Domenica, 25 Ottobre 2020 16:34

Chiusura alle 18 dei ristoranti: Nizzi, presidente PQR, "Questa volta salta tutto il comparto» In evidenza

Scritto da Chiara Marando

"Chiusura dei ristoranti alle 18, quindi il problema siamo noi? È da qui che parte il contagio? A noi non pare. Bisogna essere realisti. Ora più che mai servono regole certe e ragionate e logicamente il massimo rispetto delle disposizioni da parte di tutti – è il commento di Andrea Nizzi, presidente Parma Quality Restaurants, in merito alle direttive emanate dall'ultimo Dpcm del 25 ottobre 2020.

Di Chiara Marando  -

Alla luce delle direttive emanate dall'ultimo Dpcm del 25 ottobre 2020, che impone l'obblico di chiusura di tutte le attività ristorative, bar, pub e pasticcerie alle 18, il Parma Quality Restaurants vuole far sentire la sua rabbia e frustrazione. Frustrazione nei confronti di una decisione che danneggia pesantemente e, molto probabilmente irrimediabilmente, un settore già fortemente colpito nell'ultimo anno. Ma soprattutto, una decisione che certamente non rappresenta la soluzione al problema dell'aumento dei contagi da Covid 19. Perché se è vero che chi non rispetta le regole deve necessariamente e giustamente essere punito, è altrettanto vero che il settore ristorativo e dell'hospitality in generale, è stato tra i primi a muoversi per adeguare le diverse attività alle normative di sicurezza e distanziamento.

«Chiusura dei ristoranti alle 18, quindi il problema siamo noi? È da qui che parte il contagio? A noi non pare. Bisogna essere realisti. Ora più che mai servono regole certe e ragionate e logicamente il massimo rispetto delle disposizioni da parte di tutti – è il commento di Andrea Nizzi, presidente Parma Quality Restaurants, sui contenuti del nuovo Dpcm -. Chi non rispetta le regole è giusto che venga sanzionato. Ma questa ulteriore stretta sui locali non fa che creare problemi su problemi, generando panico e frustrazione. I cittadini sono stanchi di queste decisioni che sembrano prese a prescindere dalla realtà. Le persone dopo la riapertura di maggio sono progressivamente tornate nei ristoranti e hanno continuato a farlo con tranquillità e serenità, perché hanno trovato situazioni nelle quali si sentivano e si sentono tuttora sicure. Almeno qui a Parma è stato così. Non mi sembra di aver letto e nemmeno saputo di particolari criticità legate all’attività ristorativa».

«Ancora una volta, come abbiamo assistito in queste ultime settimane, sembra che si giochi a chi la spara più grossa. In una situazione di emergenza come quella attuale quello che serve è solo una cosa: buon senso. Ma purtroppo sembra che questo proprio non ci sia» prosegue Nizzi. «Chiusure anticipate le possiamo gestire, solo se ragionate. Dobbiamo chiudere alle 24? O alle 23? Vorrà dire che dalle 19 o anche prima saremo pronti per accogliere i nostri ospiti. Ma fare chiudere i ristoranti alle 18 equivale a dire chiudere definitivamente».

«Con la prima ondata della pandemia ci hanno chiesto di abbassare le serrande e di fare sacrifici a fronte di sostegni economici limitati, se non ridicoli in taluni casi. Ma lo abbiamo fatto con senso di responsabilità. Ci siamo poi rimboccati le maniche cercando di lavorare al meglio, senza tirarci indietro davanti ai problemi che incontravamo e lo abbiamo fatto con il sorriso, cercando di guardare in prospettiva, a un ritorno graduale alla realtà – ricorda il presidente del consorzio dei ristoratori -. Parliamoci chiaro, dovremo rapportarci con questo virus ancora per tanto tempo. E quindi cosa facciamo? Continuiamo a chiudere e riaprire per mesi e mesi? È questa la soluzione? Quello che serve sono regole che permettano alle attività economiche di lavorare. E controlli che vigilino sul rispetto di queste regole. Non si può generalizzare, occorre razionalità in base alla situazione contingente. Ma purtroppo finora non ci sembra che sia questo l’approccio scelto dai nostri governanti. In questo momento siamo tutti disponibili a fare sacrifici, ma chiediamo anche rispetto. Un’altra chiusura non possiamo permettercela, perché le conseguenze economiche e sociali sulle vite dei lavoratori e dell’indotto di questo settore sarebbero disastrose e irrecuperabili».

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