Successo per la terza edizione della “Notte dei Maestri del Lievito Madre” che ha deliziato i palati dei numerosi avventori presenti sotto i portici del Grano a Parma: 30 Maestri pasticceri per oltre 60 proposte golose.
Foto e Testo di Chiara Marando –
Parma 25 Luglio 2017 -
Profumo, e che profumo! Quello che ha deliziato la città di Parma lunedì 24 Luglio in occasione della terza edizione della “Notte dei Maestri del Lievito Madre” è stato il sentore fragrante di golosi impasti lievitati artigianali. Protagonista della serata il Panettone, presentato dai 30 migliori Maestri Pasticceri italiani in oltre 60 varianti una più irresistibile dell’altra. Un modo diverso di interpretarlo, fuori dagli schemi tradizionali che lo vogliono sulle tavole solo a Natale, desideroso di rivisitarlo in una chiave “4 stagioni”.
I portici del Grano si sono trasformati in un angolo di dolcezza a cielo aperto, ospitando questo appuntamento dal successo riconfermato. A presentare l’evento Andrea Grignaffini, uno tra i più noti critici enogastronomici italiani, e Carla Icardi, direttore di Italian Gourmet. Ospite d’eccezione il maestro spagnolo Paco Torreblanco al quale è stato consegnato il premio alla carriera come “miglior panettone fuori dall’Italia”, un riconoscimento che ne sancisce la grande capacità innovativa a livello mondiale. Proprio in merito all’innovazione, è lui a sottolineare quanto quest’ultima sia utile ma indissolubilmente legata alla tradizione quale pietra portante della cultura culinaria.
Dopo i saluti iniziali del Sindaco Federico Pizzarotti, anche Cristiano Casa, Assessore al commercio, attività produttive e turismo del Comune di Parma, ha sottolineando quanto queste iniziative contribuiscano a supportare l’attenzione verso la qualità delle materie prime e dei prodotti italiani.
E poi spazio alle degustazioni, al tour gastronomico tra i banchi dei vari pasticceri generosi di porzioni e bontà: dal Panettone con farina di grani antichi, a quello con pistacchio e frutti rossi, fino alle proposte salate, oppure in modalità cassata siciliana, con le spezie e arricchiti da cioccolato…tanto cioccolato. Soffici, irresistibili bocconi di morbida dolcezza, rigorosamente artigianale, per una “Notte” unica.
Ci sono ricordi che diventano dei piccoli rituali di gusto. Come le meravigliose torte della Pasticceria Kofler, un regno goloso nel cuore delle Dolomiti dove perdersi tra irresistibili dolcezze.
Di Chiara Marando –
Sabato 22 Luglio 2017 -
Ci sono esperienze o luoghi che consideriamo dei tesori da custodire gelosamente, segreti che sembrano solo nostri e ci fa quasi paura condividere. Il timore è quello di rovinare qualcosa che vorremmo rimanesse esclusivo. Ecco, per me è un po’ così, mi animo dell’entusiasmo di una bambina quando rivivo le tradizioni di un tempo, ma vorrei tenerle strette e non lasciarmele scappare.
Parlo di rituali che si ripetono ogni anno, parlo del gusto goloso di torte che risultano irresistibili già ad una prima occhiata, parlo della Pasticceria Kofler, o meglio “konditorei”. Siamo a Moso, nella splendida e incantata Val Pusteria, un paesino che rimane immobile nel tempo in una rassicurante aura di tranquillità e benessere. Qui, nascosto tra le casette in legno che si susseguono lungo il limite del bosco, si cela questo regno goloso, un piccolo spazio la cui presenza si percepisce solo dai profumi invitanti di delizie appena sfornate.
E’ stato mio padre a scoprirlo per la prima volta, ormai circa 35 anni fa, quando ancora era solo un minuscolo passaggio di ristoro, quando ancora nessuno lo conosceva, quando ancora poteva essere un segreto da custodire.
Ad accoglierti lei, la “Signora Kofler”, con il suo sorriso bonario, i modi un po’ ruvidi tipici degli altoatesini di una volta che si ammorbidiscono con il passare degli incontri. E poi la vetrina colma di torte il cui peso specifico e consistenza mi risultano ancora oggi di difficile comprensione. Insomma, ogni fetta rappresenta un pasto completo. Diverse tipologie, che negli anni sono state aggiornate, e un sapore avvolgente che si imprime nella memoria e diventa parte di quella sicurezze a cui non si può rinunciare.
In tutto questo tempo non sono mai riuscita a farmi svelare una ricetta, è diventata una sfida personale tentare di scovare gli ingredienti boccone dopo boccone. Difficile fare una graduatoria precisa ma, tra le preferite – che consiglio caldamente – ci sono senza ombra di dubbio la Crostata con le prugne, presente anche nella variante con pesche, ovvero una pasta frolla che incontra le nocciole e si sposa con la morbidezza della frutta appena glassata e lasciata a pezzi molto grossi; la Torta di ricotta e mele, un soffice e spumoso impasto che racchiude praticamente i frutti interi tagliati a fettine sottili; la sempre ottima Sacher Torte e quella con i frutti di bosco.
A prepararle ogni giorno sono “papà Kofler” e, da qualche anno, il figlio. Un team affiatato che non sbaglia un colpo. La maestria dei due pasticceri è indiscutibile ma, ad aiutarli, sono sicuramente gli ingredienti di prima qualità che il territorio ha da offrire: il latte e il burro che raccontano la genuina natura del luogo, le uova e la frutta matura al punto giusto.
L’abitudine è quella di ordinare, senza dimenticare di chiedere l’aggiunta di panna montata - perché qui anche la panna ha un gusto pieno e corposo – e di sedersi sulla terrazza che guarda i monti, sorseggiando cafè lungo o tisana e godendo del silenzio rigenerante che caratterizza questo angolo di paradiso.
State già immaginando? Vi avevo avvisato, è un rito da consumare con parsimonia e senza fretta, assaporando attimo dopo attimo, forchettata dopo forchettata, percezione dopo percezione.
Pasticceria Kofler
Via Heideck, 15
39030 Moos, Sesto BZ
Il 24 luglio torna a Parma con la sua terza edizione la “Notte dei Maestri del Lievito Madre”: 30 maestri della lievitazione insieme per presentare oltre 60 tipologie di delizie tutte artigianali.
Di Chiara Marando -
Sabato 08 Luglio 2017 -
In città già si comincia a sentire il profumo, è quella sensazione golosa creata dall’aspettativa della serata più fragrante che animerà Parma il prossimo 24 luglio. Già, perché mancano pochi giorni e la terza edizione della “Notte dei Maestri del Lievito Madre” riempirà l’aria di dolci sentori e delizierà i palati con il prodotto lievitato artigianale per eccellenza: il Panettone.
Ed è così che il portavoce delle festività natalizie si presenta con una veste estiva inaspettata che, ormai da qualche anno, sta lasciando piacevolmente sorpresi gli amanti delle paste lievitate.
I Portici del Grano in Piazza Garibaldi si trasformeranno in una pasticceria a cielo aperto dove 30 Maestri, chiamati a raccolta da Claudio Gatti della famosa “Pasticceria Tabiano”, presenteranno le loro delizie, oltre 60 tipologie di lievitati rigorosamente artigianali realizzati con lievito madre.
Ospite d’eccezione, oltre ad Achille Zoia, ovvero uno dei padri della pasticceria italiana, il Maestro Paco Torreblanca che riceverà il premio alla carriera come "Miglior Panettone fuori dall'Italia”.
Degustazioni ma anche attenzione all’importanza delle materie prime, raccontata e spiegata per metterne in risalto il ruolo preponderante nella realizzazione di dolci da forno, insieme al legame che collega le diverse lavorazioni con le condizioni atmosferiche capaci di influire sul risultato finale, dando quelle sfumature e imperfezioni che lo rendono davvero artigianale.
Fil rouge in linea con le scorse edizioni è la destagionalizzazione di panettoni e lievitati, tanto da vederli protagonista di merende sotto l’ombrellone.
Secondo l’osservatorio SIGEP, infatti, il consumo di panettoni è di 2.5 milioni in più rispetto allo scorso anno, un rialzo del +5% con un giro di affari pari a 60 milioni di euro. Ma non è solo l’Italia ad apprezzarlo, anche all’estero amano questa tipicità dai profumi irresistibili con una crescita del +2%.
Ecco ci saranno i Maestri del Lievito Madre, provenienti da tutto il territorio nazionale:
Marco Avidano- Pasticceria Avidano a Chieri (TO)
Mario Bacilieri- Pasticceria Bacilieri a Marchirolo (VA)
Luigi Biasetto – Pasticceria Biasetto a Selvazzano Dentro (PD)
Maurizio Bonanomi- Pasticceria Merlo a Pioltello (MI)
Renato Bosco- Saporè di San Martino Buon Albergo (VR)
Lucca Cantarin- Pasticceria Marisa di Arsego di San Giorgo delle Pertiche (PD)
Roberto Cantolacqua Ripani- Pasticceria Mimosa di Tolentino (MC)
Emanuele e Giancarlo Comi- Pasticceria Comi a Missaglia (LC)
Diego Crosara- specialista nell'arte del gelato
Salvatore De Riso- Sal De Riso a Tramonti (SA)
Denis Dianin- D&G Patisserie di Selvazzano Dentro (PD) e Clusone (BG)
Gino Fabbri- Gino Fabbri Pasticcere a Bologna
Francesco Favorito- specialista del Gluten free
Salvatore Gabbiano- Pasticceria Gabbiano di Pompei (NA)
Claudio Gatti- Pasticceria Tabiano a Tabiano Terme (PR)
Stefano Gatti- Il Fornaio a Viareggio (LU)
Emanuele Lenti- Pregiata Forneria Lenti a Grottaglie (TA)
Daniele Lorenzetti- Pasticceria Lorenzetti a San Giovanni Lupatoto (VR)
Grazia Mazzali- Pasticceria Mazzali a Governolo (MN)
Mauro Morandin- Pasticceria Mauro Morandin a Saint-Vincent (AO)
Alfonso Pepe- Pasticceria Pepe a Sant'Egidio del Monte Albino (SA)
Paolo Sacchetti- Il Nuovo Mondo a Prato
Vincenzo Santoro- Pasticceria Martesana di Milano
Anna Sartori- Pasticceria Sartori a Erba (CO)
Attilio Servi- Pasticceria Attilio a Pomezia (RM)
Valter Tagliazucchi- Il Giamberlano a Pavullo Nel Frignano (MO)
Vincenzo Tiri- Tiri 1957 di Acerenza (PZ)
Andrea Tortora- AT/ Patissier San Cassiano in Badia (BZ)
Carmen Vecchione- DolciArte di Avellino
Achille Zoia- La boutique del Dolce a Cologno Monzese (MI)
Ilaria Bertinelli ci insegna come preparare un'ottima Tempura di verdure direttamente suggerita da un'amica giapponese! Un modo gustoso e appetitoso per farsi tentare da una frittura delicata a base di verdure per un aperitivo o per uno sfizioso spuntino.
Della cucina giapponese ormai tutti conoscono il Sushi, mentre meno conosciuta è un'altra specialità, la Tempura, che credo al Sushi non abbia nulla da invidiare...se non la leggerezza visto che essendo fritta, è sicuramente più pesante dello spartano pesce crudo.
Questa ricetta mi è stata data dall'amica giapponese Mitsuyo Kitamura, giornalista e scrittrice di libri di cucina, con la quale ho condiviso non poche avventure sia in Italia che nel paese del sol levante.
Ancora una volta, nei piatti più semplici si scoprono sapori e piaceri davvero indimenticabili e queste verdure fritte e mangiate perfettamente calde e croccanti, resteranno incise per un po' nella vostra memoria.
Ingredienti
300 g verdure miste (fiori di zucca, zucchine, carote, carciofi, punte di asparagi, ecc.)
280 g birra fredda di frigorifero
240 g farina
7 g sale
q.b. olio per friggere
PREPARAZIONE
Versare la farina e il sale in una terrina. Aggiungere gradatamente la birra mescolando continuamente con una frusta in modo che non si formino grumi. Continuare a mescolare fino a quando la pastella sarà perfettamente omogenea, liscia e piuttosto densa (regolare sempre la quantità di birra in base alla tipologia di farina).
Lasciare riposare la pastella in frigorifero per il tempo necessario per preparare le verdure.
Lavare bene tutte le verdure. I fiori di zucca possono essere utilizzati interi, mentre le altre verdure devono essere tagliate di dimensioni tali da permetterne la cottura in pochi minuti, ossia il tempo necessario per fare dorare la pastella: tagliare zucchine e carote a bastoncini piuttosto sottili, i carciofi a spicchi e gli asparagi in pezzi eliminando la parte legnosa.
Immergere le verdure nella pastella e friggerle in olio bollente in un tegame abbastanza profondo o nella friggitrice. Girare le verdure per farle friggere in modo omogeneo.
Quando saranno dorate, togliere le verdure dall'olio usando una schiumarola, passarle nella carta assorbente per eliminare l'olio in eccesso e servirle bollenti con un pizzico di sale.
Per seguire Ilaria e le sue ricette particolarmente adatte anche per celiaci e diabetici segui il suo blog su www.unochefpergaia.it
Ecco arrivato un nuovo regime alimentare che raccoglie gli indecisi, ovvero chi vorrebbe ma non riesce a rinunciare a carne, pesce, uova e lattici, promuovendo la moderazione a tavola.
Di Chiara Marando –
Sabato 01 Luglio 2017 -
Alzi la mano chi sentiva il bisogno di un’altra corrente di pensiero che etichettasse le scelte alimentari. Ecco, anche se non l’avete chiesto, ora c’è. Dopo vegani, vegetariani, fruttariani e “mangio quello che voglio ecco i “Reducetariani”.
Di cosa si tratta?
Di un nuovo regime alimentare che raccoglie gli indecisi, ovvero chi vorrebbe ma non riesce a rinunciare a carne, pesce, uova e lattici. Perché una fetta di pane e burro, diciamolo, è una coccola che ci viene proposta fin da piccoli.
A promuoverlo è Brian Kateman, diventato una vera e propria guida spirituale dei Reducetariani, che porta avanti il concetto della moderazione, ovvero del non escludere i cibi ma semplicemente ridurli. Tutto apparentemente semplice - e in realtà lo è - ma, come sempre accade, serve qualcosa di ufficiale per convincere e fare diventare sempre più potente un messaggio. Un meeting internazionale a New York ha dato la giusta importanza e dignità a questa filosofia, dando motivo a molti di seguire questa linea meno restrittiva e più elastica nell’ambito della libera scelta personale.
Ed è proprio a coloro che non riescono a seguire una strada alimentare rigida che Kateman si rivolge, lui che da bambino si nutriva di hamburger, patatine e carne rossa. “Sono un tipo pragmatico –ha dichiarato in un’intervista al Guardian– mi interessano più i risultati. La gente mangia meno carne non per qualche idea astratta, ma perché questo ha un impatto significativo sulla salute del pianeta – e continua - vegani, vegetariani e chiunque si sia limitato nel consumo di carne fanno tutti parte della stessa famiglia, e il reducetarianesimo porta con sé l’idea della moderazione, l’ideale per noi onnivori”.
Poi c’è anche un libro, The Reducetarian Solution, che spiega ogni idea e valore del movimento. Ma anche una Fondazione Reducetariana estremamente attiva sui propri canali, dove vengono postati ricette e video utili per chiunque voglia seguire una condotta alimentare “contenuta”.
Ci si allontana quindi dai totalitarismi del “no carne e pesce” o del “nulla che sia di origine animale”, per avvicinarsi ad uno stato di tolleranza che porta a mangiare in modo autogestito e senza sensi di colpa.
Un concetto che, senza etichette o mode del momento, dovrebbe diventare lo stile di vita dominante. Ma si sa, sarebbe troppo facile e poco accattivante.
E’ una delle ricorrenze più sentite tra Parma e provincia: la serata di san Giovanni e gli immancabili tortelli di erbetta. A raccontarci la sua tradizione di famiglia è lo chef Fabio Romani del “Ristorante Romani”
Di Chiara Marando –
Venerdì 23 Giugno 2017 -
Le tradizioni sono storie di famiglia, usanze che si tramandano di generazione in generazione come preziosi lasciti di ricordi confortevoli. Ci si ripensa con il sorriso, sensazioni lontane che riaffiorano alla mente come un morbido abbraccio.
La cucina è fatta di questo, si fonda sui racconti di famiglia, sui movimenti sapienti delle nonne e delle mamme in preparazioni che rappresentano il patrimonio gastronomico di un territorio. Lo stesso patrimonio che è piacevole celebrare durante le feste che ogni anno ricorrono, accompagnate da quei rituali che ne rappresentano l’essenza.
Feste come quella di San Giovanni, che a Parma e in tutta la provincia va a braccetto con uno dei piatti simbolo della tradizione: I Tortelli di Erbetta.
Perché? Perché questa è proprio la stagione in cui le bietole vengono a maturazione, si raccolgono e si trasformano nel gustoso ripieno che tanto piace ai parmigiani e non solo.
A raccontare la sua storia di famiglia è uno che di parmigianità se ne intende, che ha fatto della ristorazione una vocazione: Fabio Romani, chef del “Ristorante Romani” a Vicomero, appena fuori Parma. Qui la tipicità locale fa da padrona con un menù che trasuda genuina bontà, quella corposa che parla il linguaggio di una volta.
Ed è da questo che Fabio prende ispirazione, dalla sua storia, dalla memoriai. E’ la nonna ad avergli insegnato i segreti per preparare dei perfetti tortelli di erbetta, gli stessi segreti che Fabio ricorda con quell'espressione di chi ha imparato e fatto sua ogni parola, ogni più piccolo passaggio.
“Erano i primi giorni di vacanza dopo la scuola e io mi trasferivo a Vicomero – racconta Fabio – quando cominciavano a fiorire le erbette, con pazienza mi mettevo a raccoglierle con mia nonna. Poi c’era la ricerca della ricotta, quella fresca che arrivava dal casaro. E’ a lei che devo la mia passione per la cucina…avevo 7 anni”
Fabio si perde nella narrazione, torna indietro con i ricordi, sorride ripercorrendo i momenti in cui si preparava il ripieno e osservava “tirare” la sfoglia. Era un rito, ma a San Giovanni tutto veniva amplificato.
“San Giovanni era una festa e mia nonna si raccomandava perché tutto venisse fatto a dovere. Ci si trovava in 15 intorno ad un grande tavolo e si preparavano i tortelli. Ognuno aveva il suo compito, chi il ripieno, chi la sfoglia. Io mi occupavo solo di sistemarli ordinatamente così che non si rovinassero, ero troppo piccolo per disturbare, ma ho imparato tutto. Poi si raccoglievano le noci per preparare il Nocino e si aspettava la rugiada”.
Sono passati quasi quarant’anni da allora, alcune cose sono cambiate ma l’anima di questa tradizione è rimasta. Fabio e i suoi ragazzi si stanno organizzando per la grande serata, non si contano più i tortelli serviti durante questo appuntamento tanto atteso che allieterà la cena. A fare la differenza non è solo la ricetta, ma anche e soprattutto gli ingredienti.
Per Fabio le bietole arrivano dal contadino, la ricotta, messa a scolare la sera prima per togliere il siero, deve essere grassa abbastanza per rendere il ripieno corposo e sostenuto, poi c’è un pizzico di noce moscata e l’aggiunta del Parmigiano Reggiano, un 30 mesi dal gusto intenso. Uova per legare ed ecco un cuore ricco di sapore. A completare il tutto è la sfoglia, che per lo chef rappresenta un vero e proprio ingrediente fondamentale del piatto: tirata spessa e lasciata “stagna”, come si dice da queste parti. E per condire, burro chiarificato e ancora Parmigiano Reggiano.
L’azienda parmigiana compie 140 anni, un traguardo importante fatto di sviluppo, sostenibilità e rispetto per l’ambiente e le persone. E dopo i ristoranti di New York, in arrivo anche quelli di Los Angeles.
Di Chiara Marando -
Sabato 10 Giugno 2017 -
Ben 140 candeline, un compleanno più che importante, un traguardo che attraversa la storia dell’industria italiana. Era il 1877 quando a Parma nasceva una bottega del pane e della pasta divenuta oggi leader mondiale nel settore: La Barilla. Una tradizione di famiglia portata avanti seguendo il motto, coniato da Pietro Barilla, «diamo da mangiare alle persone quello che daremmo ai vostri figli».
Nel tempo, quella piccola bottega si è trasformata in uno dei vanti del made in Italy, con una esportazione che tocca 130 paesi del mondo, grazie ad un costante impegno legato allo sviluppo sostenibile che rispetta l’ambiente e ad un legame ben saldo con il territorio e la tradizione.
In occasione di questa importante ricorrenza, l’azienda ha organizzato una visita nei campi di coltivazione di grano duro, proprio accanto allo stabilimento di Pedrignano, primo cuore pulsante aziendale. Guida del tour, il vicepresidente del Gruppo, Paolo Barilla: “Una storia lunga 140 anni rappresenta per noi una grande motivazione per affrontare il futuro - racconta Paolo Barilla - Le generazioni che hanno lavorato con dedizione per costruire la Barilla lo hanno fatto mantenendo fede ai valori che ancora oggi ci guidano, ovvero fare un prodotto di qualità, nel rispetto per la comunità di persone che ci vivono intorno”.
Un fare impresa ispirato al benessere delle persone basato sul “Good for you, Good for the Planet", supportato da politiche di produzione e comunicazione che mirano alla sostenibilità e alla genuinità.
I RISTORANTI
Quello Barilla sta diventano un vero e proprio concept che attraversa le diverse attività sostenute e sviluppate dal Gruppo, in particolare all’interno dei diversi ristoranti sparsi nel mondo. Dopo i tre locali di Manhattan, ecco in arrivo quelli di Los Angeles.
Un “Mediterranean Lifestyle” portabandiera dell’italianità più pura, dell’eccellenza enogastronomica che caratterizza le diverse regione dello Stivale. Un trionfo di ricette a base di pasta, pane e verdure per piatti dal sapore casalingo così da riscoprire e assaporare il piacere della tavola, della famiglia e degli amici.
Menù da personalizzare, in base alle diverse esigenze di gusto, necessità e tendenze alimentari, nei quali – nemmeno a dirlo – la pasta fa da vera regina. Golosità semplici per far ritrovare il gusto di casa agli italiani che proprio non vogliono rinunciarvi nemmeno in viaggio, oppure per far vivere la vera esperienza taste of Italy a chi vuole viaggiare con la mente e provare il cibo più conosciuto al mondo.
Questa è la storia di Paolo Palumbo, ragazzi affetto dalla SLA; e della sua battaglia al fianco chi soffre per la stessa malattia o presenta problemi di deglutizione. Lui e lo chef Pomata insieme per il libro di cucina “Sapori a colori”
Di Chiara Marando -
Domenica 04 Giugno 2017 -
Questa è una storia bella, una di quelle che fanno sorridere di speranza. E’ la storia di Paolo Palumbo e della sua lotta contro una malattia che gli ha cambiato la vita, ma soprattutto del suo saper insegnare qualcosa a tutti noi: la forza di credere nelle proprie idee.
La sua è una forma aggressiva di sclerosi laterale amiotrofica, ma Paolo, dall’alto dei suoi soli 19 anni, ha dimostrato a tutti che con la passione e la forza di volontà si può arrivare oltre le aspettative. Lui lo ha fatto ed ha trovato il modo di aiutare gli altri. Anche il Presidente della Repubblica ha voluto partecipare alla sua iniziativa con una risposta di incoraggiamento.
"Carissimo Paolo- ha scritto l'Ufficio particolare del capo dello Stato - il presidente della Repubblica ha ricevuto la tua toccante lettera e mi incarica di ringraziarti per averlo reso partecipe della tua vita, purtroppo molto cambiata da quando devi combattere contro questa grave malattia - continua - Il progetto del libro Sapori a colori inoltre - immaginato da te per alleviare le sofferenze dei pazienti con problemi di deglutizione, disfagia o costretti ad una alimentazione artificiale - esprime già nel titolo le tue intenzioni ed il presidente Mattarella sarà felice di poterne ricevere una copia, non appena sarà ultimato".
Ad affiancarlo in questo percorso, uno chef d’eccezione come Luigi Pomata, coautore del libro di cucina “Sapori a colori”, che sta ormai diventando fenomeno virale sul web. Ma lo scopo di questo volume è ben diverso dall’essere una classica raccolta di ricette, si tratta di una idea molto più concreta e pratica: l’obiettivo è quello di aiutare la ricerca per combattere la SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica, così da permettere un sostanziale miglioramento di vita per tutte le persone ammalate e costrette ad alimentarsi tramite sondino.
Perché una quotidianità più serena passa anche attraverso la possibilità di mangiare cibi saporiti godendo del piacere della cucina. E Paolo, che ha da poco ricevuto il tanto ambito attestato dalla prestigiosa Scuola di Cucina ALMA, ha ideato soluzioni gustose e ricche di deliziose alternative per ogni pasto. A Pomata il compito di elaborarle dando corpo ad un mondo a colori che diventa un dono per chi affronta questa patologia o presenta problemi di deglutizione.
“E’ un libro dedicato a malati di Sla ma anche a tutti coloro che hanno problemi di deglutizione – ha spiegato lo chef Pomata - con Paolo abbiamo creato un libro di ricette di piatti che si possono omogeneizzare e somministrare ai pazienti tramite sondino. Non pazienti, ma persone come tante, a cui le papille gustative funzionano, e che meritano di poter sentire i sapori”.
Il secondo, ma altrettanto importante passaggio, è quello di estrarre l’essenza dell’alimento tramite un tampone da posizionare sulla lingua così da poterne sentire il gusto.
Il supporto e l’aiuto al progetto di Paolo stanno veramente diventando un fenomeno mediatico tanto da trasformarsi in un vero e proprio contest sul web che vede coinvolti professionisti dell’alta cucina, personaggi dello spettacolo e della politica. Tutti insieme al fianco di Paolo nella lotta contro la SLA: #iostoconpaolo.
Ecco come aderire!
Si può partecipare anche diffondendo il messaggio e invitando altri a donare e acquistare il libro. E’ sufficiente pubblicare una vostra foto con l’hashtag #iostoconpaolo sui social e taggare altre tre persone invitandole ad acquistare “Sapori a Colori”.
Una importante iniziativa di sensibilizzazione volta a far conoscere la storia di Paolo e aiutarlo nella sua missione di supporto per chi soffre della stessa patologia.
Al Ristorante “La Campana” c’è la Roma vera. Qui sono passati artisti, attori e scrittori e la cucina è rimasta uguale a sé stessa, fedele al territorio
Di Chiara Marando –
Sabato 27 Maggio 2017 -
L’ingresso è stretto, si confonde con quello degli altri locali lungo la via. Sembra uno dei tanti ristoranti che affollano le strade di Roma. E invece no. E’ il ristorante, quello più antico della città. La storia de “La Campana” inizia nel lontanissimo 1518 e da sempre è stata punto di passaggio per viaggiatori e forestieri, un angolo di ristoro che ha attraversato il tempo per arrivare ad oggi, memoria storica di tradizioni radicate.
Si entra e ci si accomoda quasi per fortuna, facendosi spazio tra gli avventori che affollano le sale e l’ingresso. Due, o forse più, i turni di servizio del pranzo e della cena. Ma qui è normale, bisogna adattarsi perché, non si sa come, un posto salta sempre fuori. E i proprietari riescono a muoversi tra i tavoli – anche in questo caso non si sa come – con una rapidità che impressiona, facendo arrivare velocemente i piatti fumanti a destinazione. Insomma, tutto deve essere gustato al meglio nella sua semplicità. Gli ordini, poi, si prendono a memoria, banditi tablet e fogliettini volanti
Qui c’è la Roma vera, qui sono passati artisti, attori e scrittori e la cucina è rimasta uguale a sé stessa. Fedele al territorio.
Il menù parla dialetto stretto: l’abbacchio trionfa al forno o fritto con doppia panatura, il fritto all’italiana trasuda bontà con baccalà, fiori di zucca e carciofi alla giudia.
Cacio e pepe, Amatriciana,Tagliatelle con i funghi e Tagliolini con alici fresche e pecorino sono i signori dei primi, ma anche gli spaghetti con le vongole possono considerarsi una new entry godereccia al punto da attirare più volte l’attenzione.
Per molti, ma non per tutti, la coda alla vaccinara ed il pollo con i peperoni riempiono di gusto il palato e fanno dimenticare la ben lontana leggerezza di piatti poco conditi.
C’è chi viene anche solo per il dolce, l’ormai leggendaria torta di mele magari servita “Carda e cor gelato”, la cui ricetta rimane un enigma. Un segreto gelosamente custodito.
Poca formalità ma tanta gentilezza, il tutto nella romanità più pura è completa, si parla come tra amici e la capacità comunicativa dei camerieri è totale: sai che ti convinceranno a provare anche il piatto più impensabile, perché sono loro ad avere ragione e sapere che tanto ti piacerà.
E alla fine è proprio così.
Ristorante “La Campana”
Vicolo della Campana, 18 - 00186 Roma
Tel. 06 6875273 - 347 1098632
Con l’arrivo del caldo desideriamo piatti più leggeri e digeribili ma, al tempo stesso, semplici da preparare e soprattutto buoni: provate gli: Stortelli Pastificio Andalini con asparagi, tonno e pistacchi.
Testo e Foto di Chiara Marando -
Giovedì 25 Maggio 2017 -
L’arrivo del caldo porta con sé il desiderio di piatti più leggeri e digeribili, magari perfetti per pranzi veloci da consumare anche freddi. Regola d’ordine: semplicità di preparazione e bontà.
Ecco, io avevo proprio questo in mente quando ho aperto la dispensa ed osservato gli ingredienti che avevo a disposizione. Il risultato è stato un primo piatto gustoso e completo: Stortelli Pastificio Andalini con asparagi, tonno e pistacchi.
Pochi minuti di cottura per la pasta – 4 minuti e via – il condimento perfetto e voilà, ecco una deliziosa ricetta ideale in questa stagione.
Ingredienti per 4 persone
260 gr. di Stortelli Pastificio Andalini
2 Scatolette di tonno al naturale
30 gr. Pistacchi
350 gr. Asparagi
Olio extravergine di oliva
Sale e pepe q.b.
Preparazione
Lavate e tagliate a pezzi gli asparagi, buttateli in acqua bollente e salata facendoli cuocere per qualche minuto (assaggiateli per sentirne la consistenza). Una volta cotti, scolateli e fateli saltare in una padella antiaderente con un filo di olio extravergine di oliva e pepe.
Quando si saranno insaporiti spegnete il fuoco ed aggiungetevi il tonno sgocciolato amalgamando il tutto con cura.
Tritate i pistacchi, lasciandone solo alcuni interi – saranno piacevoli da sentire in bocca – ed aggiungeteli al condimento.
Ora buttate la pasta in acqua bollente e salata, fate cuocere per il tempo indicato nella confezione. Quindi scolate e versate la pasta nella padella con gli asparagi, il tonno ed i pistacchi precedentemente amalgamati.
Fate saltare, aggiustate di sale e pepe se necessario, e servite.
Il consiglio in più?
Potete abbondare con le dosi, sarà ottima anche il giorno dopo e la troverete già pronta da mangiare, magari al ritorno dall’ufficio.
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