Di Chiara Marando – Sabato 16 Maggio 2015
Scuro, denso, profumato e dal sapore avvolgente, l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP è una di quelle tipicità capaci di rispecchiare tutta l’eccellenza della tradizione enogastronomica italiana. Testimone della cultura di un territorio, la sua vera essenza è parte integrante della storia popolare, delle usanze familiari tramandate di generazione in generazione.
La storia vuole che ogni famiglia avesse la propria “batteria” di botti, disposte in ordine decrescente, conservate nel sottotetto di casa, un patrimonio che rappresentava la dote delle figlie in età da marito. Legni diversi capaci di conferire aromi e sfumature di gusto inimitabili, oltre ad un invecchiamento lento e paziente. Prelevato dalla botticella più piccola, rappresenta solo il 3% dell’intera riserva.
La lavorazione ancora oggi non è cambiata, un’artigianalità che solo la grande passione per questo prodotto può conservare. Annualmente, al fine di ripristinarne i livelli, la modesta quantità di prodotto prelevato viene sapientemente “rincalzata” mediante travaso attingendo, secondo un dettame ben definito, dalle botti più grandi verso le più piccole.
Ecco perché il vero Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP (Denominazione di Origine Protetta) è invecchiato minimo 12 anni e si ottiene esclusivamente dal solo mosto cotto di uve autoctone modenesi, in particolare Trebbiano e Lambrusco, senza l’aggiunta di nessuna altra sostanza.
La particolarità della sua produzione esige che l’intero processo segua un rigoroso disciplinare DOP basato sulla cura e la dedizione, così che il risultato sia in grado di esprimere tutta l’eccellenza che da sempre lo contraddistingue. La soglia dei 25 anni in botte ne determina la sua certificazione ad Extra Vecchio.
Un’altra garanzia della reale qualità del Balsamico Tradizionale, è data dal sigillo DOP assegnato dal MIPAAF (Ministero Italiano delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) e dall’inconfondibile bottiglietta ad “ampollina” da 100ml disegnata da Giugiaro, l’unica a poter contenere per legge questa delizia imbottigliata esclusivamente dal Consorzio a seguito dei dovuti controlli. Tutto questo certifica la filiera produttiva, nonché l’elevato standard dei parametri organolettici.
Ma a conquistare già dalla prima goccia è l’intensità aromatica racchiusa in ogni perla di questo prezioso gioiello, un’esperienza sensoriale che esprime fragranze diverse capaci di fondersi fino a creare una composizione unica.
Perchè ogni Aceto Balsamico Tradizionale ha una sua storia da raccontare.
Come quello prodotto dall’Acetaia del Cristo, in provincia di Modena, un’azienda a conduzione familiare che da tre generazioni produce solo Aceto Balsamico Tradizionale DOP. Un totale di 2000 botti, alcune delle quali datate fine ‘800, raccolte in cantine che racchiudono tutta la trasformazione dell’uva per minimo 12 anni.
Ad occuparsi dell’Azienda oggi, e di tutta la coltivazione biologica delle uve prodotte e lavorate direttamente in loco, sono Erika, Daniele e Gilberto che ogni giorno rivivono l’amore per il loro lavoro riservando una meticolosa attenzione ad ogni singola azione. Perché come un bambino che cresce, il Balsamico Tradizionale va coccolato e protetto.
E questo impegno ha portato molti risultati perché, attualmente, l’Acetaia del Cristo risulta una delle realtà più importanti e riconosciute a livello mondiale per la produzione esclusiva dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP.
Di Chiara Marando – Sabato 09 Maggio 2015
Spesso le idee migliori nascono per caso, dalla passione, dalla voglia di cambiare oppure da una semplice serata in compagnia.
Ed è proprio questo ciò che è accaduto ad Antonio, Andrea ed Alessandro, rispettivamente avvocato, giornalista e pubblicitario, tre amici con vite diverse ma accumunati dalla voglia di sperimentare. Il loro è stato un tentativo intrapreso quasi per gioco, una birra inizialmente fatta in casa senza nessun tipo di pretese, una bevanda per pochi intimi da gustare a cena solo per il piacere di condividere l’amore per la tavola ed il buon bere.
Poi però questa birra è piaciuta…e molto.
Nel giro di poco tempo non sono più bastati i pochi litri preparati con metodi casalinghi e questo esperimento si è trasformato in una realtà concreta. Nasce così il brand “Doggy Style”, giovane, fresco ed evocativo, dove ad ogni birra corrispondono uno stile ed un nome diverso, quello dei loro amici a 4 zampe: Alfredo (Weiss-Retriver), Marta ( Mastiff-Ipa), Sbrocco (Pit-Pils), Deli (Tripple-Bastard).
Insomma un’avventura inaspettata, ma soprattutto apprezzata, che ha dato vita ad una società, la loro società: “La Prima Cotta”
La filosofia che si trova alla base del progetto segue la ricerca delle cose semplici e buone, il desiderio di creare un prodotto che sapesse appagare il palato in modo piacevole, persistendo in bocca con un gusto corposo e lievemente dolce. Birre “beverine” dal sapore non invadente che dissetano senza annoiare, prodotte con materie prime scelte di alta qualità: 90% di malto d’orzo italiano a km zero, acqua di pozzo, senza conservanti, coloranti o altri additivi e con l’aggiunta di luppoli eccellenti come il Citra ed il Saaz.
Doggy Style rivisita la Pils in una chiave diversa, meno dura, aggiungendo una piccola quantità di malto bisquit che riesce a conferire morbidezza, pur mantenendo il tipico finale amaro. Non filtrata o pastorizzata, rispecchia tutte le caratteristiche proprie delle birre artigianali in fatto di intensità gustativa ed olfattiva.
“ Le bolle più antiche al mondo”, come amano definirle loro, ed effettivamente il mix di aromi della ricetta che hanno studiato richiama la tradizioni passate ma riesce a sorprendere abbinandosi perfettamente con i più svariati cibi, anche quelli raffinati, esaltandone le diverse peculiarità: affettati come Prosciutto di Parma e bresaola, risotti a base di radicchio, rucola e altre erbe amare, molluschi, crostacei, carni bianche e rosse, formaggi quali taleggio e parmigiano reggiano, oltre a quei dolci dal tasso zuccherino estremamente marcato come lo zabaione.
Quindi un bere che diventa “Doggy Style”, ma non solo. Già, perché la stessa birra, dal look alternativo e sfacciato, viene vista anche in chiave più elegante con un nuovo nome ed un packaging e che strizza l’occhio a chi ama le bolle da sorseggiare in un calice: si chiama “La Prima Cotta”, marchio che riprende il nome della società, la cui bottiglia si presta anche alle occasioni più particolari ma conservando tutte le caratteristiche di una birra ideale per chi vuole bere bene senza rinunciare alla semplicità.
Di Chiara Marando – Sabato 25 Aprile 2015
La tradizione profuma di casa, assorbe l’essenza di un territorio, le radici contadine e popolari. La sua vera forza si trova nel rimanere fedele a sé stessa, rappresentare la cultura di un luogo senza lasciarsi alterare dallo scorrere del tempo. Famiglie che portano avanti di generazione in generazione gli insegnamenti del passato, preziosi baluardi di genuinità che non finiscono mai di sorprendere, soprattutto a tavola.
Ne è un perfetto esempio il Ristorante “Al Vèdel”, definizione dialettale della località Vedole, a pochi chilometri dal paese di Colorno, in provincia di Parma. Una attività nata nel lontano 1780, quando l'anziana zia Cleofe, decise di trasformare il proprio rustico in piccola bottega e luogo di ristoro. Da allora non ha mai cessato di esistere, si è evoluta grazie alla passione e costanza della Famiglia Bergonzi spinta da un’innata vocazione per la buona cucina. Una continua crescita che è riuscita a conservare l’anima dell’antica trattoria adattandola ad una modernità che non riesce ad intaccarla.
L’atmosfera che si respira è quella calda ed accogliente delle realtà di campagna che si sposa con l’eleganza di particolari ricercati, cura del servizio e della presentazione. Il menù è un perfetto mix tra piatti della tradizione e rivisitazioni ricercate dal sapore intenso e bilanciato. Agli eccezionali salumi locali, rigorosamente di produzione propria, si affiancano antipasti più particolari come Tartarre di Bue Piemontese battuta al coltello su crema di patate, uomo in camicia e tartufo nero, oppure Spiedini di polpo pugliese grigliati in zuppetta di pomodoro San Marzano, ed ancora Scaloppa di fegato grasso d’anatra con mele caramellate e pan brioche.
Tra le proposte dei primi non possono mancare i grandi classici come i Tortelli di erbetta con burro fuso e Parmigiano di collina e gli Anolini in brodo di manzo e gallina. Ma ci sono anche le saporite Tagliatelle al cacao con ragù di cervo, il cremoso Risotto vialone nano agli asparagi e tocchetti di burrata pugliese, i delicati Ravioli alle mele renette, pecorino di fossa e tartufo nero, oppure gli Spaghetti fatti in casa con ricci di mare.
Anche i secondi si dividono tra mare e terra: Coscia d’oca cotta in confit con la sua salsiccia ed il suo petto affumicato accompagnato da taccole saltate, Pollo dorato cotto in padella in due tempi e servito con patate arrosto e Tagliata di Tonno con panatura aromatica, maionese alla paprica dolce e crudità di verdura.
Insomma, un viaggio che passa dai sapori della pianura, a quelli del Po fino alle tipicità delle colline e dell'Appennino. Il tutto con un grande rispetto del naturale corso stagionale così da poter offrire prodotti di grande qualità.
Una ricca carta dei vini potrà soddisfare anche i veri intenditori nonché esaltare ulteriormente le pietanze da assaporare. Ed effettivamente la Cantina vanta circa millecinquecento etichette selezionate, dal Lambrusco ai vini francesi, senza dimenticare i grandi whisky di malto scozzesi, rhum caraibici, una collezione di grappe, e ancora porto, cognac, armagnac.
I dolci, poi, meriterebbero una descrizione estremamente accurata, esattamente come la loro preparazione e presentazione, piccole opere d’arte nel piatto. Per chi non si fosse tenuto un posticino niente paura, potrete concludere con un buon caffè e piccole bontà di pasticceria casalinga.
Infine, il consiglio è quello di visitare la cantina di stagionatura dei salumi, una vera e propria esperienza sensoriale. Sarete avvolti da un ovattato silenzio, profumi intensi che cambiano a seconda delle diverse stanze ed altrettante delizie appese al soffitto a riposare. Puro fascino della tradizione.
Ristorante Al Vèdel
Località Vedole, 68, 4
3052 Colorno PR
Tel. 0521 816169
Un'originale iniziativa di Confesercenti Toscana in occasione di Expo, che sta conducendo tre atleti a piedi lungo lo stivale da Firenze a Milano. -
Parma, 17 aprile 2015 -
E' iniziato lo scorso 11 aprile e ieri sera è giunto a Parma al ristorante Parmarotta. Si tratta del primo "Viaggio Artusiano", un'originale iniziativa di Confesercenti Toscana in occasione di Expo, che sta conducendo tre atleti a piedi lungo lo stivale da Firenze a Milano.
A ogni tappa un noto chef toscano porta la sua tradizione in rinomati ristoranti che si trovano lungo il percorso di questo pellegrinaggio gustativo.
Ieri sera è stata la volta di Parma e in particolare del ristorante Parmarotta, dove lo chef e patron Antonio Di Vita, ha accolto i pellegrini e lo chef Michelangelo Ronco dell'Aragosta di Livorno che ha cucinato per l'occasione il mitico Caciucco.
Stasera i viaggiatori toccheranno Fidenza dove per l'occasione lo chef Maurizio Menci del Nessun Dorma di Arezzo, cucinerà un menù tipico toscano all'Osteria Ciriboga.
Il viaggio terminerà a Milano lunedì 20, con un grande evento alle soglie dell'apertura dell'Expo.
«Abbiamo collaboranto volentieri a questa simpatica iniziativa dei colleghi toscani – dichiara Stefano Cantoni, coordinatore settore Ristorazione di Confesercenti Parma – in quanto ci uniscono i valori di qualità e tipicità della cucina».
(Fonte: ufficio stampa Confesercenti Parma)
Un gruppo di lettori del prestigioso quotidiano inglese alla scoperta dei prodotti enogastronomici di eccellenza tra Parma, Modena e Bologna. Il momento clou, lunedì 20 aprile, all'Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense in occasione delle rassegne "Salumi da Re" e "Centomani, di questa terra" con 52 show cooking dei migliori cuochi dell'Emilia Romagna e 40 espositori per degustazioni "Doc". -
Parma, 18 aprile 2015 -
Visitare le cantine d'invecchiamento del Culatello, scoprire come si produce il Parmigiano Reggiano, imparare a cucinare un piatto di pasta, gustare l'inebriante aceto Balsamico Tradizionale di Modena.
Tutto questo caratterizzerà il tour enogastronomico che vedrà protagonisti un gruppo di lettori del quotidiano inglese "Telegraph" (oltre un milione e duecentomila lettori giornalieri e 19 milioni di visitatori unici mensili al sito www.telegraph.co.uk) che hanno aderito al "tour del gusto" in Emilia Romagna proposto dal giornale.
Il "Telegraph Gourmet Food Festival", in programma dal 18 al 21 aprile, è promosso dal giornale in collaborazione con il tour operator inglese "Arblaster&Clarke" specializzato in viaggi enogastronomici in Italia che ha preso parte, nel giugno 2014 a Londra, a un'iniziativa promozionale di Apt Servizi sul turismo enogastronomico dell'esperienza in Emilia Romagna.
Il programma dell'evento - guidato dall'esperta enogastronomica del Telegraph, Xanthe Clay - prevede tappe nei centri storici di Parma, Modena e Bologna e un "tuffo" nelle eccellenze enogastronomiche regionali con soste in un'azienda vitivinicola di vino Lambrusco, in un caseificio dove si produce Parmigiano Reggiano, in un'Acetaia di Aceto Balsamico Tradizionale. Il programma prevede anche, presso l'Academia Barilla di Parma, la possibilità di imparare a cucinare un piatto di pasta.
Il momento clou del tour sarà lunedì 20 aprile presso l'Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense dei fratelli Massimo e Luciano Spigaroli. Gli ospiti inglesi faranno visita alle cantine di stagionatura del culatello, pranzeranno e parteciperanno a due eventi che si svolgono presso l'Antica Corte Pallavicina: "Salumi da Re" (il grande raduno dei protagonisti della salumeria di qualità organizzato da Gambero Rosso e dai fratelli Spigaroli) e "Centomani, di questa terra" la grande festa di cuochi, produttori, gourmet, esperti del settore agroalimentare organizzata dall'associazione Chef to Chef Emiliaromagnacuochi con 52 show cooking dei migliori cuochi dell'Emilia Romagna e la presenza di 40 espositori per degustazioni di eccellenza.
(Fonte: Ufficio Stampa Apt Servizi – Tel. 0541-430.190 – www.aptservizi.com)
Di Chiara Marando – Sabato 18 Aprile 2015
Cucina, convivio, piccoli rituali legati al cibo visti con gli occhi della creatività: “Arts & Foods. Rituali dal 1851 non è una semplice esposizione ma un viaggio nella storia e nell’arte che interpreta il tema del nutrimento. Una grande mostra curata da Germano Celant con il contributo architettonico dello Studio Italo Rota che, fino al 1 novembre, trasformerà gli ambienti della Triennale di Milano in un percorso nel quale lo spettatore potrà lasciarsi trasportare tra opere d’arte, disegni, film, oggetti particolari, documenti, menù e copertine d’annata a partire dal 1851 ad oggi.
In mostra più di 15 ambienti, in 7.000 metri quadri, dedicati ai luoghi del cibo, alla sua preparazione, distribuzione e condivisione sia nella sfera pubblica che in quella privata. L’obiettivo di Arts & Foods è quello di offrire una camminata attraverso il tempo e le sue diverse tendenze, dallo storico al contemporaneo, attraverso tutti i livelli di comunicazione, espressività e creatività. Per farlo è stata realizzata un’armonica fusione tra linguaggio visivo, plastico, oggettuale ed ambientale a partire da una data tutt’altro che casuale: il 1851 è l’anno della prima Expo tenutasi a Londra.
Un modo diverso ed originale di documentare sviluppi e soluzioni scelte per relazionarsi con un argomento che accomuna tutti i popoli e le culture: dagli strumenti in cucina, alla tavola imbandita di tutti i giorni, al pic-nic, ai bar e ristoranti, fino ai mutamenti nelle abitudini alimentari in viaggio ed alla progettazione di edifici interamente dedicati alla produzione del cibo. Ad arricchire ulteriormente la mostra sono molteplici capolavori concessi da musei, istituzioni pubbliche e private, nonché da artisti e collezionisti di portata internazionale.
La presenza di Arts & Foods in Triennale, ovvero nel cuore cittadino, ed il collegamento diretto con Expo Milano 2015 rappresentano un’occasione unica per porre il lato artistico a contatto con un pubblico ampio e variegato, ma anche di caratterizzare l’ambiente circostante. La volontà è quella di portare la narrazione storica nel presente, costruire un senso di identità perduto attraverso testimonianze nelle quali riconoscere sé stessi e ritrovare un passato di semplicità comune.
Da Firenze a Milano a piedi in 10 tappe per promuovere la cucina toscana in occasione di Expo. Michelangelo Ronco, dell'Aragosta di Livorno a Parmarotta, cucinerà il Caciucco alla Livornese mentre venerdì a Fidenza lo chef Maurizio Menci del Nessun Dorma di Arezzo, cucinerà un menù tipico toscano all'Osteria Ciriboga. -
Parma, 15 aprile 2015 -
Tre atleti, affiancati in ogni tappa da capaci ristoratori toscani, stanno attraversando a piedi lo Stivale da Firenze e a Milano e domani saranno a Parma. E' iniziato sabato scorso, il primo "Viaggio Artusiano" e terminerà a Milano lunedì 20, con un grande evento alle soglie dell'apertura dell'Expo. Un'originale iniziativa di Confesercenti Toscana che in occasione della grande esposizione universale, promuove i prodotti e la tipica ristorazione toscana, facendo conoscere i piatti della tradizione.
Sveglia al mattino presto, colazione con i prodotti della provincia attraversata e poi in cammino per tutta la mattina e pranzo al sacco. Ripresa nel pomeriggio, arrivo alla tappa prevista e poi cena. Questo il programma di ogni tappa; per la cena provvederà un ristoratore aderente al progetto "Vetrina Toscana a tavola" gemellato con i colleghi ristoratori parmensi.
«Stiamo collaborando volentieri a questa simpatica iniziativa dei colleghi toscani – dichiara Stefano Cantoni, coordinatore settore Ristorazione di Confesercenti Parma – in quanto ci uniscono i valori di qualità e tipicità della cucina».
Giovedì 16 sarà a Parma Michelangelo Ronco dell'Aragosta di Livorno, il quale a Parmarotta, cucinerà in via straordinaria, il Caciucco alla Livornese mentre venerdì 17 aprile i viaggiatori toccheranno Fidenza dove per l'occasione lo chef Maurizio Menci del Nessun Dorma di Arezzo, cucinerà un menù tipico toscano all'Osteria Ciriboga. Chi volesse partecipare all'iniziativa può prenotare la cena nei ristoranti indicati e gustare così una originale serata di cucina toscana.
L'originale idea di "Mangia La Foglia Bio" disponibile anche per le merende dei più piccoli, in tutti i parchi di Parma. -
Parma, 11 aprile 2015 -
Con l'arrivo della bella stagione niente è più rilassante che consumare un buon pasto all'aria aperta. E visto che il tempo spesso manca nel trambusto quotidiano, ecco una vincente idea per una pausa pranzo già pronta, gustosa e salutare! L'eco gastronomia naturale di Parma MANGIA LA FOGLIA bio, in linea con la sua filosofia alimentare - fatta di piatti vegetariani, vegani e di ingredienti prodotti nel pieno rispetto della natura da coltivatori locali - invita i buongustai a provare l'esperienza del "Biopicnic nel parco".
Un'alternativa comoda e veloce, da ordinare telefonicamente o via mail la mattina e il pranzo verrà recapitato direttamente in uno dei bellissimi parchi di Parma. Basta scegliere il menu sul sito www.mangialafogliabio.com, il luogo in cui dovrà essere consegnato e godersi le ricette predilette. La focaccina di porri e olive, il tofu fresco alle erbe di produzione locale, il burger di lenticchie con verdure saltate o i biscotti all'uvetta e alla cannella, sono solo alcune delle gustose proposte.
A pensare alla consegna, tutta ecologica, è un fattorino d'eccezione ovvero "La Sajetta". Il simpatico "corriere", che si può incontrare fra le strade di Parma, in sella alla sua inseparabile bicicletta che in occasione del Biopicnic – possibile dal lunedì al sabato compreso - farà pagare la consegna nelle aree verdi cittadine 3 euro anziché 4.
L'iniziativa, che nasce dalla mente creativa di Carla Soffritti, che si occupa della comunicazione di MANGIA LA FOGLIA bio, vale anche per l'ora della merenda che tanto piace ai più piccoli.
Di Chiara Marando – 04 Aprile 2015
Cibo, cucina e ricette, argomenti che negli ultimi anni stanno riscuotendo sempre più successo sia tra appassionati che veri professionisti del settore. Una panoramica ampia e variegata che spazia dalla riscoperta dei piatti locali e regionali, alle preparazioni semplici, rapide ma curate con una selezione meticolosa degli ingredienti, fino a sperimentazioni molecolari oppure cucina naturale e biologica.
Un fenomeno certamente affascinante che ha portato, soprattutto negli ultimi anni, ad un’attenzione quasi maniacale verso l’estetica dei piatti, la ricerca costante di una presentazione che non sia solo golosa al primo assaggio ma anche stuzzicante per gli occhi. E non è un caso se , oltre ai programmi tv ed alle riviste patinate ricche di immagini “da mangiare”, anche la più comune condivisione sui social network di foto legate al tema food ha raggiunto un volume impressionante.
Si parla di Food Porn, un nome che fa sorridere, ma rappresenta una realtà tra le più praticate sul web che rende perfettamente l’idea di una percezione quasi “sensuale” del cibo. La regola principale è molto semplice: trasformare gli alimenti in un vero e proprio oggetto del desiderio, una tentazione irresistibile capace di accentuare la salivazione. Come con qualsiasi altro soggetto, davanti all’obiettivo la luce fa da padrona e diventa elemento indispensabile per creare sfumature morbide e sinuose, nonché accentuare colori e particolari. In sintesi, tra una modella ed una fetta di torta al cioccolato con panna non c’è differenza.
Anche se solo di recente diffusione, il termine “food porn” compare per la prima volta in un libro del 1984, “Female Desire-Women’s Sexuality today” scritto da Rosalind Coward, identificando la rappresentazione godereccia dei piatti con lo scopo di stimolare l’acquolina, una reazione paragonabile a quella sessuale.
Diversamente da quanto si possa immaginare però, la spettacolarizzazione del cibo non ne comporta la sola esaltazione estetica fine a sé stessa, al contrario ha incentivato lo sviluppo di una più sentita preoccupazione verso quelle domande legate a tematiche alimentari. In altre parole, si sta assistendo ad una nuova presa di coscienza sull’importanza di una corretta nutrizione per la salute, un cambiamento nelle abitudini quotidiane a tavola che sta conducendo ad un graduale passaggio verso la cultura dello slow-food. Questo significa che ci sarà sempre più attenzione alla provenienza degli ingredienti, alla filiera corta del km zero, alle informazioni su tecniche di allevamento, produzione ed analisi delle materie prime.
Ed effettivamente, tutto questo si avvicina all’argomento principe sul quale si fonda Expo 2015, ovvero la ricerca di un’alimentazione sana, ecosostenibile e sufficiente per tutti i Paesi, nel totale rispetto del Pianeta e dei suoi equilibri.
Di Chiara Marando – Sabato 28 Marzo 2015
Food Valley, ovvero la patria del buon mangiare, un territorio che fonda la sua economia soprattutto sulle eccellenze enogastronomiche. Dal Prosciutto di Parma, al salame di Felino per arrivare ai prodotti della bassa parmense come il rinomato Culatello di Zibello oppure la Spalla Cotta di San Secondo. Ed è proprio nella zona dove la nebbia fa da padrona, e l’umidità permette una stagionatura ottimale regalando profumi e sapori inimitabili, che torna un appuntamento imperdibile: “Salumi da Re”, il primo raduno nazionale di allevatori, norcini e salumieri, ideato e organizzato da Gambero Rosso e dalla ben nota Antica Corte Pallavicina dei fratelli Spigaroli, un vero e proprio tempio del Culatello.
Tre giorni interamente dedicati alla salumeria, un viaggio che passa dagli allevatori, ai trasformatori, alle aziende per la norcineria, agli esperti, fino ai rivenditori ed i ristoratori. Da sabato 18 aprile a lunedì 20 aprile, l’affascinante Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense sarà la location di una festa del gusto, un’occasione unica per poter valorizzare quelle produzioni che sono diventate dei punti di riferimento nell’enogastronomia italiana, oltre a conoscere e degustare le prelibatezze del territorio. Protagonisti dell’evento saranno tutti i salumi: i grandi crudi nazionali, i salami più apprezzati, i salumi cotti e da pentola, le più famose denominazioni DOP e IGP, oltre ad altre specialità meno conosciute e più di nicchia.
Verrete conquistati dal mercatino gourmet, un tripudio di stand che illustreranno il mondo dei norcini e gli strumenti utili per il loro lavoro. A fare da cornice, tanti incontri ed approfondimenti condotti da esperti del settore e giornalisti che tratteranno dei grandi prosciutti e lardi d'Italia, dei salumi di acqua, collina e montagna passando per la razza dei suini neri, la norcineria delle donne ed i conservanti impiegati nella trasformazione.
E dato che un buon piatto di salume deve essere apprezzato con il giusto abbinamento, ecco che le degustazioni saranno completate con prodotti da forno, bicchieri di Lambrusco, aperitivi e gustose merende a Corte a base di Cotiche e fagioli, polenta, salame fritto nello strutto, piedini di maiale cotti nel paiolo, oltre a pizze e focacce imbottite.
Infine, per completare in bontà le giornate, ecco i pranzi e le cene da gustare al relais Antica Corte Pallavicina ed al ristorante Al Cavallino Bianco, l’invitante street food a base di maiale e la cena di gala con i produttori che concluderà questo evento per buongustai.
Per saperne di più, potete consultare il programma completo sul sito www.salumidare.it