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Confagricoltura chiede la soppressione della rimodulazione obbligatoria degli incentivi al fotovoltaico.

Roma – 24 Luglio 2014 –
Confagricoltura chiede alle Commissioni riunite Industria ed Ambiente del Senato di intervenire in sede di conversione in legge del decreto legge 91/14 (Competitività), sopprimendo l'art. 26 che prevede la rimodulazione obbligatoria degli incentivi per il fotovoltaico, che provocherebbe effetti devastanti sull'intero settore ed in particolare sulle imprese agricole. Anche perché le proposte di emendamento di modifica dell'art.26, in discussione al Senato, non solo non migliorerebbero l'attuale impostazione, ma in alcuni casi la peggiorerebbero.
Confagricoltura sottolinea come i diversi interventi normativi degli ultimi mesi introdotti dal Governo e dal Parlamento stiano destabilizzando il settore delle rinnovabili senza alcun tipo di strategia e quindi di prospettive future.
Dopo gli interventi che hanno riguardato l'abbattimento dei prezzi minimi garantiti attraverso la loro equiparazione ai prezzi zonali medi e la tassazione della produzione di energia riconducibile alle imprese agricole, ora tocca alla rimodulazione degli incentivi, che coinvolge obbligatoriamente gli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW e che a breve potrebbe interessare le altre fonti rinnovabili volontariamente. Tutte disposizioni palesemente retroattive, che incidono su contratti di diritto privato già stipulati, e che costringono le imprese a rinegoziare con gli Istituti di credito le condizioni di finanziamento.
L'organizzazione degli imprenditori agricoli rimarca che si tratta di un problema che riguarda un numero significativo di imprese agricole.
Almeno uno dei circa 18 GW di potenza attualmente installata è relativo ad aziende agricole con impianti di potenza compresa tra i 200 kW ed 1 MW, anche perché, ai sensi della normativa vigente, fino allo scorso aprile, tali impianti erano riconducibili al reddito agrario; motivo per cui gli imprenditori agricoli, spinti dall'esigenza di diversificare i propri redditi, hanno investito in innovazione ed energia verde, utilizzando legittimamente uno strumento di incentivazione dello Stato che oggi, nonostante i contratti siglati con il Gestore dei Servizi Energetici, rischiano di veder fallire non solo l'attività energetica, ma più in generale l' azienda.
"Per questo – conclude l'Organizzazione agricola - è indispensabile escludere quantomeno dalle misura gli impianti di potenza inferiore ad 1 MW, con particolare riferimento a quelli realizzati dalle imprese agricole, tenendo fuori in ogni caso dalla rimodulazione gli impianti realizzati sugli edifici, incluse le serre, a prescindere dalla potenza". (Fonte Confagricoltura)

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Domenica, 27 Luglio 2014 09:07

Mais & Soia: dati previsionali. Luglio 2014

Mais & Soia: dati previsionali. Luglio 2014.

MAIS: Dati previsionali per 2014-15

La produzione globale di Mais per la stagione 2014-15 è prevista a 980.96 Mio t, pressochè invariata rispetto alle stime formulate a Giugno e inferiore rispetto alla stagione in corso, terminante il 31 Agosto (984.45 Mio t).
Negli Stati Uniti la produzione di Mais è attesa in leggero calo (352.06 Mio t), ma la resa dei terreni si mantiene invariata a 165.3 bushels/acro (equivalenti a 10.50 tons/ettaro). Nel Corn Belt il raccolto è in ottime condizioni, ma gran parte del successo dipende dal clima durante la fase di impollinazione di metà luglio.
Nella stagione in corso è aumentato l'impiego di Mais nella produzione di Etanolo.
In Cina, secondo produttore mondiale di Mais, la produzione è prevista a 220 Mio t, in aumento rispetto alle stagioni precedenti ed alle stime formulate il mese scorso, per le maggiori aree dedicate alla coltivazione.
Anche in Unione Europea la produzione è stimata in aumento, specialmente in Germania e Francia.
Le previsioni sugli stock finali globali sono di 188.05 Mio t, con aumenti per i tre principali Paesi Produttori di Mais: Stati Uniti, Cina e Brasile.

 Le condizioni dei raccolti statunitensi sono le migliori degli ultimi 4 anni; per quanto riguarda l'area del Corn Belt (regione più intensivamente agricola del Midwest americano) le condizioni sono le migliori dal 2007.

SOJA: Dati previsionali per 2014-15

La produzione mondiale di semi di Soia per la nuova stagione 2014-15 è prevista a 304.79 Mio t, in aumento del +1.6% rispetto alle stime precedenti e in aumento del +7.4% rispetto alla stagione 2013-14, terminante il 30 Settembre.
Aumenti significativi della superficie coltivata sono attesi negli Stati Uniti, in Russia e in Ucraina.
Gli Stati Uniti si confermeranno il principale player Produttore ed Esportatore di semi di Soia. Si prevede un'area coltivata pari a 84.1 Mio acri (equivalenti a 33.64 milioni di ettari), in aumento del +4.5% rispetto alle stime formulate a Giugno.
La resa dei terreni è attesa a 45.2 bushels/acro (3.08 tons/ettaro).
Le Esportazioni Statunitensi sono stimate in aumento del +3.1%, riflettendo la maggior produzione ed i prezzi in diminuzione.
In Cina, principale Importatore di semi di Soia, la Produzione è prevista invariata a 12 Mio t, mentre le Importazioni sono attese in aumento a 73 Mio t (+1 Mio t rispetto alle previsioni del mese scorso, +4 Mio t rispetto alla stagione 2013/14 e +13 Mio t rispetto alla stagione 2012/13).
(Fonte CLAL)

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Cibus Agenzia Stampa Agroalimentare: SOMMARIO Anno 13 - n° 29 21 Luglio 14

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SOMMARIO Anno 13 - n° 29 21 Luglio 14
1.1 editoriale Ai ripari... non certo dal sole estivo
2.1 ambiente GREENPEACE: Omini LEGO in azione contro la distruzione dell'Artico
3.1 bonifiche Fondi UE. La Regione Emilia Romagna approva il programma 2014-2020
3.2 latte e quote Il latte della discordia
4.1 Lattiero caseario Calma piatta per i "duri".
5.1 benessere Vinoterapia, un bagno di lunga vita
5.2 indicazione di origine Approvata l'etichetta di "prodotto di montagna"
6.1 comarketing Comarketing, Camoscio d'Oro e Piadina Loriana. Il Ricettario.
6.2 pomodoro 2014 Pomodoro, campagna 2014 in linea con le previsioni
7.1 consumi e crisi +10% la povertà

Cibus 29COP cibus

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Rabboni: "l'Emilia-Romagna è stata la prima regione italiana per l'export dell'agroalimentare, superando la Lombardia".

Bologna – 16 Luglio 2014 –
L'Assemblea legislativa ha approvato a maggioranza il Programma di sviluppo rurale 2014-2020 dell'Emilia-Romagna in attuazione del Reg. (CE) 1305/2013. La proposta, nei sette anni, potrà contare su una dotazione di risorse per un miliardo e 190 milioni di euro. Le risorse: 513 milioni provengono dall'Europa; 474 milioni dallo Stato e 203 milioni dalla Regione (che raddoppiano rispetto all'anno precedente).
Tra le priorità: la competitività delle imprese con l'obiettivo di aumentare e stabilizzare la reddittività (544,6 milioni); l'ambiente (526 milioni per ridurre l'impatto delle attività agricole e sostenere la produzione biologica integrata), i giovani (130 milioni per l'insediamento di nuove imprese agricole) e lo sviluppo dei territori e delle zone rurali più fragili. Quest'ultima priorità è finalizzata a contrastare l'abbandono e il dissesto idrogeologico dei territori. Al suo interno, previsto un finanziamento regionale di 26 milioni per aumentare la dotazione di servizi socio-assistenziali nei territori.
L'assessore all'Agricoltura, Tiberio Rabboni, è tornato a sottolineare il rilievo economico, sociale e politico di questo atto di programmazione per un "settore leader in Italia e in Europa". Nel 2013 - ha ricordato- "l'Emilia-Romagna è stata la prima regione italiana per l'export dell'agroalimentare, superando la Lombardia". Il comparto, in crescita dal 2008, "ha una funzione antirecessiva e vogliamo contribuire ad una ulteriore crescita e ad un miglioramento della capacità di competere e della redditività. Riassunto in numeri, il programma- ha ricordato l'assessore- finanzierà circa 10 mila progetti di investimento da parte di imprese agricole, e poi sono previsti interventi formativi e consulenze tecniche per circa 29 mila destinatari. Mentre sono 200 mila gli ettari di terreno su cui ci saranno azioni di miglioramento ambientale". (Fonte Regione Emilia Romagna)

Domenica, 20 Luglio 2014 10:40

Il latte della discordia

I produttori ungheresi chiedono un intervento contro l'ingresso di latte a basso costo. Il Ministro Martina dice NO all'aumento delle quote.

di Virgilio, Parma 16 luglio 2014

Il latte è un alimento principe nella dieta alimentare e la sua produzione è da sempre fonte di reddito per una gran parte di imprese agricole.
Il regime delle quote latte è stato uno dei sistemi più efficaci di intervento da parte della CE prima e UE dopo per equilibrare domanda e offerta all'interno del mercato comune e, nonostante le storture italiane, il suo scopo è stato in gran parte raggiunto.
Dal 2015 tutto cambierà ma nel frattempo, anche in ragione delle differenze organizzative e strutturali dei sistemi economici e, nello specifico, zootecnici dei diversi Paesi membri, determina pressioni alle "frontiere" come sta accadendo in Ungheria in questi giorni.
A riportare la notizia per la quale i produttori magiari sarebbero sul piede di guerra è il sito EUROREGION.NET.
I produttori di latte ungheresi si dicono quindi pronti a manifestare se il loro governo non interverrà sulla questione ormai insostenibile del latte importato a basso costo che comporta una sovraproduzione di quello nazionale.
La rotta del latte - ricorda www.economia.hu- infatti procede da Nord a Sud, approdando in Italia e in Grecia, mentre quello arriva che in Ungheria proviene dall'Europa Settentrionale e Occidentale, soprattutto dalla vicina Slovacchia, ma anche dalla Polonia, dalla Germania e dall'Austria. Hegedus Imre, parlando alla tv nazionale M1 a nome associazione ungherese dei produttori di latte che presiede, ha sottolineato che il problema deve essere legato anche a questioni di Imposta sul Valore Aggiunto. La domanda che deve essere posta, sottolinea Hegedus, come possa essere rivenduto a basso costo sugli scaffali il latte straniero, ad esempio quello tedesco, che in Germania costa di più che in Ungheria.
- CHIUSO DOSSIER LATTE -
Nel frattempo, lo scorso 14 luglio, dopo 5 mesi di trattative, si è finalmente concluso il dossier latte con un No da parte del nostro Ministro Maurizio Martina sostenuto da altri rappresentanti di Paesi UE che in questi ultimi anni di regime quote latte hanno, contenuto le produzioni. Non così è stato invece da parte di Germania, Olanda, Polonia, Austria, Danimarca e Belgio che, al contrario, hanno notevolmente aumentato le proprie produzioni di latte proprio allo scopo di godere di un "vantaggio competitivo" in occasione delle nuove misure di intervento sul latte che verranno adottate a partire dalla campagna lattiera 2015-2016. La richiesta di questi Paesi del Nord, con in testa la Germania, era di modificare il tenore di grasso nel latte che, in sostanza, si sarebbe tramutato in un aumento della quota latte disponibile per i loro produttori con la conseguenza non indifferente di non dover pagare la "multe".
Questa volta non sono stati gli italiani a fare i furbetti...

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Domenica, 20 Luglio 2014 10:03

Approvata l'etichetta di "prodotto di montagna"

Dal nuovo PSR finanziamenti, ai produttori organizzati, alle iniziative di promozione della nuova indicazione di origine.

Bologna, luglio 2014

"Finalmente i consumatori potranno riconoscere ed acquistare, con certezza, le produzioni agroalimentari di qualità del nostro Appennino. Prodotti unici per naturalità, tipicità, storia e manifattura e per un ambiente di elevata qualità ecologica e che perciò stesso scontano i limiti produttivi e i maggiori costi dei terreni posti in altura ed in pendenza. Dunque una nuova opportunità per i consumatori, ma anche per gli agricoltori di montagna che potranno così valorizzare commercialmente meglio i frutti del loro lavoro".
Così l'assessore regionale all'agricoltura Tiberio Rabboni ha commentato la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale europea del Regolamento sull'indicazione "Prodotto di montagna".
D'ora in poi dunque anche in Emilia-Romagna salumi, formaggi, miele, ortofrutta delle zone appenniniche potranno fregiarsi in etichetta di una specifica indicazione d'origine. L'indicazione prodotto di montagna è riservata ai prodotti il cui ciclo produttivo è svolto interamente nei 117 Comuni della montagna emiliano-romagnola, con la sola possibilità di derogare la fase trasformazione (macellazione, molitura, ecc.) entro i 30 chilometri di prossimità.
"Ora è importante che gli agricoltori e i trasformatori delle aree di montagna – spiega Rabboni – si organizzino per utilizzare immediatamente e nella maniera più ampia la possibilità di etichettatura. Allo scopo la Regione convocherà a breve un incontro per approfondire i diversi aspetti operativi. Nel nuovo Psr 2014-2020 abbiamo inoltre previsto la possibilità di finanziare ai produttori organizzati iniziative di promozione della nuova indicazione di origine".
(Fonte Regione Emilia Romagna 1 luglio 2014)

L'Organizzazione Interprofessionale Pomodoro Nord Italia comunica che nonostante un calo del 3,68% delle superfici la produzione resta in linea con le previsioni. Timori per il maltempo che potrebbe incidere sulla produzione

Parma 16 luglio 2014 -
C'è un sostanziale rispetto della programmazione prevista dal contratto quadro nella campagna 2014 del pomodoro da industria del Nord Italia. L'Organizzazione Interprofessionale Pomodoro Nord Italia ha fatto il punto della situazione a pochi giorni dall'inizio della campagna 2014. .
Positivo è il segnale che arriva dall'aumento di 1,83 ettari della dimensione media per singolo produttore: 19,04 ettari in media per i 1.874 produttori delle Op associate, in aumento del 10,5% rispetto al 2013.
Guardando al dato complessivo delle superfici effettive l'Emilia Romagna si conferma leader nella produzione di pomodoro con il 68,8% delle superfici del Nord Italia (con la concentrazione maggiore nelle province di Piacenza, Ferrara e Parma) seguita da Lombardia (19,6%), Veneto (7,3%) e Piemonte (4,3%).
La produzione biologica – che si concentra soprattutto nelle province di Ferrara e Ravenna – rappresenta il 3,7% del totale, mentre il restante 96,3% delle superfici è coltivato con il metodo della produzione integrata.
I timori dell'intera filiera si concentrano ora – memori anche delle tante difficoltà presentatesi nel corso della campagna dello scorso anno - sull'andamento climatico che nelle ultime settimane ha visto il susseguirsi di piogge anche di forte intensità con qualche grandinata e un calo drastico delle temperature che rende incerti gli sviluppi della campagna soprattutto in termini di produttività delle colture.
(Fonte Ufficio Stampa OI Nord Italia)

Mercoledì, 16 Luglio 2014 08:41

Lattiero Caseario. Calma piatta per i "duri".

 

Prezzi relativamente stazionari. Unica eccezione significativa la ridiscesa del latte spot.

di Virgilio, Parma - 16 luglio 2014

LATTE SPOT Dopo tanto risalire è venuto il tempo di scendere. Il latte spot, quotato a Verona, ha chiuso il mese di giugno in stasi per riaprire in luglio con una speculare inversione rispetto al mese precedente. Il 7 luglio, infatti, i listini hanno ceduto il 3,49% e lo scorso lunedì 14/7 un ulteriore euro è stato scalato registrando un valore minimo di 41,24 e massimo di 42,27€/100 litri di latte.

BURRO E CREMA Da fine maggio i listini di Burro si sono pressoché stabilizzati. Unica eccezione per la crema a uso alimentare che ha, seppure con leggera distonia, accompagnato le variazioni del latte spot. Tant'è che dopo la costante ascesa avviata da fine maggio, nelle ultime sedute di borsa milanesi, i listini si sono ridimensionati del 3,33% e 3,23% rispettivamente il 7/7 e il 14/7 fissando il prezzo della crema di latte a uso alimentare a 1,74€/kg.

GRANA PADANO Fermi i consumi interni ma fermi anche i listini del Grana Padano. Anche in questo inizio di luglio le quotazioni non hanno subito variazioni. Nello specifico alla borsa di Milano i listini del 9 mesi di stagionatura sono stazionari tra 6,85 - 6,95€/kg dal 9 giugno scorso così come pure il 15 mesi è dalla medesima data fissato tra 7,45 e 8,10€/kg.

PARMIGIANO REGGIANO Sensibilmente diverso invece l'andamento dei prezzi del Parmigiano Reggiano. Alla costante riduzione dei listini si è, solo da tre settimane, manifestata una certa stabilità nelle quotazioni del 12 mesi di stagionatura mentre è ben più prolungato il periodo di stagnazione rilevato nei listini del 24 mesi (6 settimane). In particolare per il 12 mesi i prezzi registrati alla borsa di riferimento comprensoriale di Parma si sono attestati tra 7,85 e 8,20 e tra 9,35 e 9,70 rispettivamente per il 12 e 24 mesi.

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Cibus Agenzia Stampa Elettronica Agroalimentare: SOMMARIO Anno 13 - n° 28 14 Luglio 14

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SOMMARIO Anno 13 - n° 28 14 Luglio 14

1.1 editoriale - Nella palude UE
2.1 quote latte - Never ending story
3.1 bonifiche - Nutrie, accertata la pericolosità. Corsi d'acqua troppo vulnerabili
3.2 export - Ismea. Bene il 1° trimestre, +1,9% in valore
4.1 Lattiero caseario - Stop al latte spot
5.1 sviluppo - Coldiretti. Restituire l'Europa ai popoli.
5.2 Alcool e vino - Vietare il vino in pausa pranzo. I produttori francesi non l'hanno presa bene
6.1 Filiera italiana - Barilla firma con il "Consorzio Casalasco del Pomodoro"

 

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Domenica, 13 Luglio 2014 11:00

Quote Latte. Never ending story

Regime Quote Latte, 1,4 miliardi di vecchie multe da incassare per l'UE.

di LGC Parma, 11 luglio 2014 -
Una storia infinita quella delle quote latte e delle cosiddette "multe" ovvero del prelievo supplementare che spetta ai singoli produttori che superano il quantitativo di produzione lattiera annuale assegnato dalla UE.
Un sistema di contingentamento della produzione europea che avrebbe dovuto garantire maggiore equilibrio di mercato interno.
Dal 2015 finalmente, dopo trent'anni di applicazione, non sentiremo più parlare di quote anche se un nuovo sistema di regolamentazione dei mercati verrà istituito e, nonostante le vicissitudini italiane (partito male e finito altrettanto male), dovrà consentire una corretta remunerazione del latte e soprattutto evitare che Paesi con alta potenzialità e efficacia produttiva facciano la parte del leone all'interno dell'Unione.
L'ultima, in termini di tempo, è l'ingiunzione allo stato italiano, da parte della Commissione UE, di recuperare i 1,395 miliardi di euro di multe che i produttori avrebbero dovuto versare tra il 1995 e il 2009. Di fatto più del 50% (2,265 miliardi) dell'intero periodo "post prima moratoria" (1994) che autorizzò lo stato italiano a pagare 6.000 miliardi di lire al posto dei singoli produttori e con l'impegno di riallinearsi ai regolamenti. Cosa che, puntualmente, non avvenne se non parzialmente. Infatti, alle nuove assegnazioni dei singoli (in precedenza ai produttori italiani era concesso di "splafonare" in forza della possibilità di compensazione attraverso le "quote" dei vari bacini latte, dall'associazione di produttori al bacino nazionale, godendo perciò delle minori produzioni di alcuni determinate da ben precise cause (stagionalità, malattie delle mandrie, riduzione temporanea della mandria ecc...). Molti produttori dal 1994 (la gran maggioranza) quindi investì nell'acquisto di "quote" da chi cessava la produzione o affittandone per una campagna in corso da chi non riusciva a produrre il quantitativo assegnato pur di proseguire nei loro piani di sviluppo zootecnico mentre altri, i Cobas del latte, decisero di non adeguarsi e proseguirono le battaglie legali per fare valere le loro opinioni.
Così oggi, alla vigilia della conclusione di questo ciclo tormentato, la Commissione torna a richiedere il dovuto, 1,4 miliardi di euro sottolineando che l'Italia non è stata in grado di assicurare il recupero delle somme. Ma la relazione punta il dito sulle conseguenze del mancato recupero sia a livello europeo che sul bilancio nazionale. «L'incapacità dell'Italia - afferma la Commissione Ue - ad assicurare il recupero effettivo di queste multe compromette gli sforzi europei per stabilizzare il mercato dei prodotti lattieri, provocando distorsioni di concorrenza con gli altri produttori europei ed italiani, che hanno rispettato le quote di produzione o che hanno pagato le loro multe». Sulle conseguenze nazionali invece viene sottolineato che «queste somme dovrebbero essere versate al bilancio dell'Italia affinché i contribuenti italiani non ne escano perdenti». Forse alludendo al passato e alla prima moratoria. Fatto sta che questi soldi devono rientrare nelle casse dell'UE.
- Il meccanismo delle quote latte -
Il regime delle quote latte, istituito dalla U.E. nel 1984, tende ad equilibrare la produzione europea di latte bovino. Consiste essenzialmente nell'assegnazione a ciascun Stato membro di un quantitativo nazionale garantito, suddiviso in quota consegne (latte conferito a primi acquirenti cioè caseifici o latterie) e in quota vendite dirette (latte o prodotti trasformati venduti direttamente dal produttore al consumatore).
Il quantitativo nazionale garantito viene ripartito tra tutti gli allevatori, che possono pertanto produrre la quantità loro assegnata senza incorrere nel "prelievo supplementare" il ci valore viene stabilito ogni anno.
- La prima moratoria: 6.000 miliardi di lire -
Nel 1992 l'amministrazione italiana fu costretta ad approvare una normativa specifica la famosa legge 468/92, che in ossequio ai nuovi principi comunitari prevedeva l'attribuzione dei quantitativi di riferimento individuati nel frattempo nelle produzioni realizzate nei periodi 1988/89 e 1991/92 direttamente alle singole stalle. La Comunità contestando i dati produttivi comunicati dall'amministrazione avviò un contenzioso per richiedere il pagamento di un prelievo complessivamente stimato in circa 6.000 miliardi di vecchie lire (pagate dallo Stato, quindi da tutti! ndr.)
- La stretta di Alemanno del 2003 -
Dopo l'introduzione della possibilità di rateizzazione (L. 119/2003) in 14 anni e fortemente voluta dall'allora ministro Gianni Alemanno, gli "splafonatori" recidivi rimasero solo – mi sembra di ricordare – 650 sugli oltre 30.000 iniziali. Una percentuale inferiore al 2% della popolazione allevatoriale.

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