Due italiani detenuti nella casa di reclusione di Castelfranco Emilia hanno fatto perdere le loro tracce poco dopo l'Angelus di Bergoglio. Non era la prima volta che i due tentavano di fuggire.
CASTELFRANCO EMILIA (MO) – Facevano parte della delegazione di venti detenuti della casa di detenzione di Castelfranco Emilia che lo scorso 1° ottobre si è recata a Bologna per assistere alla visita di Papa Bergoglio e pranzare con lui. Ma i due napoletani hanno pensato bene di sfruttare quell'occasione per far perdere le loro tracce.
Secondo quanto trapelato, una volta tornati alla casa di detenzione, i volontari si sono resi conto della mancanza dei due, già recidivi per un precedente tentativo di fuga e per questo destinatari di una misura di sicurezza detentiva, poiché ritenuti socialmente pericolosi.
Il progetto di fuga pare avere preso corpo dopo l'Angelus del pontefice e poco prima del pranzo. Sono state informate le Forze dell'Ordine che hanno preliminarmente raccolto informazioni sull'organizzazione del pranzo con Papa Bergoglio per capire la dinamica.
Il professionista non presentava la dichiarazione dei redditi dal 2011 e, di conseguenza, non ha mai versato alcuna imposta all'Erario. A suo carico anche denunce per truffa sporte da alcuni clienti.
Parma, 22 febbraio 2017
Dal 2011 non presentava la dichiarazione dei redditi: questo quanto scoperto dalla Guardia di Finanza di Parma durante l'attività di contrasto all'evasione e alle frodi fiscali.
Nei giorni scorsi l'attenzione dei militari della Tenenza della Guardia di Finanza di Fidenza si è concentrata nei confronti di un "esperto del settore", un commercialista con studio in un comune della provincia di Parma. A seguito dell'analisi della posizione è emerso che dal 2011 il professionista non ha mai provveduto a presentare le dichiarazioni dei redditi e, di conseguenza, non ha mai versato alcuna imposta all'Erario. L'uomo non era nuovo a perpetrare illeciti tanto che a suo carico risultano denunce per truffa sporte da alcuni clienti.
In ragione degli elevati profili di rischio emersi, è stato monitorato a lungo dai Finanzieri, fino all'avvio del controllo fiscale nei suoi confronti. Sulla base anche degli elementi raccolti sull'agiato tenore di vita sono stati riscontrati redditi per oltre 60 mila euro e IVA non dichiarata di circa 10 mila euro all'anno.
La Guardia di Finanza di Reggio Emilia ha sequestrato l'intero patrimonio ad un imprenditore reggiano che non solo deteneva abusivamente armi da fuoco, ma che ha evaso il fisco per 5 milioni di euro.
di Alexa Kuhne
Reggio Emilia, 4 luglio 2016 –
Deteneva abusivamente un arsenale di armi. E non solo. Perché, il noto imprenditore operante nel settore della meccanica, ha evaso il fisco per 5 milioni di euro.
Nei giorni scorsi la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno dato esecuzione al provvedimento di sequestro di beni, emesso dal Tribunale di Reggio Emilia nei confronti di B.C., imprenditore reggiano operante nel settore della meccanica.
Sono stati, nel 2014, gli uomini della Polizia di Stato, nel corso di un controllo amministrativo sul conto del noto industriale reggiano, a constatare che lo stesso aveva nella propria disponibilità 2.400 fucili e pistole e denaro contante per circa 1.000.000 (tra euro e dollari americani). In quella circostanza, l'imprenditore, ritenuto responsabile del reato di detenzione abusiva di munizionamento per armi da guerra, era stato arrestato.
Dal momento del fermo la Guardia di Finanza ha avviato un'attività di verifica fiscale nei confronti della ditta individuale riconducibile al soggetto, riscontrando la sottrazione di denaro imponibile a tassazione per circa 5 milioni di euro e ha così denunciato l'imprenditore per i dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e per occultamento o distruzione di documenti contabili.
A garanzia del debito tributario è stata avanzata la richiesta di sequestro per equivalente per oltre 3 milioni di euro.
Stante la pericolosità economico - fiscale emersa all'esito della verifica, i militari della Compagnia della Guardia di Finanza di Reggio Emilia hanno avviavato accertamenti nei confronti dell'imprenditore e dei componenti del nucleo familiare, nei cui patrimoni è stata effettivamente evidenziata l'esistenza di una netta sproporzione fra i redditi dichiarati e le patrimonialità accumulate.
Il Tribunale di Reggio Emilia, verificata l'esiguità dei redditi leciti dichiarati (non sufficienti neppure a coprire il costo della vita determinato dall'Istat), ha fatto sequestrare tre abitazioni per un valore di circa 500.000 euro, un complesso aziendale composto da tre capannoni industriali con relativi impianti, macchinari e prodotti, nove veicoli, 2.400 armi da fuoco per un valore di circa un milione e mezzo di euro, 169 tra orologi di pregio, anelli, collane e bracciali d'oro, il saldo attivo presente nei vari conti correnti e depositi per € 1.425.142 e 3.100 dollari americani.
Evasione fiscale milionaria scoperta dalla GDF di Parma. L'impresa edile gestita da un campano era stata trasferita fittiziamente all'estero: al nuovo indirizzo in realtà è dislocato un ristorante.
di Alexa Kuhne
Parma, 9 maggio 2016
Evadendo il fisco riuscivano ad essere più competitivi, a danno delle altre imprese del fidentino. Un pluripregiudicato campano e un calabrese avevano studiato bene il modo di frodare per milioni di euro, creando anche una fittizia sede in Gran Bretagna, dove in realtà vi era un ristorante.
Le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Parma hanno concluso una complessa indagine tributaria smascherando una società parmense operante nel settore dell'edilizia.
Attraverso l'attività di incrocio delle informazioni delle diverse banche dati disponibili, i finanzieri della Tenenza di Fidenza hanno scoperto che l'impresa, dopo aver omesso la presentazione delle dichiarazioni dei redditi e senza aver mai versato un euro all'Erario, si era trasferita in Gran Bretagna, circostanza alquanto insolita in relazione alla tipologia di attività espletata.
Da quel momento, i finanzieri hanno deciso di approfondire i dati emersi, fino a riscontrare che all'indirizzo dichiarato come nuova sede dell'impresa, in realtà, esisteva un noto locale di ristorazione che, evidentemente, nulla aveva a che vedere con l'edilizia.
Gli approfondimenti investigativi hanno fatto emergere un sistema criminoso ben collaudato: il reale amministratore dell'impresa, infatti, è un pluripregiudicato di origini campane, il quale, dopo aver affidato l'azienda ad un prestanome nullatenente calabrese, aveva creato un consistente giro d'affari senza, però, mai presentare alcuna dichiarazione dei redditi.
Vieppiù, l'imprenditore era solito compensare i contributi previdenziali ed assistenziali dovuti all'INPS per i propri dipendenti, con crediti IVA del tutto inesistenti; così operando riusciva ad ottenere lavori in vari cantieri a prezzi competitivi, a tutto svantaggio delle imprese oneste del settore edile che venivano danneggiate da questa concorrenza sleale.
Al fine di non attrarre l'attenzione del fisco, la società era trasferita a Londra e tutta la documentazione contabile veniva fatta sparire; tutto ciò, allo scopo di far disperdere le proprie tracce ed ostacolare ogni pretesa tributaria.
Le ulteriori indagini, esperite attraverso mirate perquisizioni disposte dalla Procura di Parma ed il coinvolgimento di numerosi clienti, i cosiddetti controlli incrociati, permettevano di ricostruire un giro d'affari, conseguito sul territorio nazionale anziché all'estero, di circa 5 milioni di euro in soli 2 anni, con un'IVA evasa al bilancio nazionale dello Stato di circa un milione di euro.
Per gli amministratori che risultavano formalmente nei documenti contabili e, soprattutto, per le persone che di fatto occultamente gestivano la società senza comparire negli atti amministrativi della stessa, scattava la denuncia a piede libero per le ipotesi di reato concernenti l'omessa presentazione delle dichiarazioni annuali, l'occultamento e/o distruzione delle scritture contabili e l'indebita compensazione di tributi, che prevedono pene che vanno da diciotto mesi a sei anni di reclusione.
di Lgc --
Parma, 15 agosto 2013 -
Manca ancora all’appello di via Burla il secondo Albanese evaso lo scorso 2 febbraio Taulant Toma.
Dopo una fuga tanto rocambolesca quanto assurda di due pericolosi detenuti dal carcere di massima sicurezza di Parma, dopo quasi 200 giorni, finalmente almeno uno è stato riassegnato alla giustizia. E' Valentin Frrokaj (35 anni) che era agli arresti perché condannato all'ergastolo per l'omicidio nel bresciano di un suo connazionale avvenuto nel 2007.
I due evasi riuscirono a sfuggire alla cattura nel milanese qualche giorno dopo l'evasione ed ora, almeno per Frrokaj, si sono riaperti i cancelli del carcere.
Manca solo, si fa per dire, all'appello Taulan Toma, in carcere per rapina, e già autore di una fuga dal carcere di Terni, il quale potrebbe essere anch'egli ancora nell'interland milanese.
L'evasione dei due detenuti dal carcere di Parma ha determinato l'apertura di un fascicolo da parte della Procura di Parma che ha iscritto nel registro degli indagati l'allora Vicedirettore - la direzione era vacante - e otto agenti di polizia penitenziaria con l'accusa di procurata evasione e omissione di atti d'ufficio.
La Spezia, 17 Maggio 2013 -
A seguito di una complessa attività di controllo, condotta anche sulla base degli esiti di una missione intrapresa nelle Filippine dall'O.L.A.F. - Ufficio Europeo per la lotta antifrode - i funzionari dell'Ufficio Antifrode delle Dogane della Spezia hanno accertato l'esistenza di una massiccia frode fiscale connessa alla importazione di viti, bulloni ed elementi di fissaggio in acciaio inox, posta in essere da una società, avente sede in Emilia, facente parte di uno dei principali gruppi, a livello comunitario, operanti in questo particolare settore commerciale.