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Permesso mensile retribuito per l'assistenza alla persona con disabilità in situazione di gravità: anche il convivente di fatto rientra tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi previsti dalla legge 104/92.
6 aprile 2016
L'intervento della Corte costituzionale con la sentenza n.213 del 23 settembre 2016, ha stabilito che anche il convivente di fatto rientra tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi previsti dalla legge 104/92. Questo significa che il convivente di fatto diviene, a tutti gli effetti, uno tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l'assistenza alla persona con disabilità in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine di secondo grado.
Le istruzioni operative relative alla concessione dei permessi mensili e del congedo straordinario per assistenza a soggetti disabili, ai lavoratori dipendenti del settore privato, che siano parte di un'unione civile o una convivenza di fatto, sono state specificate dall'INPS con la circolare n. 28 del 27 febbraio 2017. In primis, l'INPS chiarisce che la parte di un'unione civile può usufruire di permessi ex legge n. 104/92 e del congedo straordinario ex art. 42, comma 5 D.Lgs. 151/2001. Invece, per quanto riguarda il convivente di fatto di cui ai commi 36 e 37 dell'art. 1 della legge n. 76/2016, che presti assistenza all'altro convivente, può usufruire unicamente dei permessi ex lege n. 104/92. La parte di unione civile e il convivente di fatto hanno diritto ad usufruire di tre giorni di permesso mensili retribuiti nei casi in cui prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini entro il secondo grado, riconosciuti in situazione di disabilità grave. Entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Sia il convivente di fatto che le parti dell'unione civile non possono, però, fare la richiesta per l'assistenza dei parenti del compagno, in quanto tra la parte dell'unione civile e i parenti dell'altro non si costituisce un rapporto di affinità.