Editoriale: Moriremo sani e infelici - 7 settimane di crescita per il latte spot. Cede ancora il Padano. - Formaggio contraffatto. Scoppia la grana dei DOP. - Il pasticcio dei voucher - Cereali e dintorni. Mercati esposti all'umore dei fondi. Timori per la siccità in Italia. - Questioni energetiche, bolle informative e paraocchi - A Parma apre la bottega della Biodiversità. Il Rural Market.
SOMMARIO Anno 16 - n° 12 26 marzo 2017
1.1 editoriale La tortura! Moriremo sani e infelici.
2.1 lattiero caseario
7 settimane di crescita per il latte spot. Cede ancora il Padano
3.1 export
Parmigiano Reggiano e l'Accordo Canada-UE. Parma e Reggio, una combinazione vincente.
3.2 frode e contraffazione
Formaggio contraffatto. Scoppia la grana dei DOP.
4.1 lavoro
Il pasticcio dei voucher
4.2 educational
ARGA, gli specialisti in cattedra
5.1 cereali e dintorni Cereali e dintorni. Mercati esposti all'umore dei fondi. Timori per la siccità in Italia.
6.1 questioni energetiche Questioni energetiche, bolle informative e paraocchi
6.2 clima e carenza idrica Siccità al nord e rischio per le colture e la fauna.
7.1 biodiversita' A Parma apre la bottega della Biodiversità. Il Rural Market
8.1 promozioni "vino" e partners
9.1 promozioni "birra" e partners
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Dal Polo Sud un' ulteriore conferma del riscaldamento globale. +17,5°C e una forte riduzione dei ghiacciai registrata soprattutto negli ultimi 12 anni potrebbero essere sintomi di un inasprimento del riscaldamento globale.
Roma 14 Marzo 2017 - -
Il Comitato Mondiale di Meteorologia (WMO) ha recentemente annunciato i nuovi record registrati dalle temperature nella regione antartica, nell'ambito dei continui sforzi per ampliare il database delle condizioni estreme che si manifestano nel globo terrestre.
Va sottolineato che il record diffuso dal WMO, lo scorso 1 marzo, risale al 24 marzo 2015 quando alla base antartica permanente di Esperanza, gestita dall'Ejército Argentino venne registrato un +17,5°C.
Per intercettare un dato ancor più elevato occorre risalire al 30 gennaio 1982 sull'isola di Signy (Isole Orcadi Meridionali), che però rientra in quella che i geografi identificano "Regione Antartica" (quindi non "Continente antartico) poiché si trova oltre il 60esimo parallelo, dove nell'occasione il termometro si fermò a 19,8°C. Per la cronaca, la temperatura più bassa registrata da misurazioni a terra per la regione antartica e per il mondo intero, è stata -89,2 ° C (-128,6 ° F) rilevata alla stazione di Vostok il 21 luglio 1983.
Insomma, in barba alle rigide temperature del recente gennaio in Europa, sembrerebbe proprio che il riscaldamento globale sia effettivamente in atto, almeno a osservare le metamorfosi climatiche che nel polo sud si stanno manifestando, in termini di temperature ma anche e soprattutto per estensione e consistenza dei ghiacci.
Esteso per 14 milioni di km2 (circa il doppio delle dimensioni di Australia), l'Antartide è freddo, ventoso e secco. La temperatura media annuale varia da circa -10 ° C sulla costa antartica a -60 ° C nel più profondo interno. Il suo immenso strato di ghiaccio è spesso fino a 4,8 km contiene il 90% di acqua dolce del mondo, sufficiente per alzare il livello del mare di circa 60 metri dovesse sciogliersi completamente. La Penisola Antartica (la punta nord-ovest vicino al Sud America) è tra le regioni del pianeta che registra il riscaldamento più veloce del pianeta, quasi 3 ° C nel corso degli ultimi 50 anni. All'incirca l'87% dei ghiacciai della costa occidentale della penisola Antartica si sono ritirati negli ultimi 50 anni ma con un'accelerazione molto più rapida registrata negli ultimi 12 anni.
Le indagini svolte dal WMO hanno l'obiettivo, non solo di tenere sotto osservazione una zona particolarmente sensibile, ma anche per migliorare la qualità delle osservazioni stesse e selezione le attrezzature più adeguate.
"La necessità di monitorare costantemente tutta la peraltro vasta zona antartica non ha un'importanza solo di scala regionale ma dispiega i suoi effetti scientifici su tutto il Globo e, per quel che non sfugge agli incalliti antropocentrici di Ekoclub International, anche alle future generazioni della specie umana quantunque ad oggi gli effetti non possano ancora dirsi catastrofici", ha ricordato il Presidente Fabio Massimo Cantarelli prendendo le mosse dal commento di Randall Ceveny, relatore sul Clima e Meteo estremi del WMO, che ha raccomandato che vengano registrati i migliori dati possibili per effettuare la più precisa analisi possibile dei cambiamenti climatici sia su scala regionale che globale".
(Ekoclub International - News)
Uomo e Ambiente. Occorre rivedere le azioni di prevenzione e correggere rapidamente le storture del passato. Siamo tutti chiamati a dare il nostro contributo per riportare equilibrio, per una più tranquilla condivisione degli spazi ed un migliore utilizzo delle risorse.
di Fabio Massimo Cantarelli Roma 24 febbraio 2017 -
La comunità internazionale, scientifica e politica, è divisa sul tema del riscaldamento globale. La maggiore contrapposizione è quella che vede da un lato i sostenitori della teoria che l'Uomo con le sue attività è il primo responsabile dell'innalzamento della temperatura media globale e che tale innalzamento ha solo conseguenze negative nell'immediato e catastrofiche nel futuro, e dall'altro quelli che osservano che nel lungo periodo geologico sia da considerarsi nella norma una variazione di 4-5 °C della temperatura media globale, ma soprattutto che nell'immediato non sono riscontrabili conseguenze negative, né prevedibili con la dovuta accuratezza quelle per il futuro. A sostegno delle tesi di questi ultimi ci sono ad esempio i dati del International Disaster Database che mostrano una chiara inversione di tendenza a livello globale negli ultimi 15 anni riguardo sia al numero dei disastri naturali sia al numero delle persone coinvolte.
A sostegno delle tesi dei primi abbiamo invece i dati di NOAA, NASA e IEA sull'aumento delle temperature medie e delle emissioni climalteranti di origine antropica. Et cetera. Il dibattito è rovente e non desideriamo alimentarlo qui. Ci preme piuttosto proporre una riflessione a lato della diatriba.
A pochi giorni di distanza dalla constatazione che il 2016 è stato l'anno più caldo di sempre (tra quelli registrati), superando anche il 2015 che stabilì il precedente primato, dalla California e più precisamente da Oroville, arriva la notizia dell'evacuazione di oltre 200.000 persone per la falla che stava minando la stabilità della più grande diga degli USA.
Dall'alto dei suoi 234 metri la diga di Oroville, indispensabile per alimentare buona parte della ricca pianura agricola californiana, era stata, soltanto pochi mesi prima, oggetto di svariati servizi giornalistici per testimoniare l'abbassamento del livello idrico del bacino a seguito di 5 anni consecutivi di siccità. Il lago di Oroville, 33 km quadrati (un po' meno di un decimo del Lago di Garda), a seguito delle abbondanti piogge si è rapidamente riempito e dopo una settimana di frenetici tentativi per regimare l'abbondanza d'acqua, le autorità hanno dovuto procedere con l'apertura, per la prima volta dalla sua inaugurazione (1968) di un canale di emergenza, oltre al canale principale aperto in precedenza ma non sufficiente a ripristinare il livello di sicurezza all'interno del bacino, il quale però non ha retto la furia dell'acqua e si è danneggiato mettendo a rischio la stabilità della diga stessa. Immediato l'allarme e il conseguente trasferimento di 200.000 persone in luoghi di maggiore sicurezza.
Un ennesimo episodio che sembrerebbe rinforzare la teoria che promuove la radicalizzazione degli eventi atmosferici come prova degli effetti del riscaldamento terrestre.
Ma se a livello globale occorre il contributo di tutte le Nazioni che fanno uso di combustibili fossili, così come espresso nelle varie conferenze sull'Ambiente (vedi COP 21 Parigi), cercando di operare per il mantenimento dell'innalzamento della temperatura media entro gli 1,5 °C; a livello locale, occorre fare una più rigorosa riflessione sull'impatto delle opere dell'Uomo in relazione ai rischi di ogni specifico ambiente.
L'esempio ce lo hanno drammaticamente proposto sia il caso Oroville sia il caso Abruzzo.
In entrambi i casi, le dighe in questione, quella di Oroville e di Campotosto sono a rischio sismico indotto dall'Uomo.
Per quanto riguarda la diga californiana, nel 1975, a seguito di un rapido svuotamento e di un successivo altrettanto rapido riempimento, ne conseguì un terremoto di magnitudo 5,9 che gli esperti hanno collegato al fenomeno sopra descritto. Per la più nostrana diga Abruzzese invece, proprio nei giorni in cui i soccorritori tentavano l'impresa di portare in salvo le vittime di "Rigopiano", il Vice Presidente della Commissione Grandi Rischi lanciava l'allarme di un pericoloso rischio sismico per la più grande diga nazionale. Una spada di Damocle che andava a aggiungersi alla disastrosa e interminabile sequenza sismica del centro Italia (oltre 50.000 scosse dal 24 agosto) , sul quale era calata la più grande nevicata della storia locale con muri di neve di oltre 4 metri che tutto hanno ricoperto isolando decine di villaggi e comunità già provate. Una nevicata catastrofica, culminata nella tragedia di Rigopiano, dove una valanga di straordinaria violenza (fronte di 300 metri e una massa pari a 4.000 TIR) si è abbattuta, alla velocità di 100 km/h sul resort dei Vip spostandolo di oltre 10 mt.
Ecco quindi l'importanza di prevedere ogni rischio, prima di realizzare opere di grande impatto ambientale, pur nell'urgenza di risolvere problemi contingenti; ma anche l'importanza di revisionare durante tutto l'arco di vita delle medesime opere i rischi ad esse associati tenendo conto delle mutate condizioni ambientali, nel più ampio senso del termine: sistema idrogeologico, eventi meteorologici, utilizzo del territorio per scopi agricoli, industriali o urbani.
Non è solo in fase di progettazione che ogni soggetto, privato e pubblico, ha il dovere morale di indagare ed eventualmente suggerire l'innalzamento dei fattori protettivi, per quanto attiene la loro specialità e competenza, specie in quelle zone ove la terra, oltre che frutti pregiati, potrebbe generare energia distruttiva. Ed è fondamentale che non siano mai trascurate le opportune operazioni di manutenzione ed adeguamento da parte dei soggetti gestori.
Il rapporto tra l'Uomo e le sue attività e l'Ambiente non è di conflitto a patto che ogni intervento sulla Natura non sia a sua volta "snaturante" per l'Ambiente; altrimenti, presto o tardi, la resa dei conti arriverà.
--§--
Ekoclub International - 
Associazione nata negli anni 70 per ricostruire un modo corretto di vivere e pensare la natura. Fondata da profondi conoscitori dell'ambiente e delle sue più sane tradizioni, liberi da preconcetti e lontani da visioni disneyane. Assolutamente senza scopo di lucro e confermata tra le ONLUS, annovera tra i suoi iscritti diverse decine di migliaia di persone, con tendenza alla crescita. Attualmente il presidente è l'avvocato Fabio Massimo Cantarelli ed il vicepresidente dott. Roberto Lancini.
Fiore all'occhiello dell'associazione è l'oasi di Canneviè, che è lo sforzo maggiore profuso da Ekoclub per l'ambiente: un posto sicuramente da vedere e vivere. La differenza di Ekoclub da altre associazioni ambientaliste è la centralità dell'uomo rispetto all'ambiente e di conseguenza la sua possibilità di raccogliere i frutti vegetali ed animali della terra, con rispetto e per reale necessità.
Ufficio Stampa
Imprenditore on line
Ferdinando Vighi
Tel: +39 0521 1744919 Mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Ambiente – Lunedì 16 gennaio un convegno per presentare il progetto europeo 'Urbanproof' sul tema dei cambiamenti climatici. La partecipazione è gratuita, ma è gradita l'iscrizione all'indirizzo mail.
Reggio Emilia, 12 gennaio 2016
Lunedì 16 gennaio 2017, dalle ore 9.30 alle 13, nella Sala conferenze di palazzo Fonte (ex Tribunale, via Emilia San Pietro 12) si svolge l'evento di lancio del progetto europeo "UrbanProof", che affronta il tema dei cambiamenti climatici. Nel corso dell'iniziativa saranno presentati le linee guida, le azioni previste e i risultati attesi del progetto, che ha l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema del cambiamento climatico. La giornata sarà aperta dall'assessore all'Ambiente del Comune di Reggio Emilia Mirko Tutino e dai tecnici del Comune di Reggio Emilia, e proseguirà con gli interventi di alcuni esperti nazionali tra cui Piero Pelizzaro di Climalia, Valentina Mereu del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti climatici, Francesco Musco dell'Università Iuav di Venezia e Carlo Cacciamani del Servizio Idro-Meteo-Clima di Arpa Emilia-Romagna, e di importanti stakeholder locali che contribuiranno alla realizzazione del progetto.
"Un impegno concreto, per affrontare mutamenti che toccano territorio, salute e stili di vita – dice l'assessore all'Ambiente Mirko Tutino - Grazie al progetto Urbanproof e alle azioni portate avanti in questo ultimo anno, come l'adesione votata in Consiglio comunale al Mayors Adapt sugli adattamenti climatici, il Comune di Reggio Emilia prosegue il suo impegno nel promuovere azioni concrete per affrontare questa importante sfida. Il tema dei cambiamenti climatici è spesso considerato come una questione per soli ambientalisti, con immagini evocative sulla desertificazione dell'Africa, il ritiro dei ghiacciai sulle Alpi o gli orsi polari costretti a nuotare per lo scioglimento della calotta di ghiaccio del Polo Nord. In realtà, se pensiamo alla
frequenza con la quale si allagano i sottopassi, ai quartieri della nostra città che non hanno mai avuto problemi di allagamento, alla tutela di bambini e anziani nei periodi di calore intenso o a sistemi di informazione della popolazione durante le calamità climatiche, ci rendiamo immediatamente conto di come invece il cambiamento del clima tocchi anche contesti come il nostro".
La partecipazione al convegno è gratuita, ma è gradita l'iscrizione all'indirizzo mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Per maggiori informazioni: www.comune.re.it/cambiamenticlimatici
(Fonte: Comune di Reggio Emilia)
I negoziatori sull'accordo segreto del TTIP riuniti a Bruxelles stanno di fatto proponendo un testo che presenta scappatoie rispetto alla promessa fatta dai paesi del G20 di azzerare i sussidi ai combustibili fossili entro 10 anni.
di Virgilio, 20 luglio 2016 -
I negoziati europei del TTIP (Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti) continuano a fare discutere e questa volta in materia di clima. Secondo quanto è trapelato dagli incontri del 14esimo round di Bruxelles incentrato sull'energia, i negoziatori stanno di fatto proponendo un testo che presenta scappatoie rispetto alla promessa fatta dai paesi del G20 di azzerare i sussidi ai combustibili fossili entro 10 anni.
A rivelarlo è stato il sito specializzato rinnovabili.it su segnalazione del "The Guardian " che ha attentamente monitorato gli incontri di Bruxelles su uno dei più grandi segreti degli ultimi anni, quella proposta di Trattato di libero scambio che dovrebbe creare il più grande e appetibile mercato mondiale unendo USA e UE.
Alcuni passaggi del testo in discussione potrebbero permettere all'UE di continuare a sovvenzionare l'energia fossile. Una situazione che farebbe decadere le promesse sul clima stipulate alla COP21 di Parigi solo pochi mesi fa (dicembre 2015).
La sintesi dei punti contestati riportati da Rinnovabili.it
Le scappatoie sui sussidi alle energie fossili
Riguardo al taglio dei sussidi, la bozza riporta che ciò rappresenta obiettivo comune a UE e USA, ma è subordinato a "considerazioni sulla sicurezza delle risorse" e deve essere accompagnato da "misure per alleviare le conseguenze sociali associate con l'azzeramento dei sussidi". In pratica, il primo passaggio può essere impugnato dai paesi più dipendenti dall'energia fossile – che avrebbero così una scappatoia per non onorare i propri impegni sul clima – mentre il secondo passaggio potrebbe spalancare la porta a nuovi sussidi, stavolta mascherati adeguatamente.
Per Colin Roche di Friends of the Earth si tratta di una palese foglia di fico: "Prevenire la distruzione del clima dovrebbe essere la priorità numero uno, i sussidi ai combustibili fossili dovrebbero essere il nemico numero uno".
Il TTIP rende il commercio più importante del clima
Rispetto al secondo punto controverso, il Guardian riporta un passaggio dell'articolo 5 della bozza del capitolo sull'energia del TTIP, classificata come confidenziale e datata 23 giugno. Nel testo si legge: "Nello sviluppo dei sistemi di supporto pubblico, le Parti terranno in considerazione in modo appropriato il bisogno di ridurre le emissioni di gas serra e quello di limitare le alterazioni del commercio per quanto possibile".
L'equiparazione di clima e esigenze commerciali non è affatto un buon punto di partenza: tutto sta nell'interpretazione che ne verrà data. Certo una formulazione tale del testo del TTIP sembra escogitata ad arte per aprire vie di fuga dagli impegni sul clima, lasciando lo scettro al commercio e al modello imperante di crescita economica. La vaghezza del testo di sicuro non aiuta a ribaltare lo status quo.
(Fonti: Rinnovabili.it e The Guardian)
Aria (fritta), dopo le rotatorie i semafori intelligenti. Cereali in confusione. Export e la nuova frontiera vietnamita. Volano i consumi di Parmigiano Reggiano. Preoccupazioni per El Niño, i primi segnali in Gran Bretagna.
(in allegato il formato pdf scaricabile)
SOMMARIO Anno 14 - n° 53 03 gennaio 2016
1.1 editoriale Aria (fritta). Dopo le rotatorie torneranno di moda i semafori intelligenti
3.1 cereali Cereali. Fine d'anno in confusione
4.1 Buon anno 2016! Auguri di BUON ANNO
5.1 export Vietnam, una nuova frontiera per la filiera agroalimentare
5.2 mercati Parmigiano Reggiano: i consumi volano
6.1 clima El Niño, e le inquietanti analogie col 1998
7.1 promozioni "vino" e partners
L'inquinamento atmosferico si combatterà con i semafori intelligenti (almeno loro) e abbattendo i limiti di 20 km orari in città. In conclusione non si avrà nessun miglioramento ma solo un aggravamento dei disagi.
di Lamberto Colla Parma, 3 gennaio 2016.
Siamo alle solite anche in campo ambientale. Si crea un'emergenza per giustificare degli interventi straordinari per raggiungere uno scopo che non è, quasi certamente, quello manifesto.
Allora fiato alle trombe.
D'incanto tutti i grandi media lanciano ripetizione tutti gli stessi identici messaggi coprendo tutte le 24 ore di palinsesto televisivo. Dalle trasmissioni strettamente dedicate alle news e in ogni programma di intrattenimento, di cucina, di pseudo approfondimento o di costume, un intervento o un passaggio sulla allarmante situazione dell'inquinamento dell'aria di Milano e Roma, della Val Padana e di Pechino non può mancare.
Così sul finire d'anno le due maggiori preoccupazioni del nostro Governo, almeno stando al tamburellamento mediatico, sono state riservate ai Botti di Capodanno e all'emergenza inquinamento dell'aria.
Così via con i tavoli di lavoro che restituiscono, in men che non si dica, la miglior risposta possibile riassunta nel protocollo d'intesa tra il Ministero dell'Ambiente, l'ANCI e la Conferenza delle Regioni e province autonome, destinato "Migliorare la qualità dell'aria, incoraggiare il passaggio a modalità di trasporto pubblico a basse emissioni, disincentivare l'utilizzo del mezzo privato, abbattere le emissioni, favorire misure intese a aumentare l'efficienza energetica."
Troppi macro-obiettivi per uno scarno documento di 13 pagine, delle quali ben quattro sono occupate da riferimenti legislativi, e un impegno di spesa di soli 12 milioni di euro.
Alla fine il risultato sarà:
- alcune municipalità riceveranno un contentino per ammodernare qualche autobus obsoleto;
- qualche società di software riceverà l'appalto per la sincronizzazione dei semafori e il monitoraggio dell'intensità di traffico (che nessuno poi leggerà e interpreterà);
- due gradi in meno negli uffici pubblici che non verranno mei rispettati;
- l'imposizione del limite di 30 Km/ora nei centri cittadini che porteranno nuovi introiti alle casse comunali;
- le misure di dissuasione e repressione della sosta di intralcio (idem come sopra).
Se questo vi sembra inverosimile allora leggete voi stessi il documento (allegato in pdf) e traete le vostre personalissime considerazioni.
Quello che personalmente mi sconcerta è la paradossale e ridicola riduzione a 30 Km/ora del limite di velocità urbano per due ordini di ragioni:
1. la velocità media all'interno delle nostre città si è ridotta di altri 2,8 km/ ora nell'ultimo anno superando di poco i 15 km/h, con punte di 7-8 km/h come rilevato da "Confcommercio";
2. E' noto che la miglior efficienza dei motori, e quindi della quantità e qualità delle emissioni, si ha in costanza di regime di giri e all'interno di un intervallo di giri/min specifico (diverso a seconda del tipo di motorizzazione).
Vien da sé che le misure saranno inefficaci e inutili per lo scopo specifico per le quali verranno introdotte ma utilissime per le casse comunali che potranno garantirsi nuovi introiti per tutti coloro che sfrecceranno (nei brevi tratti che saranno liberi) a velocità superiori a 31,5 km/h (considerato già il 5% di tolleranza concesso). Una Velocità di punta difficilmente rilevabile con certezza dai tachimetri delle auto e ancor più difficilmente percepibile dallo stesso conducente con conseguente elevamento a potenza della probabilità di incorrere in contravvenzione.
Dei semafori intelligenti degli anni 70-80 ai T-Red di più recente memoria stendiamo un velo pietoso. I primi per l'inefficacia e i secondi per le frodi ai danni degli automobilisti e perciò, se tanto mi dà tanto, i nuovi semafori "multitasking" non saranno da meno. Ammesso e non concesso che possano rilevare interessanti dati dai flussi veicolari, poi nessuno riuscirà mai a interpretarli.
In conclusione siamo alle solite!
Il cittadino / automobilista sarà ancora e sempre più il bancomat dei comuni e l'intelligenza delegata ai soli semafori.
Domanda: C'è di che vergognarsi o no?
(in allegato il Protocollo di Intesa)
Allerta della NASA sui potenziali effetti de El Niño che sembrerebbe la replica del 1998. Pochissime le differenze e perciò elevatissima probabilità di vedere replicati gli effetti distruttivi.
di Virgilio Parma 03 gennaio 2016
El Niño è un fenomeno climatico periodico che si verifica nell'Oceano pacifico centrale con le acque più calde che si muovono verso est in direzione delle Americhe, a partire da dicembre fino alla primavera, e si ripete mediamente ogni 5 anni, una volta ogni due - sette anni.
Una combinazione di fattori climatici potentissima in grado di modificare la normale e consueta circolazione d'aria del pianeta innescando fenomeni estremi in ogni parte del globo.
Molto probabilmente, i primi effetti catastrofici si sono manifestati, per quanto riguarda l'europa, con particolare forza devastante in Scozia e Inghilterra nei giorni scorsi e registrata dalle cronache come "la peggiore alluvione degli ultimi 70 anni" .
Visto dallo spazio, l'attuale El Niño è un 'gemello' di quello che nel 1998 provocò fenomeni meteorologici estremi come la 'Grande tempesta di ghiaccio' su New York e tutto il Nord Est degli Stati Uniti e, nell'estate del '98, la violenta ondata di caldo in Europa. Lo indicano le immagini catturate quest'anno dal satellite Jason-2, che rivelano come El Niño in arrivo continui a 'crescere' mostrando molte analogie con quello record di 18 anni fa.
L'unica differenza è nel fatto che nel 1997 il calore della superficie dell'oceano era più intenso, mentre nel 2015 il calore è meno intenso ma più esteso.
La maggior parte degli effetti sugli Stati Uniti è prevista all'inizio di quest'anno.
"I meteorologi del National Oceanic and Atmospheric Administration, scrive la Nasa sul suo sito WEB, prevedono un turno di El Niño in un prossimo futuro, inaugurando diversi mesi di condizioni relativamente fredde ed umide in tutto il sud degli Stati Uniti, e condizioni relativamente calde e asciutte sulla Stati Uniti settentrionali" .
L'elefante ha partorito il topolino. Raccogliamo i segnali positivi che possano comunque fungere da collante per nuovi e più illuminati e impegnativi accordi sul fronte climatico e chissà anche sul fronte della pace. Per ora, quanto uscito dal summit parigino sul clima, appare più un accordo di facciata che di sostanza.
di Lamberto Colla Parma, 20 dicembre 2015.
Finalmente arriva una notizia positiva a interrompere questo periodo di crisi globale. Apriamoci quindi alla speranza che finalmente un ponte verso una nuova era, più illuminata, possa essere gettato.
Sono 195 i Paesi sottoscrittori, in rappresentanza del 90% dei delle emissioni nocive, che hanno sottoscritto l'accordo sul clima di Parigi. Il COP21, almeno nelle buone intenzioni è riuscito a fare centro.
Basti pensare che il ben più noto protocollo di Kyoto (COP3 - 11 dicembre 1997) fu sottoscritto da 180 Paesi che complessivamente rappresentavano solo il 12% delle emissioni in atmosfera.
Almeno sul piano della rappresentanza si deve registrare il successo per farci ben sperare per il futuro.
L'obiettivo principale è il contenimento della temperatura della Terra entro i +1,5 gradi rispetto all'epoca pre - industriale, cosa che di fatto comporterebbe una riduzione di 0,5 gradi rispetto il livello attualmente raggiunto (+2 gradi °C). Un'impresa ardua che però sta a significare che sono stati ascoltati gli appelli delle comunità scientifiche, pur nell'incertezza che caratterizza le conoscenze delle dinamiche di fenomeni globali e di lunghissimo respiro, che ipotizzano che i danni provocati dai cambiamenti climatici valutati a fine secolo saranno molto ingenti.
Già perché se tutto appare positivo starà soprattutto alla buona volontà dei singoli Paesi rispettare l'accordo non essendo stata prevista, almeno in questa prima stesura, alcuna sanzione da applicarsi.
Nemmeno sono stati previsti gli strumenti necessari per centrare gli obiettivi e forse, questo potrebbe risultare vincente. Anziché far calare dall'alto, come accadde con il protocollo di Kyoto, le modalità utili a perseguire gli obiettivi, sembra che sia stato preferito un approccio "Bottom-Up" , dal basso verso l'alto lasciando perciò a ciascuno la scelta delle modalità, degli strumenti.
"Il fine giustifica i mezzi". Questo sembrerebbe la filosofia scaturita da Parigi.
«Sarà la Storia a giudicare i risultati, non tanto sulla base degli accordi ma su ciò che inizieremo a fare da oggi» ha affermato il ministro dell'Ambiente delle Maldive, Thoriq Ibrahim, uno degli Stati più a rischio del pianeta.
L'accordo, che entrerà in vigore nel 2020, mira alla dismissione delle energie generate ai combustibili fossili (carbone, gas, petrolio), a rafforzare le misure di risparmio energetico e a proteggere le zone boschive.
Temperatura – L'obiettivo, come si diceva in precedenza, è ambizioso e consiste nel contenimento del riscaldamento del pianeta "ben al di sotto di 2°C". Gli impegni sottoscritti dai vari Stati, però, si orienterebbero già verso i 3°C.
Tempistica – L'accordo prevede una revisione al rialzo degli obiettivi di riduzione di emissione di gas a effetto serra ogni 5 anni, soltanto però a partire dal 2025. Un traguardo temporale che a molti esperti appare tardivo.
Risorse – Sarebbe limitato a solo un centinaio di miliardi di dollari i fondi destinati agli Stati più vulnerabili alle alterazioni climatiche, come il Bangladesh e le isole del Pacifico. Giusto per iniziare perché potrebbe essere in seguito rivista la somma come richiesto dai paesi più poveri.
Limiti e Vincoli – Il presidente di COP21, Laurent Fabius, ha tenuto a precisare che tali accordi hanno il "carattere giuridicamente vincolante" di un patto. Un patto che, stando agli esperti, si baserebbe unicamente sulla buona volontà dei governi, non prevedendo alcuna forma di sanzione.
Impegni specifici – La Cina, che a causa della sua cavalcata per colmare il gap industriale con l'occidente è riuscita a diventare in breve tempo un paese di riferimento economico e il più più inquinante del mondo, si è impegnata, per la prima volta a limitare le sue emissioni di gas ad effetto serra al massimo entro il 2030. Anche l'India ha promesso di impegnarsi a migliorare la propria efficienza energetica, senza tuttavia fissare degli obiettivi precisi.
Voto d'incoraggiamento 6= sarebbe il voto da assegnare ai partecipanti al COP21. Una quasi sufficienza d'incoraggiamento a studiare e a recuperare nel più breve tempo possibile anche perché, al di là degli studi scientifici, alcuni segnali inequivocabili di ribellione la natura li ha manifestati in tutto il pianeta.
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