Martedì, 15 Ottobre 2024 05:12

La testimonianza di “Anna" OSS in centro vaccinale ai tempi della “pandemia” In evidenza

Scritto da Ingrid Busonera

Anna, nome di fantasia, racconta a QuotidianoWeb quanto vissuto durante la pandemia.

Di Ingrid Busonera (Quotidianoweb.it)  Roma, 14 ottobre 2024 - Lei è una OSS di una cittadina piemontese e durante il periodo pandemico, ha lasciato il suo posto di lavoro in casa di riposo RSA per mettersi a disposizione dello Stato.

Ha scelto di fare esperienze diverse per migliorare la sua preparazione e ampliare le conoscenze, scoprendo altre realtà.

Oggi ci racconta i retroscena di quanto accadeva negli hub vaccinali, nella totale indifferenza e nonchalance di chi avrebbe dovuto bloccare immediatamente tutto già al primo malore.

Tuttavia, nonostante l’entusiasmo, era molto spaventata per il virus e la pandemia. Durante l’esperienza, ha operato in cinque hub vaccinali della sua provincia.

Il ruolo di Anna consisteva nel direzionare le persone nei vari box, assistere le persone nel quarto d’ora successivo all’inoculazione, consegnare i certificati vaccinali e assicurarsi che stessero bene prima dell’abbandono dell’hub.

Ma non è andato tutto bene.

Molte persone –racconta Anna- svenivano, c’era spesso l’effetto domino nella sala d’attesa prima di uscire. Ho cominciato ad avere dei dubbi quando il “vaccino” J&J fu tolto per essere prontamente sostituito prima da Astrazeneca e successivamente da Moderna e Pfizer. Prima non si poteva fare un vaccino diverso da quello dato all’inizio, poi si poteva fare in quanto era stato detto che non dava nessun effetto diverso sull’organismo. Molti chiedevano informazioni ma poi... scrivevano e firmavano il loro consenso e vai... esperimento riuscito! Mi ricordo di una persona anziana che alla seconda volta che veniva a ricevere il vaccino, è arrivata in carrozzina, disorientata, non più in grado di fare nulla. La figlia era basita e si chiedeva come mai la madre in così poco tempo fosse regredita a tal punto da non essere più autonoma nemmeno per i bisogni.

Tanti vaccini: tanti soldi

Al centro vaccinale ho visto girare i soldi: c’erano medici della Asl che cercavano di fare il meno possibile, poiché avevano comunque lo stipendio assicurato, altri volontari –spesso dentisti- che vaccinavano dalle 150 alle 300 persone al giorno. Era un lavoro a cottimo dove un vaccinato rendeva dagli 8 ai 15 euro. Tanti si sono fatti la villa alle spalle della gente ignara, me compresa, di cosa volesse dire avere in corpo tale sostanza.

Ho visto poi ragazzi dai 12 anni in su subire lo stesso trattamento. Mi ha colpito una frase detta da un padre al figlio: “ora puoi mangiare con noi”. Ma quale lavaggio del cervello ci hanno fatto? I ragazzi si vaccinavano per andare in palestra, per essere “liberi”. Ci hanno messo in gabbia con gli allori di una promessa perché presi dalla paura.

I “no vax” colpevoli di aver capito tutto

Sotto il centro vaccinale c’erano i “no vax”. Alcune volte qualcuno ha chiamato i carabinieri per allontanarli, loro colpevoli di aver percepito il pericolo. Io ho una sorella che non si è vaccinata e un’altra che ha lavorato negli infettivi. In mezzo io con i miei dubbi. Una volta parlando con mia sorella, mi è sfuggito che l’altra sorella non era vaccinata. Questo ha avuto un decorso molto pesante, quotidianamente mi facevano pressioni per “convincerla” e costringerla a vaccinarla, sono stata derisa, accusata e allontanata, e quando ho ribadito che, qualunque fosse stata la sua scelta sarebbe restata mia sorella, avrei comunque rispettato la sua scelta.

Gli operatori in mezzo ad una guerra psicologica e di potere

Ad un certo punto ho iniziato a provare schifo per quel mondo. Dalle code interminabili da smaltire, alle attese, ore ed ore con i corridoi vuoi perché la gente aveva capito e non si presentava più. In quel periodo passavo il tempo portandomi da casa del lavoro da fare e fortunatamente c’era anche la televisione. Alcuni di noi dovevano essere trasferiti per “mancanza di utenti” e di lì a poco il centro chiuse.

Io fui mandata in un Hospice. Lì ho trovato un mondo di umanità, le persone venivano ascoltate e non trattate come pecore al macello. Nella scheda d’ingresso c’era da sbarrare la casella “vaccinato” o “non vaccinato”. Si chiedeva il green pass o il tampone per poter accedere. Le regole del periodo chiedevano molta attenzione, ma il clima lavorativo era davvero buono e devo ringraziate tutto il personale per l’esperienza formativa offerta. Ho fatto i conti con la vita. All’Hospice ho cambiato idea sulla VITA, finché sono viva lotto per me e perché non debba più soccombere per mano di uno Stato venduto al potere del dio denaro. In quel periodo, a causa delle vaccinazioni a cui mi ero sottoposta, iniziavo a soffrire della sindrome delle gambe senza riposo e insonnia. Tutti eravamo al corrente degli effetti avversi, perché una collega non vaccinata, sospesa, ci forniva notizie utili a riguardo. Avevo capito l’origine dei miei malesseri. Avevo comprensione.

Anna, condivide con noi una sua riflessione di quel doloroso periodo:

COVID 19: Hai messo un seme che si nutre di fatica. Sappi che intorno c'è vita che vuole respirare.

GREEN PASS: libertà fatta a quadretti, infilati nei buchi di una grata. Siamo fotografati dentro un quadrato senza più una faccia. Liberi anche di non dire che non siamo un pacco di biscotti. Liberi di vivere dentro recinti nel confine di noi stessi.

 

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