Di Coopservice Reggio Emilia, 20 marzo 2023 -
Il fattore H: energia pulita possibile per un futuro sostenibile
Ormai è noto a tutti: l’idrogeno è considerato uno dei pilastri della transizione verso un mondo alimentato da energie green. Certo, fino ad ora lo si è caricato di aspettative non tanto eccessive quanto premature: George W. Bush, quando era presidente degli Stati Uniti, disse che le auto a idrogeno sarebbero state al livello di quelle a benzina entro il 2010. Ancor prima, nel 2004, l’allora governatore della California Arnold Schwarzenegger promise che, sempre entro il 2010, nello stato americano ci sarebbero state autostrade piene di distributori di idrogeno. Le cose sono andate diversamente, ma ha comunque trovato conferma la fattibilità di una scommessa che è possibile vincere.
Anche la guerra in Ucraina ha contribuito alla spinta verso l’idrogeno
Non c’è infatti Piano per la transizione energetica - a livello nazionale, europeo e mondiale – che non preveda un ruolo strategico per il primo elemento della tavola periodica. Solo per restare all’Europa, l’idrogeno riveste un ruolo centrale nell’European Green Deal (2019) – il programma europeo per la crescita sostenibile – e nel Circular Economy Action Plan (2020) – il piano d’azione per l’introduzione su larga scala delle pratiche economiche circolari. L’invasione russa dell’Ucraina ha poi prodotto un’ulteriore accelerazione delle progettualità con il varo (maggio 2022) di REPowerEU, il piano della Commissione Europea per rendere l'Europa indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del 2030. Entro quella data l’UE mira a raggiungere 10 milioni di tonnellate di produzione interna di idrogeno rinnovabile e 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile importato.
Le strategie europee per lo sviluppo dell’idrogeno
Ma è in realtà ormai da tempo che l’investimento sull’idrogeno viene considerato così importante da meritare strategie ad hoc. Così nel 2020 la Commissione Europea ha presentato A Hydrogen strategy for a Climate neutral Europe, un documento programmatico che prevede tre differenti fasi di sviluppo con investimenti giganteschi in elettrolizzatori e infrastrutture per la produzione, il trasporto e lo stoccaggio. E l’Hydrogen Roadmap Europe (2019), nel definire un percorso sostenibile per la transizione energetica europea, stima che il prezioso elemento potrebbe coprire entro il 2050 fino al 24% della domanda finale di energia così da contribuire alla riduzione di 560 milioni di tonnellate di CO2.
L’Italia si candida ad essere l’hub dell’idrogeno per il sud dell’Europa
Va da sé, date queste premesse, che la scommessa H coinvolga pienamente anche l’Italia. È della fine 2020 il varo delle Linee guida per la strategia nazionale sull’idrogeno con l’ambizione di candidarsi a diventare l’hub del Mediterraneo per l’idrogeno verde. E il PNRR ne fa una delle strutture portanti della Missione 2 ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’, con lo stanziamento di 500 milioni di euro per la creazione di 10 hydrogen valleys in aree industriali dismesse. Previsione cui è seguita, nel giugno 2022, il via libera ai cosiddetti primi ‘progetti bandiera’, ovvero cinque protocolli d’intesa tra il governo e le regioni Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Basilicata e Puglia per promuovere a livello locale la produzione e l’uso dell'idrogeno. Si tratta di accordi apripista a cui stanno facendo seguito le progettualità delle altre Regioni.
L’idrogeno è davvero ‘green’ se l’elettricità è green
Una scommessa in pieno svolgimento, dunque. Che, grazie all’incessante progresso tecnologico e ai crescenti finanziamenti disponibili, punta dritto sull’idrogeno ‘verde’ ovvero prodotto da fonti rinnovabili. Perché l’elemento più diffuso sulla Terra non è disponibile in natura, ma va ‘estratto’ dalle molecole in cui si trova accoppiato: idrocarburi (metano), sostanze organiche, acqua. E se il processo chimico di scorporo dall’acqua consente di azzerare le emissioni carboniche, il problema si sposta a monte perché ciò è possibile grazie ad elettrolizzatori il cui funzionamento necessita di grandi quantità di corrente elettrica. Ma allora se il punto diventa come viene prodotta l’elettricità, quali sono i criteri tecnici per definire l’idrogeno ‘verde’? Nella UE, dopo lunghissima discussione, solo il mese scorso la Commissione ha presentato al Parlamento e al Consiglio europei una proposta: l’idrogeno potrà essere definito ‘green’ sia se prodotto con elettricità da fonti interamente rinnovabili (solare, eolico) che con bassissima intensità di emissioni, in particolare utilizzando mix energetici con una forte incidenza del nucleare.
Un particolare dell'impianto di riscaldamento ad idrogeno realizzato persso l'Istituto scolastico Meucci di Carpi
Il primo impianto (sperimentale) di riscaldamento ad idrogeno verde è targato Coopservice
Rimane il fatto che le caratteristiche dell’idrogeno lo rendono un vettore energetico che gode di crescente considerazione e credibilità. I vantaggi sono infatti plurimi: una volta prodotto è immagazzinabile, trasportabile e ‘circolare’ poiché può essere utilizzato sia per produrre calore che elettricità interagendo con l’ossigeno all’interno di fuel cell. Proprio l’estrema futuribilità dell’elemento ha portato l’Amministrazione Provinciale di Modena ad inserire l’intervento per la realizzazione di un impianto di riscaldamento ad idrogeno all’interno del bando ‘Servizio Energia per gli Edifici della Provincia’. In tal modo Coopservice, aggiudicataria del bando, ha potuto realizzare il primo impianto di riscaldamento ad idrogeno verde in Italia, al servizio dell’Istituto Scolastico Meucci di Carpi. Si tratta di un progetto pilota, a carattere sperimentale, avviato pur nell’ambito di normative in fase di definizione per impianti ad uso civile, e progettato nella conformazione totalmente ‘green’, cioè ricavando idrogeno esclusivamente attraverso l’alimentazione fornita un impianto fotovoltaico di 100 kwp posto sul tetto dell’edificio scolastico.
I pannelli fotovoltaici che alimentano gli elettrolizzatori da cui si ricava l'idrogeno
L’importanza di una scommessa sulla sostenibilità promossa da un ente pubblico
Una scommessa che, dunque, proprio per il carattere al 100% ecologica, anticipa persino l’evoluzione delle Direttive UE e si pone come progetto di interesse nazionale e sovranazionale. Perché dunque Coopservice ha deciso di aderire ad una sperimentazione di tale novità nel nostro Paese? “Prima di tutto perché abbiamo deciso di sostenere l’esempio e il coraggio di una progettualità così innovativa promossa da un ente pubblico”, spiega il direttore operativo Carlo Bassanini. “E poi perché intendiamo dare piena attuazione agli obiettivi fissati nel nostro Piano Strategico, quali lo sviluppo dell’efficienza energetica, delle tecnologie green, dell’innovazione. L’impianto di Carpi è una best practice a livello europeo che raccoglie tutti questi elementi”.
Si parte dal 20% di idrogeno con l’obiettivo futuro del 100%
Trattandosi di un progetto pilota che utilizza tecnologie sperimentali, talmente innovativo da non potere ancora avere come riferimento un quadro normativo compiutamente definito, si prevede un avanzamento e una implementazione per step. Nella prima fase, come imposto dalla normativa vigente, è previsto che la caldaia dell’istituto funzioni con una alimentazione ‘blend’ composta da un mix di metano (80%) e idrogeno green (20%): l’idrogeno prodotto attraverso gli elettrolizzatori viene immagazzinato in un serbatoio di 9,3 metri cubi (circa 20 kg di elemento) in grado di alimentare continuamente la miscela blend. L’impianto, però, è già dimensionato per sostenere un contributo energetico via via crescente della componente idrogeno, fino alla configurazione ideale che prevede di fare a meno dell’apporto del metano: un’evoluzione, questa, che richiede necessariamente un adeguamento della normativa con l’auspicio che possa diventare realtà in un futuro il più prossimo possibile.
Già nell’assetto attuale, in ogni caso, l’impianto assicura un notevole contributo al benessere ambientale, consentendo ogni anno una minore emissione di 0,7 tonnellate di CO2 equivalente corrispondenti al beneficio per l’atmosfera dato da un bosco di 650 mq. Ma è nella configurazione auspicata a totale ‘motrice idrogeno’ che i risultati ecologici letteralmente esplodono: le tonnellate equivalenti risparmiate all’atmosfera diventano quasi 11, corrispondenti al lavoro di fotosintesi di un bosco di 7.725 mq.
L’importanza della sperimentazione di Carpi ha portato l’impianto ad essere oggetto di studio in ambito accademico e argomento di tesi di laurea presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.