Nei giorni scorsi il Vaticano, o meglio la Congregazione per la Dottrina della Fede, ha ribadito che la cremazione non è vietata ma i resti non vanno dispersi né conservati in ricordi commemorativi o altri oggetti.
di LGC Parma 27 novembre 2016 - La Congregazione per la Dottrina della Fede, anche nota dal 1908 come Sant'Uffizio e in precedenza come Santa Inquisizione, organismo della Curia romana incaricato di vigilare sulla purezza della dottrina della Chiesa cattolica, sin dal 1963 aveva stabilito che la cremazione non è «di per sé contraria alla religione cristiana», indicazione poi ripresa nel 1983 tanto dal Codice di Diritto canonico che dal Catechismo della Chiesa cattolica (la cremazione dei corpi è permessa «se attuata senza mettere in questione la fede nella risurrezione dei corpi»).
Ma se fino a alcuni anni fa la cremazione era limitata a casi sporadici, l'incombere della "crisi" economica e i rapidi mutamenti degli stili di vita sono stati determinanti per sancire il boom delle cremazioni in alternativa alle più tradizionali tumulazioni.
Negli USA il momento del viraggio verso la cremazione è stato il 2011 quando, con un aumento più del doppio rispetto al 1996, il 42% dei funerali furono incentrati sulle cremazioni. Un cambiamento di rotta che gli esperti attribuiscono anche al mutato approccio religioso e spirituale alla vita e quindi alla morte, all'allentamento della condanna della Chiesa alla cremazione e, come s'è detto, alla crisi economica.
E, come quasi sempre accade, le mode d'oltreoceano, dopo qualche anno si riflettono in nuove tendenze anche in Europa, quindi in Italia, e il settore del "caro estinto" non si è sottratto a questa legge di mercato.
Ma l'elemento scatenante che, molto probabilmente, ha determinato la presa di posizione del Vaticano è stata la più laica moda di conservare le ceneri del congiunto in oggetto di arredo, piuttosto che la volontà del defunto di disperdere le ceneri nei luoghi a lui più cari e per ultimo a trasformare tutte le ceneri in "diamante".
Resta infatti per la Chiesa il divieto assoluto di "dispersione delle ceneri nell'aria, in terra o in acqua o in altro modo" oppure "la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti", oltre alla "divisione delle ceneri tra i vari nuclei familiari". Inoltre, "nel caso che il defunto avesse notoriamente disposto la cremazione e la dispersione in natura delle proprie ceneri per ragioni contrarie alla fede cristiana, si devono negare le esequie".
La ragione per la quale è stata dettata questa rigorosa norma ecclesiastica è spiegata dal concetto secondo cui, seppellendo i corpi dei fedeli defunti, "la Chiesa conferma la fede nella risurrezione della carne e intende mettere in rilievo l'alta dignità del corpo umano come parte integrante della persona della quale il corpo condivide la storia".
L'istruzione "Ad Resurgendum cum Christo" sottolinea che "la sepoltura nei cimiteri o in altri luoghi sacri risponde adeguatamente alla pietà e al rispetto dovuti ai corpi dei fedeli defunti" e "favorisce il ricordo e la preghiera per i defunti da parte dei familiari e di tutta la comunità cristiana. Mediante la sepoltura, la tradizione cristiana ha custodito la comunione tra i vivi e i defunti e si è opposta alla tendenza a occultare o privatizzare l'evento della morte e il significato che esso ha per i cristiani".
Un significato che, a partire dagli anni '60 del secolo scorso, si è drasticamente mutato trasformandosi in un Tabu'; qualcosa di cui non si deve parlare e sapere in quanto considerato l'opposto della vita e non la sua continuità nell'ambito spirituale. Il concentrarsi sull'uomo e il suo futuro terreno (mito della giovinezza eterna piuttosto che la proiezione verso un futuro programmato) tipico del dopoguerra, ha condotto l'uomo a escludere la morte dalla propria vita in un processo, come sottolineato da esperti e filosofi, antropologicamente patologico.
Basti pensare che 90.000 anni prima di Cristo già erano raffigurate sepolture in posizione fetale, quasi a significare che si ricominciava la vita.
Ecco quindi che si identifica l'era precisa in cui il tabù della morte è sorto, ovvero in pieno boom economico, dove con l'esclusione della morte si sviluppa il consumismo. Non può che venire alla mente l'affermazione provocatoria di Kenneth Boulding, economista e poeta inglese: "Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all'infinito in un mondo finito è un pazzo oppure un economista".
Tabù, consumismo, crisi, nuove tendenze e globalizzazione, comprendente anche i processi migratori, hanno portato, soprattutto nell'ultimo decennio a profondi cambiamenti nelle società e perciò anche nelle esequie funerarie.
"A Parma, spiega Gavino Sanna direttore del COF (Consorzio Onoranze Funebri Parmensi), circa un terzo dei funerali prevede la cremazione e la tendenza è, come si può facilmente immaginare, in aumento. Così come sono in aumento le richieste di trasferimento dei feretri sia sul territorio nazionale sia internazionale. Se un tempo si viveva e lavorava all'interno della provincia di residenza la necessità lavorative obbligano a trasferte molto più impegnative senza parlare del fenomeno dell'immigrazione che ha obbligato le agenzie a specializzarsi nei trasporti internazionali. E' infatti molto frequente che la volontà del defunto sia di venire sepolto nella propria terra d'origine, per ragioni affettive ma anche per ragioni di credo e, più laicamente, economiche. Ecco perciò che la multietnicità ci ha obbligati a perfezionare servizi sempre più diversificati e specialistici pur mantenendo i medesimi livelli qualitativi, nel rispetto della volontà del defunto e dei familiari".
Nel caso di Parma, secondo i dati del Consorzio, circa il 10% dei funerali è destinato a stranieri nonostante l'incidenza degli immigrati sia ben superiore e prossima al 16%, a conferma di una popolazione straniera più orientata all'integrazione lavorativa piuttosto che al radicamento familiare.
Su 20.595 stranieri (15,51%) presenti a Parma, i Moldovi sono la comunità più nutrita con 4.500 unità (17% degli immigrati), seguita da quella albanese (2.500) e dalla Romena 2.150 e così via con i filippini, tunisini, ucraini, indiani per concludersi con la comunità cinese (607) e anche con la più esigua compagine peruviana che conta circa 400 persone.
Per concludere questo flash statistico, Parma è al 314esimo posto (su 8.047 comuni) per popolazione straniera e al 3.838esimo per stranieri minorenni a conferma che la città è più apprezzata come un approdo lavorativo piuttosto che come luogo dove coltivare la crescita familiare.
I tempi cambiano così come anche i costumi e le cerimonie, anche quelle funebri si adeguano.