Una confusione che mai come prima si era vista con Direttori sanitari e Regioni che vanno in modo sparso ponendo una serie di regole ed imposizioni e trattamenti sanitari e personali che rappresentano di fatto condizioni per l'accesso alle cure o per la possibilità di essere accompagnati o visitati dai propri cari nelle strutture di cura; il tutto avvallato e spinto anche dalla Ordinanza del Ministero della Salute del 28 aprile 2023, pubblicata in data 29 aprile 2023,giustamente censurata ed impugnata da ALI attraverso il ricorso sopra menzionato, dal quale è scaturita una ordinanza da parte del Giudice che per i suoi contenuti fa ben sperare per il suo prossimo annullamento.
Ancora uno scontro tra giustizia e diritti sacrosanti garantiti dalla Costituzione Italiana e posizioni di potere consolidatesi in seguito alla cosiddetta Pandemia, che fanno fatica a retrocedere a favore di una rinormalizzazione della società e del ripristino delle libertà fondamentali e dei diritti inviolabili della persona.
Chi ne fa le spese alla fine sono sempre i cittadini e gli utenti.
Come non ricordare la morte della religiosa novantenne Suor Raffaella Boffardi, che lo scorso 18 luglio rimase due ore “parcheggiata” in un’ambulanza all’esterno dall’Ospedale di Nocera Inferiore, mentre attendeva che le venisse fatto il tampone.
Un ginepraio di regole dove ormai è difficile davvero potersi districare.
Questi processi di elaborazione normative, appaiono sempre più non servire a curare e difendere il paziente, ma a preservare inaccettabili posizioni di privilegio che cercano di trasformare un diritto, quale debba essere quella all'accesso alle strutture sanitarie per cura o assistenza ai propri cari, in una concessione del Signore Feudale di turno.
Ne abbiamo voluto capire di più chiedendo una spiegazione all’Avv. Antonio Verdone del Foro di Cagliari, il quale, partendo proprio dal faro acceso dal ricorso meritorio promosso dal ALI dà un quadro e disegna una panoramica della apparente ennesima follia che sta governando il mondo della salute nelle varie Regioni, citando anche l'esempio della Regione Sardegna, per poter accedere alle strutture di cura.
Ad una prima succinta analisi l'ordinanza del TAR Lazio di cui al ricorso 9326 del 2023, individua nei contenuti del ricorso il cosiddetto fumus boni iuris, e cioè - stante la fase cautelare e l'istruttoria evidentemente sommaria sino a quel momento effettuata - la percezione anch'essa sommaria della sussistenza del fondamento delle censure rivolte dalla ricorrente avverso l'Ordinanza, emessa ai sensi dell'art 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante «Istituzione del servizio sanitario nazionale - dal Ministero della Salute del 28 aprile 2023, pubblicata in data 29 aprile 2023 (G.U. Serie Generale del 29 aprile 2023) recante “Misure Urgenti in materia di contenimento e gestione dell’epidemia da Covid-19 concernenti l’utilizzo dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie”.
In particolare, l'ordinanza del Tar Lazio individua i contenuti di tale fumus nelle seguenti circostanze:
1) che l’urgenza espressamente prevista dall'art 32 L. 833 del 1978 quale presupposto per l'emanazione dell'ordinanza Ministeriale da esso disciplinata, risulti invece assente nella fattispecie in questione;
2) che i contenuti dell'ordinanza impugnata non siano suffragati da un’istruttoria e una motivazione adeguate.
Peraltro, nonostante la stringatezza della motivazione del provvedimento giudiziario in merito, è parere che tra gli altri, sia evidente in punto di diritto la fondatezza del motivo di impugnazione svolto nel ricorso, consistente nella illegittimità della Ordinanza Ministeriale del Ministro Schillaci laddove abbia subdelegato ad altri organi il potere concessogli dall' art 32 della legge 833 del 1978 con particolare riferimento alla possibilità di stabilire prestazioni personali costituenti anche trattamenti sanitari obbligatori.
Prendendo spunto dal ricorso 9326 del 2023 che ha correttamente puntato il dito su tali argomenti, l'analisi di seguito svolta, per le importanti implicazioni alle quali si ritiene giunga il suo sviluppo, si concentrerà principalmente sulle conseguenze di tale subdelega e delle criticità normative legate e collegate ad essa.
Difatti, l'Ordinanza del 28 Aprile del 2023 del Ministro Schillaci rappresenta un completamento della attuazione pratica delle riserve di legge degli artt 32 comma 2 e 23 della nostra Costituzione, effettuata nella fattispecie dal Parlamento attraverso l'introduzione dell'artt. 32 della L. 833 del 1978, riserve di legge qualificate come relative dalla giurisprudenza Costituzionale, e quindi, prevedenti la possibilità che la disciplina legislativa venga integrata ai fini del suo maggior dettaglio dai contenuti di norme di grado inferiore, così come avvenuto con l'Ordinanza di Schillaci emessa in virtù del predetto articolo di legge.
Tuttavia, come correttamente posto in rilievo nel ricorso promosso verso l'ordinanza ministeriale in questione, la parte riservata alla legge deve coprire gli aspetti di merito nevralgici dell'oggetto della riserva, e cioè nel caso di specie, quegli aspetti della vita umana di tale rilievo che hanno indotto il legislatore Costituzionale ad apprestare per essi lo strumento massimo di garanzia, rappresentato dalla necessità che la loro disciplina sia predisposta da parte dell' organo rappresentativo della volontà popolare costituito dalle assemblee legislative attraverso lo strumento tipico con le quali si esprimono, individuato per l'appunto nella legge.
E' quindi evidente che la circostanza che il Parlamento attraverso la legge, come avvenuto con l'introduzione degli artt. 32 della L. 833 del 1978, ritenga di delegare una parte determinata delle sue prerogative a condizioni determinate ad un soggetto diverso da se, affinché sia realizzato con un maggior dettaglio il compito di garanzia ad esso assegnato, consista essa stessa nell'attuazione di tale funzione di garanzia, che in tal caso si esplica per l'appunto nella scelta legislativa - evidentemente effettuata in virtù delle precise caratteristiche e competenze del soggetto prescelto - dell'organo giuridico ritenuto più idoneo ad efficientare la realizzazione di tale compito, nonché nella individuazione delle condizioni che determinino la necessità e consentano che tale compito sia realizzato con il contributo operativo dell'organo così scelto: da ciò deriva la conseguenza logica che la subdelega effettuata a terzi da parte del Ministro della Salute in relazione alle prerogative attribuitegli dagli artt. 32 L. 833 del 1978, costituisca ipso facto la violazione della riserva costituzionale di legge attuata nella fattispecie dal Parlamento.
Peraltro, la presente analisi pone anche il problema della violazione degli artt 3 della Costituzione e 21 della Carta di Nizza.
Difatti, l'Ordinanza di Schillaci conferisce il potere di imporre la mascherina nelle strutture da essa indicate ai direttori sanitari, o ai Medici di Medicina Generale o ai Pediatri di libera scelta, a seconda della competenza, ed agli stessi Direttori Sanitari ed alle Autorità Regionali quello di imporre il tampone per l'accesso ai PS, così ponendo le basi per consentire una normativa disomogenea in tutta Italia per l'accesso alle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, comprese le strutture di ospitalità e lungodegenza, le residenze sanitarie assistenziali, gli hospice, le strutture riabilitative, le strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti, e comunque le strutture residenziali di cui all’art. 44 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, contemplati dall'Ordinanza del Ministro Schillaci.
Per quanto attiene al comma 1 dell'Ordinanza Ministeriale potrebbe sorgere il dubbio che la norma stabilisca per l'obbligo di mascherina un mero obbligo di indossarla non accompagnato dall'impedimento all'accesso alla struttura di cura nel caso di sua omissione, poiché - a differenza di come avviene per il tampone in relazione ai PS - nell'ordinanza non è previsto espressamente che sia stabilito per l'accesso alla struttura; tuttavia è purtroppo innegabile che precettivamente anche l'obbligo imposto per le mascherine porti ad essere interpretato in diverso modo, e cioè che indossare la mascherina sia implicitamente logicamente inteso dalla norma come condizione imposta per l'accesso alla struttura di cura stessa: ed è quella infatti la portata precettiva con cui è riscontrato ormai venga interpretata a livello generalizzato dai responsabili che devono verificare che sia indossata.
E' evidente allora che laddove l'adempimento a tali obblighi (mascherina e tampone) divengano, come avviene, condizione per l'accesso alle strutture in questione, la soggettività delle valutazioni ed il gran numero di organi aventi capacità decisionale in proposito non potrebbe che portare alla disomogeneità della rispettiva disciplina: evento che infatti ci si rende conto si sia puntualmente verificato e si stia puntualmente verificando nelle strutture di cura presenti nelle varie Regioni.
Ciò evidentemente è inaccettabile, poiché laddove l'uso della mascherina o l'effettuazione del tampone debbano essere ritenuti condizioni imprescindibili per l'accesso alle strutture di cura da parte degli utenti delle stesse con evidente e dichiarato scopo di prevenzione pandemica, esse divengono contestualmente anche condizioni perché si possa accedere ai livelli essenziali di cura, oltre che misure di profilassi preventiva per scongiurare la ripresa della Pandemia; ne consegue che tali condizioni dovrebbero allora essere uguali in tutta Italia per tutti gli utenti a meno di non violare gli obblighi costituzionali di uguaglianza ed il divieto di irragionevole discriminazione sanciti dall'art 3 della Costituzione e dall'art 21 della Carta di Nizza: il diritto di accesso alla cure è infatti una esplicazione del diritto alla salute ed alla dignità della persona e del dovere di solidarietà sociale, di cui agli artt 2 e 32 comma 1 della Costituzione e 1,2,3,34 comma 1 e 35 della Carta di Nizza, e la riserva di legge prevista dall'art 32 comma 2 e dall'art 23 della Costituzione non potrebbero che interpretarsi come una riserva di legge Statale ove la norma debba stabilire rispettivamente trattamenti sanitari obbligatori o imposizioni personali (nel caso in esame è parere che le misure appartengano contemporaneamente ad entrambi tali tipologie) quali condizioni poste in chiave di gestione preventiva pandemica per accedere ai livelli essenziali di cura.
Si tratta infatti di materie di esclusiva competenza statale poiché rientrante nell'art. 117, secondo comma, lettere m) e q), e terzo comma della Costituzione – ossia la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» e la «profilassi internazionale», nonché dei principi fondamentali della materia «tutela della salute».
La sentenza n. 37 del 2021 della Corte Costituzionale ha peraltro definito chiaramente che la profilassi internazionale è ritenuta comprensiva di ogni misura atta a contrastare una pandemia sanitaria in corso, ovvero a prevenirla.
Come già affermato dalla Corte, essa concerne tutte quelle norme tese a garantire uniformità anche nell’attuazione, in ambito nazionale, di programmi elaborati in sede internazionale e sovranazionale (Corte Cost 5/2018, n. 270 /2016,173/2014, 406/2005 e n. 12 / 2004).
E' peraltro parere che anche eventuali limitazioni al diritto degli utenti ad essere accompagnati alle strutture ed a ricevere visite durante il ricovero, attraverso l'imposizione posta a carico di accompagnatori e visitatori per fini di prevenzione pandemica di mascherine o tamponi o altre prestazioni personali o trattamenti sanitari obbligatori, siano sempre di competenza esclusiva dello Stato, poiché sempre appartenenti alla suddette materie di cui all'art. 117, secondo comma, lettere m) e q), e terzo comma della Costituzione; anch'essi poi, si rileva, sono promanazione degli stessi diritti inviolabili alla salute ed alla dignità della persona, e del dovere di solidarietà sociale, tutelati dall'art. 2 e 32 della Costituzione ed a livello Eurocomunitario dagli artt. 1,2,3, 34 comma 1 e 35 della Carta di Nizza; infatti, nel caso degli accompagnatori, si tratta di soggetti che aiutano l'utente, sia sostenendolo psicologicamente sia consigliandolo, e qualora non sia autosufficiente, anche coadiuvandolo fisicamente, contribuendo a supportarne e/o determinarne l'accesso alle strutture di cura ed alle stesse cure, mentre il diritto alla visita dovrebbe ritenersi parte integrante della tutela della salute psichica del malato durante il ricovero: si tratterebbe quindi, sia per gli accompagnamenti che per le visite, di prestazioni rientranti nei livelli essenziali minimi del diritto civile e sociale rappresentato dal diritto alla cura, quale espressione del più ampio diritto alla salute.
Stante quanto sopra premesso e nonostante quanto sopra rilevato in merito alla riserva di legge di cui agli artt 32 comma 2 e 23 della Costituzione, vi è purtroppo invece da rilevare che non si riscontra nelle varie Regioni Italiane, e all'interno di esse, tra le stesse diverse strutture di cura, l'omogeneità di disciplina nel regolamentare il diritto degli utenti all'accesso alle strutture di cura, oltre che il dritto al loro accompagnamento ed alle visite dei ricoverati; da più parti infatti gli organi Regionali e per loro i vari Direttori Generali e Direttori sanitari – evidentemente incompetenti in materia per quanto sopra rilevato - hanno cercato prima ancora della Ordinanza del Ministro Schillaci di disciplinare l'utilizzo delle mascherine e l'effettuazione dei tamponi attraverso normative interne, condizionando così l'accesso alle strutture sanitarie e socio sanitarie da parte degli utenti, dei loro accompagnatori e dei visitatori dei ricoverati, realizzando una grandissima disomogeneità sul territorio nazionale delle regole che consentono l'accesso alle cure, ed in generale nella tutela dei diritti costituzionalmente garantiti ed inviolabili della persona, costituiti dal diritto alla salute - comprendente anche le garanzie dell'Habeas Corpus - e dal diritto alla dignità della persona.
Ad esempio per la Regione Sardegna si richiamano le deliberazioni della Giunta Regionale Sarda 1/6 del 03.01.2023 e la deliberazione della medesima Giunta n. 19/59 del 01.06.2023, quest'ultima recettiva proprio dell'Ordinanza del 28 Aprile 2023 del Ministro Schillaci, dove risultano tracciate le linee guida per l'accesso alle strutture sanitarie e socio sanitarie, ed in tale ambito, risultano stabilite le dinamiche per l'utilizzo dei tamponi e delle mascherine ai fini dell'accesso da parte degli utenti, degli accompagnatori e dei visitatori dei ricoverati a tali strutture ed ai loro reparti.
Peraltro l'Ordinanza del Ministro Schillaci, pur essendo stata recepita come detto da apposita Deliberazione della Giunta Regionale, non risulta aver inficiato le restanti parti della precedente Deliberazione della Giunta Sarda del 03.01.2023 laddove disciplini casistiche non contemplate da essa: tale disciplina residuale infatti non risulta espressamente abrogata dalla Deliberazione 19/59 del 01.06.2023 della Giunta Regionale, e quindi, si deve ritenere ancora in vigore laddove non modificata e non incompatibile con quella recepita dall'Ordinanza del Ministro Schillaci.
Una di queste incompatibilità è parere che dovrebbe essere ad esempio l'individuazione delle aree dove essere obbligati ad indossare la mascherina.
Infatti, la normativa introdotta da Schillaci riserva questo compito espressamente solo ai Direttori Sanitari. Di conseguenza non dovrebbero ritenersi competenti nello stabilirlo diversi organi.
Tuttavia sul campo regolamentare tra le varie Regioni regna estrema ambiguità considerando le più disparate regolamentazioni emanate dalle varie Regioni in proposito.
Se si esamina infatti, ancora, in particolare, a titolo di esempio, l'allegato 2 della citata deliberazione della Giunta Regionale Sarda del 03.01.2023 si rileva che per esempio - nel campo vasto di tale regolamentazione regionale zeppa di indicazioni, raccomandazioni ed obblighi, alla cui lettura integrale si rimanda - per gli utenti viene espressamente imposta l'effettuazione del tampone ai fini del ricovero – più restrittivamente, quindi, rispetto all'Ordinanza di Schillaci - mentre i visitatori, per accedere alle strutture sanitarie e socio sanitarie in questione - quindi non solo nelle aree individuate dai Direttori Sanitari ai sensi dell'ordinanza del Ministro della Salute – è previsto che debbano dichiarare di non avere sintomatologia riconducibile all’infezione e di non convivere/avere contatti stretti con persone sintomatiche o risultate positive, e che debbano rispettare le misure di prevenzione e contrasto della diffusione delle infezioni contagiose per via aerea e, in particolare, debbano sottoposi alla rilevazione della temperatura corporea, alla igienizzazione delle mani ed indossare correttamente la mascherina FFP2 (evidentemente per la mascherina ora solo nelle aree indicate dai direttori sanitari ai sensi della Ordinanza di Schillaci), e in caso d’inadempienza, che venga negato loro l'accesso.
Ai Direttori Sanitari delle strutture ospedaliere è data inoltre facoltà di adottare misure precauzionali più restrittive in relazione allo specifico contesto epidemiologico, garantendo un accesso minimo giornaliero non inferiore a quarantacinque minuti.
Per quanto riguarda gli accompagnatori di soggetti con esigenze di assistenza perché in possesso di particolari condizioni di fragilità ( minori, donne in gravidanza e soggetti non autosufficienti espressamente individuati nell'allegato 2 della Deliberazione della Giunta Regionale in questione) è consentito in generale l'accesso a tutti i reparti di degenza e di P.S., nel rispetto tuttavia delle indicazioni del Direttore Sanitario della struttura e purché aderenti alle suddette misure di prevenzione(in particolare, quindi, si devono sottoporre alla rilevazione della temperatura corporea, igienizzare le mani, nonché devono indossare correttamente la mascherina FFP2 laddove ora secondo Ordinanza Ministeriale indicato dal direttore sanitario);inoltre, come da Ordinanza del Ministro Schillaci del 28 aprile scorso, per l'accesso al PS, se ritenuto opportuno dal Direttore Sanitario, devono sottoporsi a Tampone naso-faringeo per SARS-CoV2, per prestare assistenza a pazienti.
Per le attività in regime ambulatoriale ad esempio invece è consentito l’accesso senza test di screening in pazienti asintomatici a meno che il paziente debba eseguire una procedura con elevata produzione di aerosol, come per es. una broncoscopia.
L’esecuzione di un Tampone naso-faringeo Antigenico per SARS-CoV2 è richiesta solo in caso di presenza di sintomi e/o segni di infiammazione delle vie respiratorie e contestuale prestazione da erogare non differibile.
L’esecuzione del Tampone naso-faringeo Antigenico per SARS-CoV2 è, inoltre, indicata come test di screening nei centri di cura che erogano prestazioni a carico di pazienti con compromissione del sistema immunitario, quali ematologici, dializzati, trapiantati, oncologici o con altra patologia che richiede terapia immunosoppressiva, secondo procedure aziendali definite.
Non sono inoltre previste limitazioni all’accesso alle strutture ambulatoriali di accompagnatori a qualsiasi titolo presentatisi; ognuno di questi tuttavia dovrà dichiarare di non avere sintomatologia riconducibile all’infezione e di non convivere/avere contatti stretti con persone sintomatiche o risultate positive, dovrà rispettare le misure di prevenzione e contrasto della diffusione delle infezioni contagiose per via aerea e, in particolare, potrà essere sottoposto alla rilevazione della temperatura corporea, si dovrà igienizzare le mani e dovrà indossare correttamente la mascherina FFP2 (evidentemente, nell'ultimo caso, attualmente, secondo Ordinanza Ministeriale, ove il DS lo abbia previsto). In caso d’inadempienza, l’accesso verrà negato.
Come rilevato, tali regole, nella loro attuazione, tendono a variare da una Regione ad un'altra e da una struttura di cura ad un’altra, creando un vero e proprio caos normativo, peraltro da ultimo incrementato proprio dalla l'autonomia decisionale ora conferita anche dall'Ordinanza di Schillaci alle Autorità Regionale ed ai Direttori sanitari per quanto attiene all' imporre i tamponi per l'accesso ai PS, o, per quanto attiene all'uso obbligatorio della mascherina, ai Direttori Sanitari o ai medici di medicina generale o dei pediatri di libera scelta, a secondo della rispettiva competenza.
Insomma, un vero caos normativo che va ad incidere negativamente e pesantemente sulle garanzie costituzionali ed eurocomunitarie della effettiva attuazione dei livelli minimi ed essenziali del diritto alle cure ed alla dignità della persona, e degli obblighi di solidarietà sociale che ne impongono l’attuazione, e sulla omogeneità in tutta Italia delle regole finalizzate all’attuazione di tali diritti e doveri.
Peraltro, vi è da rilevare che nel caso della Regione Sardegna, come per altre realtà regionali, sia la deliberazione della Giunta Regionale, sia l'Ordinanza di Schillaci, così come i provvedimenti emessi sulla base di tali normative dai Direttori Sanitari, o per quanto riguarda gli ambulatori medici convenzionati, dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta, costituiscono atti amministrativi.
Ebbene, per quanto sopra illustrato in merito alle riserve di legge Statali previste nella materia dagli artt 32 comma 2 e 23 della Costituzione, ed in merito alla su illustrata competenza esclusiva per materia dello Stato Italiano ai di cui all'art 117, secondo comma, lettere m) e q), e terzo comma della Costituzione per quanto attiene alla relativa normativa di fonte diretta regionale Sarda esaminata, dovrebbe ritenersi che sia le norme emanate dalla Giunta Sarda, sia la subdelega della Ordinanza di Schillaci, sia i conseguenti provvedimenti emessi sulla base di essi dai vari Direttori Sanitari o Medici di Medicina Generali o Pediatri di libera scelta – in materia di imposizione di mascherina e di tamponi ai fini dell'accesso alle strutture di cura ed ai PS - siano normative viziate da difetto di attribuzione del relativo potere di emanarle in capo a tali organi: ne deriva che i contenuti di tali provvedimenti amministrativi in relazione a tali statuizioni dovrebbero ritenersi nulli e quindi, privi di efficacia, con la conseguente illegittimità degli impedimenti all'accesso alle strutture di cura basati su di essi.
Purtroppo, anche in tal caso, non si può che prendere atto di una sorta di anarchia normativa, avvallata dallo Stato, che purtroppo va a scapito di quelli che dovrebbero essere i diritti e le categorie più garantiti, e di un ennesimo processo involutivo sul piano delle garanzie Costituzionali e della tutela dei diritti inviolabili della persona, che non può che continuare a suscitare urla di allarme per la grave deriva democratica che sta subendo progressivamente il nostro Paese.