Di Guendalina Middei Roma, 6 maggio 2023 (Quotidianoweb.it) - Botticelli la dipinse in moltissimi ritratti, rapito dall’incantevole bellezza della ragazza. Ne fece la Primavera nelle Tre Grazie, la usò come modella nella Nascita di Venere. Perfino Giuliano de' Medici, fratello minore di Lorenzo il Magnifico rimase incantato dalla grazia di Simonetta. Colto, intelligente, amante delle lettere e delle belle arti, Giuliano era ammirato dalle donne per la sua bellezza e amato dal popolo per la sua generosità. Fu durante una giostra che incontrò o meglio rimase folgorato da Simonetta Vespucci.
L'esistenza di Simonetta, purtroppo, fu una vera e propria meteora: l’anno dopo il suo incontro con Giuliano morì di tisi a soli 23 anni. Alla sua morte si racconta che Giuliano sprofondò nella disperazione, scrisse dei versi per ricordarla e chiese ai suoi amici di fare altrettanto. Per onorare la sua scomparsa suo fratello, Lorenzo il Magnifico, scrisse il sonetto: «O chiara stella che co' raggi tuoi / togli alle vicine stelle il lume». Inconsolabile nel suo dolore Giuliano si recò a casa del suocero di Simonetta per chiedere di averne il ritratto.
Non ebbe però il tempo per sopravvivere al dolore della scomparsa di Simonetta. Una congiura ordita dalla famiglia dei Pazzi, ricchi banchieri fiorentini che odiavano i Medici e il potere che esercitavano su Firenze, mise fine alla sua vita. Nella chiesa di Santa Maria del Fiore, durante la celebrazione della messa, Bandini e Francesco Pazzi estrassero i pugnali e si avventarono su Giuliano colpendolo ripetutamente finché il giovane non cadde stremato nella pozza del suo stesso sangue, un omicidio che per brutalità ricorda quello inflitto a Giulio Cesare. Lorenzo invece riuscì a scappare rifugiandosi nella Sagrestia.
Dopo i funerali del fratello, si racconta che l’intera città ne pianse la morte, Lorenzo mise in atto la sua vendetta. Poche ore dopo il corpo di Jacopo de Pazzi pendeva da Palazzo Vecchio. I congiurati furono catturati e impiccati e i loro corpi gettati nell’Arno. Per una strana ironia del destino Giuliano morì nello stesso giorno in cui, due anni prima, si era spenta la sua adorata Simonetta.
Nella storia di Simonetta Vespucci c’è qualcosa che suscita un senso di profonda commozione, anche se vi sono ancora coloro che sostengono che la storia non serva a nulla. È vero, non «serve» se stimate inutile l’immaginazione, la bellezza, l’anelito verso l’infinito. Oggi purtroppo però viviamo in un’epoca che non è più in grado di ragionare se non in termini di profitto. È la «cultura del contenitore che ha soppiantato il contenuto». Tutto viene dato in pasto ai media e al mercato.
La bellissima Simonetta Vespucci, la musa che infiammò il cuore di Botticelli, di Giuliano de Medici, di Lorenzo il Magnifico, è stata strumentalizzata per promuovere una penosa campagna pubblicitaria dal costo di nove milioni di euro. Avete capito bene: nove milioni. Hanno preso la testa della Venere e l’hanno schiaffata sul corpo di una modella plastificata, in una pessima imitazione di Chiara Ferragni. Accostarsi all’arte in questo modo significa ucciderla. L’arte dovrebbe essere un’esperienza mistica. Pensate a Caravaggio, a Leonardo, a Michelangelo, come pensate avrebbero reagito davanti a questa mercificazione triviale dell’arte italiana?
Ciliegina sulla torta, nello slogan delle vignette si leggono queste parole: «Open to meraviglia?» Ecco, per dirla come Sgarbi: «ma che roba è? Che lingua è?». L’italiano è la lingua più amata in tutto il mondo. «Chi non ha mai sentito il canto italiano, non sa cosa sia la musica» ecco cosa disse il filosofo tedesco Goethe. Il poeta John Keats sperava che l’italiano sostituisse il francese nel sistema scolastico inglese perché la trovava la lingua più bella e musicale di tutte. Thomas Mann così scrisse: «Non c’è dubbio che gli angeli nel cielo parlino italiano». L’italiano è una lingua meravigliosa, e allora perché non usarla?
L’Italia è la patria della moda, dell’arte, della bellezza, ma con quanta leggerezza trascuriamo il nostro patrimonio artistico, la nostra storia, la nostra lingua, la nostra cultura. Proteggere e preservare il nostro senso critico, la nostra immaginazione, la nostra capacità di discernere il bello è l’unico modo per non svilire la nostra bella Italia.