lasciò da parte tutto ciò che riguardava la propria sfera personale per raggiungere un obiettivo: raccogliere fondi per ricostruire una scuola. Un momento splendido.
Il sisma, purtroppo, non ha nulla a che vedere con quel clima di gioia e festa: fu qualcosa di terrificante.

Tu stesso hai scritto una canzone dedicata al sisma 2012, dal titolo "Come un uomo". Ce ne puoi parlare?
Nasce tutto da una trave. Fabio Castellini, falegname e liutaio di Rovereto sul Secchia, costruì una chitarra da una trave caduta durante il terremoto. Mi disse di usarla in tour e poi di metterla all'asta per raccogliere fondi da donare in beneficenza ai progetti di ricostruzione post-sisma. Lì ebbi l'idea: come l'araba fenice rinasce dalle ceneri, da una trave caduta durante un sisma, il momento della distruzione, ora ho in mano una chitarra, il momento della rinascita. Questo pensiero mi portò a scrivere "Come un uomo".

Tornando per un momento a "Italia Loves Emilia", accanto a te sul palco c'era Luciano Ligabue. Un artista che ha scritto un brano dedicato a tuo padre "Le cose cambiano", che lo stesso Pierangelo definì bellissimo. Che rapporto hai nei confronti di Luciano? E di quella canzone, che col tempo è divenuta poi un pezzo immancabile dei tuoi live?
C'è un rapporto molto bello, Luciano è una persona molto intelligente, profonda e che sa ascoltare. Io tra l'altro sono un suo fan, e la prima volta che gli parlai ricordo che fui travolto dall'emotività. È vero, la canzone era per mio padre, ma lui non potè mai cantarla. Così Luciano disse a me di cantarla. Io me lo aspettavo, e infatti quando me lo disse, gliela cantai e suonai davanti. Fu un momento davvero bello.

Nei tuoi concerti spesso riporti in scena le canzoni di tuo padre. Che sensazioni provi? C'è una canzone di tuo padre che avresti voluto scrivere tu?
Sicuramente "A muso duro". Una canzone di una potenza incredibile, è quella che avrei voluto scrivere io. Ma non credo che quella fosse la canzone più rappresentativa di mio padre; in quel caso, la canzone adatta sarebbe "Così". Quando sul palco canto le sue canzoni, è inevitabile che senta le emozioni più forti dentro di me, come una sorta di fil rouge che ci tiene ancora uniti. Sai qual è il complimento più bello che abbia mai ricevuto? Me lo fece Eugenio Finardi che mi disse: "Tu sei l'unico che merita di essere figlio di tuo padre". (sorride, ndr).

Alberto, nel panorama musicale italiano, chi è il nome più rappresentativo attualmente?
Credo che i nomi presenti al "Premio Bertoli" siano nomi assolutamente validi.

Che cosa prevede l'anno venturo, a livello musicale, per Alberto Bertoli?
Non lo so (ride, ndr). Io sono molto istintivo, cerco di fare le cose cogliendo le giuste opportunità. Quindi staremo a vedere.

Tutto questo è Alberto Bertoli. Finita l'intervista ci salutiamo e col suo sorriso da emiliano verace mi da una pacca sulla spalla. Lo vedo poi avvicinarsi alla sua chitarra e istintivamente ripenso a quel ritornello: "Canterò le mie canzoni per la strada/ed affronterò la vita a muso duro...".

 

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All'interno della mostra personale di Sauro Tessoni "Bellezza: splendore del Vero", si terrà il concerto "Mozart e... dintorni". Oggi alle ore 18 ad ingresso gratuito -

Parma, 11 ottobre 2014 -

Continuano alla Galleria S.Andrea anche per il mese di ottobre gli interventi musicali del Dedalus Enseble. Sabato 11 ottobre alle ore 18 in un intreccio di musica e colori, di classicismo e armonia, all'interno della mostra personale di Sauro Tessoni "Bellezza: splendore del Vero", si terrà il concerto "MOZART E... DINTORNI" ad ingresso gratuito.

Mettersi in ascolto di Mozart è un'esperienza familiare a tutti gli amanti della musica classica: lo stile compositivo diretto e immediato del grande Salisburghese rende le sue opere di facile accesso ad ogni orecchio. Assai meno ascoltate della sua musica sono invece le sue lettere, un filone compositivo che nella vita di Mozart corre parallelo a quello musicale. Egli desiderava comunicare: comunicò con la sua musica, ma anche con la parola.
Nell'una come nell'altra risuonano la sua ironia e le sue malinconie, la sua creatività, i dubbi e le ansie, le gioie, i drammi piccoli e grandi della sua breve esistenza. Accostare parola e musica offre l'occasione per gettare una luce più intima sul percorso insieme umano e artistico del sommo musicista.
Per un artista il bisogno di comunicare è lo slancio interiore che lo spinge a creare la sua opera seguendo, forzando, o anche scavalcando il gusto estetico dei propri tempi. Per Mozart fu lo stesso, e oggi è per noi di grande interesse rileggere il suo percorso umano e artistico con gli occhi di chi conobbe e ce ne lasciò testimonianza.

Il Dedalus Ensemble, guidato dalla verve creativa e interpretativa di Luciano Cavalli, ci offre, nella cornice della Galleria Sant'Andrea, un vero e proprio laboratorio artistico che alternando testi di Mozart, Salieri, Da Ponte alla musica aprirà una finestra sull'anima del compositore più amato dal grande pubblico.
Flauto: Barbara Antoniazza
Clarinetto: Giuseppe Belmonte
Fagotto: Giulio Alessandro Bocchi
Voce recitante: Luciano Cavalli

(Fonte: Coordinamento UCAI-Galleria S.Andrea)

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Oggi alle ore 17.30 in Galleria S. Andrea all'interno della mostra "INCONTRI", un canto di percussioni che si inserisce volutamente nella mostra di pittura, fotopoesia e ceramica raku, per creare un legame ancestrale tra le Arti. Ingresso gratuito -

Parma, 27 settembre 2014 -

L'Associazione UCAI di Parma è lieta di presentare il secondo omaggio alla musica dal titolo "TAMBURI PARLANTI".
All'interno della mostra "INCONTRI" , inaugurata sabato scorso, il DEDALUS ENSEMBLE si esibirà alle ore 17.30 in Galleria S. Andrea con un canto di percussioni che nel crescendo sonoro di ritmica ed intensità si inserisce volutamente nella mostra di pittura, fotopoesia e ceramica raku, per creare un legame ancestrale tra le Arti.
"Tamburi parlanti" si presenta pertanto come un racconto in musica e parole, ispirato nei testi in particolare agli studi dell' etnomusicologo tedesco Gerhard Kubik, che narra il viaggio svolto dal Griot ossia la figura che rappresenta al meglio il musicista africano. Il Griot attraverso la sua musica conosce varie realtà sonore e non, e assume ruoli diversificati all'interno delle numerose società che incontra nel cammino. Il suo percorso parte dall'Africa ed arriva fino all'America: in tutto il tragitto il compagno prediletto sarà sempre il suo tamburo col quale riesce a parlare e comunicare.
All'interno dello spettacolo questo viaggio verrà narrato da Angelo Gallani, interpretato alle percussioni da Gregorio Ferrarese e Gabriele Anversa, accompagnato dalla chitarra elettrica di Marianna Alfieri e dalla viola di Luciano Cavalli.
Il repertorio spazierà da brani di Steve Reich come "Drumming" e " Clapping Music" , alla musica afroamericana di Sonny Rollins, alternati a brani inediti di ispirazione africana come "Lotta di Tamburi". L'ingresso è gratuito.

(Fonte: ufficio stampa Coordinamento UCAI Galleria S.Andrea)

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Sabato, 13 Settembre 2014 08:30

Poviglio - Countdown per l'Hendrix Memorial Day

Domenica 14 settembre il grande chitarrista Stef Burns celebra il mito di Jimi Hendrix al Centro Kaleidos -

Reggio Emilia, 13 settembre 2014 –

Manca pochissimo all'appuntamento con la grande musica rock, dedicata ai fan del mitico chitarrista di Seattle, Jimi Hendrix. Domenica 14 settembre, al Centro Culturale Kaleidos (via Bologna 1) a Poviglio, si svolgerà la quinta edizione dell'Hendrix Memorial Day, l'evento all'insegna delle chitarre rock più popolari della storia della musica, organizzato da Vintage Autority in collaborazione con l'Amministrazione Comunale – Assessorato alla Cultura e il Centro Kaleidos, nell'ambito del cartellone di "Un'estate povigliese".

Tutto pronto dunque per questa importante manifestazione, che vedrà alle 21 il suo momento clou: sul palco dell'Hendrix Memorial Day salirà il grande chitarrista statunitense Stef Burns.
Stephan Birnbaum, in arte Stef Burns, arriva a Poviglio per un concerto ad alto tasso di energia, in cui il miglior sound rock si mescola a un'esperienza musicale che arriva da lontano: dagli anni '80 in poi, Burns ha collaborato infatti con grandissimi nomi internazionali del rock contemporaneo, da Alice Cooper a Vasco Rossi, passando per Michael Bolton, Berlin e Joe Satriani. Lo stesso Vasco rimase impressionato dal suo sound e, dalla metà degli anni '90, lo volle al suo fianco in numerosi tour. Nel 2012 poi Burns ha inaugurato il suo nuovo gruppo - gli Stef Burns League - affiancato da Roberto Tiranti e Juan Van Emmerloot. Nel 2014, la band ha realizzato il disco "Roots & Wings" con UltraTempo Records, insieme a un tour che ha toccato l'Italia da nord a sud.

Altro special guest all'Hendrix Memorial Day 2014 di Poviglio sarà Nicolò Bossini, chitarrista e cantautore reggiano, che dal 2005 collabora con Luciano Ligabue.
Bossini, insieme alla band di Steff Burns, suonerà chitarre e amplificatori che hanno fatto la storia del suono, per la prima edizione di "The story of the sound", a metà tra mostra e percorso storico - culturale legato alla chitarra, protagonista indiscussa della musica moderna e non.

Dalle 14 alle 24 inoltre sarà possibile visitare la mostra di chitarre vintage della collezione Vintage Autority, oggetti memorabili tra cui le indimenticabili Fender e Gibson, con espositori provenienti da tutta Italia. Alle 17 non mancherà una Clinic a cura di Cristiano Maramotti – direttore artistico dell'evento - ex chitarrista di Piero Pelù, musicista professionista, produttore, collezionista, esperto di chitarre vintage e cultore del suono.

(Fonte: ufficio stampa Kaiti expansion)

Con loro sono ritornati di moda i pois, le camicette allacciate sopra all'ombelico, le gonnelline a ruota per uno stile più bon ton "alla Sandy", ma anche i grandi occhiali "cat eye" e le acconciature alte e stravaganti tipiche delle affascinanti Pin up.

Reggio Emilia, 1 settembre 2014 –
Non so se i vostri nonni vi abbiano mai raccontato di quando da giovani con la brillantina nei capel-li e la giacca di pelle invitavano a ballare, porgendo avanti la mano, timide ragazze con la frangetta, la coda di cavallo e la gonna a ruota, sperando di farle innamorare. Chi ha avuto modo di ascoltare i loro nostalgici ricordi passati saprà che negli anni '50 si ballava tanto e ovunque, fin da ragazzini.
Le piste da ballo erano allora un luogo di ritrovo, di divertimento, dove spesso nascevano nuove amicizie e nuovi amori. La musica non era assordate come nelle discoteche del nostro millennio: si poteva parlare e si riusciva ad ascoltare; il ritmo non era martellante, i passi molto vari e fantasiosi. Si ballava soprattutto in coppia, per il gusto di sentire vicino a sé e stringere, anche se mai troppo, la propria compagna.
Erano i tempi in cui il Boogie Woogie e il Rockabilly erano arrivati in Europa da oltreoceano, get-tando una ventata di allegria e spensieratezza sulle macerie della Seconda guerra mondiale e diven-tando per questo un vero e proprio tormentone per le giovani generazioni, desiderose di tornare a divertirsi con semplicità.
Oggi, 64 anni dopo, nel bel mezzo di una crisi economica e di una sfiducia generalizzata, il mito degli anni '50 con la sua voglia di rinascita, i suoi personaggi immortali e i suoi simboli è tornato a prendere piede nel nostro Paese.
Con loro sono ritornati di moda i pois, le camicette allacciate sopra all'ombelico, le gonnelline a ruota per uno stile più bon ton "alla Sandy", ma anche i grandi occhiali "cat eye" e le acconciature alte e stravaganti tipiche delle affascinanti Pin up.
Sono tornati sugli schermi televisivi i film di un tempo, con le attrici più amate come la romantica Audrey Hepburn o Marilyn Monroe con la sua gonna svolazzante che ha fatto sognare tanti uomini, così come i film che ci hanno sempre fatto sorridere come Grease, andato in onda proprio alcune settimane fa.

RE RocK Roll
Anche a Reggio Emilia nel corso di tutto l'anno l'aria retrò si è respirata in occasione di moltissime serate, nelle principali discoteche della città e della provincia: dai concerti anni '50-'60 al Fuori Orario di Taneto, accolti a braccia aperte da coppie ballerini entusiasti sotto al palco, alle serate a tema al Corallo di Scandiano, dove automobili d'epoca venivano sistemate sulla pista per permette-re al pubblico di calarsi ancora di più nel passato.
E poi ci sono state le serate estive in centro storico, rallegrate dalle musiche live dei Boogie Airli-nes, la band rock'n'roll che da anni fa scatenare grandi e piccoli in tutto il nord Italia. Proprio come è successo in occasione di un Mercoledì rosa di fine luglio, quando un gruppo di ballerini di tutte le età in una piccola striscia di selciato tra il palco e il pubblico non hanno resistito alla tentazione di volteggiare a ritmo di contrabbasso, pianoforte, batteria e chitarra.
Per chi non conosce i passi del Boogie e dunque si ritrova seduto su una sedia a osservare, la scena che si ritrova innanzi è una fotografia d'epoca: ogni ballerino è vestito rigorosamente a tema, nes-suna coppia fa la stessa coreografia: c'è chi prova disegni stravaganti come la sforbiciata in aria e chi invece mentre balla fa volteggiare in aria la gonna della propria compagna. C'è chi è più anzia-no ma non disdegna l'accompagnamento di una ragazza più giovane e i più piccoli, che anche non conoscendo i passi, si buttano nella mischia.
Non in ultimo, la mania degli anni '50 ha fatto irruzione anche in molte scuole di danza di Reggio che hanno visto raddoppiare le iscrizioni di principianti ai corsi di Boogie e Rockabilly.
Noi abbiamo incontrato Monica insegnante di Boogie della scuola di danza Arcadia, assieme al ma-rito Mauro, per cercare di capire come mai negli ultimi tempi sia scoppiato questo fenomeno.

1) Anche lei ha avuto la percezione che negli ultimi anni il mito degli anni '50 sia ritornato in voga?

Sì, assolutamente. Non conosco il reale motivo per il quale il così detto fenomeno anni '50 abbia preso così piede negli ultimi tempi, quel che è certo è che da un paio di anni tra il "Summer Jambo-re", festival anni '50 a Senigallia, dove per un week-end la città ritorna al passato, tra serate a tema, con le macchine d'epoca e le vetrine allestite in stile retrò, e il fatto che l'offerta delle scuole di danza che insegnano questa disciplina siano raddoppiate, in molti si sono riscoperti amanti dei tem-pi passati.
Che dire? Sarà il mito dell'intramontabile Grease, sarà perché la musica anni '50 è coinvolgente e aiuta a divertirsi senza pensare troppo. Sarà perché il Boogie, nonostante abbia le sue regole non è un ballo eccessivamente rigoroso, si può spaziare in libertà e godersi il ritmo. E sarà senz'altro an-che per la bellezza dei vestiti a pois e delle gonne a ruota molto usate anche dalle giovanissime.

2) Il numero di iscritti ai vostri corsi di Boogie e Rockabilly hanno confermato questa rinata passione per gli anni 50-60?

Sì, effettivamente abbiamo avuto un incremento delle iscrizioni. Solo i principianti quest'anno era-no tantissimi, ben 35, con una media di età molto più bassa del solito. Abbiamo avuto un boom di ragazze contro gli adulti di 40-45 anni che solitamente chiedevano di iniziare lo studio di questa di-sciplina.

3) E i maschi?

Diciamo che di uomini tra i principianti non ne abbiamo tantissimi, forse perché si vergognano a iniziare, hanno un po' paura di essere presi in giro dagli amici, solo perché non praticano sport più classici, come ad esempio calcio ma vanno a scuola di danza. Una volta però che prendono corag-gio e provano, si innamorano del Boogie e non vogliono più smettere.

4) Ho assistito a un paio di dimostrazioni di ballo in piazza e ho notato che il Boogie è un tipo di danza che coinvolge molto, cosa offre questa disciplina in più rispetto alle altre?

È un tuffo nel passato ma soprattutto è un ballo che permette di fare amicizia molto facilmente. La filosofia che sta dietro il Boogie ma anche gli anni '50 è quella di stare assieme, di divertirsi con cose semplici. Ci sono i saggi di fine anno sì, le gare per i ballerini che fanno agonismo, ma per noi è anche importante andare a mangiare il pesce con tutto il gruppo al termine dei corsi o trovarci a ballare in ogni occasione possibile, alla base di tutto c'è il divertimento.

5) Lei quando ha iniziato a ballare?

Io ho iniziato a ballare esattamente il 9.9.1990. Ti sorprende eh che mi sia ricordata la data? Mio marito Mauro ballava già da tempo, io volevo provare da tanto così ho deciso di seguirlo e mi sono lanciata. Da quel giorno non ho mai smesso.

6) Che caratteristiche deve avere un ballerino/a per potersi dilettare in Boogie o Rockabilly?

Nessuna. Basta che gli piaccia la musica e il genere. Può essere anche una persona priva di una grossa familiarità con la danza ma se è spinta dalla passione per quest'epoca e per questi passi, im-parare diventa molto più facile.

Olivia Newton John John Travolta

Giulia Rossi

Il trombonista Michele Pavese con i suoi Roman Dixieland Few Stars inaugura venerdì 5 settembre l'edizione 2014 del festival Rimini Jazz -

Parma, 28 agosto 2014 -

Venerdì 5 settembre sarà il trombonista Michele Pavese con i suoi Roman Dixieland Few Stars a inaugurare l'edizione 2014 del festival Rimini Jazz, che proseguirà poi sabato 6 e domenica 7, per un intero weekend dedicato al jazz delle origini, dal dixieland allo swing. I concerti si terranno tutti al Teatro Novelli di Rimini con inizio alle ore 21 (biglietto euro 10; abbonamento alle tre serate euro 20).

Pavese è una 'vecchia' conoscenza degli appassionati di jazz tradizionale che da anni si danno appuntamento al festival Rimini Jazz: è infatti già stato ospite della manifestazione, sempre con i Roman Dixieland Few Stars, che però ora si presenteranno con una formazione quasi completamente rinnovata sia nella front-line dei solisti che nella ritmica. Oltre al leader, le nuove 'stelle romane del dixieland' sono Paolo Petrozziello (tromba, voce), Gianni Sanjust (clarinetto), Riccardo Biseo (pianoforte), Gianluca Galvani (susafono) e Lucio Turco (batteria).
Rimini Jazz è organizzato dall'Associazione Culturale Riminese "Amici del Jazz" in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna e la Camera di Commercio di Rimini, con il patrocinio del Comune di Rimini, oltre che con il sostegno di diversi sponsor privati.

Michele Pavese, trombonista e leader dei Roman Dixieland Few Stars, è in attività come musicista dal 1971, prima con la Old Time Jazz Band di Luigi Toth e successivamente con il Southern Jazz Ensemble. Per circa venti anni ha militato nei gruppi di Carlo Loffredo, esibendosi sia in Italia che all'estero e partecipando a innumerevoli spettacoli televisivi e radiofonici. Assieme a Loffredo ha suonato al fianco di vere stelle dello spettacolo e del jazz quali Liza Minnelli, Danny Kaye, 'Wild' Bill Davison, Albert Nicholas e Tony Scott. Importanti sono state anche le sue collaborazioni stabili con i gruppi di Romano Mussolini e Lino Patruno, entrambe iniziate nel 1984.
Nel 1982 Pavese ha fondato la band Roman Dixieland All Stars, nella quale sono transitati prestigiosi nomi del jazz italiano come Gegè Munari, Cicci Santucci, Gianni Sanjust, Giorgio Rosciglione. È da questo organico che deriva l'odierna formazione dei Roman Dixieland Few Stars, il cui repertorio è costituito da brani che rappresentano la storia del jazz classico lungo un arco di una cinquantina di anni, partendo dalle origini (con i tipici funerali di New Orleans, gli spiritual, il blues) sino ad arrivare a Chicago, lo swing, Gershwin e Duke Ellington. Durante lo spettacolo di questa band, le esecuzioni musicali si alternano a note storiche, curiosità, aneddoti sul jazz delle origini.
Oltre all'attività jazzistica, Pavese ha partecipato come solista a fortunate trasmissioni televisive di Renzo Arbore (Cari amici vicini e lontani e Quelli della notte), ottenendo con l'orchestra "I senza vergogna" il Telegatto televisivo per le sigle e un disco d'oro per l'enorme numero di dischi venduti.

Informazioni: Associazione Culturale Riminese Amici del Jazz Tel.: 0541 51011 / 0541 52206 www.riminijazz.it

(Fonte: ufficio stampa Rimini Jazz)

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