Lunedì, 03 Maggio 2021 06:04

Sul certificato verde: dubbi di costituzionalità In evidenza

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Di Daniele Trabucco (*) Belluno 3 maggio 2021 - Il decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52 prevede, all'art. 9, l'obbligo della cosiddetta "certificazione verde" anti Covid-19, con validità 06 mesi, per il passaggio da una Regione di colore giallo ad una dove la curva epidemiologica è in crescita (arancione e rossa).

Ora, sul punto, alcuni rilievi critici

1) se, da un lato, la libertà di circolazione può essere limitata con legge (sussiste una riserva relativa) ai sensi del comma 1 dell'art. 16 della Costituzione repubblicana vigente "per motivi di sanità e di sicurezza", dall'altro questa limitazione non può determinare, peraltro in assenza di un obbligo vaccinale generalizzato, un irragionevole trattamento tra chi ha effettuato l'inoculazione del vaccino e chi no. Si potrebbe obiettare che la stessa certificazione può essere ottenuta con l'esito negativo di un test antigenico rapido o molecolare. Tuttavia, in questa seconda ipotesi, l'esame diagnostico non è a carico del servizio sanitario nazionale e ha un costo per famiglia media superiore ai 100,00 euro. Ergo, bisogna dedurre, in spregio al principio di eguaglianza sostanziale ex art. 3, comma 2, del Testo fondamentale, che solo coloro i quali possono permettersi di spendere una certa somma, godono dell'effettivo diritto di circolare?;

2) la disposizione dell'art. 9 esclude la "certificazione verde" per motivi di salute, lavoro e necessità. Quali sono i motivi di necessità? Il decreto-legge n. 52/2021 non li tipizza con la conseguenza dell'attribuzione di un ampio margine di discrezionalità in capo alle forze dell'Ordine chiamate ad accertare le violazioni delle misure di contenimento;

3) come conciliare l'obbligo di fornire, in caso di controllo, una mole così consistente di dati con il regolamento UE n. 679/2016 sulla privacy il quale, per giurisprudenza costituzionale (sent. n. 170/1984 Corte cost.), prevale su tutte le fonti interne, incluse quelle costituzionali, incontrando il solo limite dei principi supremi dell'ordinamento (la c.d. teoria dei controlimiti)?

La stessa Autorità amministrativa indipendente per la protezione dei dati personali aveva espresso, a riguardo, perplessità non irrilevanti. E il Presidente della Repubblica, in occasione dell'emanazione del decreto-legge n. 52/2021, quale controllo ha esercitato?

Proprio la particolare natura della fonte-atto dovrebbe portarlo ad una verifica non solo in merito alla sola mancanza evidente o erronea valutazione dei presupposti giustificativi del decreto (sent. n. 29/1995 Corte cost.), ma, come sostiene una parte della dottrina, ad una verifica ancora più stringente. L'allineamento tra i poteri è servito...

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(*) prof. Daniele Trabucco. Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico. Professore a contratto in Diritto Internazionale presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano.

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