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Mercoledì, 17 Maggio 2017 16:47

Festival di Cannes 2017, al via la 70esima edizione

Inizia oggi, mercoledì 17 maggio, il Festival di Cannes. Siamo arrivati alla 70esima edizione dell'evento che tutti gli amanti del cinema attendono con ansia ogni anno. Questa edizione è stata anticipata dal tanto apprezzato quanto criticato manifesto con una ritoccata Claudia Cardinale che appare più magra rispetto alla fotografia originale.
Non è l'unico volto noto italiano a questo Festival: la madrina di quest'anno è infatti un'altra bellezza del nostro paese: Monica Bellucci. L'attrice presenzierà all'apertura e alla chiusura della cerimonia e consegnerà direttamente i premi.

Il programma del Festival

Quest'anno il festival francese durerà 12 giorni, dal 17 al 28 maggio e si aprirà come sempre con proiezioni di film di apertura e fuori concorso. Questa volta troviamo Arnaud Desplechin, regista di Lei Fantomes d'Ismael, Mathieu Amlaric e Marion Cotillard.
Le pellicole in concorso per vincere la Palma d'Oro sono invece sono 18. Tra questi, nessun film italiano, purtroppo.
Oltre alla selezione ufficiale, come sempre "Cannes classic" che come suggerisce il nome riguarda la proiezione di grandi classici restaurati; "Settimana Internazionale della critica" per i registi esordienti; "Quinzaine de Réalisateurs" per le opere di avanguardia; "Short film corner" che invece tratta di cortometraggi.

Gli ospiti di quest'anno

Come ogni anno, anche questa edizione non mancherà di regalarci ospiti illustri e personaggi di fama internazionale che presenteranno i propri lavori e non. Come probabilmente già saprete, il Presidente di giuria di quest'anno è Pedro Almodòvar. Mentre Cristian Munglu sarà il presidente della giuria per i cortometraggi. Troveremo anche David Lynch e Jane Campion con il cast di Twin Peaks che si prepara per un grande ritorno con una terza stagione. Vanessa Redgrave con un suo documentario "Sea Sorrow". Tornerà anche Kristen Stewart per presentare un suo cortometraggio e Nicole Kidman.
Ma non solo, troveremo anche tantissimi altri attori, tra cui Colin Farrell, Ellen Fanning, Robert Pattinson, Julienne Moore, Joaquin Phoenix, Dustin Hoffman e tantissimi altri.

Che siate partecipanti come addetti ai lavori o semplici curiosi, non ci resta che augurarvi buon Festival di Cannes 2017!

E fra i tanti giornalisti, operatori del settore e appassionati, - come lo scorso anno - ci saremo anche noi ad immortalare Vip e seguire proiezioni, stay tuned!

Federico Meneghini

Pubblicato in Cultura Emilia

La Cooperativa “La Bula” è una realtà che dal 1980 si occupa di formazione e integrazione sociale per giovani con disabilità. Un lavoro quotidiano basato sul dialogo con il territorio circostante in tutte le sue forme, sia istituzionali sia informali.

Di Chiara Marando  -

Parma, 17 Maggio 2017 -

L’integrazione passa prima di tutto attraverso la relazione, l’accoglienza e l’apertura così da arrivare a condividere concretamente spazi, ambienti e sogni. Questo è il messaggio e il percorso portato avanti da più di trent’anni dalla Cooperativa “La Bula”, una realtà che dal 1980 si occupa di formazione e integrazione sociale per giovani con disabilità. Un lavoro quotidiano, un impegno costante basato sul dialogo con il territorio circostante in tutte le sue forme, sia istituzionali sia informali.

Un lavoro importante, reso possibile grazie a tutti coloro che ogni giorno si adoperano affinché chi ha più bisogno abbia il sostegno ed il supporto corretti per potersi sentire parte della società, per comunicare con gli altri e per realizzare la propria autonomia. Soci, lavoratori, familiari e volontari, sono loro il fulcro di tutta l’attività e sono loro il motore da cui partono i progetti e le diverse strade intraprese nel corso degli anni. Un modo per condividere le proprie esperienze, per crescere insieme ed interrogarsi sul benessere di chi ha più bisogno di sostegno.

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Questo è “La Bula”: una rete di relazioni costruite nel tempo, anche con gli enti pubblici, così da dare risposte concrete alle necessità primarie espresse dai ragazzi con disabilità, è reciprocità e collaborazione, umanità, abbracci e sorrisi, valori condivisi, esperienza e formazione.

E proprio sul concetto di formazione e informazione, la cooperativa ha voluto puntare l’attenzione su una maggiore chiarezza in merito alle reali necessità delle persone svantaggiate, insieme alla necessità di un percorso formativo mirato per chi opera all’interno delle diverse strutture.

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Tanti e variegati i laboratori e le attività organizzate, un modo per facilitare la socializzazione e per stimolare la creatività e la manualità. Il Laboratorio di falegnameria, ad esempio, realizza arredamenti originali solo utilizzando materiali di riuso e riciclo: bancali e legno di recupero che si trasformano in tavoli, panche, sedie, orti e fioriere.

Poi c’è il Laboratorio socio-occupazionale, strutturato su due livelli educativi in base ai partecipanti e coordinato da un responsabile che si occupa di pianificare servizi e progetti anche in rapporto agli Enti pubblici.

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Altrettanti gli interventi particolari come “Giocambulando”, durante il quale vengono realizzati giochi ideali per i parchi dedicati ai bambini; oppure “Non più soli”, ideato con il sostegno di Fondazione Cariparma, volto a creare nuovi percorsi d’impegno per ragazzi diversamente abili.

L’aiuto, però, non è mai abbastanza, ed anche i più piccoli gesti possono fare la differenza. Acquistare i prodotti confezionati all’interno dei laboratori è un modo concreto per sostenere “La Bula” ed aiutarli a continuare il loro fondamentale cammino.

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Per info

La Bula Cooperativa Sociale

Strada Quarta 23 – 43123 Parma

Tel. 0521 483393

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

www.labula.it 

 

Tutte le foto della gallery sono di Francesca Bocchia

Pubblicato in Volontariato Parma

Artètipi presenta "Persistenze", mostra prevalentemente fotografica che ha come elemento centrale gli scatti di Giacomo Doni. L'inaugurazione è oggi, 16 maggio 2016 alle ore 18:30 e l'esposizione sarà visitabile fino al 24 giugno 2017.

Parma, 16 maggio 2017

È il 1978. In Italia viene emanata la Legge 180, norma che sanciva il superamento e la chiusura di tutte le strutture manicomiali, nominando così l'Italia l'unico paese al mondo senza manicomi.
Da quel momento ad oggi, circa 80 complessi manicomiali sono chiusi, ma nonostante ciò non sono ancora divenuti oggetto della difficoltosa questione di tutela e conservazione. L'urgenza di tale problematica non è da sottovalutare in quanto si rischia di perdere un'importante testimonianza culturale, urbanistica e architettonica.
Pur se tutelate ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, molte strutture manicomiali sono state oggetto di pessime ristrutturazioni o sono ancora in condizioni di abbandono, architetture-ruderi a cui il tempo ha dato un nuovo assetto estetico.
Tali luoghi, inglobati nel tessuto urbano o riconvertite, sono ora adibiti a funzioni differenti o, essendo di proprietà delle ASL, continuano a mantenere il legame con il loro passato ospedaliero.
Non si è mai pensata una conservazione di tipo integrale, che cogliesse il significato di Gesamkunstwerk dei manicomi stessi, caratterizzati da testimonianze immobili – architetture, giardini – e mobili – arredi, macchinari, biblioteche, materiali d'archivio, testimonianze artistiche.
In tutto questo, sono tante le storie da raccontare, infinite. Giacomo Doni ha deciso di dar voce a queste strutture attraverso la fotografia. Il progetto, iniziato nel 2006, si chiama PERSISTENZE e si muove all'interno di questi luoghi, cercandone storie e testimonianze di quella che è stata la difficile realtà manicomiale con l'intento non solo di documentare, ma anche di tutelare la memoria di questi edifici.

La mostra presenterà una trentina di fotografie di grande formato dei luoghi abbandonati dalla psichiatria post-Basaglia. Collegno, Racconigi, Volterra per citarne alcuni, luoghi che ogni comunità locale conosce molto bene.
Due ulteriori progetti di Doni, uno su Mombello e uno su Cogoleto, definiranno ancora meglio questo viaggio/percorso tra i luoghi della follia.
Un approfondimento su Colorno è quello realizzato in video da Wendyfilm, cha ha vinto con questo il festival "La danza in un minuto" edizione 2017 e realizzato nell'ambito di un progetto condotto per conto del Consorzio Solidarietà Sociale.
L'intera iniziativa gode del patrocinio della Fondazione Mario Tommasini.

La mostra sarà inaugurata oggi, martedì 16 maggio alle ore 18:30

Artètipi Strada Nino Bixio 50 43125 Parma www.artetipi.it

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Pubblicato in Cultura Parma

Sabato 13 maggio, alle 17.30, presso la libreria Emily Bookshop di via Fonte d'Abisso (MO), il poeta e scrittore originario di Pavullo presenta la sua raccolta di liriche. L'intervista all'autore.

Di Manuela Fiorini

Modena, 12 maggio 2017

Antropologo, scrittore, poeta e autore musicale. Daniele Biagioni, classe 1980, originario di Pavullo, sull'Appennino modenese, è un artista poliedrico che sa dosare con sapienza i suoi studi e i suoi talenti. I risultati, che gli sono valsi numerosi premi e riconoscimenti in concorsi nazionali, sono piccoli capolavori in cui nessuna parte e preponderante, ma ognuna si mescola alle altre con un'armonia perfetta. Come la raccolta di liriche Non conoscevo le zagare (Edizioni Il Fiorino), che sarà presentata sabato 13 maggio, alle 17.30, presso la libreria Emily Bookshop di via Fonte d'Abisso 9/11, a Modena. La natura e il sacro sono gli elementi che accomunano gran parte delle liriche, componimenti potenti, il cui la parola si fa preghiera nel tentativo di raggiungere l'assoluto.

Abbiamo incontrato l'autore.

Che cosa sono le zagare che danno il titolo alla raccolta?
"Le zagare sono il fiore degli agrumi. Si tratta di fiori bianchi a grappolo che hanno un aroma inconfondibile, come quello dei frutti che andranno a creare: dolce, ma anche acre e pungente. Nel nostro territorio sono rari: l'inverno modenese uccide gli alberi di aranci e limoni. Più che visivo, il richiamo è proprio olfattivo: ci sono dei profumi che ci colpiscono improvvisamente e che ci portano lontano da dove siamo fisicamente in quel momento, ci permettono di trovare un rifugio nei momenti in cui ne abbiamo bisogno e, ovviamente, di conoscere qualcosa di nuovo. L'olfatto è un senso spesso sottovalutato, ma la poesia ci insegna a ricordarcelo. Questa raccolta è uscita nel 2014 con "Il Fiorino" ed è stata sugli scaffali della libreria del mio studio per più di due anni. Ho deciso di presentarla adesso spinto dal mio ingresso ne "I Semi Neri", un'associazione fatta di persone e scrittori eccezionali che mi hanno fatto tornare voglia di mettermi in gioco con ciò che scrivo".

Nelle liriche si sente potente la presenza della natura, che riflette lo stato d'animo del poeta. A volte meravigliosa, a volte melanconica. Come l'elemento naturale ti è di ispirazione?
"Credo che recuperare il contatto con la natura ci aiuti semplicemente e meravigliosamente a ritrovare il contatto con noi stessi. Noi siamo parte della natura, lo sapevano i filosofi greci così come San Francesco. Se ci distacchiamo da essa, ci allontaniamo da noi stessi e diveniamo orfani della nostra parte più vera e profonda. La natura è fonte di ispirazione perché ci parla della nostra essenza più profonda, che segue le stagioni e il mutare del cielo, del giorno e della notte. Noi conosciamo il linguaggio della natura a livello inconscio: basta abbandonarsi ad essa per capirlo di nuovo anche consciamente e farlo fluire nella poesia".

Un altro tema molto presente è quello della tradizione ebraica, per esempio le poesie "Golgota", "Sukkoth", "Aviv", "Come a Gabaon". Come mai?
"Da diversi anni sono affascinato dalla cultura e dalla lingua ebraica. Penso che sia la tradizione antica che, grazie alla scrittura, è giunta a noi più intatta. Non a caso gli ebrei vengono chiamati "Il popolo dei libri". Si tratta di una tradizione millenaria e sconfinata che non ha mai smesso di produrre nuove vie ma, allo stesso tempo, è rimasta fedele al suo asse principale, quello della fede. Nella cultura ebraica ci si può perdere e ritrovare mille e mille volte, senza stancarsi mai. Sono in particolar modo affezionato all'Antico Testamento e, forse ancora di più, al Talmud, il Trattato delle Benedizioni, il libro infinito dei dialoghi rabbinici sulla sapienza.

In altre liriche, tra cui Prometeo, Il respiro di Set, Thar naoi dtonn emerge la presenza di alcuni culti dell'antichità. Che importanza ha per te il divino?
"Credo che i culti antichi abbiano il grande pregio di essere stati vicino alla natura e quindi siano spesso più immediati. La trascendenza cristiana ha il difetto di avere allontanato Dio dalla natura e averlo portato lontano da noi. Penso che la vocazione al divino sia insita nell'uomo. E personalmente ho sempre creduto che la dimensione spirituale sia in realtà quelle più vera. Non importa in che cosa credi ma è solo nella spiritualità che puoi immergerti per trovare un senso e per guarire dalle ferite. E allo stesso tempo, qualsiasi crescita che prescinda dalla dimensione spirituale è, secondo me, fatua. Come costruire sul nulla. Allo stesso modo, anche l'ispirazione poetica ha radici profonde nella spiritualità".

La tradizione ebraica e la tradizione celtica ritornano sovente nelle tue liriche. Quali sono i punti in comune?
"Sono antropologo e so che spesso le tradizioni culturali hanno radici comuni, anche e spesso inaspettatamente. Nel caso delle due tradizioni citate, quella celtica e quella ebraica, occorre prescindere dall'aspetto linguistico, in quando si tratta di lingue provenienti da famiglie davvero lontane: l'ebraico è una lingua semitica, le lingue celtiche sono di matrice indoeuropea; tuttavia, ci sono straordinarie similitudini fra il gaelico irlandese e il sanscrito. Nel profondo delle tradizioni, ci sono poi delle similitudini anche tra il mondo ebraico e quello celtico. Per esempio, nella connessione importantissima con gli elementi arborei: c'è una festa ebraica che si chiama BiShvat e che significa capodanno degli alberi e tutta la tradizione esoterica cabalistica si basa sull'immagine dell'albero della vita che struttura la nostra anima; l'alfabeto celtico è detto "alfabeto degli alberi" perché ogni lettera è associata ad un albero, così come gli alberi spiegano il nostro modo di essere e di vivere attraverso le similitudini con il nostro carattere".

C'è una lirica a cui sei particolarmente legato?
"Ogni poesia che scrivo è la fotografia della mia dimensione interiore in un particolare momento. Quindi, a posteriori, posso esprimere più o meno affezione verso una o verso l'altra. Infatti, la percezione varia in base al periodo che sto vivendo quando rileggo le mie poesie. Quindi posso dirti a quale poesia mi sento particolarmente legato oggi, in questo istante in cui rispondo alla tua domanda, leggendo il mio libro: "Leolam". In questo momento vorrei essere soltanto terra, per osservare il cielo cambiare.

Qual è oggi il ruolo del poeta?
"Il poeta oggi è un visionario che cerca di raccontare alla gente quanto la bellezza si nasconda fra le cose del quotidiano e quanto sia delicato il nostro mondo, pieno di fili invisibili che non vediamo ma che muovono le circostanze intorno a noi. Spesso il poeta soffre più degli altri ma Dio gli ha donato la scrittura come terapia per sopravvivere".

La conduzione è affidata a Daniela Ori, poetessa, scrittrice e presidente dell'Associazioni "I Semi Neri", che leggerà anche alcune liriche insieme all'autore. Sono previsti interventi musicali dello stesso Daniele Biagioni.

INFO
Daniele Biagioni
Non conoscevo le zagare (Edizioni il Fiorino e Ebook Editore per la versione digitale)
Presentazione sabato 13 maggio, ore 17.30
c/o Emily Bookshop, via Fonte d'Abisso 9/11, Modena
www.semineri.it, www.emilybookshop.it 
tel 349 5369707
INGRESSO LIBERO

Pubblicato in Cultura Modena

«Tutti combattiamo. Per un'idea, un amore, un'ingiustizia, un traguardo... in generale per il diritto di essere felici» e ieri sera Fiorella Mannoia l'ha dimostrato sfoggiando tutta la sua grinta sul palco del Teatro Regio, grazie a Caos Organizzazione Spettacoli e Arci Parma.

Un successo inarrestabile quello di "Combattente Tour", con cui Fiorella Mannoia sta calcando i palchi dei più prestigiosi teatri italiani.

Molte le "firme" che hanno collaborato alla realizzazione del nuovo album "Combattente", autori della nuova generazione, ma anche storici nomi della canzone d'autore: Ivano Fossati (in un brano in cui Fiorella è autrice del testo e Fossati delle musiche), Giuliano Sangiorgi, Federica Abbate, Cheope, Fabrizio Moro, Bungaro, Cesare Chiodo e anche la stessa Fiorella Mannoia.

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Nell'album troviamo anche "Perfetti Sconosciuti", il brano scritto da Fiorella Mannoia con Cesare Chiodo e Bungaro e che le è valso (al suo debutto come autrice e interprete di una colonna sonora) il Nastro D'Argento 2016 per la "Migliore Canzone Originale" nell'omonimo film diretto da Paolo Genovese.
Una ritrovata passione, quella per il cinema, per Fiorella che è anche sul grande schermo nel film di Michele Placido "7 Minuti", in cui recita il ruolo di una delle protagoniste.

Sfoglia tutte le foto nella galleria qui sotto, ph. Francesca Bocchia

Pubblicato in Cultura Parma
Sabato, 13 Maggio 2017 10:34

Michael Jackson Live Tribute Show

L'emozione di ascoltare dal vivo brani leggendari come "Dangerous", "Billie Jean", "Thriller", "Smooth Criminal" e "Heal the World", in un susseguirsi di brividi sulla pelle e una costante crescita di ritmo. L'incredulità di vedere sul palco movenze e caratteri somatici che immortalano il re del pop. Tutto questo e molto di più è stato lo show di Sergio Cortes, spagnolo di Barcellona, fan da una vita di Michael Jackson. Con lavoro, impegno e sacrifici, Sergio è riuscito a creare uno spettacolo che parla del suo mito, trasformando una passione in un lavoro. E questa passione è stata ben visibile al "Teatro Nazionale Che Banca!" di Milano: oltre due ore di musica che hanno permesso di rivivere i magici momenti della storia di re Michael.

LA SCOMMESSA VINTA - Un'impresa per niente facile, se ci si pensa con attenzione. Un risultato che ha lasciato tutti soddisfatti: poco distante sia nell'aspetto che nel timbro vocale, l'artista spagnolo mostra nel suo "Michael Jackson Live Tribute Show" una grinta e una attenzione ai particolari elevatissima. Il pubblico non può fare a meno che shakerare i bacini e sostenere il cantante gridando le parole delle canzoni che Michael Jackson ha portato nell'immortalità. Tutti i gesti ricordano lui. Tutte le movenze sono state ripetute allo sfinimento per raggiungere la perfezione del risultato. Il boato maggiore, nel momento dell'intramontabile "moon walking".

IL GRUPPO - Una band di 5 elementi, 5 ballerini che portano in scena coreografie pazzesche, costumi volutamente ispirati ai video d'epoca, un mix di luci che aggiungono un' atmosfera di eternità alla notte del teatro Nazionale. Tutti elementi che hanno contributo al successo dell'evento. La volontà era quella di seguire le scalette predisposte durante i concerti del grande Michael: missione compiuta, creando una fusione eccezionale di brani che si vivono non solo si ascoltano. Un regalo per tutti coloro che hanno vissuto (in maniera diretta o attraverso i racconti di presenti) un concerto del re del pop.

Pietro Razzini

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Perché una scelta così 'forte'? Cosa spinge un uomo qualunque a decidere di vivere senza acqua, luce e riscaldamento, senza contatti umani, in silenzio e in condizione di estrema povertà? Due giovani registi siciliani sono in viaggio alla scoperta di 'voci dal silenzio' e raccontano, in un documentario di prossima uscita dei loro incontri speciali.

di Alexa Kuhne

Parma, 13 maggio 2017

A chi non è capitato, almeno una volta, di averne abbastanza dei ritmi insostenibili della vita in città, del lavoro, dei rumori, degli smartphone, del caos? A quanti è successo di non sentirsi liberi? E quanti hanno desiderato di andare via e di cercare il silenzio, l'isolamento, il contatto con la natura e con Dio?
A quasi tutti sarà sembrato impossibile fuggire. Per qualcuno la possibilità si è fatta realtà.
Perché esistono luoghi dove ancora domina il silenzio. Posti in cui è possibile rifugiarsi e scappare dal mondo, da quello che siamo costretti a vivere.
In punti sperduti della Terra si può esistere 'in lentezza', pregando, toccando una spiritualità spesso soffocata, scavando in se stessi. 
Scelte di vita estreme che possono sembrare ingabbianti perché richiedono sacrifici enormi, apparentemente, a corpo e mente.
E invece non è proprio così. Si può arrivare a comprendere che intrappolante era la vita di prima, perché creava catene su catene.
Ci sono persone speciali, coraggiose o fanatiche - a seconda dei punti di vista - che cambiano e cercano condizioni estreme di vita: sono gli eremiti. Uomini e donne che, volontariamente, hanno deciso di ritagliarsi uno spazio di solitudine, lontano dal mondo, quello convenzionale.
Se non ci fossero stati due registi, Alessandro Seidita e Joshua Wahlen, con il loro 'Voci dal silenzio', probabilmente non conosceremmo la vita degli eremiti di cui stiamo per raccontarvi.
I due documentaristi hanno raccolto le storie di Fra' Bernardino, di un ex pugile, del 'pazzo del fiume', di Gianni che vuol vivere con i suoi gatti e le sue tartarughe, di Rosalba che vive in una grotta fra le montagne.

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Il viaggio. Alessandro e Joshua, il cui lavoro è ora in fase di montaggio, hanno viaggiato per mesi e mesi, percorrendo l'Italia da sud a nord su di un camper, per incontrare questi personaggi reali che animano la docu con il loro percorso di silenzio e solitudine.
Raccontano i due film maker:"Ogni singola persona è eremita a modo suo, perché dentro ciascuno esiste una prospettiva diversa, una ricchezza umana sempre differente, con cui si vive la solitudine. L'isolamento, il luogo che si deputa a eremo, è uno 'specchio', che riflette l'interiorità dell'asceta, che riflette e amplifica la parte più intima".
Riflettere e amplificare il proprio mondo interiore: quello che non è possibile fare in una esistenza convenzionale. Questa, per un eremita, è la più grande conquista.
Dicono i due reporter: "Se tutti noi ci adoperiamo per riempire, il solitario attua un processo inverso: comincia a sottrarre. Perché, oltre i fumi del suo ego, attraversati i tremori del suo animo, egli fa la scoperta di un deserto abitato: se stesso nel tutto".

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Fra' Bernardino il francescano
Prima della sua nuova vita, si chiamava Bernardino Greco. Ha 78 anni e vive alla Romita di Cesi, nei boschi di Torre Maggiore in Umbria, 800 metri di altezza, sulla via Francigena, fra Assisi e Roma.
Prima di diventare francescano faceva l'agricoltore e il carpentiere. Da ragazzo è rimasto colpito dalle rovine di un vecchio convento abbandonato nel 1867 e ha deciso di rimanere fra quei resti che gli sembrava lo invitassero a rimanere. Il francescano non si è più mosso e ha restaurato la Romita. Vive senza corrente elettrica, raccoglie l'acqua piovana. Coltiva il suo orto e nutre dei polli.
L'unica compagnia sono i suoi cani maremmani.
"Bernardino vive in modo semplice e genuino - spiegano Joshua e Alessandro -; è ancorato alla terra, ha creato un rapporto speciale con le pietre della Romita. Si considera parte del creato con i cui elementi comunica continuamente".

Il 'pazzo del fiume'
Maurizio lo chiamano così da quando lo hanno visto costruirsi un eremo in pietra, sulle sponde di un fiume, alle porte di Bivongi, un paese in provincia di Reggio Calabria. Vive in un'unica stanza senza elettricità, acqua e riscaldamento. Realizza strumenti aborigeni e decora legno con il fuoco. Cura volatili e percorre quotidianamente i sentieri del bosco.
La sua 'diversità' gli è costata il soprannome di 'pazzo del fiume'. Maurizio, 62 anni, in quel luogo sperduto si sente come in una culla, lui stesso dice "protetta dagli angeli e dalla sorella natura. L'unica cosa a cui devo realmente prestare attenzione è la presenza dell'uomo". La sua casetta nel bosco diventa spesso oggetto di atti vandalici ed è stata anche incendiata.
Joshua racconta: "Maurizio è un sognatore che non affila mai le armi. In lui abita una religiosità primitiva: comunica con il divino attraverso le rocce, gli alberi, l'acqua. Ed è lì che trova Dio".

Gianni e i suoi amici silenziosi
Si chiama Gianni Menichetti e vive tra le montagne che fiancheggiano la Costiera amalfitana. Quello che lo uccide sono le città piene di esseri umani; quello che gli dà vita è il rapporto profondo con la natura e con i suoi animali di cui si è circondato in una costruzione moresca in cui vive.

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Rosalba, la grotta e il suo voto di povertà
La sua dimora, a 1100 metri di altezza in Val di Susa, è la grotta della Madonna di Beaume; gli abitanti della piccola comunità vicina hanno voluto costruirle una baracca per riporre cibo e i pochi oggetti personali. Non ha niente perché i suoi 71 anni ha scelto di viverli nella povertà assoluta. Prima di questa decisione lavorava come pubblicitaria; poi ha voluto seguire la voce di Dio.
Joshua spiega che "la sua storia ricorda quella degli 'stolti di Cristo', figure ascetiche della Chiesa ortodossa che si muovono lungo gli argini prossimi alla follia. Rifuggono la sapienza umana per seguire le voci del cuore, simulano la pazzia, mortificano il corpo".

L'ex pugile indocristiano
Pietro Bucciotti da 30 anni vive a Cerva, vicino Catanzaro. Prima di scoprire il suo eremo ha viaggiato per anni verso Est. L'ex pugile cerca la meditazione e segue la filosofia orientale.
Il suo credo nasce dal sincretismo religioso.
Ogni mattina si rivolge al sole e si purifica con l'acqua di una fonte. Per lui le parole sono "superflue, fuorvianti e approssimative"...

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Pubblicato in Cultura Emilia
Venerdì, 05 Maggio 2017 15:23

Patti Smith in visita allo CSAC di Parma - FOTO

Patti Smith si è recata in visita, nella tarda mattina di oggi, allo CSAC – Centro studi e Archivio della Comunicazione dell'Università di Parma, presso l'Abbazia di Valserena, insieme al Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo Dario Franceschini. A seguire oggi visiterà la mostra delle sue opere fotografiche Higher Learning, aperta al Palazzo del Governatore fino al 16 luglio insieme all'altra esposizione The NY Scene – arte, cultura e nuove avanguardie anni '70-'80, con immagini legate al clima intellettuale che la stessa Patti Smith ha vissuto nella New York degli anni Settanta e Ottanta.

Questi sono gli ultimi appuntamenti della tre giorni parmigiana dedicata alla poetessa del rock.

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Sfoglia tutte le foto nella galleria qui sotto, ph. Francesca Bocchia

Pubblicato in Cronaca Parma
Venerdì, 05 Maggio 2017 11:11

Patti Smith incanta il Teatro Regio - FOTO

La poetessa del Rock ha entusiasmato il pubblico del Teatro Regio esibendosi con la figlia Jesse, il figlio Jackson e il chitarrista Tony Shanahan.

Il concerto si inserisce nella tre giorni parmigiana a Lei dedicata. L'icona del rock, cantante, compositrice, poetessa, fotografa e scrittrice, ha ricevuto ieri dall'Ateneo di Parma la laurea magistrale ad honorem in "Lettere Classiche e Moderne" all'Auditorium Paganini. Oggi, Patti Smith visiterà la mostra delle sue opere fotografiche Higher Learning, aperta al Palazzo del Governatore fino al 16 luglio insieme all'altra esposizione The NY Scene – arte, cultura e nuove avanguardie anni '70-'80, con immagini legate al clima intellettuale che la stessa Patti Smith ha vissuto nella New York degli anni Settanta e Ottanta. Sempre oggi, intorno alle 12.30, visiterà lo CSAC – Centro studi e Archivio della Comunicazione dell'Università di Parma, all'Abbazia di Valserena, insieme al Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo Dario Franceschini

Qui sotto le foto del concerto, ph. Francesca Bocchia

Pubblicato in Cronaca Parma

Il "Castello delle fiabe" come è stato definito, ora gestito dal Comune di Grizzana Morandi, è stato fondata nel 1850 dal conte Cesare Mattei. "Vita straordinaria di Primo Stefanelli" è la biografia dell'ultimo proprietario del Castello.

di Laura Corallo

"Vita straordinaria di Primo Stefanelli" è la biografia dell'ultimo proprietario del Castello Rocchetta Mattei, alle porte di Bologna, dal 2005 di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna. Il "Castello delle fiabe" come è stato definito, ora gestito dal Comune di Grizzana Morandi, è stato fondata nel 1850 dal conte Cesare Mattei, inventore dell'elettromeopatia, ed oggi rappresenta una delle principali mete turistiche dell'Emilia Romagna, con 60 mila visitatori all'anno.

Il libro è stato voluto dalla famiglia di Primo Stefanelli, i figli Antonietta e Giuseppe e i nipoti Paolo e in particolare Stefano, per tramandare la memoria dell'imprenditore, vissuto fino al 1989 e conosciuto da tutti come il "Mercantone", protagonista di una delle più importanti imprese economiche della valle del Reno a partire dagli anni Trenta e dalla sua rinascita nel secondo Novecento. L'autore del libro, lo storico Claudio Cappelletti racconta "il nome di Primo Stefanelli è legato indissolubilmente a quello del conte Cesare Mattei, fondatore della Rocchetta – spiega Cappelletti -. Stefanelli ha salvato il castello dal definitivo degrado e ha acquistato alcune proprietà che erano state del Conte. Ha avuto il merito di aprire la Rocchetta ai visitatori e offrire ospitalità al suo interno (il Castello era dotato di bar, ristorante e albergo). Negli anni Sessanta l'ha fatta conoscere attraverso un gran lavoro di promozione come opuscoli e cartoline". "Stefanelli è identificato come il proprietario della Rocchetta ma è molte altre cose, imprenditore in più settori – continua l'autore. I momenti più significativi della sua carriera sono la rappresentanza in zona della Singer dal 1934 e la casa del Mobilio, il commercio cioè dei mobili, poi ovviamente la Rocchetta e il Castello Carrobio di Massa Finalese mentre le difficoltà sono state la guerra e l'incendio del suo negozio nel 1947".

Famiglia Stefanelli

Oggi, al recupero della Rocchetta, durata sette anni ad opera della Fondazione Carisbo, nell'ambito di un progetto turistico e culturale funzionale alla valorizzazione della Valle del Reno, potrebbe aggiungersi un altro tassello. Antonietta Stefanelli, farmacista e figlia di Primo Stefanelli, ha proposto infatti la realizzazione di un orto botanico, che ha raccolto il favore del Sindaco di Grizzana Morandi, Graziella Leoni, all'interno del parco della Rocchetta, con tutte le piante che il Conte Cesare Mattei utilizzava per i suoi rimedi elettromeopatici. "Sarebbe un modo per portare avanti la ricerca dei rimedi delMattei, che grazie all'arte medica dell'elettromeopatia, ha attirato a Grizzana Moranti personaggi illustri e nobili da tutta Europa che venivano al Castello a curare i loro disturbi. Una disciplina nella quale Mattei era specialista e unico depositario dei suoi segreti".

Pubblicato in Cultura Emilia
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