di Mario Vacca Parma 31 marzo 2020 - Tra le misure di sostegno finanziario delle imprese, il decreto Cura Italia (D.L. n. 18/2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 70 del 17 marzo 2020) introduce una disposizione volta ad incentivare la cessione di crediti deteriorati che le imprese hanno accumulato negli ultimi anni, anche per effetto della crisi finanziaria, con l’obiettivo di sostenerle sotto il profilo della liquidità.
I crediti deteriorati oggetto dell’incentivo possono essere sia di natura commerciale che di finanziamento. Il decreto pone attenzione anche per la riduzione degli oneri di cessione e pertanto la disposizione introduce la possibilità di trasformare in credito d’imposta una quota di attività per imposte anticipate (DTA) riferite a determinati componenti, per un’ammontare proporzionale al valore dei crediti deteriorati che vengono ceduti a terzi. L’intervento consente alle imprese di anticipare l’utilizzo come crediti di imposta, di tali importi, in cui altrimenti avrebbero usufruito in anni successivi, determinando nell’immediato una riduzione del carico fiscale. Ciò consente di ridurre il fabbisogno di liquidità connesso con il versamento di imposte e contributi, aumentando cosi la disponibilità di cassa in un periodo di crisi economica e finanziaria connessa con l’emergenza sanitaria, rispettando la coerenza complessiva del sistema fiscale posto che a fronte di tale anticipazione viene meno il meccanismo ordinario di riporto in avanti dei componenti oggetto di trasformazione. Più in particolare, per le società che effettuano entro il 31/12/2020, cessioni di crediti vantati nei confronti di debitori inadempienti, la disposizione introduce la possibilità di trasformare in credito d’imposta una quota DTA riferite a:
1) Perdite riportabili non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile ai sensi dell’Art. 84 del TUIR;
2) Importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto di cui all’art. 1, comma 4, del d.l. 6/12/2011, che alla data della cessione dei crediti non siano stati ancora computati in diminuzione, usufruiti o dedotti al reddito imponibile.
Per quanto riguarda la definizione di debitore inadempiente il comma 5 stabilisce che si ha inadempimento quanto il mancato pagamento si protrae per oltre 90 giorni dalla data in cui era dovuto. Inoltre il comma 6 dispone che la norma in esame non si applica alle cessioni di crediti tra società che sono tra loro legate da rapporti di controllo ed alle società controllate, anche indirettamente dallo stesso soggetto.
La quota massima di DTA trasformabile in credito d’imposta è determinata in funzione dell’ammontare massimo di componenti esse si riferiscono. A tal fine viene posto un limite ai componenti che possono generare DTA trasformabili, pari al 20% del valore nominale dei crediti ceduti. Allo stesso, sempre ai fini della norma in esame, è posto un limite di 2 miliardi di euro di valore nominale ai crediti complessivamente ceduti entro il 31/12/2020 che rilevano ai fini della trasformazione; per i soggetti appartenenti ai gruppi, il limite si intende calcolato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate da soggetti appartenenti allo stesso gruppo .
Esempio:
Nell’eventualità una società cedesse crediti per un miliardo di euro, potrà trasformare in credito d’imposta al massimo una quota di DTA riferibile a 200 mln di euro di componenti indicati dalla norma, equivalente – supponendo che l’aliquota IRES applicabile sia quella ordinaria al 24% - a 48 mln di euro.
La trasformazione in credito d’imposta può aver luogo anche se le DTA non sono state iscritte in bilancio, purché siano riferibili ai componenti indicati dalla norma non ancora dedotti o usufruiti dalla data della cessione dei crediti.
Il credito d’imposta sorgerà per l’intero ammontare alla data di cessione dei crediti. A decorrere dalla data di efficacia della cessione il cedente non potrà più portare in compensazione dei redditi le perdite, dedurre o usufruire tramite credito d’imposta l’eccedenza del rendimento nozionale corrispondenti alla quota di DTA trasformabili in credito d’imposta ai sensi della disposizione in esame. I crediti d’imposta non sono produttivi di interessi e possono essere utilizzati senza limiti di importo, in compensazione ai sensi dell’art. 17 del d. lgs 9 luglio 1997 n. 241, o ceduti secondo le procedure dell’art. 43-bis o dell’art. 43 ter del dpr 29/09/1973 n. 602, o chiesti a rimborso. I crediti d’imposta vanno indicati nella dichiarazione dei redditi e non concorrono alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive.
Le società che vogliono procedere alla trasformazione di DTA in credito d’imposta ai sensi della disposizione in esame, devono esercitare l’opzione entro la chiusura dell’esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti; l’opzione ha efficacia a partire dall’esercizio successivo a quello in cui ha effetto la cessione. L’esercizio dell’opzione comporta il cumulo delle DTA trasformabili e di quelle trasformate ai sensi della presente disposizione nell’ammontare delle attività per imposte anticipate di cui al citato Art. I de d.l. 3 maggio 2016 n. 59.
La disposizione non si applica a società per le quali sia stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 16 nov. 2015, n. 180, ovvero lo stato di insolvenza ai sensi dell’art. 5 del regio decreto 16 marzo 1942 n. 267, o dell’art. 2, comma I, lettera b) del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza del d.lgs 12 gennaio 2019. N. 14
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La Bussola d'Impresa - Mario Vacca
Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito esperienza e ho potuto specializzarmi nel controllo di gestione e finanza d’impresa.
Queste capacità mi hanno portato a collaborare con diversi studi di consulenza tra Capri, Napoli e la penisola Sorrentina con il ruolo di Temporary Manager, per pianificare crescite aziendali o per risolvere crisi aziendali e riorganizzare gli assetti societari.
Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di prevedere e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari dei miei clienti.
Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho voluto fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.
Queste esperienze estere hanno apportato conoscenze legate al Family Business, alla protezione patrimoniale tanto per le imprese quanto per i singoli imprenditori e, alla gestione di società e conti esteri per favorire l'internazionalizzazione ed armonizzare la fiscalità tra i diversi paesi ove i clienti operano.
Nel frattempo ho maturato esperienza in Ascom Confcommercio per 12 anni - nel ruolo di vice presidente - ottenendo una buona padronanza della dialettica, doti di Pubblic Relation e, una buona rete di contatti personali.
Mi piace lavorare in squadra, mi piace curare le pubbliche relazioni e, sono convinto che l’unione delle professionalità tra due singoli, non le somma ma, le moltiplica.
Il mio obiettivo è lavorare sodo ma, con Etica ed Urbanità.
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di Mario Vacca Parma 28 marzo 2020 - Il Codice della crisi d’impresa entrato in vigore a marzo 2019 con gli articoli 375 e 377 obbliga l’impresa a dotarsi di adeguati assetti organizzativi e quindi impone all’imprenditore non solo la costante valutazione dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo ma anche di monitorare la sussistenza dell’equilibrio economico finanziario ed il prevedibile andamento della gestione.
L’articolo 14 del Codice, che sarebbe dovuto entrare in vigore ad agosto ma con il D.L. “Salva Italia” è stato rinviato al febbraio 2021 -salvo ulteriori proroghe - racchiude tutto il senso e la portata della normativa sugli adeguati assetti ed il succo di tutto è che è proprio l’adeguatezza dell’organizzazione che consente all’imprenditore il monitoraggio della crisi e della continuità aziendale.
L’assetto organizzativo, amministrativo e contabile deve consentire all’imprenditore la verifica dell’equilibrio economico-finanziario e della gestione prospettica, con una tempistica periodica calibrata rispetto alla dimensione aziendale e si fonda su una serie di procedure che tradizionalmente sono contenuti all’interno di una macro-categoria denominata “controllo di gestione”.
Dall’articolo 2 del Codice si evince chiaramente che le nuove norme circoscrivono la crisi d’impresa in ambito finanziario e prospettivo e appunto per questo solamente strumenti di controllo di gestione di tipo prospettico possono consentire all’imprenditore di disporre di informazioni sufficienti e tempestive. E’ evidente quindi che sia identificabile l’obbligo di implementazione di un efficace controllo di gestione, atto a consentire le verifiche consuntive e prospettiche necessarie al monitoraggio previsto dall’articolo 2086 post-riforma, che prevede la necessità di rilevare tempestivamente la crisi dell’impresa e la perdita della continuità aziendale.
La norma consente il duplice beneficio di contrastare sul nascere la crisi d’impresa ma anche di coordinare un percorso di crescita imprenditoriale e manageriale all’interno dell’impresa. La procedura di costruzione del budget potrebbe apportare confronti mai tenuti prima tra i diversi attori aziendali, dialogo e sforzo del singolo di far parte di un contesto collettivo, situazioni fondamentali per il miglioramento della capacità di previsione di un sistema organizzato. Un buon controllo di gestione anche se potrebbe non originare previsioni precisissime rappresenterebbe sicuramente un eccellente strumento di misurazione della performance, in grado di permettere correzioni rapide ed interventi efficienti e tempestivi. Le interazioni tra proprietà e manager legate alla costruzione del budget ed alla gestione periodica sarebbero fondamentali per migliorare la competitività dell’azienda nel suo complesso.
Il risultato del duplice beneficio è che il controllo di gestione può passare da un mero adeguamento ad una disposizione di legge ad un progetto di crescita e sviluppo di competenze tanto attraverso la formazione di risorse interne quanto attraverso la nomina di temporary manager che possano apportare significative esperienze acquisite in altre realtà.
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Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito esperienza e ho potuto specializzarmi nel controllo di gestione e finanza d’impresa.
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Di Mario Vacca 08 marzo 2020 - Nei casi in cui l'imprenditore o gli organi di controllo dovessero verificare lo stato di crisi dell’azienda dovranno attivare la procedura di allerta, ovvero un meccanismo di risoluzione della crisi gestito da apposite commissioni di professionisti che avranno, quasi sicuramente, l’effetto di scatenare il panico tra i fornitori e le banche ed i fornitori in genere. Stakeholders che potrebbero non essere più disponibili a fornire altra fiducia all’ azienda, impegnandosi – come solitamente usano fare gli istituti di credito – al rientro delle posizioni ed alla diminuzione del loro credito. Sarà necessario gestire le procedure di allerta e, soprattutto le commissioni degli Ocri, con tantissima efficienza e controllo allontanando le mere questioni di guadagno economico dei componenti di queste ultime, diversamente per gran parte delle imprese le procedure di allerta saranno l'inizio della fine.
A ciò si unisce quanto già descritto nel precedente articolo in merito alle società a responsabilità limitata la cui riforma prevede che «gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale» . Tra gli obblighi degli amministratori c'è quello di vigilare sulla conservazione dell'integrità del patrimonio aziendale e sulla capacità dell'azienda di far fronte ai propri impegni munendosi di strumenti di analisi adeguati ed in grado di monitorare la solvibilità dell'azienda ed in special modo la continuità aziendale. In caso di default saranno costretti a difendersi in tribunale dimostrando di aver adempiuto con diligenza ai doveri di vigilanza.
Molto probabilmente tanti professionisti si allontaneranno dai consigli di amministrazione non avendo intenzione di mettere a rischio il proprio patrimonio personale a causa di eventi del tutto imprevedibili come il coronavirus.
L’impossibilità di poter prevedere gli effetti del virus sull’economia e le discutibili posizioni assunte da chi comanda le istituzioni pubbliche potrebbero ripercuotersi su migliaia di piccole e medie imprese.
Queste ultime potrebbero subire le conseguenze del rallentamento dell'attività produttiva e la riduzione delle vendite e con molta probabilità non tutte saranno in grado di farvi fronte e assorbire la diminuzione di liquidità con il risultato che chi già annaspava per restare sul mercato rischierà di trovarsi in condizioni di marginalità dove diventerà impossibile far fronte serenamente agli impegni futuri. Se a ciò dovessero unirsi gli effetti della nuova riforma poc’anzi descritta – senza che la politica ne prenda atto con decreti ad hoc – assisteremo all’ecatombe di tantissime piccole realtà.
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Di Mario Vacca 01 marzo 2020 - All'articolo – appena modificato - 2476 del Codice civile, dopo il quinto comma è inserito il seguente: "Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione del patrimonio sociale. L'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. La rinuncia all'azione da parte della società non impedisce l'azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l'azione revocatoria quando ne ricorrano gli estremi."
La responsabilità scatta quando l’amministratore continua a condurre la società come se fosse in bonis e senza chiedere aiuto agli organi preposti (Ocri) ogni qual volta si verifica uno stato di crisi per garantire continuità aziendale. In ogni caso sarà il giudice a stabilire se l’amministratore concorre con il proprio patrimonio personale nell’eventualità quest’ultimo non riuscisse a dimostrare di aver fatto tutto il possibile per prevenire la crisi.
Dal 16 Marzo 2019 tutti gli amministratori che non avranno dotato l’azienda di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile, capace di intercettare gli indizi di crisi e, soprattutto, la perdita della continuità aziendale, risponderanno con il proprio patrimonio delle obbligazioni sociali della società amministrata per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale così come disposto dal nuovo art. 2476. Si tratta di una norma rivoluzionaria soprattutto nella sua portata culturale. É chiarissimo l’intento del legislatore, fra l’altro riscontrabile in decine di prescrizioni diffuse in tutto il D.Lgs. 14/2019 (la nuova riforma della crisi), di costringere il management aziendale a gestire in modo corretto ed adeguato l’azienda, senza improvvisazioni e con competenza, allo scopo di eliminare le inefficienze e favorire la proliferazione di aziende sane e gestite con sagacia e intelligenza
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Di Mario Vacca 23 febbraio 2020 - Nei precedenti due articoli ci si è addentrati sul concetto di assetto organizzativo, amministrativo e contabile previsto dal nuovo art. 2086 del Codice civile, in particolare evidenziando le modalità di concreta costruzione del modello.
In pratica si tratta di predisporre regole organizzative al fine di generare in maniera sistematica e tempestiva flussi di informazioni che consentano all’organo amministrativo di monitorare costantemente l’andamento della gestione e lo stato di salute aziendale per avere la piena consapevolezza delle decisioni da scegliere.
Il modello organizzativo di allerta deve individuare un’ampia ed opportuna casistica di fattori quali-quantitativi da monitorare, idonei a far emergere i sintomi di una eventuale crisi e/o la perdita della continuità aziendale, assegnando specifici compiti a reparti e figure interne e/o consulenziali, nominando appositi responsabili e stabilendo le necessarie tempistiche da rispettare.
Alla luce degli equivoci che talvolta si riscontrano sull’argomento, è bene precisare che il controllo degli indicatori della crisi elaborati dal Cndcec costituisce solo una limitatissima parte degli aspetti che è necessario monitorare, come ben chiarito anche dalle note metodologiche presentate dallo stesso Consiglio Nazionale.
La norma civilistica prevede che l’asseto organizzativo sia adeguato alla natura e alla dimensione dell’impresa ed è adeguato quanto è capace di identificare i principali fattori di rischio aziendale, effettuare un costante monitoraggio del rischio, gestire il rischio; L’organizzazione potrebbe prevedere:
1. il costante aggiornamento delle scritture contabili;
2. la periodica chiusura di bilanci provvisori infrannuali;
3. la sistematica verifica dell’equilibrio economico-finanziario;
4. l’accertamento della sussistenza della continuità aziendale;
5. la verifica dell’eventuale esistenza di indicatori della crisi;
6. la predisposizione di un budget d’esercizio e di un piano di tesoreria;
7. l’elaborazione di un business plan;
8. l’analisi dei pagamenti a fornitori;
9. l’analisi dei pagamenti di debiti erariali e contributivi;
10. il monitoraggio dei rapporti con il sistema bancario;
11. una seria analisi dei rischi aziendali (Risk Management);
12. la periodica assegnazione finale, al termine delle suddette analisi, della classe di rischio dell’impresa.
Sulla base della classe di rischio in cui ricadrà l’impresa verrà decisa la frequenza e periodicità di tali monitoraggi.
In termini operativi il sistema potrebbe essere ufficializzato in un apposito Manuale approvato dal C.d.A., con modalità analoghe a quelle adottate, con le dovute differenze, ai fini della legge 231/01.
Per le imprese minori si potrebbe invece procedere tramite una delibera dell’organo amministrativo che contenga nel dettaglio le regole organizzative da istituire,
Sia la delibera che, per le imprese più strutturate il Manuale di cui sopra ed approvato dall’organo amministrativo dovranno definire sin dall’origine anche le procedure relative ai casi:
– peggioramento, nel tempo, della classe di rischio;
– emersione di indicatori della crisi.
CONCLUSIONI
In conclusione, le nuove norme impongono a tutti gli imprenditori l’introduzione all’interno del modello gestionale utili strumenti di direzione, pianificazione e di controllo, che se utilizzati con la dovuta attenzione accresceranno la competitività dell’impresa, aiuteranno il management a prendere decisioni consapevoli e favoriranno l’accesso al credito.
Le novità introdotte dalla normativa potranno essere un occasione di miglioramento e non un aggravio burocratico ed anche l’obbligo di monitorare i flussi di cassa e gli indici relativi alla sostenibilità dei debiti viene visto dalle imprese come un’opportunità per migliorare il controllo di gestione e la pianificazione economico-finanziaria.
Come si sarà notato la maggior parte delle informazioni richieste vengono di fatto gestite e generate dai reparti amministrativo e contabile, che non a caso sono espressamente citati dall’art. 2086 del Codice Civile in merito all’assetto organizzativo da istituire. Finalmente tali reparti, che da decenni sono assorbiti quasi esclusivamente da adempimenti legati al rapporto Stato-impresa (liquidazioni iva, esterometro, ecc., ecc., ecc.), sono chiamati a riappropriarsi dei loro compiti propri, ovvero fornire all’imprenditore importanti informazioni che gli siano di supporto nella complessa gestione dell’impresa
Si aprono, pertanto, significative opportunità per il mercato della consulenza direzionale, specie per quelle strutture specializzate sulle peculiarità delle piccole e medie imprese, in grado cioè di offrire strumenti adatti alle loro specifiche esigenze.
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Di Mario Vacca 16 febbraio 2020 - Ancora una volta avrà ragione chi ha disatteso un provvedimento di legge. Chi non ha nominato per tempo ed avrà aspettato pensando che “tanto poi alla fine arriverà qualche proroga”. E la mini proroga è arrivata.
A poche ore dall’approvazione del correttivo del nuovo codice della crisi arriva il Milleproroghe che sposta al momento dell’approvazione dei bilanci, quindi a fine aprile, il termine – scaduto a dicembre – entro il quale le società si sarebbero dovute dotare di un organo di controllo.
Il Leghista Garavaglia ex sottosegretario all’economia ha più volte evidenziato che sarebbe occorso più tempo per rivedere un obbligo di fatti quasi impossibile da rispettare per le PMI soprattutto quelle a conduzione familiare che avranno bisogno di un periodo più ampio per adeguare i propri bilanci ed i propri assetti alle nuove norme, pena segnalazioni immediate da arte degli organi di controllo; E’ noto infatti che tante aziende non trovano revisori, professionisti che hanno ben pensato di astenersi da un incarico piuttosto che giungere in azienda con la certezza di dover immediatamente scrivere una segnalazione.
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Di Mario Vacca 09 febbraio 2020 - Il nuovo codice della crisi d’impresa, all’art.375, comma 2, - come anticipato nel precedente articolo - introduce una sostanziale riforma dell’art. 2086 c.c. – rubricato prima Direzione e gerarchia dell’impresa, ora Gestione dell’impresa, aggiungendo un secondo comma alla predetta disposizione che recita come segue: “L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
In buona sostanza, si introduce un vero e proprio obbligo, per l’imprenditore, di adottare degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili finalizzati a monitorare, ed eventualmente, rilevare situazioni patologiche che potrebbero sfociare anche nella crisi dell’impresa. Questi doveri riguardano l’imprenditore in quanto tale e non l’imprenditore in quanto debitore; è un dovere dell’imprenditore – rectius dell’organo amministrativo – verso l’impresa e, indirettamente, verso gli stakeholders (ivi compresi i debitori).
Regole non scritte e modi di fare -sia buoni che cattivi- sono parte del modo di essere delle Imprese.
Spesso queste norme sono così amalgamate nella cultura aziendale da non suscitare più attenzione ed interesse da parte degli imprenditori e dei managers. Succede che le norme aziendali non vengano regolarmente e costantemente riviste per verificare che si allineino con gli obiettivi dell'Impresa e di tutte le sue componenti, succede che gli imprenditori non pongano molta attenzione a come il proprio comportamento contribuisca alla loro efficacia.
E’ così che procedure e regole possono trasformarsi da forza propulsiva in burocrazia distruttiva.
Procedure documentate generano vantaggi come la chiarezza del sistema di responsabilità relativo al processo, la trasparenza dei ruoli degli attori a monte e a valle del processo, permette la riduzione della personalizzazione delle modalità operative degli attori che intervengono nel processo, consente a tutti di conoscere le modalità operative delle attività (non più persone "indispensabili", ma azioni "indispensabili"), aumenta l’efficienza generale in quanto conoscere come avvengono le cose permette di migliorare i processi ed infine permette una facilità di apprendimento dei nuovi assunti.
In qualsiasi azienda è sempre importante per gli imprenditori valutare la presenza di volta in volta di regole, comportamenti ed aspettative non formalizzati per renderli procedure scritte e riconosciute.
Come già illustrato, si tratta di predisporre delle regole organizzative atte a generare in maniera sistematica e tempestiva dei flussi di informazioni che consentano all’organo amministrativo di avere sotto costante controllo l’andamento della gestione, lo stato di salute aziendale ed ottenere basi conoscitive idonee a prendere decisioni appropriate.
Il modello organizzativo di allerta deve individuare un’ampia ed opportuna casistica di fattori quali-quantitativi da monitorare, idonei a far emergere i sintomi di una eventuale crisi e/o la perdita della continuità aziendale, assegnando specifici compiti a reparti e figure interne e/o consulenziali, nominando appositi responsabili e stabilendo le necessarie tempistiche da rispettare. Per quanto concerne le nuove disposizioni, nel preparare gli adeguati assetti organizzativi, l’organo amministrativo deve definire:
• i processi aziendali, intesi come l’insieme delle attività poste in essere con ordine logico ed una sequenza temporale ben definita per il raggiungimento di un obiettivo specifico;
• le procedure aziendali intese come regole da seguire per lo svolgimento, durante i processi, di determinate attività;
• la sequenza delle attività stesse e le decisioni che ne sono alla base e gli eventi da cui derivano le decisioni;
• le procedure che garantiscono la corretta registrazione delle informazioni aziendali all’interno del sistema informativo;
• l’esistenza di direttive e procedure per l’autorizzazione e l’approvazione delle operazioni;
• le mansioni aziendali e le responsabilità oggetto di controllo, con indicazione analitica delle responsabilità e dei doveri principali relativi ad un particolare lavoro;
• i regolamenti interni e le eventuali ulteriori mappature dei processi aziendali come ad esempio la certificazione dei sistemi di gestione della qualità, della sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro.
Una marginale formalizzazione degli assetti organizzativi sopra descritti può essere concessa alle imprese di minori dimensioni (Pmi) data la struttura organizzativa più semplice e la minor quantità di persone coinvolte.
Nelle Pmi è necessario che il caratteristico coinvolgimento dei soci nella gestione della società non comprometta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo.
Altri aspetti organizzativi riguardano:
• il sistema di attribuzione dei poteri di “gestione”, che deve essere in linea con le responsabilità organizzative e gestionali conferite.
• l’esistenza di budget operativi predisposti in funzione delle dinamiche economiche e finanziarie e del piano strategico aziendale;
• gli aggiornamenti, dei documenti di programmazione (annuali);
• l’esistenza e l’adeguatezza della reportistica predisposta per i vari livelli di responsabilità.
Nel definire l’organizzazione delle varie funzioni aziendali l’organo amministrativo deve attribuire con chiarezza:
• i ruoli ricoperti dalle risorse interne;
• la natura e l’ampiezza delle funzioni attribuite al Responsabile della funzione aziendale;
• le procedure e le modalità con cui vengono svolte le specifiche funzioni aziendali;
• la tipologia e le modalità con le quali avvengono gli scambi informativi con la direzione aziendale;
• le modalità di trasmissione dei flussi informativi fra le varie funzioni aziendali.
La struttura organizzativa deve prevedere delle procedure capaci di assicurare la presenza di personale con adeguata competenza tecnica a svolgere le funzioni assegnate. A tal fine è importante, per l’organo amministrativo, definire:
• le modalità con cui viene selezionato il personale a cui attribuire un ruolo specifico;
• l’esistenza di misure che consentano l’assunzione di personale in possesso dei requisiti professionali e delle competenze necessarie allo svolgimento della propria funzione;
• la partecipazione periodica del personale ai corsi di formazione;
• l’assunzione di figure professionali altamente qualificate;
• procedure di verifica, in fase di assunzione del personale, delle informazioni fornite dai candidati;
• politiche del personale che stabiliscano le funzioni, le responsabilità, le performances attese e gli eventuali avanzamenti di carriera.
L’organizzazione dovrebbe monitorare anche il sistema aziendale di Information Technology. Il sistema IT è costituito, in particolare, da:
• l’architettura IT della società e le figure ad essa preposta;
• la rete informatica aziendale e gli access points;
• le risorse hardware utilizzate sia a livello di server e sia a livello di client;
• i software e le varie applicazioni utilizzate con le periodicità degli aggiornamenti;
• le procedure di disaster recovery;
Nelle aziende di piccole dimensioni il sistema IT non presenta particolari criticità per l’esternalizzazione di molte funzioni.
Infine, un assetto organizzativo adeguato non prescinde da due ulteriori elementi quali:
• l’esistenza di procedure che disciplinano l’uso dei beni aziendali con riferimento, in particolare, a quelli di valore elevato, che risultino strategici per la società, il cui utilizzo presenta elevati rischi di danneggiamento, in uso esclusivo a dipendenti e presso terzi;
• un sistema idoneo alla protezione e conservazione dei dati aziendali (procedure di archiviazione e conservazione elettronica dei documenti, rispetto degli adempimenti in materia di tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al D.Lgs. 81/2008 e in materia di protezione dei dati personali di cui al D.Lgs. 196/2003).
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La Bussola d'Impresa - Mario Vacca
Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito esperienza e ho potuto specializzarmi nel controllo di gestione e finanza d’impresa.
Queste capacità mi hanno portato a collaborare con diversi studi di consulenza tra Capri, Napoli e la penisola Sorrentina con il ruolo di Temporary Manager, per pianificare crescite aziendali o per risolvere crisi aziendali e riorganizzare gli assetti societari.
Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di prevedere e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari dei miei clienti.
Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho voluto fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.
Queste esperienze estere hanno apportato conoscenze legate al Family Business, alla protezione patrimoniale tanto per le imprese quanto per i singoli imprenditori e, alla gestione di società e conti esteri per favorire l'internazionalizzazione ed armonizzare la fiscalità tra i diversi paesi ove i clienti operano.
Nel frattempo ho maturato esperienza in Ascom Confcommercio per 12 anni - nel ruolo di vice presidente - ottenendo una buona padronanza della dialettica, doti di Pubblic Relation e, una buona rete di contatti personali.
Mi piace lavorare in squadra, mi piace curare le pubbliche relazioni e, sono convinto che l’unione delle professionalità tra due singoli, non le somma ma, le moltiplica.
Il mio obiettivo è lavorare sodo ma, con Etica ed Urbanità.
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Mario Vacca Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
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Di Mario Vacca 01 febbraio 2020 - L’obiettivo del nuovo codice della crisi e dell’insolvenza è quello di prevenire il momento iniziale da cui scaturisce la crisi individuando diversi strumenti tra i quali i soggetti abilitati all’allerta, l’adeguatezza del sistema organizzativo amministrativo e contabile della società e gli indici della crisi approvati dal CNDCEC.
L’articolo precedente ha evidenziato i soggetti della procedura di allerta mentre con il contributo odierno e dei prossimi si tratteranno gli adeguati assetti organizzativi.
L’articolo 2086, comma 2 del codice civile introduce l’obbligo per gli imprenditori di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, soprattutto in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale al fine di attivarsi con sollecitudine per il superamento della crisi di impresa ed il recupero della continuità aziendale attraverso la selezione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti.
In pratica l’imprenditore o l’organo amministrativo dovrà adeguare l’assetto organizzativo amministrativo e contabile dell’impresa rendendolo idoneo al monitoraggio dell’equilibrio economico e finanziario ed alla custodia della continuità aziendale.
La norma comporta un vero e proprio peso nei confronti dell’organo amministrativo in quanto in assenza dell’adozione di un adeguato assetto organizzativo o nell’incapacità dello stesso di far fronte tempestivamente ai segnali di crisi è prevista in capo agli amministratori la causa di responsabilità verso la società per l’inosservanza dell’obbligo.
Le medie e grandi società e/o comunque quelle già dotate di un organo di controllo beneficeranno di indubbi vantaggi nel predisporre un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile capace di monitorare la perdita di continuità aziendale sia per le dimensioni aziendali che per la presenza di organi qualificati. Diversamente impatto notevole ricadrà sulle Pmi, il cui assetto organizzativo, amministrativo e contabile, nella maggior parte dei casi, presenta i caratteristici limiti del padre/padrone societario, ovvero dell’imprenditore che gestisce ogni aspetto societario accentrando ogni potere in capo a se stesso e con poca propensione alla delega.
In questa fase il ruolo fondamentale lo ricopre il consulente d’impresa nell’affiancare gli imprenditori nel compito di riscrivere il sistema di gestione, in funzione della prevenzione della crisi di impresa.
Ciò che conta più nell’individuazione della struttura organizzativa amministrativa e contabile è la dimensione aziendale in quanto la crescita impone la formalizzazione di procedure e direttive atte a monitorare ogni fase del processo aziendale. Ancora una volta si crea una differenza tra medie e piccole imprese in quanto nelle Pmi la struttura organizzativa potrà avere una minore formalizzazione in considerazione della maggiore semplicità dei processi aziendali.
Nel definire quindi gli assetti organizzativi l’imprenditore dovrà configurare l’assetto in funzione del grado di rilevazione dei segnali di crisi rispetto all’impresa e monitorare continuamente l’eventuale perdita di continuità aziendale.
Prendendo spunto dalle norme del Collegio Sindacale si può definire l’assetto organizzativo, come il complesso di direttive e procedure stabilite per garantire che il potere decisionale sia assegnato ed esercitato ad un appropriato livello di competenza e lo si definisce “adeguato” in presenza delle seguenti caratteristiche:
• è basato sulla separazione e contrapposizione di responsabilità nei compiti e nelle funzioni;
• si fonda su chiare definizioni delle deleghe e dei poteri;
• è evidente la capacità di garantire lo svolgimento delle funzioni aziendali.
L’organigramma aziendale evidenzierà la chiara identificazione delle funzioni, dei compiti e delle responsabilità, esso non è uno schema rigido e predefinito ma deve adattarsi alle singole realtà come tutto l’assetto organizzativo.
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Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito esperienza e ho potuto specializzarmi nel controllo di gestione e finanza d’impresa.
Queste capacità mi hanno portato a collaborare con diversi studi di consulenza tra Capri, Napoli e la penisola Sorrentina con il ruolo di Temporary Manager, per pianificare crescite aziendali o per risolvere crisi aziendali e riorganizzare gli assetti societari.
Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di prevedere e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari dei miei clienti.
Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho voluto fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.
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Di Mario Vacca 26 gennaio 2020 - Lo stato di difficoltà economico-finanziaria dal quale potrebbe individuarsi l’insolvenza del debitore, che per le imprese si manifesta come l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate viene definito dall’articolo 2 del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza -per l’appunto - come La Crisi D’impresa, o meglio l’inizio di essa.
L’obiettivo del nuovo codice è quello di prevenire il momento iniziale da cui scaturisce la crisi individuando diversi strumenti tra i quali l’abilitazione di taluni soggetti che, in presenza di determinati presupposti, avranno il dovere di allertare l’imprenditore incitandolo a porre le dovute azioni correttive alla risoluzione della crisi.
I soggetti abilitati all’allerta (il Risk manager e diventato obbligatorio), l’adeguatezza del sistema organizzativo amministrativo e contabile della società e gli indici della crisi approvati dal CNDCEC quale soggetto individuato dall’articolo 13, comma 2, del Codice sono tra le novità più importanti introdotte dal codice.
Gli articoli 16, comma 2, 17 comma 6 e 18, comma 6 individuano tali soggetti come “soggetti qualificati” che possono essere suddivisi in due categorie interni all’impresa o terzi:
la prima categoria include i soggetti che sono chiamati dalla legge a svolgere attività di controllo sugli organi di amministrazione della società o attività di revisione legale dei conti. Tali soggetti devono allertare l’impresa nel momento in cui la stessa non rispetti alcuni indici della crisi fermo restando che l’obbligo di vigilanza riguarda anche l’adeguatezza del sistema organizzativo amministrativo e contabile della società;
la seconda categoria include i creditori pubblici qualificati esterni all’impresa individuati nell’Agenzia delle entrate, nell’Inps e nell’Agente della riscossione. La mancata attivazione della procedura di allerta da parte di tali enti (creditori) pubblici qualificati comporta specifiche misure sanzionatorie per gli stessi in termini di recupero dei propri crediti in caso di procedure concorsuali.
La mancata segnalazione da parte dell’organo di controllo è sanzionata dall’articolo 14, comma 2, del codice per responsabilità solidale per le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni o azioni successivamente poste in essere dal predetto organo. Diversamente la segnalazione non può essere ritenuta come giusta causa di revoca dall’incarico.
A seguito della segnalazione di allerta da parte dell’organo di controllo o dei creditori pubblici qualificati, l’imprenditore che non rimedia allo stato di crisi, viene segnalato dagli stessi all’OCRI (Organismo di composizione assistita della crisi, istituito presso le Camere di Commercio), il quale obbligherà l’imprenditore nel farsi assistere nell’individuazione della soluzione più adeguata al superamento dello stato di crisi.
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Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito esperienza e ho potuto specializzarmi nel controllo di gestione e finanza d’impresa.
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Di Mario Vacca 18 gennaio 2020 - L’art. 13 comma 2 del Codice della Crisi e dell’insolvenza d’impresa ha assegnato al Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Revisori Contabili il compito di elaborare gli indicatori della crisi necessari al completamento dei sistemi di allerta, introdotti nell’ordinamento con la legge delega (19 ottobre 2017, n. 155).
A seguito del precedente articolo, questi indicatori della crisi rappresentano uno dei tanti strumenti ed obblighi gravanti sugli organi di controllo.
Dei seguenti indicatori, i primi due sono stati considerati validi per tutte le tipologie di attività mentre gli ulteriori cinque indici sono specifici per ciascun settore, fermo restando che ciascuna impresa potrà implementare dei propri indici previa certificazione degli stessi ed indicazione in nota integrativa:
1. Patrimonio netto negativo
2. DSCR previsionale a 6 mesi
3a. oneri finanziari su ricavi
3b. patrimonio netto su mezzi di terzi
3c. attivo a breve su passivo a breve
3d. cashflow su attivo
3e. debiti previdenziali e tributari su attivo
1 - Patrimonio netto negativo
è rilevabile direttamente dal valore del “patrimonio netto” (totale voce A, sezione “passivo” dello stato patrimoniale, art. 2424 codice civile), cui sottrarre i “crediti verso soci per versamenti ancora dovuti” (voce A, stato patrimoniale attivo), eventuali dividendi deliberati non ancora contabilizzati.
Nel “patrimonio netto” non si tiene conto dell’eventuale “Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi”, indipendentemente dal suo saldo, in linea con quanto disposto dall’art. 2426 c.c., comma 1, n. 11-bis.
2 - Il Debt service coverage ratio (DSCR)
Tale indice è ammesso a condizione che gli organi di controllo ritengano affidabili i dati assunti per il calcolo, secondo il proprio giudizio professionale, a partire dal budget di tesoreria usato ai fini della costruzione dei flussi di cassa rilevanti.
Per il calcolo del DSCR possono essere alternativamente seguiti due approcci basati su budget di tesoreria:
1° approccio
Il DSCR deriva da un budget di tesoreria, redatto dall’impresa, che rappresenti le entrate e le uscite di disponibilità liquide attese nei successivi sei mesi.
Da tale budget si ricavano il numeratore e il denominatore dell’indice:
al denominatore si sommano le uscite previste contrattualmente per rimborso di debiti finanziari (verso banche o altri finanziatori).
Il rimborso è inteso come pagamento della quota capitale contrattualmente previsto per i successivi sei mesi;
al numeratore si sommano tutte le risorse disponibili per il suddetto servizio al debito, dati dal totale delle entrate di liquidità previste nei prossimi sei mesi, incluse le giacenze iniziali di cassa, dal quale sottrarre tutte le uscite di liquidità previste riferite allo stesso periodo, ad eccezione dei rimborsi dei debiti posti al denominatore.
2° approccio
Il calcolo è effettuato mediante il rapporto tra i flussi di cassa complessivi liberi al servizio del debito attesi nei sei mesi successivi ed i flussi necessari per rimborsare il debito non operativo che scade negli stessi sei mesi.
Numeratore
Al numeratore, costituito dai flussi al servizio del debito, vanno inseriti:
i flussi operativi al servizio del debito che corrispondono al free cash flow from operations (FCFO) dei sei mesi successivi, determinato sulla base dei flussi finanziari derivanti dall’attività operativa applicando il principio OIC 10 (§§ da 26 a 31), deducendo da essi i flussi derivanti dal ciclo degli investimenti (§§ da 32 a 37 dell’OIC 10). A tal fine non concorrono al calcolo dei flussi operativi gli arretrati di cui alle lett. e) e f);
le disponibilità liquide iniziali; le linee di credito disponibili che possono essere usate nell’orizzonte temporale di riferimento. Con riferimento alle linee autoliquidanti esse dovrebbero essere considerate fruibili per la sola parte relativa ai crediti commerciali che, sulla base delle disposizioni convenute, sono ‘anticipabili’.
Denominatore
Il denominatore corrisponde al debito non operativo che deve essere rimborsato nei sei mesi successivi ed è costituito da:
pagamenti previsti, per capitale ed interessi, del debito finanziario; debito fiscale o contributivo, comprensivo di sanzioni ed interessi, non corrente e cioè debito il cui versamento non è stato effettuato alle scadenze di legge (e pertanto è o scaduto ovvero oggetto di rateazioni), il cui pagamento, anche in virtù di rateazioni e dilazioni accordate, scade nei successivi sei mesi;
debito nei confronti dei fornitori e degli altri creditori il cui ritardo di pagamento supera i limiti della fisiologia. Nel caso di debito derivante da piani di rientro accordati dai fornitori/creditori, rileva la parte di essi, comprensiva dei relativi interessi, che scade nei sei mesi.
Le linee di credito in scadenza nei sei mesi successivi, sono collocate al denominatore salvo che se ne ritenga ragionevole il rinnovo o il mantenimento.
La scelta tra i due approcci è rimessa agli organi di controllo e dipende dalla qualità ed affidabilità dei relativi flussi informativi.
Gli indici di settore
3a - Indice di sostenibilità degli oneri finanziari (oneri finanziari sui ricavi)
misurano la “sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare”, ritenuto specificamente significativo dalla norma. Il primo dei due indicatori della crisi è costituito dal rapporto tra oneri finanziari e fatturato ed include:
al numeratore, gli interessi e altri oneri finanziari di cui alla voce C.17 art. 2425 c.c.;
al denominatore, i ricavi netti, ovvero la voce A.1) Ricavi delle vendite e prestazioni dell’art. 2425 c.c.
3b - Indice di adeguatezza patrimoniale (patrimonio netto su mezzi di terzi)
L’indice di adeguatezza patrimoniale è dato dal rapporto tra patrimonio netto e totale debiti e corrisponde a quanto indicato dal legislatore all’art. 13, co. 1 Codice della Crisi d’Impresa, è quindi costituito dal rapporto tra il patrimonio netto ed i debiti totali ed include:
al numeratore, il patrimonio netto costituito dalla voce A stato patrimoniale passivo dell’art. 2424 c.c., detratti i crediti verso soci per versamenti ancora dovuti (voce A stato patrimoniale attivo) e i dividendi deliberati;
al denominatore, i debiti totali costituiti da tutti i debiti (voce D passivo dell’art. 2424 c.c.), indipendentemente dalla loro natura e dai ratei e risconti passivi (voce E passivo dell’art. 2424 c.c.).
3c - Indice di liquidità (attivo a breve su passivo a breve)
L’indice di liquidità confronta il passivo esigibile a breve con le attività parimenti realizzabili monetariamente a breve, è pertanto costituito dal rapporto tra il totale delle attività ed il totale delle passività a breve termine ed include:
al numeratore, l’attivo a breve termine quale risultante dalla somma delle voci dell’attivo circolante (voce C attivo dell’art. 2424 c.c.) esigibili entro l’esercizio successivo e i ratei e risconti attivi (voce D attivo dell’art. 2424 c.c.);
al denominatore, Il passivo a breve termine costituito da tutti i debiti (voce D passivo) esigibili entro l’esercizio successivo e dai ratei e risconti passivi (voce E).
3d - Indice di ritorno liquido dell’attivo (cash flow su attivo)
È costituito dal rapporto tra il cash flow e il totale attivo ed include:
al numeratore, il cash flow ottenuto come somma del risultato dell’esercizio e dei costi non monetari (ad esempio gli ammortamenti, svalutazioni crediti, accantonamenti per rischi), dal quale dedurre i ricavi non monetari (ad esempio rivalutazioni partecipazioni, imposte anticipate);
al denominatore il totale dell’attivo dello stato patrimoniale art. 2424 c.c.
3e - Indice di indebitamento previdenziale o tributario (debiti previdenziali e tributari su attivo)
L’indice di indebitamento previdenziale e tributario incorpora nel modello gli indicatori della crisi richiamati dall’art. 15 CCI.
È costituito dal rapporto tra il totale dell’indebitamento previdenziale e tributario ed il totale dell’attivo.
Esso include:
al numeratore, l’Indebitamento tributario rappresentato dai debiti tributari (voce D.12 passivo dell’art. 2424 c.c.) esigibili entro e oltre l’esercizio successivo, l’Indebitamento previdenziale costituito dai debiti verso istituti di previdenza e assistenza sociale (voce D.13 passivo dell’art. 2424 c.c.) esigibili entro e oltre l’esercizio successivo;
al denominatore, l’attivo netto corrispondente al totale dell’attivo dello stato patrimoniale art. 2424 c.c.
Naturalmente l’utilizzo isolato di un solo indice fornirà indizi poco attendibili amplificando o meno eventuali indizi di crisi.
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Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di prevedere e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari dei miei clienti.
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