Di Dario Lucisano (Quotidianoweb.it) Roma, 11 gennaio 2025 - L’accordo commerciale UE-Mercosur prevede l’istituzione di una delle più vaste aree di libero scambio del mondo, che coinvolgerà, per l’appunto, l’Unione Europea e il blocco Mercosur. I patti intendono facilitare il commercio tra i due gruppi attraverso una drastica riduzione dei dazi doganali, pari al 91% per i prodotti europei in entrata in Sudamerica e del 92% per i prodotti sudamericani in entrata in Europa.
A venire toccati una quantità ingente e variegata di beni: macchinari e prodotti elettrici, materiale di trasporto (motori, aeromobili, etc…), prodotti chimici e farmaceutici, materie prime e metalli (tra cui ferro e acciaio), strumenti ottici, di precisione, di misura, medici, ma anche plastica, gomma, prodotti tessili, di arredamento, giocattoli… insomma, a venire incluse nelle trattative una vastità incommensurabile di beni, che spaziano dalle unità fondamentali della produzione, alla strumentazione di élite per arrivare fino ai più semplici prodotti di consumo.
Per questo motivo, quella del 6 dicembre 2024 è una data che è entrata nella storia dell’autoproclamatosi “libero mercato”. I singoli Paesi devono infatti ancora ratificare l’accordo, ma l’UE ce l’ha fatta: dopo anni di lotta è stato firmato.
Le discussioni per l’implementazione dell’accordo, dopo tutto, risalgono al 1999, ma sono rimaste arenate fino almeno al 2016. Tre anni dopo la ripresa dei dialoghi, nel 2019, è arrivata la svolta: era stata raggiunta un’intesa che tuttavia trovò – nel Vecchio Continente – l’opposizione di minoranza di alcuni dei più resilienti esecutivi europei, capeggiati dalla Francia di Macron.
La verità è che, inizialmente, quell’accordo non sembrava volerlo nessuno, almeno non come concepito: nello stesso 2019, la camera bassa irlandese votava una mozione tanto irrilevante quanto simbolica per esprimere il proprio dissenso contro i contenuti del patto; qualche mese dopo, a settembre, il sottocomitato parlamentare austriaco disse la sua, esprimendo il proprio parere critico nei confronti dell’accordo e avanzando preoccupazioni circa il possibile effetto negativo sull’agricoltura nazionale e comunitaria; a inizio 2020, il governo regionale di una della triade federale belga manifestò le sue perplessità, a giugno i Paesi Bassi votarono una mozione per rigettare l’iniziativa, e ad agosto finanche Angela Merkel, la fu matrona d’Europa, sostenne che le carte, così come erano, non andavano per niente bene.
Le critiche nel tempo sono state mosse da chiunque: associazioni ambientaliste, agricoltori, Paesi, gruppi locali, a testimonianza del movimento composito che si è opposto strenuamente ai patti; ma perché questo fantomatico accordo commerciale non andava giù a nessuno? E come è arrivato, a soli cinque anni di distanza, a diventare il baluardo della politica commerciale europea?
In molti attribuiscono la svolta nelle trattative a un più che presunto rinnovato alito politico, addossando le colpe dello stallo su chimerici governi protezionisti e “di destra”, poi caduti nel baratro, sconfitti dalla salvifica onda “progressista”, che avrebbe dato un nuovo slancio di vitalità ai negoziati. La verità è che le critiche provenivano tanto da destra quanto da sinistra, tanto dai conservatori quanto dai progressisti, passando dai più strenui centristi.
Se l’accordo UE-Mercosur non piaceva (e non piace), non era per infantili prese di posizioni della destra conservatrice. Il motivo era che, per quanto l’iniziativa offrisse una opportunità senza precedenti di svincolarsi dalle catene statunitensi, essa non tutelava gli agricoltori europei.
Il problema sono sempre loro: gli agricoltori. L’accordo UE-Mercosur ha infatti subito critiche dalle frange più variegate del panorama politico ed extra-politico perché mancava di fornire un’adeguata difesa alla sfrenata concorrenza che sarebbe derivata dai patti. Gli agricoltori sudamericani, infatti, non sono soggetti alle strette regole e ai serrati controlli da cui sono colpiti i colleghi transatlantici, e, di fronte a un ipotetico mercato libero e praticamente privo di dazi, finirebbero per schiacciare la concorrenza europea.
Le leggi sull’ambiente, quelle sui consumi, quelle sulla produzione, sulle indicazioni geografiche, sulla nomenclatura, sui beni accessori, sulla sanità che devono rispettare i lavoratori di categoria europei rendono gli omologhi sudamericani degli avversari inarrivabili sul mercato. Parallelamente, il monopolio nella distribuzione da parte delle grandi catene della GDO (la cosiddetta Grande Distribuzione Organizzata), cingono i campi comunitari in una morsa sregolata, controllando nella quasi totalità i prodotti che hanno il privilegio di entrare in piazza.
L’accordo UE-Mercosur costituisce senza ombra di dubbio un passo avanti notevole nell’istituzione di un mercato di libero scambio più accessibile e competitivo, e offre un valido vaccino alle ingerenze statunitensi, rilanciando il tentativo europeo di ritagliarsi un posto nel mondo. Eppure se manca la tutela degli agricoltori, mancano le basi per offrire un’alternativa davvero adeguata – e non meramente speculativa – al mercato tutt’ora in auge.
E, come al solito, tutto è stato scritto proprio sulla loro pelle.
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L’accordo UE-Mercosur è una grandeoccasione, ma è stato oggetto di parecchie critiche: quali sono i suoi problemi principali?