La normativa attuale (che fa riferimento solo alla cannabis sativa Linneus, l’unica varietà legalmente coltivabile) ne individua gli usi consentiti, nel rispetto di condizioni ben precise, relative non solo all’ambito alimentare. In questo articolo vediamo in che modo è possibile utilizzare o consumare i semi di canapa, a seconda della tipologia e le caratteristiche di questi ultimi.
Cosa dice la legge: i limiti di THC
Il decreto del Ministero della Salute del 4 novembre 2019 stabilisce che “gli alimenti derivati dalla canapa sono i seguenti: semi, farina ottenuta dai semi, olio ottenuto dai semi”. I semi sono considerati alimenti non solo in forma intera ma anche triturati, spezzettati o macinati (ma non in maniera tale da essere ridotti in farina). Il consumo alimentare è però subordinato ad un parametro ben preciso, ossia il limite di THC, ovvero il tetracannabinolo (un composto organico responsabile degli effetti psicotropi della cannabis). Il decreto sopra citato individua qual è il contenuto massimo di THC tollerato nei derivati della canapa sativa destinati a consumo alimentare: 0,2% (2 mg/kg) per i semi di canapa, la farina ottenuta dai semi di canapa e dagli integratori contenenti alimenti derivati dalla canapa. Per l’olio estratto dai semi, invece, il limite è dello 0,5% (5 mg/kg).
I vari tipi di semi di cannabis
Esistono diverse tipologie di semi di cannabis sativa ma la distinzione più comune è tra quelli autofiorenti e femminizzati. Dai primi si sviluppano piante in grado di crescere in maniera autonoma, ossia a prescindere dall’esposizione alla radiazione solare (di contro, quelle che hanno bisogno di una specifica illuminazione a seconda della fase di sviluppo vegetativo, di definiscono fotoperiodiche). I semi femminizzati, invece, sono quelli dai quali nascono quasi sempre (oltre il 99% dei casi) piante femminili, ossia con le infiorescenze dotate di organi riproduttivi.
Usi dei semi di cannabis consentiti dalla legge
In base alle normative attualmente in vigore, l’uso dei semi di canapa dipende essenzialmente da una specifica caratteristica del prodotto: la concentrazione di THC.
I semi che contengono un tasso di tetracannabinolo inferiore o pari allo 0,2% possono essere destinati al consumo alimentare; in altre parole, si possono mangiare interi (tostati, come altri semi oleosi o frutta secca), triturati, macinati oppure sotto forma di farina, per preparare alimenti di vario genere. L’olio di semi di canapa con THC inferiore o pari allo 0,5% può essere anch’esso consumato come alimento, in particolare come condimento ma, a differenza di altri estratti oleosi, è preferibile assumerlo a crudo anziché cuocerlo.
L’olio di semi di cannabis - da non confondere con l’olio estratto direttamente dalle parti vegetali della pianta - può essere utilizzato anche come cosmetico ad uso topico.
Vediamo infine quali sono gli usi consentiti per le sementi con un tasso di THC superiore a quello previsto dalla legge. I semi autofiorenti, come quelli presenti nel catalogo di un e-commerce specializzato quale Prodotti-cannabis.it, così come quelli femminizzati o quelli delle varietà fotoperiodiche, possono essere acquistati solo a scopo collezionistico. Di conseguenza, non è ammesso consumarli come alimento, spremerli per ricavare olio o altre sostanze né, tantomeno, seminarli per coltivare canapa. La normativa attualmente in vigore consente di realizzare coltivazioni di canapa sativa L. utilizzando solo sementi certificate, ovvero semi il cui contenuto di THC rientra nel limite dello 0,2%. L’utilizzo di semi che presentano concentrazioni di principio attivo più elevate può comportare sanzioni amministrative ed altre ripercussioni, anche per coltivazioni di modesta estensione.