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Domenica, 27 Maggio 2018 08:54

Le semplificazioni pericolose.

Una settimana politica all'insegna del gossip da rotocalco rosa camuffato da "Tribuna Politica".

di Lamberto Colla Parma 27 maggio 2018 -

Tra una minaccia di "Spread" e una promessa di opporre resistenza in tutti i modi all'esecutivo che sarà guidato da Giuseppe Conte, molto tempo e molte risorse sono state dedicate a scandagliare il curriculum del professor Conte. Inviati della grandi testate TV che facevano bella mostra davanti agli ingressi delle prestigiose università di Yale e di Cambridge a raccontare che le segreterie degli istituti non avevano risposto alle loro domande, glissando con "le faremo sapere", piuttosto che vantare ragioni di privacy, insomma tutte informazioni che i cronisti avrebbero potuto ottenere con una semplice telefonata.

Il Gossip in tutte le salse, anche quelle teoricamente più serie, ormai fa venire il voltastomaco. Così come non se ne può più di "curriculum" troppo sovraesposti. Ma se il neo "premier" è caduto nella trappola della vanità, la Ministra dell'Istruzione Valeria Fedeli quel titolo accademico non l'ha mai avuto e la Ministra Madia sembrava fosse stata sgamata, da un giornalista con software antiplagio, per avere trovato una strada più rapida per compilare la propria tesi di laurea.

Ma in questi due casi, se non fosse stato per la "rete", i giornali, gli stessi che in questi giorni hanno sparato contro Conte, non avevano dato risalto alle notizie e tantomeno avevano riempito le prime pagine degli straordinari scoop.

Un secondo processo, alle intenzioni questa volta, che si è consumato negli ultimi giorni, è sulla figura del potenziale ministro all'economia etichettato di euroscetticismo, quel Paolo Savona (classe 1936) che già dal 1980 frequenta i dicasteri dell'industria e dell'economia della prima e seconda repubblica.

Una lunga carriera da economista e politico saldamente europeista, ricordiamo che è stato Ministro dell'Industria nel Governo Ciampi (1992-1993), fu membro dell'OCSE e Vice Presidente di Capitalia (ai cui vertici c'era il plenipotenziario Geronzi), ma anche Capo dipartimento alle Politiche comunitarie nel Governo Berlusconi (2005), e come anticipato, già nel 1980 era stato Segretario Generale della Programmazione Economica al Ministero del Bilancio, per il solo fatto di avere dichiarato che l'Europa attuale ha tradito i principi fondanti e che sarebbe opportuno riportarla all'era Pre-Maastrticht, ecco che di colpo è diventato nemico dell'Europa.

Non è che per caso l'Europa si oppone a Savona per la sua posizione contro il ruolo egemonico della GermaniaSe così fosse il "teorema Savona" sarebbe verificato. E infatti, tutta la stampa tedesca che conta, ha usato toni allarmati del tipo l'uomo "che odia la Germania" o "L'Italia vuole un nemico della Germania al governo" (Ansa).

Insomma, un'ulteriore conferma che l'Unione Europea non si può nemmeno criticare (men che meno la Germania) e che questo sarebbe addirittura più grave di una consolidata appartenenza del professor Savona a quell'establishment (Banche e politica) così fortemente contrastato, almeno a parole, dai grillini, dai rottamatori renziani e dai leghisti.

Insomma, la frizione tra il Presidente Mattarella (a favore delle critiche UE) e i partiti che hanno proposto Giuseppe Conte (sostenitori incalliti di Paolo Savona) non lascia intravedere nulla di buono. Una legge, non scritta, dice di non andare mai contro il Presidente della Repubblica. La storia politica della prossima settimana è già scritta dal titolo: "Crisi di un Governo mai nato".

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Domenica, 20 Maggio 2018 08:51

Primi segnali dai padroni del mondo

La Germania può permettersi 6 mesi di tempo per comporre il nuovo governo senza che nessuno fiati, mentre l'Italia due mesi sono troppi soprattutto se son serviti a confezionare un Governo sgradito all'UE. Ecco i primi segnali di insofferenza.

di Lamberto Colla Parma 20 maggio 2018 -

Il popolo italiano ha votato ma non bisognerebbe tenerne conto. Questo sembra essere il messaggio proveniente dalla alte sfere europee e reinterpretato in Italia dalla sinistra appena sconfitta. Fin qui ci sta che il bruciore della sconfitta possa accendere la voglia di una opposizione dura sin sulle intenzioni. Meno auspicabile invece che il Presidente della Repubblica si vesta da censore e lasci intendere che possa bocciare il compitino che i due giovani leder hanno concluso di confezionare venerdi scorso. .

Così, da un lato il Presidente della Repubblica si rifà, peraltro sbagliando come ha ben evidenziato Antonio Socci su Libero.it, a Einaudi per attribuirsi la sua libertà di una scelta originale e diversa da quella uscita dalle urne, dall'altro i "padroni del mondo" che cominciano a lanciare i primi segnali di insofferenza facendo recapitare ben 4 procedure di infrazione.

Proprio nei giorni di formazione probabile di un governo "populista" come dicono a Bruxelles, ecco che alla Corte Europea di Giustizia si svegliano e, come una bomba a orologeria, lanciano i primi 4 segnali per altrettante infrazioni: il primo è per il costante superamento dei limiti di inquinamento da particolato Pm10  in diverse aree urbane; il secondo per la mancata trasmissione del programma nazionale per l'attuazione della politica di gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi; il terzo per il mancato recepimento della direttiva del 2012 sulle prescrizioni tecniche relative agli esami effettuati su tessuti e cellule umani (2012/39/Ue); e, infine, l'ultimo per la mancata o inefficace esecuzione nelle province di Brindisi e Taranto delle misure sul contenimento della «Xylella fastidiosa».

Un'abbondanza di segnali che si sommano al fuoco di sbarramento alzato dai giornali di regime che attribuivano all'operato di Maio e Salvini l'aumento dello spread a 150-160 (ancora molto basso rispetto al 600-650 dei tempi di Berlusconi), la perdita del -2,5% della Borsa e addirittura la risalita del prezzo del greggio britannico (BRENT).

Giusto per fare un po' di chiarezza almeno su questi ultimi punti:
- lo spread è ancora in un alveo di oscillazione "naturale";
- il cedimento della borsa registrato è stata la naturale conseguenza alla notizia del superamento della soglia di 2.300 miliardi di euro di debito pubblico (+17 miliardi sul mese precedente);
- la risalita del petrolio è un fatto naturale tant'è che da diversi mesi sta tentando di risalire dopo il crollo a 40$ dai 120 che era. Un crollo che mise in ginocchio il Venezuela avendo un costo di estrazione altissimo, prossimo a 90$/bar. Il Brent è arrivato a 80$ e il WTI a 71$/barile. Purtroppo la benzina ha subito seguito il nuovo andamento, così come le nostre originali accise.
La domanda legittima è quanto costeranno i carburanti quando il WTI tornerà a 120$/Barile come nel 2012-2013 o addirittura a 140$ come nel 2008?

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Sulle quattro infrazioni contestate stendiamo un pietoso velo, mentre altrettanto non si può verso le affermazioni di Mattarella quando si paragona a Einaudi.

L'azzardo è stato ben spiegato da Antonio Socci di cui riporto una parte del suo articolo invitando a leggerlo per intero (clicca qui).

"Così Mattarella vorrebbe legittimare il singolare annuncio di un «governo neutrale» da lui stesso plasmato e così vuole pure rivendicare il potere di scelta del presidente del Consiglio e dei ministri. Ma davvero Einaudi nominò un presidente del consiglio (Pella) infischiandosene delle indicazioni del partito maggiore, la Dc, e del voto degli elettori? Nient'affatto. Anzi, Einaudi fece l'esatto contrario di quello che sta facendo Mattarella. Nelle elezioni del 1953 la Dc uscì vittoriosa, ma aveva dei problemi politici per formare una maggioranza di governo.

Einaudi dette comunque l'incarico al leader della Dc, De Gasperi, sebbene non avesse sulla carta il 51 per cento del Parlamento. Come scrive Gianni Baget Bozzo, «il nuovo governo De Gasperi si presentò alle Camere senza alcuna maggioranza precostituita» sperando di ricevere appoggi parlamentari «fuori di un'intesa generale»."

La prossima settimana dobbiamo esser pronti a tutto, anche che il Presidente Mattarella bocci il compito in classe di Salvini - Di Maio e decida per un Governo "alternativo", sostenuto dagli UEmanoidi.

Non ci resta che attendere e sperare che la volontà della maggioranza venga rispettata, altrimenti altro che euroscetticismo, si passerebbe al euroidiosincrasia ...

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Domenica, 13 Maggio 2018 08:33

Il Governo “populista”

Si prospetta il "Governo Populista" che l'Europa non avrebbe mai voluto. Il silenzio degli oppositori al "Grillismo" e a Salvini è molto sospetto. Che si stia preparando un trappolone?

di Lamberto Colla Parma 13 maggio 2018 -

La minaccia di un nuovo Governo tecnico o del Presidente infarcito di burocrati in ogni dicastero ha convinto i "Vincitori" del 4 marzo a allearsi con il beneplacito di Berlusconi che, facendo un passo indietro, ha salvato baracca e burattini, coalizione compresa.

Lo spauracchio di Bruxelles, ovvero un governo dei populisti, si è invece avverato senza che particolari polemiche o paure si siano levate né dall'interno del Paese e tantomeno dalla nutrita schiera di oppositori dei grillini e di Salvini in seno all'UE.

Se fossi nei due giovani leader mi preoccuperei. Quest'assordante silenzio potrebbe essere prodromico a qualche feroce trappolone che i loro nemici, interni e esterni ai confini italici, potrebbero essere in procinto di far scattare.

Voglio accennare a come era stata particolarmente critica, all'indomani delle elezioni del 4 marzo, la stampa europea. Il quotidiano economico britannico Financial Times, in un editoriale dedicato parte dal possibile ritorno al governo di Silvio Berlusconi, dichiarava che "L'Italia si merita di meglio".
L'altra testata inglese, Telegraph, aveva affidato le sue osservazioni addirittura all'ex capo delle strategie della Casa Bianca Steve Bannon come inviato a Roma per registrare "il più grande avvenimento politico del momento" reputando come il voto italiano abbia espresso un'avanguardia e una vittoria del movimento sovranista, più della Brexit e più di quanto sia accaduto negli Stati Uniti con Trump".

La Spagna, con El Mundo parlava di confusione e instabilità, mentre l'altro giornale iberico spagnolo, Abc, auspicava una grande coalizione che vedesse emergere Gentiloni, ma soprattutto Tajani, attuale presidente del parlamento Europeo, capace, a loro dire, di porre un freno alla corrente euroscettica di Salvini e Di Maio.
Infine il tedesco Handelsblatt rimarcava sull'assenza di un vero vincitore e sulla lotta per il potere che i partiti anti-Ue si prestano a combattere.

Un gran rumore per nulla perché, dopo 60 giorni di manfrine, ecco che l'impossibile si è avverato e il profetico murales che tanto scalpore fece, oggi diventa l'icona di questo nuovo, strano e chissà, auguriamocelo, Buon Governo!

Comunque, il "bacio" definitivo è rimandato a lunedi perché, come insegna la saggezza popolare, "Né di venere, né di marte. non si sposa né si parte, né si dà principio all'arte".

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Domenica, 29 Aprile 2018 08:03

Il Totogoverno.

Dopo la prossima scissione PD, che potrebbe consumarsi mercoledi 2 maggio, non resterà che fare un contratto di Governo tra Movimento 5 Stelle e Gruppo Misto. Di Maio sarà finalmente Premier e Mattarella darà un Governo all'Europa ma non agli italiani.

di Lamberto Colla Parma 29 aprile 2018 -

Ormai sono trascorsi due mesi dalle elezioni del 4 marzo ma di un Governo, che possa soddisfare le aspettative del popolo italiano, non c'è manco l'ombra.
I due esploratori, mandati in campo dal Presidente Mattarella, dopo che la trattativa privata tra Di Maio e Salvini non aveva prodotto nulla se non dei paletti irremovibili da una o dall'altra parte, non sembra abbiano portato a nulla.

Certamente non hanno avuto alcun esito positivo i colloqui condotti da Maria Elisabetta Alberti Casellati che, almeno a livello teorico, avrebbe dovuto intercettare i punti di comunione sui quali far convergere le aspettative M5S e Coalizione di Centro Destra.

Non più efficace, nonostante le ottimistiche dichiarazioni ufficiali, sembra essere stato il risultato esplorativo del presidente della Camera Roberto Fico.
Rappresentante della quota di sinistra del movimento, Fico è anche il testimonial dell'ala più rigida e intransigente del Movimento di Grillo e Casaleggio.
Il suo tentativo, c'è da scommetterci, è stato di cercare una convergenza operativa tra M5S e PD, gli stessi che avevano fortemente contestato anche a male parole, sulla rete e nelle dichiarazioni ufficiali sino a poche ore prima.

Invece, con la scusa del "Contratto di Governo" tutti quanti avrebbero dovuto turarsi il naso, incoronare Luigi Di Maio premier e costituire un Governo M5S e PD. E qualcuno all'interno del PD sarebbe pure contento.

"Il dialogo è stato avviato" - ha commentato Fico al termine del colloquio con Mattarella, "Il mandato esplorativo che mi ha affidato il presidente della Repubblica ha avuto un esito positivo". Ed ora occorre attendere i risultati della direzione del PD, convocato per mercoledi 2 maggio, che vedrà scontrarsi la stragrande maggioranza renziana, contraria a un accordo con M5S, e i residuali scissionisti che caldeggiano una continuità governativa anche al fianco dei "grillini" antiberlusconiani.

Si prospetta quindi una nuova e definitiva epurazione del PD che, grazie a queste consultazioni, potrebbe restare totalmente in mano a Renzi e ai suoi discepoli, completando definitivamente la "rottamazione" della sinistra più tradizionale, ancora albergata all'interno del partito di derivazione Ulivista di Romano Prodi.

A questo punto non resterà che fare sottoscrivere un "accordo" tra M5S e gruppo misto per fare decollare un "Governo del Presidente", ma non del Popolo e, con la scusa di modificare la legge elettorale, il nuovo esecutivo resterà in carica sino a fine legislatura.

Vorrei essere smentito dai fatti, ma ho difficoltà a credere che riusciranno a creare un Governo di Scopo per giungere a nuove elezioni entro l'autunno.

Avremo, con buona probabilità, un Governo, provvisorio (all'italiana, quindi permanente), zoppo e incapace.

Tutto ciò che gli elettori, da sinistra a destra per passare dal M5S, non hanno espresso nelle ultime elezioni.

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Il Presidente parteciperà alla giornata nazionale di mobilitazione indetta dall'Unione Province italiane. Fritelli: "Tutti uniti per difendere i servizi e la sicurezza dei nostri concittadini. Oggi resta sul nostro territorio solo il 3% delle tasse provinciali."

Parma, 16 maggio 2017

Il Presidente della Provincia di Parma Filippo Fritelli parteciperà giovedì 18 maggio a Roma, al teatro Quirino, alla giornata nazionale di mobilitazione indetta da Upi (Unione Province d'Italia), con delegazioni provenienti da tutte le Province italiane, insieme al presidente di Anci (Associazione nazionale Comuni d'Italia) e ai rappresentanti delle forse economiche e sociali.

"Condividiamo in pieno la mobilitazione promossa dall'Unione Province d'Italia a difesa dei servizi e della sicurezza dei cittadini – spiega Fritelli – Come denunciato con forza da Upi, le misure finanziarie previste dal decreto legge 50/2017 per le Province sono del tutto insufficienti, e la situazione finanziaria degli enti territoriali è ormai drammatica. Occorre che tutti gli amministratori delle Province italiane, al di là dei singoli schieramenti, siano compatti nel chiedere a Governo e Parlamento di darci le risorse per rispondere alle esigenze delle nostre comunità, in primis scuole superiori e strade provinciali. Occorrono parametri certi per identificare i fabbisogni finanziari reali e occorre destinare alle Province le risorse sufficienti per far fronte ai compiti che ci sono assegnati. Voglio ricordare che alle Province ad oggi resta solo il 3% dei tributi locali, cioè delle tasse dei cittadini residenti sul proprio territorio."

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Provincia di Parma - Ufficio stampa
Tel. 0521 931 583
www.provincia.parma.it  - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

Domenica, 05 Febbraio 2017 12:01

Ormai ci siamo. Il cappio verrà stretto al collo.

Sospesi tra il rischio di una "Amministrazione di Sostegno" e l'attivazione delle clausole di salvaguardia. Nell'incertezza, pur di scongiurare il commissariamento UE, Padoan e Gentiloni potrebbero decidere per l'aumento delle accise, delle sigarette e un ritocchino all'IVA potrebbe essere comunque plausibile.

di Lamberto Colla Parma 05 febbraio 2017
"Cuor di leone" Pier Carlo Padoan, Ministro dell'Economia e Finanze, si dice molto preoccupato nel caso dovesse essere avviata una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia da parte dell'UE.
3,4 miliardi (0,2% del Pil) è la quota da recuperare per rientrare entro i parametri di bilancio europei e, posto che è stato raschiato il barile ma non i conti pubblici, ecco che anche questa, seppur minima, dotazione di euro risulta difficile da recuperare.

Entro il 1 febbraio l'Italia avrebbe dovuto rispondere alla Commissione UE circa la copertura di tale scostamento economico e così, diligentemente, è stato fatto ma con una letterina all'acqua di rosa che di fatto rinvia la risposta al 13 di febbraio.
Una "non risposta" che non è stata gradita dagli UEmanoidi di Bruxelles i quali potrebbe fare scattare una sorta di "amministrazione di sostegno" per i nostri vertici istituzionali.
Il commissariamento Ue sarebbe uno smacco enorme per il "Conte" & C. e così, l'unica soluzione che troveranno, dopo avere colpevolizzato l'UE, sarà quella di fare scattare le clausole di salvaguardia e il conseguente aumento dell'IVA.

Una soluzione che mortificherà ancor più i consumi interni deprimendo l'economia invece di incentivarla attraverso politiche favorevoli al lavoro e perciò introducendo agevolazioni fiscali e non inasprimenti.

Invece, pur di scongiurare la procedura di infrazione, che andrebbe a gravare sul monte degli interessi passivi, a via XX Settembre potrebbero pensare di aumentare le accise (anche se Renzi le aveva inibite con l'intento di ridurle), l'aumento delle sigarette senza escludere qualche ritocco alle aliquote IVA.
Tutto il contrario di quello che sarebbe necessario a una ripresa economica che, una volta innescata, garantirebbe anche un maggior gettito fiscale. Niente di tutto ciò e così anche le ultime Piccole e Medie imprese in salute appenderanno il cartello "Saldi" spianando definitivamente la strada alla conquista "barbara".

Questo è il risultato per non aver affrontato la crisi sin dalle origini del 2008. E così, Francia e Germania sono venute a fare spesa a buon mercato delle imprese italiane, l'India invece dei nostri marchi di prestigio (uno per tutti "Pininfarina" acquistata da Mahindra) e a noi non resta che ciucciare l'osso.

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Il gruppo, nato su Facebook, conta migliaia di iscritte che chiedono al Governo la possibilità di andare in pensione a 57 anni di età e 35 di contributi anche dopo la fine del 2015 per conciliare famiglia e lavoro. Stilato un "manifesto" in cinque punti con le richieste, che sono state mandate anche al Presidente della Repubblica Mattarella e al Ministro del Lavoro Poletti.

MODENA- Si chiama "Opzione Donna Proroga al 2018" ed è un gruppo nato su Facebook lo scorso luglio, ma che conta già diverse migliaia di iscritte, di cui molte emiliane.
Creato da Germana Giani, a cui si sono aggiunte la amministratrici Vania Barboni, Giulia Molinaro e Maria Antonietta Ferro il gruppo, che ha già all'attivo diverse iniziative e manifestazioni in tutta Italia, chiede, a nome di tutte le iscritte "che il Governo dia alle donne lavoratrici la possibilità di andare in pensione a 57 anni di età e con 35 anni di contributi anche dopo la fine del 2015", spiega Maria Antonietta Ferro.

In poco tempo sono state raccolte migliaia di adesioni, tanto da attirare l'attenzione di media . Nel gruppo oltre alle lavoratrici dipendenti, si ritrovano anche molte lavoratrici autonome, per le quali la richiesta, al passo con la sperimentazione 243/2004, è di poter andare in pensione a 58 anni di età e sempre con 35 anni di contributi alle spalle, oltre la soglia del 2015.

Opzione donna 2018 ha messo nero su bianco un programma di 5 punti, riuniti in una sorta di "manifesto", che è stato inoltrato, nei mesi scorsi, alla Commissione Parlamentare del Lavoro proprio allo scopo di spiegare nel dettaglio le ragioni delle lavoratrici. Questi 5 punti sono anche il leit motiv delle numerose manifestazioni e iniziative che, portate avanti e sostenute con garbata tenacia, non sono passate inosservate nemmeno da parte delle istituzioni governative.

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Le richieste prendono le mosse dalla legge Maroni 243/2004, ritenuta da molte lavoratrici positiva perché, come sostengono le iscritte, "ha permesso di poter conciliare famiglia e mondo del lavoro".
Come scrivono le stesse sostenitrici della legge, e come già riportato da www.stamptoscana.it", in Italia le donne ancora oggi rivestono un ruolo di caregiver e rappresentano l'unico ammortizzatore sociale in un welfare pressoché inesistente". Ecco che, allora,"potersi dedicare a nipoti, familiari disabili, genitori anziani, uscendo anticipatamente dal lavoro con la certezza di un reddito fisso, è divenuta un'esigenza. A 57/58 anni diviene difficile poter continuare a svolgere bene entrambe le mansioni dentro e fuori casa. L'opzione donna sarebbe dunque l'unica ancora di salvezza per le lavoratrici che sono in queste situazioni particolari o hanno esse stesse problemi di salute".

Altro argomento "forte" delle lavoratrici, riguarda la sostenibilità sociale delle stesse. Infatti, la proroga del regime sperimentale fino al 31/12/2018 consentirebbe a chi non ha più un lavoro certo di non dover divenire un peso per la società. Concedendo una pensione a 57 anni, peraltro ampiamente guadagnata e sostenuta dai 35 anni di contributi, ci si troverebbe a non dover ricorrere a eventuali sussidi di disoccupazione o ammortizzatori sociali. Senza contare poi che allo Stato, nel lungo periodo, conviene pure: infatti, andrebbe incontro a notevoli risparmi dal momento che l'assegno verrebbe calcolato col sistema contributivo.

Che dire poi del ricambio generazionale? La disoccupazione giovanile è alle stelle, ma non si "liberano" posti mandando in pensione i "vecchi" lavoratori. Se davvero si vuole il turnover tra anziani e giovani, la scelta dovrebbe essere dettata dal semplice buonsenso.

Il punto più importante, riguarda la libertà di scelta. L'opzione deve rimanere tale. Intesa ,cioè, come libertà di scelta sulla propria vita e sul proprio futuro. Sono molte, infatti, le donne, che rinuncerebbero a una quota importante dell'assegno mensile, pur di accedere alla pensione anticipata, senza per questo ledere il diritto sacrosanto di altre lavoratrici di scegliere altrimenti.

Sulla base dei "5 punti" sono state inviate due lettere, rispettivamente al Presidente della Repubblica Mattarella sia al Ministro del Lavoro Poletti.
E proprio al Ministero del Lavoro, all'inizio di ottobre, una delegazione formata da due amministratrici e un' iscritta ha incontrato due esponenti dello staff del Ministro Poletti. In quell'occasione, sono state date loro rassicurazioni generiche sul fatto che le proposte verranno prese in considerazione.

Come si legge in alcune note del gruppo, mettere mano alle pensioni non è una semplice questione contabile o finanziaria, perché "ad andarci di mezzo" è la vita vera, quella più gelosa e intima delle persone, tra l'altro in periodi dell'esistenza in cui si comincia a essere più "indifesi".
Ma se "non ci sono le risorse?". "Obiezione classica, sospirano le donne, "Ecco il suggerimento: una seria spending review, che ad esempio dimezzi radicalmente i costi della politica. Dal canto nostro, ecco la proposta che ci sentiamo di fare: si eliminino le trattenute previdenziali dai nostri stipendi e si lasci a noi la scelta di come investire sulla nostra previdenza".

Capaci e determinate, le donne sono ben decise a "non farsi prendere in giro". Ciò cui si riferiscono sarebbe l'ipotesi, circolata da qualche tempo, che riguarderebbe l'innalzamento dell'età minima di Opzione donna a 62 anni e 35 di contributi. Due enormi iniquità, secondo il Gruppo, come scrivono al ministro Poletti, "che andrebbero ad aggiungersi alle già tante e vistose che si sono accumulate negli anni sul nostro sistema pensionistico, come dichiarato dal Prof. Boeri all'atto del suo insediamento alla Presidenza dell'Inps".

La prima obiezione riguarda la "totale assenza di gradualità tra l'Opzione Donna 57+35 e quella ventilata 62+35. Un baratro di ben 5 anni che andrebbero a sperequare le donne nate magari a distanza di pochi giorni una dall'altra". Inoltre, se si alzasse l'età a 62 anni, che ne sarebbe del principio fondante di Opzione donna (occuparsi di genitori anziani e nipotini)? Le ragioni anagrafiche ne farebbe giustizia
La seconda obiezione: se l'ipotesi avanzata contenesse (come sembrerebbe) la "rigidità dell'Opzione 62+35", si avrebbero alcune donne in pensione anticipata con 35 anni di contributi, ma molte altre che, a 62 anni, supererebbero abbondantemente i 40.
La campagna di Opzione Donna 2018 continua. In alcuni video e fotografie pubblicate sui social, molte delle iscritte ci hanno letteralmente "messo la faccia", raccontando le loro storie. Inoltre, sono stati istituiti presidi davanti alle Prefetture di tutta Italia a sostegno delle loro ragioni. E in attesa di una risposta dal Presidente Mattarella, sono in calendario altre iniziative, tra cui una gentile, ma fermissima, manifestazione a Roma.

Tazzina

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Legge di Stabilità: approvati Fondo Latte di Qualità, interventi su credito e sgravi contributivi per comparto agricolo, 30 milioni per la cassa in deroga nel settore pesca. 12 milioni di euro per il fondo indigenti.

Roma - Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che il maxiemendamento alla Legge di Stabilità, presentato dal Governo e approvato dal Senato, contiene misure rilevanti per il comparto agroalimentare e la pesca. In particolare, si introducono sgravi contributivi per le aziende agricole, la possibilità per l'Istituto Ismea di anticipare gli aiuti europei della Pac agli agricoltori, la creazione del Fondo Latte Qualità e lo stanziamento di 30 milioni di euro per il finanziamento della cassa integrazione in deroga nel settore della pesca. Inoltre, viene potenziato il fondo nazionale indigenti gestito da Agea, con la collaborazione degli Enti caritativi, con una dotazione finanziaria di 12 milioni di euro.

Ora la manovra torna alla Camera per l'approvazione definitiva da parte del Parlamento.
"Diamo un segnale importante al mondo dei produttori di latte, anche in vista della conclusione del regime delle quote - ha dichiarato il Ministro Martina - con l'istituzione del Fondo Latte Qualità. Passiamo dalle parole ai fatti, stanziando 110 milioni di euro per il triennio 2015-2017, che serviranno per interventi mirati al miglioramento qualitativo del prodotto italiano. Abbiamo esteso ulteriormente gli sgravi contributivi per le aziende agricole e consentito che l'Ismea possa anticipare i contributi europei alle imprese, come succede in altri Paesi come la Francia. In questo modo gli agricoltori potranno avere l'anticipo del 100% degli aiuti a giugno come previsto dal nostro piano per la semplificazione 'Agricoltura 2.0'. Non facciamo mancare il nostro sostegno anche al settore della pesca con la conferma di 30 milioni di euro per il finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga."
"Con una dotazione finanziaria più ampia del fondo indigenti, poi, avremo la possibilità di mettere in campo più azioni per dare risposte concrete a 6 milioni di cittadini in difficoltà nel nostro Paese, perché l'assistenza alimentare è un dovere del Governo - ha concluso Martina - . Non si tratta solo di vincere la fame e lottare contro l'emergenza, ma costruire un sistema che funzioni e sia davvero al servizio di chi soffre di povertà alimentare".


LE PRINCIPALI NOVITÀ NEL SETTORE AGRICOLO E NELLA PESCA
Fondo Latte Qualità


Viene prevista l'istituzione di un Fondo per gli investimenti nel settore lattiero caseario, attraverso il sostegno alla produzione con una dotazione finanziaria di circa 110 milioni di euro (8 milioni per il 2015, 50 milioni di euro all'anno per il 2016 e 2017). Gli obiettivi:- incremento della longevità;- miglioramento degli aspetti relativi al benessere animale;- studio della resistenza genetica alle malattie;- rafforzamento della sicurezza alimentare;- riduzione dei trattamenti antibiotici.Alle imprese che aderiscono al piano viene concesso un contributo secondo le regole del de minimis, quindi fino ad un massimo di 15.000 euro per le aziende agricole e fino ad un massimo di 200.000 euro per le aziende che, oltre alla produzione primaria, operano anche nella trasformazione e commercializzazione.Nell'attuazione sono previsti criteri favorevoli alle imprese condotte da giovani e a quelle nelle zone montane.

Sgravi contributivi per le aziende agricole
Vengono destinati 45 milioni di euro per il periodo 2015-2019 per sgravi contributivi alle aziende agricole per l'incentivo di nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato. In particolare, vengono estese le misure per gli sgravi contributivi relative alle assunzioni a tempo indeterminato (esonero totale del versamento dei contributi per i nuovi assunti a tempo indeterminato per 36 mesi fino a un massimo di 8.060 euro annui per lavoratore) che nel testo originario prevedevano l'esclusione del settore agricolo. Tale incentivo riguarderà i lavoratori agricoli che nell'anno precedente siano stati assunti con contratto a tempo determinato con un minimo di 250 giornate di lavoro.


Rafforzato ruolo Ismea: potrà anticipare aiuti Pac ad agricoltori che ne faranno richiesta
Tra gli interventi di rafforzamento del ruolo dell'Istituto ISMEA, viene prevista la possibilità che l'Istituto possa erogare in anticipo gli aiuti legati alla Politica agricola comune agli agricoltori che ne faranno richiesta al momento della presentazione della Domanda. La norma, infatti, rimuove il divieto erogazione di anticipazioni finanziarie, a fronte della cessione di contributi europei per il settore agricolo, in favore degli agricoltori beneficiari dei medesimi. Oggetto della cessione potranno essere quindi quei crediti maturati (quelli per cui la domanda di concessione dell'aiuto alla Commissione sia già stata accolta), dovutamente certificati da gli Organismi pagatori.

Pesca Confermate le risorse pari a 30 milioni di euro per il 2015 per il finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga nel settore della pesca.

Fondo indigenti 
12 milioni di euro per la dotazione finanziaria del fondo nazionale indigenti gestito da Agea con la collaborazione degli Enti caritativi.
(Fonte MIPAAF 20 dicembre 2014)

Un centinaio di lavoratori reggiani hanno partecipato al presidio organizzato da Cgil, Cisl e Uil davanti alla Camera dei Deputati per chiedere il finanziamento della cassa in deroga. I sindacati avvertono il Governo: "Nella nostra provincia 3.000 persone rischiano di rimanere senza lavoro e senza reddito".

Reggio Emilia, 23 luglio 2014 – di Ivan Rocchi

Circa 100 lavoratori reggiani hanno preso parte al presidio che si è tenuto ieri davanti a piazza Montecitorio a Roma, organizzato dalle segreterie nazionali di Cgil, Cisl e Uil. L'obiettivo, che sarà ribadito domani con un altro picchetto, è quello di sollecitare il Governo a finanziare la cassaintegrazione in deroga per tutto il 2014.

Sono 32.000 i lavoratori dell'Emilia-Romagna coinvolti in questa vicenda, e da settembre rischiano di rimanere senza lavoro e senza reddito. A Reggio Emilia sono circa 3.000, per la maggior parte dipendenti di piccole e piccolissime imprese di tutti i settori, dal manifatturiero, al commercio, ai servizi. Ma tra questi ci sono anche lavoratori dipendenti di grosse imprese in difficoltà, come la Newlat (ex Giglio).

Tra le richieste dei sindacati c'è anche quella di un cambio radicale del decreto a prossima firma del Governo, che modificherebbe la cassaintegrazione in deroga, limitandone l'utilizzo a soli 8 mesi all'anno già a partire dal 2014.

"L'accordo sottoscritto con la Regione Emilia Romagna lo scorso 30 Giugno proroga l'utilizzo delle cassaintegrazione in deroga fino al 31 Agosto 2014 – concludono i sindacati nel comunicato -, ma le lavoratrici e i lavoratori coinvolti dalle sospensioni, già in attesa da 6 mesi del pagamento delle prestazioni da parte dell'INPS, a queste condizioni cioè senza fondi governativi a disposizione, resteranno senza reddito per ancora molte settimane".

Pubblicato in Cronaca Reggio Emilia
Domenica, 23 Marzo 2014 11:08

Per FIPE buone le iniziative di Renzi

 


«Ad una prima impressione, le misure di Governo anticipate dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, vanno nella giusta direzione, con coraggiosi interventi finalizzati a rilanciare l’Italia». È questo il commento del presidente Fipe-Confcommercio, Lino Stoppani.

 

Roma, Marzo 2014 - 


«In particolare – prosegue Stoppani – vanno apprezzati gli interventi sul lavoro, come l’abolizione della causale per i contratti a termine fino a 36 mesi e lo snellimento burocratico sull’apprendistato. Si tratta di provvedimenti che portano a una maggiore flessibilità del lavoro, favorendo nuove assunzioni. Inoltre, relativamente agli interventi fiscali sulla revisione delle aliquote Irpef per i redditi più bassi ci conforta la posizione del presidente Renzi che ha collegato nuove entrate per le famiglie al rilancio dei consumi anche nel settore dei pubblici esercizi. Sentire affermazioni del capo di Governo del tipo “Voglio che un padre possa dare 20 euro in più al figlio magari solo per andare a mangiare una pizza” trasferiscono immediatamente l’obiettivo principale della manovra, che è quello di rilanciare i consumi e costituiscono un segnale di grande attenzione e consolazione anche per le imprese del nostro comparto».

(Fonte FIPE)