Lunedì, 28 Dicembre 2020 20:51

Tagliaferri (Fdi): “La Costituzione vale per tutti?” In evidenza

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La vicenda del Comune di Collecchio (PR) sviluppatasi nei giorni scorsi ha qualcosa di squallido, ma vale la pena fare un ultimo ragionamento, con la pacatezza e la voglia di confronto che dovrebbe animare ogni cittadino di questa nazione.

Ha senso nel 2020, con il particolarissimo momento storico che stiamo vivendo, avviare non tanto un dibattito, ma una precisa azione politica che si propone di far piazza pulita di coloro che hanno idee e storie politiche differenti dalle proprie?

E’ veramente un’azione amministrativa di fondamentale importanza (quali dovrebbero essere quelle di competenza del Comune di Collecchio) richiedere patenti di antifascismo a cittadini e associazioni culturali che già vivono in piena osservanza della nostra Carta fondamentale che è la Costituzione italiana?

Ma soprattutto, quale figura fanno questi amministratori, quando nell’Anno Domini 2020 fanno finta (o proprio non lo sanno??) che la scienza politica, quella storica e l’intero mondo delle scienze sociali accomunano fascismo, nazismo e comunismo sotto la dizione di “regimi totalitari”?

Forse i consiglieri di maggioranza di Collecchio rabbrividiranno e saranno pronti a muovere battaglia contro chi ha osato mettere nello stesso calderone della storia Mussolini, Hitler, Stalin, Pol Pot, Tito, Ceaușescu e tanti altri.

Personalmente io non mi riconosco nel marxismo, ma da rappresentante eletto dal popolo in un’assemblea elettiva quale quella della Regione Emilia-Romagna, sento il peso e l’onore di rappresentare al meglio delle mie possibilità le cittadine e i cittadini di questa Regione, nessuno escluso. Questa è la democrazia, cari consiglieri di maggioranza del Comune di Collecchio, è ciò significa battersi affinchè chi la pensa in maniera differente da me possa esprimere la propria idea, a patto che questa non sia palesemente falsa e che non si proponga di arrecare danno ad alcuno e, men che meno, voglia sovvertire l’ordine democratico in cui viviamo.

Potrei aggiungere a queste considerazioni alcune dissertazioni di tipo prettamente giuridico che, sulla base delle pronunce rese dalla Corte costituzionale nel corso degli anni, portano a definire l’apologia di fascismo in manifestazioni palesi consistenti in un’esaltazione tale da avere come conseguenza la riorganizzazione del partito fascista e non già una semplice difesa elogiativa dello stesso o il ricordo di esponenti legati al regime o all’esperienza della Repubblica Sociale Italiana. Ciò significa che, ove qualcuno lodasse le opere di bonifica messe in atto durante il famoso “Ventennio Fascista”, non può essere tacciato come nostalgico, ma da persona che riconosce il giusto valore storico ad una precisa azione. La giurisprudenza costituzionale, infatti, chiarisce molto bene come passino il vaglio di legittimità della Suprema Corte unicamente quelle norme idonee a impedire il formarsi di una concreta situazione di pericolo. Su un caso del tutto simile a quello del Comune di Collecchio, poi, informo che il TAR della Regione Sicilia ha recentemente annullato un analogo provvedimento del Comune di Trapani  che richiedeva, per la concessione dei propri spazi, la cosiddetta “dichiarazione antifascista”.

No, niente di tutto ciò. Mi limiterò sommessamente a ricordare che tutto questa gazzarra è nata dalla presentazione del libro “La Russia di Putin” edito da una casa editrice di assoluto rilievo nel panorama nazionale e internazionale e che tra le sue fila ha moltissimi esponenti che hanno impreziosito la compagine di centrosinistra in moltissimi consessi. Si parlava di un saggio politologico o geopolitico e non del “Mein Kampf”. Era un confronto pubblico con personalità che vivono e operano nella nostra società e si riconoscono pienamente nei dettami di democrazia e rispetto propugnati dalla nostra Carta.

Continuare a proporre una dialettica basata su fascismo e antifascismo è pratica discretamente antistorica ma soprattutto funzionale a creare divisioni in una società che si continua a considerare su più livelli. Si parlava di un libro, quindi, e di un incontro democratico, libero e aperto a tutti e per questo fu richiesta quella che dovrebbe essere la casa di tutti: la sala del Consiglio comunale. Chi ha proposto in maniera strumentale questa azione di contrasto tirando in ballo una pseudo-patente di antifascismo, è del tutto paragonabile a chi i libri li bruciava ai tempi del Terzo Reich.

Lo afferma Giancarlo Tagliaferri consigliere regionale di Fratelli d’Italia.