Nei giorni scorsi i militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Parma, durante le ordinarie attività di controllo del territorio ed a seguito di segnalazione al numero di pubblica utilità “117”, hanno individuato una sala slot all'interno della quale un dipendente, in servizio al bancone posto all'ingresso, aveva abusivamente posto in vendita prodotti disinfettanti e mascherine chirurgiche.
Il soggetto, sanzionato amministrativamente per la condotta appena ricordata, in violazione del codice del commercio, è stato segnalato alla Procura della Repubblica di Parma per il reato di ricettazione in quanto è stato accertato, durante il controllo, che i dispositivi medico-sanitario provenivano dalla locale AUSL.
Le successive indagini di polizia giudiziaria, coordinate dalla Procura della Repubblica di Parma - dottoressa Emanuela Podda- hanno permesso di individuare ed identificare in C.P, quaranta anni residente a Parma, il dipendente della locale AUSL che avrebbe sottratto il predetto materiale all'azienda sanitaria per poi cederlo per la vendita al fine di ottenerne un profitto.
I prodotti erano venduti a prezzi esorbitanti (70 euro per una mascherina) sfruttando, in modo speculativo, l’aumento della domanda dell’ultimo periodo.
A seguito delle indagini e di alcune perquisizioni domiciliari, eseguite dai militari del Gruppo di Parma, è stato individuato un altro operatore sanitario, G.I, di cinquantotto anni residente a Torrile (PR), in possesso, presso la propria abitazione, di merce sottratta dall'azienda ospedaliera di Parma.
A carico di entrambi i dipendenti pubblici viene ipotizzato dalla Autorità Giudiziaria il reato di peculato.
Tutti i prodotti (alcune centinaia di pezzi tra mascherine chirurgiche, guanti in lattice, prodotti igienizzanti), che al momento risultano di particolare utilità pubblica e di difficile reperimento, sono stati sottoposti a sequestro in vista della successiva restituzione alla locale Azienda Ospedaliera.
Le attività investigative sono state eseguite con la più ampia collaborazione del personale amministrativo dell’Ospedale di Parma che ha contribuito fattivamente all’individuazione dei dipendenti infedeli.
Sono in corso ulteriori attività investigative, da parte della Guardia di Finanza di Parma, volte a ricercare, su tutto il territorio parmigiano, ulteriori siti di vendita di merci oggetto di manovre speculative, ovvero immessi in commercio fraudolentemente, identificando i responsabili e ricostruendo i profitti illecitamente ottenuti in danno dei consumatori finali.
In esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice delle indagini preliminari di Parma, al termine di una lunga attività di indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Parma (P.M. dott.ssa Paola Dal Monte), Ufficiali ed agenti della Squadra Mobile della Questura di Parma hanno tratto in arresto sette persone: BULL Tigei classe ’91; TONCIG Maichol classe ’84; BULL Cristian classe ’86; TONCIG Elvis classe ’79; HUDOROVICH Manolo classe ’80; BULL Sergio classe ‘67 e TONSI Gioi classe ’88.
Ai soli BULL Tigei, BULL Cristian, TONCIG Maichol, TONCIG Elvis e HUDOROVICH Manolo viene contestata una rapina in abitazione commessa il 01/03/2019 in strada Cornazzano a Parma ai danni di un’anziana donna; agli altri indagati, in concorso con questi e con ruoli e responsabilità differenti, vengono invece contestati dieci furti aggravati commessi nelle province di Parma, Reggio Emilia, Bologna, Piacenza e Mantova.
In fase esecutiva oltre cinquanta uomini delle Squadre Mobili di Parma e Reggio Emilia, del Reparto Prevenzione Crimine “E.R. Occidentale” e della Polizia Scientifica, dopo aver circondato i campi di Poviglio (Re) e Castelnovo sotto (Re), dove risultavano dimorare BULL Tigei, TONCIG Maichol, BULL Cristian, BULL Sergio ed HUDOROVICH Manolo, vi hanno fatto accesso, rintracciandoli ed arrestandoli. Contemporaneamente, altri equipaggi hanno rintracciato, presso le loro abitazioni, i restanti destinatari di misura cautelare.
L’attività di indagine ha preso abbrivio dall’efferata rapina perpetrata nel marzo del 2019 ai danni di un’anziana donna ultraottantenne presso la sua abitazione in località Viarolo.
Secondo le ricostruzioni fornite dalla stessa vittima, cinque uomini con il volto travisato da passamontagna, dopo averla bloccata mentre stava rientrando nella casa dalla vicina foresteria, l’avrebbero costretta ad entrare e le avrebbero intimato di non muoversi. I rapinatori, nel frattempo, dopo essere entrati in due dei tre appartamenti di cui era composto l’immobile, dopo aver aperto con un flessibile due casseforti presenti in entrambe le abitazioni, avrebbero asportato diversi monili in oro e due orologi ROLEX del valore di circa 10.000,00 euro. I quattro si trattenevano nell’immobile per circa mezz’ora, per poi fuggire a bordo di una vettura di colore nero.
Nell’occasione, la pattuglia della Squadra Mobile di Parma intervenuta sul posto intercettava l’autovettura descritta dalla vittima che si allontanava dal posto, riuscendo a individuarne parzialmente il numero di targa. Gli accertamenti successivi, tramite consultazione delle banche dati in uso alle forze di polizia, esame delle registrazioni dei sistemi di video sorveglianza pubblici e privati presenti in zona ed analisi di traffico telefonico, consentivano di addivenire alla individuazione dell’auto.
Successivamente la PG seguiva il percorso a ritroso dal luogo della rapina arrivando sino al campo nomadi di Poviglio (Reggio Emilia). Inoltre, attraverso l’analisi comparata delle utenze in uso alla persona che risultava avere in uso l’auto individuata, si perveniva alla identificazione dei quattro soggetti ritenuti autori del grave episodio. In sostanza si analizzavano i tabulati telefonici del telefono dell’usuario dell’auto, che risultava in contatto telefonico con altre persone di interesse investigativo, nel senso che vi erano utenze che, in contatto tra loro, avevano agganciato le celle in cui ricadeva la zona teatro degli accadimenti. Analizzando il movimento delle schede telefoniche di interesse, emergeva che tutti i telefoni erano rientrati nel capo nomadi in rapidissima sequenza.
Da tale fatto specifico ha preso avvio l’attività di indagine coordinata dal Sost. Procuratore dr.ssa Paola DAL MONTE, che ha consentito di ricostruire una pluralità di attività illecite, sistematicamente portate ad esecuzione da un gruppo di soggetti che, con formazioni sempre diverse, ma con un modus operandi ben rodato, avrebbe portato a segno con regolarità plurimi furti aggravati.
Le vittime erano tutte diverse: l’espositore proveniente da una fiera, la titolare di un esercizio commerciale dopo la chiusura della propria attività, il cassiere di una fiera di paese o, semplicemente, il proprietario di una macchina che aveva inavvertitamente lasciato il proprio voluminoso zaino nel veicolo; ma le modalità erano sempre molto simili: si muovevano in più gruppi a bordo di più autovetture, individuavano la vittima o l’obiettivo e lo monitoravano nei suoi spostamenti poi, al momento opportuno, mentre una parte della banda rimaneva in osservazione e copertura, gli altri si avventavano sulla vittima derubandola e dandosi immediatamente alla fuga.
In particolare, oltre alla citata rapina in abitazione, nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, sono contestati i seguenti episodi:
1. Furto aggravato di monili per un valore di 300.000 € commesso in danno di un espositore alla fiera “mercante in fiera” commesso il 10/03/2019 a Ladispoli;
2. Furto della borsa della vittima su autovettura contenente contanti ed effetti personali della vittima commesso a Brescello il 02/06/2019 (per tale fatto, contestualmente all’applicazione della misura cautelare, il gip si è dichiarato incompetente a favore della A.G. di Reggio Emilia);
3. Furto della borsa della vittima su autovettura contenente contanti ed effetti personali della vittima commesso a Dosolo il 02/06/2019;
4. Furto di 9000 € (incasso del giorno della manifestazione “Golese a tutta Birra”) perpetrato il 09/06/2019 a Parma;
5. Furto della borsa della vittima su autovettura contenente contanti ed effetti personali della vittima commesso a Castelvetro Piacentino il 24/06/2019;
6. Furto della borsa di un turista sulla propria autovettura contenente circa 3000 € ed i documenti di tutta la famiglia commesso presso l’area di servizio “Sillaro ovest” in Castel San Pietro il 20/07/2019 (per tale fatto, contestualmente all’applicazione della misura cautelare, il gip si è dichiarato incompetente a favore della A.G. di Bologna);
7. Furto della borsa di un turista sulla propria autovettura contenente circa 1000 € ed i propri documenti commesso presso l’area di servizio “San Martino” il 05/08/2019;
8. Furto dell’incasso della giornata di un esercizio commerciale ammontante a €9000 dall’auto della titolare commesso a Reggio Emilia il 06/08/2019;
9. Furto del campionario di profumi di un agente vendita sottratto dalla sua autovettura l’8/08/2019 a Parma.
Nel caso del furto a Ladispoli (consumato a distanza di pochi giorni dalla rapina) la tecnica investigativa è assimilabile a quella utilizzata per la rapina: incrocio dei dati relativi agli spostamenti dell’auto (la stessa utilizzata per la rapina) e delle celle telefoniche agganciate, che riportano ai telefoni in uso a Bull Tigei ed a Toncing Maichol, ovvero due dei soggetti ritenuti autori della rapina.
Negli altri casi (verificatisi tra giugno ed agosto 2019), all’incrocio dei dati su indicati si sono aggiunte le intercettazioni telefoniche che nel frattempo erano state avviate.
Il GIP ha affrontato il discorso della competenza territoriale e, tenendo presente che il fatto più grave è la rapina consumata a Parma in data 1.3.19, ha ritenuto la propria competenza anche per tutti gli altri reati commessi dagli stessi indagati in altre parti del territorio nazionale.
Invece, per il furto commesso a Brescello il 2.6.19 (contestato, oltre che a Bull Tigei, indagato per la rapina, anche a tale Bull Sergio) e per il furto commesso a Castel San Pietro (contestato, contestato, oltre che a Toncing Elvis, indagato per la rapina, anche al predetto Bull Sergio), il il gip si è dichiarato incompetente a favore, rispettivamente, della A.G. di Reggio Emilia e della A.G. di Bologna).
Tutti gli indagati, al termine della redazione degli atti di rito a loro carico, sono stati associati presso la Casa Circondariale di Reggio Emilia
Parma 2 marzo 2020 - Diverse le iniziative giudiziarie coordinate dalla Procura di Parma e portate ad esecuzione, in relazione a procedimenti penali differenti, con la collaborazione di diversi organi di Polizia Giudiziaria: Nucleo Operativo e Radiomobile di Parma; Carabinieri di Busseto e Nucleo Operativo e Radiomobile di Fidenza; Carabinieri Delle Stazioni di San Pancrazio e di Parma Centro.
Vicenda n° 1 – Truffe agli anziani in Busseto
I Carabinieri della Stazione di Busseto, coadiuvati dai militari del Nucleo Operativo e Radiomobile di Fidenza, hanno dato esecuzione a due misure cautelari emesse dal GIP del Tribunale di Parma a carico di due cittadini italiani, provenienti dalla regione Campania, D.K. di anni 31 e L.D. di anni 27, ritenuti responsabili del reato di truffa pluriaggravata in concorso.
I fatti risalgono alla fine del mese di novembre 2019 quando un’anziana donna residente a Busseto era stata contattata telefonicamente da un sedicente “maresciallo dei carabinieri di Busseto” il quale la informava che la figlia aveva causato un grave incidente stradale e nella circostanza aveva investito una persona che doveva essere sottoposta da un delicato intervento chirurgico. Il falso carabiniere invitava l’anziana donna a consegnare 7000 euro ad un avvocato che l’avrebbe raggiunta presso la propria abitazione. La donna, in effetti, pochi minuti dopo era stata raggiunta da un sedicente avvocato che asseriva di essere incaricato dall’assicurazione per riscuotere la somma necessaria per l’intervento chirurgico.
L’anziana donna, destabilizzata dalla rapida azione truffaldina dei malviventi, non avendo la disponibilità di denaro in casa e convinta dal falso avvocato, consegnava a quest’ultimo tutti i gioielli che aveva presso la propria abitazione.
Le complesse indagini svolte dai carabinieri, con il prezioso supporto della Polizia Locale di Busseto, già dopo poche ore permettevano di individuare, tramite il sistema di telecamere di sorveglianza, il mezzo usato dagli autori della truffa ed inoltre di identificare gli autori e recuperare parte dei gioielli truffati. La successiva analisi dei tabulati telefonici del telefono dell’abitazione, permetteva altresì di ottenere ulteriori indizi a carico degli indagati e delineare un grave quadro indiziario che consentiva alla Procura della Repubblica di Parma di chiedere al G.I.P. presso il Tribunale di Parma una misura cautelare personale.
Il G.I.P., nella circostanza, emetteva ordinanza di obbligo di dimora nel comune di Napoli nei confronti dei due truffatori.
Nei giorni scorsi la misura è stata eseguita nel comune di Napoli dai Carabinieri di Busseto, in collaborazione con i colleghi del Nucleo Operativo e Radiomobile di Fidenza e di quelli della Stazione Carabinieri Napoli Stella.
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Le indagini -condotte secondo una metodica moderna e dinamica- hanno consentito di dare una risposta ad un fenomeno odioso ormai diffusosi su buona parte del territorio nazionale, e che ha come bersaglio persone anziane, come tali facilmente suggestionabili.
Vicenda n° 2 – Violenza intrafamiliare in Parma
I Carabinieri della Stazione di Parma Centro hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione della misura cautelare in carcere emessa dal Gip di Parma in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere nei confronti di:
• U. A., nato in Nigeria, classe 1992, residente a Parma.
Al predetto viene contestato il reato di maltrattamenti ai danni della ex compagna, anch’essa nigeriana, classe 95.
Il procedimento trae origine a seguito di querela orale sporta, presso la Stazione Carabinieri di Parma Centro, nei primi di febbraio per maltrattamenti in famiglia da parte della vittima, che ha chiesto di essere collocata in una struttura protetta gestita da un centro antiviolenza.
In sede di querela la donna ha dichiarato di essere arrivata in Italia da pochissimi anni e di aver conosciuto poco più di un anno fa l’attuale indagato, dalla relazione col quale è nato un bambino.
A seguito della nascita del figlio il comportamento del compagno sarebbe degenerato drammaticamente, tanto che in qualsiasi circostanza quotidiana una lite per futili motivi si sarebbe trasformata in un’aggressione violenta nei confronti della donna.
Al rientro dall’ospedale, subito dopo la nascita del figlio, la vittima sarebbe stata minacciata di morte e di continuo aggredita brutalmente dapprima con schiaffi al volto, poi con pugni sul corpo e colpi di bastone o di mazza di scopa, infine con graffi sul braccio che le avrebbero provocato ferite con perdite di sangue.
Dal mese di gennaio ad oggi in ben quattro occasioni la vittima sarebbe stata picchiata.
In un’occasione la furia dell’indagato si sarebbe rivolta anche verso il figlio neonato, che il predetto avrebbe tentato di colpire con un cuscino, non riuscendovi solo grazie all’intervento della donna.
A comprova del racconto della vittima, è stato acquisito anche un referto ospedaliero, nel quale sono state descritte escoriazioni in varie parti del corpo riferibili all’ultimo episodio in ordine di tempo, a seguito del quale la vittima si è determinata a denunciare l’indagato ed a richiedere l’intervento delle forze dell’ordine.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Parma, hanno consentito in tempi brevi l’applicazione della misura cautelare nei confronti del soggetto, essendosi ritenuto che il mero allontanamento temporanea della persona offesa dall’abitazione per essere ricoverata in una struttura protetta, non fosse idoneo ad escludere nè attenuare il pericolo di reiterazione criminosa, tenuto conto dell’indole violenta manifestata dall’indagato.
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La vicenda è sintomatica della grossa attenzione che l’Autorità Giudiziaria di Parma presta al delicato, e purtroppo sempre più ricorrente, fenomeno delle violenze all’interno della famiglia, di cui la recente normativa sul c.d. codice rosso ha evidenziato la gravità.
Va rimarcata la rapidità sia delle attività investigative effettuate dalla Polizia Giudiziaria sia della conseguente valutazione giudiziaria (da parte dell’Ufficio di Procura, prima, e dell’Ufficio GIP, poi) che ha consentito in brevissimo tempo di pervenire alla esecuzione del provvedimento cautelare.
Vicenda n° 3 – Violenza intrafamiliare in San Pancrazio Parmense
I Carabinieri della Stazione di San Pancrazio Parmense hanno tratto in arresto in flagranza del reato di atti persecutori un cittadino calabrese residente in provincia di Verona.
Il soggetto, già denunciato lo scorso 9 novembre per il medesimo reato, si sarebbe reso responsabile dal mese di giugno 2018 di comportamenti tali da ingenerare un perdurante stato di ansia e paura nei confronti della figlia residente a Parma.
Giunti sul posto, i militari hanno trovato il soggetto nei pressi dell’abitazione della vittima e lo hanno tratto in arresto ma, in considerazione della sua età avanzata, lo hanno sottoposto al regime degli arresti domiciliari.
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In questo caso si è trattato di un arresto in flagranza di reato, a testimonianza della vigile attenzione che le forze di polizia riservano al fenomeno dei reati intrafamiliari.
Vicenda n° 4 – Spaccio di droga in Parma ad opera di nigeriani
I Carabinieri del Norm hanno dato esecuzione ad alcune ordinanze emesse dal Gip di Parma di in applicazione della misura cautelare in carcere nei confronti di:
N. S., nato in Nigeria cl. 1990, domiciliato a Parma:
O. B., nato in Nigeria cl. 1990, domiciliato in Parma;
I. E., nato in Nigeria cl. 1988, in Italia senza fissa dimora;
in relazione al reato di spaccio di sostanze stupefacenti.
I militari del Nucleo Operativo e Radiomobile sono riusciti a trarre in arresto i tre soggetti su menzionati, ritenuti responsabili di circa 800 cessioni di sostanza stupefacente (cocaina) per un valore approssimativo stimato intorno ai 33.000 €.
I tre soggetti, operanti singolarmente sul territorio di Parma, sono attivi sin dal 2015.
In particolare in data 17 luglio 2019, nell’ambito di un’attività finalizzata alla repressione del fenomeno dello spaccio di sostanza stupefacente, i militari procedevano ad un servizio di osservazione nei confronti di un’autovettura segnalata come veicolo in uso a soggetti di origine nigeriana dediti alla cessione di cocaina. Alla guida del citato veicolo era stato controllato in tre diverse circostanze uno dei tre nigeriani che il precedente 5 luglio 2019 era stato tratto in arresto in fragranza di reato per violenza a pubblico ufficiale e condannato alla pena di mesi tre di reclusione.
I militari, dopo aver pedinato il veicolo, a bordo del quale si trovavano due cittadini extracomunitari, assistevano ad una vendita. Decidevano pertanto di procedere al controllo sia del soggetto acquirente (che dava esito positivo in quanto venivano rinvenuti quattro involucri contenenti sostanze stupefacenti del tipo cocaina) sia del veicolo sospetto.
I due cittadini nigeriani venivano sottoposti a perquisizione personale che consentiva di rinvenire nella disponibilità di uno dei due la somma contante di euro 1460 € sottoposta a sequestro perché ritenuta provento dell’attività di spaccio. Non veniva rinvenuto all’interno della vettura alcuna sostanza stupefacente; tuttavia i soggetti venivano trovati in possesso di ben sei telefoni cellulari.
Dagli accertamenti compiuti dalla PG a seguito di detto intervento, sono stati identificati diversi acquirenti abituali di età compresa tra 19 e 55 anni.
Le dichiarazioni rese dagli acquirenti (che non si conoscono tra loro) sono apparse credibili, in primo luogo in quanto tutte connotate da precisione, in secondo luogo perchè riscontrantesi reciprocamente, attraverso la descrizione del modus operandi dei pusher e dei luoghi di consegna (Centro Torri e vie limitrofe).
Se è vero che nella maggior parte delle occasioni ogni singola cessione compiuta dagli indagati ha avuto ad oggetto delle piccole quantità, il modus operandi appare tale da dimostrare che gli indagati avessero a disposizione quantità ben superiori, come peraltro dimostrato dalla ricostruzione effettuata in base alle testimonianze degli acquirenti escussi.
Da evidenziare la notevole ripetitività delle cessioni di stupefacenti, il numero consistente di clienti e la serialità della vendita della droga (con la possibilità di procacciarsi le dosi di sostanze psicotrope richieste dai loro clienti e di evadere immediatamente i loro ordinativi che ricevevano ormai con cadenze regolari), emersa non solo dalle dichiarazioni degli acquirenti, ma anche dalle attività di osservazione e controllo sul territorio compiuta dai Carabinieri, circostanze tutte che hanno portato il P.M. ed il Gip, rispettivamente, a chiedere e ad emettere le misure cautelari.
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Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Parma, hanno consentito di far emergere l’ennesima attività di spaccio condotta in maniera seriale, capillare e professionale, certamente lucrativa, al cui contrasto la Procura stessa, e le forze di Polizia di volta in volta delegate, dedicano una parte cospicua del quotidiano impegno.
I Carabinieri della Compagnia Carabinieri di Parma hanno dato esecuzione a tre ordinanze di applicazione di misura cautelare emesse dal Gip di Parma in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere nei confronti di due cittadini:
- M.A., classe 1989, residente in Parma;
- F.E.W., nato a Santo Domingo, classe 1982, residente a Parma.
Il primo era stato deferito in stato di libertà dalla Stazione Carabinieri di San Pancrazio Parmense in data 23.01.2020 con l’accusa di aver commesso violenza fisica e psicologica nei confronti della nonna, in quanto la sottoponeva a reiterati e continui atti di vessazione tali da cagionarle sofferenze ed umiliazioni e da indurle uno stato di disagio e di paura continuo ed incompatibile con normali condizioni di vita, con condotte poste in essere dal 2018 sino alla data dell’arresto.
Durante le liti, scaturite per futili motivi (ad esempio: pasti non graditi) l’arrestato avrebbe picchiato la vittima dandole pugni alla schiena e sul capo provocandole dolore e un ematoma sul naso (mai refertato); in diverse occasioni l’avrebbe presa per il collo, spintonandola e facendola talvolta cadere per terra; inoltre avrebbe provocato con calci e pugni numerosi danneggiamenti nell’abitazione dell’anziana, spaccando suppellettili, soprammobili, oggetti ornamentali e danneggiando il mobilio e le porte dell’abitazione.
Pertanto la vittima era costretta a vivere perennemente in uno stato di terrore e di paura tanto che per evitare reazioni violente nel nipote la donna si vedeva costretta ad assecondare le richieste e a consegnarli settimanalmente la somma di euro 150 per recuperare la quale vendeva anche dei propri monili in oro.
Attese le condizioni della signora ultrasettantenne, è stata contestata anche l’aggravante di azioni perpetrate ai danni di persona non in grado di difendersi.
Nel 2014 l’indagato era stato giudicato colpevole per gli atti di maltrattamenti, lesioni aggravate ed estorsione commesse ai danni del nonno, nelle more deceduto, e della nonna ancora vivente. Nonostante avesse intrapreso, durante il periodo di reclusione, un percorso riabilitativo presso una comunità terapeutica, evidentemente il soggetto non ha modificato le sue condotte. Egli risiede nell’abitazione materna insistente nella medesima palazzina bifamiliare ove è ubicato l’appartamento della nonna, che provvede al mantenimento di entrambi.
L’arrestato in passato, come denunciato dalla vittima, non avrebbe esitato a scagliarsi contro il nonno, soggetto diabetico e utilizzatore di sedia a rotelle, tanto da provocarne la caduta dalla carrozzina e aggredirlo con pizzichi al volto e sul corpo.
L’aggressore in un escalation di violenza, prima si scagliava contro il mobilio e i suppellettili per poi passare alla violenza fisica nei confronti della nonna. La figlia della vittima, ovvero madre dell’arrestato, sentite le urla dal pianerottolo era più volte intervenuta invano per sedare la lite.
Le condotte descritte avrebbero causato nella vittima uno stato di timore tale da temere di mettere a repentaglio la sua incolumità e quella dei propri figli.
Le dichiarazioni rese sono state giudicate credibili, poiché lineari, dettagliate, prive di intrinseche contraddizioni, oltre che riscontrate dalle annotazioni delle forze dell’ordine intervenute in più occasioni, dalla sentenza di condanna del 2014, dai contributi dichiarativi riversati, tutti conformi nel descrivere la personalità del prevenuto, i suoi scatti improvvisi di ira, i suoi eccessi, i suoi comportamenti maltrattanti ai danni della denunciante e dei familiari.
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Il secondo era stato deferito in stato di libertà dalla Stazione Carabinieri di San Pancrazio Parmense in data 28.01.2020 per aver commesso violenza fisica nei confronti della sua ex compagna, classe 88, a causa dell’interruzione della relazione quinquennale intercorrente tra i due.
In particolare l’aggressore avrebbe insultato la vittima con epiteti offensivi anche in presenza della madre della vittima; per motivi di gelosia l’avrebbe minacciata in plurime occasioni di ammazzarla, accompagnando tali minacce verbali con il gesto di colpirla con il coltello che brandiva; in più occasioni l’avrebbe aggredita con schiaffi e pugni al volto e al corpo, distruggendo più volte i telefoni cellulari della donna, gettandoli in terra; avrebbe danneggiato poi gli abiti e le scarpe di costei, strappandoli o tagliandoli con coltelli; inoltre avrebbe distrutto il televisore, i mobili e un armadio; infine le avrebbe mandato messaggi telefonici con minaccia di ammazzarla.
Viste le condizioni della donna e le condizioni nelle quali le minacce sono state effettuate, è stato contestata anche l’aggravate del fatto avvenuto alla presenza dei figli minori.
Sin dal 2016 la donna sarebbe stata oggetto di violenze da parte dell’uomo, situazione poi degenerata, quando nel dicembre 2019 la relazione era stata interrotta per volere della donna.
L’ultimo episodio su sarebbe verificato nella tarda sera del 27 gennaio 2020, allorquando la donna chiedeva l’intervento dei CC a seguito della ennesima aggressione, questa volta armata, da parte dell’ex convivente. All’arrivo dei militari effettivamente veniva riscontrata la presenza di un uomo armato di coltello. Nella circostanza, dagli accertamenti effettuati, è emerso che l’uomo avrebbe messo completamente a soqquadro l’appartamento, danneggiando fortemente il mobilio, per poi minacciare la vittima con un coltello, colpiva peraltro ripetutamente al volto e sul fianco sinistro con violenti pugni. Nel corso dell’aggressione la donna riportava una ferita al labbro e dolori diffusi su tutto il corpo, venendo poi visitata da personale sanitario del pronto soccorso di Parma. Nonostante i tentativi della donna di placare l’uomo ed invitarlo a calmarsi soprattutto in presenza dei minori, tali esortazioni non avrebbero sortito effetto alcuno, tanto che l’uomo con il coltello tagliava due ciocche di capelli alla donna in presenza dei figli minori e successivamente contattava un amico al fine di allontanarsi dall’abitazione. Oltre al danno fisico, veniva danneggiato l’appartamento della donna e veniva danneggiata la vettura della stessa parcheggiata sotto l’abitazione, in modo da impedirle di muoversi.
La vittima, che fino a quella sera non aveva presentato alcuna denuncia, dichiarava che non si trattava di un episodio isolato bensì di un comportamento ripetuto nel tempo, e che le sue azioni erano guidate dal timore di più gravi ripercussioni soprattutto per quanto concerne la gestione o l’affidamento dei figli minori. La donna in più occasioni si era rifugiata presso l’abitazione della madre o in quella della zia. Nel contesto del rapporto burrascoso tra i due vi sarebbero stati anche dei rapporti intimi che la donna avrebbe dovuto subire.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Parma, hanno consentito in tempi brevi l’applicazione della misura cautelare nei confronti di entrambi i soggetti.
Nella giornata di ieri, militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Parma, coordinati dalla locale Procura della Repubblica, hanno eseguito il sequestro preventivo di un immobile ove ha sede legale ed esercita un centro elaborazione dati coinvolto nell’indagine denominata “PAY & STAY”.
Nell’ambito di tale indagine, il 15 gennaio scorso, erano state tratte in arresto sette persone per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare emessa da Giudice per le indagini preliminari di Parma.
Nella suddetta ordinanza il G.I.P. aveva tuttavia rigettato la richiesta di sequestro preventivo del centro elaborazione dati avanzata dalla Procura della Repubblica, non ravvisando i gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati. Avverso tale rigetto la Procura della Repubblica aveva presentato appello, motivando l’impugnazione con l’elencazione degli elementi che costituivano –a parere dell’accusa- una solida piattaforma indiziaria. L’appello è stato accolto dal Tribunale di Parma –Sezione riesame, che ha pertanto disposto il sequestro invocato.
La complessa attività di indagine, avviata nel giugno 2018 e sviluppata mediante tecniche di investigazione pura (intercettazioni telefoniche ed ambientali audio/video, pedinamenti e appostamenti, acquisizione di documentazione), era nata proprio dal monitoraggio delle prestazioni erogate dal centro elaborazione dati con sede a Parma.
Dalle banche dati, era infatti emerso come il centro elaborazione avesse fornito, nell’ultimo biennio, assistenza fiscale (apertura di partita iva, assunzioni di lavoro con contratto a tempo sia determinato che indeterminato, presentazione di dichiarazione dei redditi) a centinaia di persone extracomunitarie, molte delle quali con precedenti penali, che necessitavano di rinnovare e/o convertire il permesso di soggiorno. In tale ambito, l’attività investigativa aveva riguardato tre distinte vicende caratterizzate dall’impegno degli indagati a favorire la permanenza sul territorio dello Stato di soggetti privi dei requisiti previsti dalla legge.
Nell’ambito di uno di questi filoni investigativi, era emerso come fosse stata predisposta e presentata, da parte dei responsabili del centro elaborazione dati in rassegna, documentazione fiscale fittizia finalizzata a garantire, a numerosi soggetti extracomunitari, il rilascio e/o il rinnovo del permesso di soggiorno. In particolare, era risultato come fossero stati inseriti, nelle dichiarazioni dei redditi, importi puramente casuali e non basati su documentazione fiscale prodotta dal cliente. Dalle registrazioni video/audio intercettate era inoltre emerso come gli indagati avessero proposto ai cittadini extra-comunitari la conversione del permesso di soggiorno in scadenza con un nuovo titolo di soggiorno per “lavoro autonomo”, mediante apertura di una partita iva (ditte individuali di volantinaggio, marketing, muratori) con iscrizione alla camera di commercio. Di contro, dai sopralluoghi eseguiti, era stata rilevata l’inesistenza di queste ultime ditte, i cui luoghi di esercizio dichiarati corrispondevano ad edifici residenziali occupati da terzi estranei.
Attraverso tale escamotage, gli indagati, dietro pagamento di somme di denaro oscillanti da 100 a 300 euro, sarebbero riusciti a far ottenere permessi di soggiorno per lavoro autonomo di durata più lunga (2 anni) rispetto a quelli per motivi familiari, umanitari o per lavoro stagionale.
Nello specifico, tuttavia, nei confronti dei quattro indagati in tale contesto investigativo, il Giudice per le Indagini Preliminari competente non aveva ravvisato la sussistenza dei presupposti per l’emissione di provvedimenti cautelari, nè di natura personale né di natura patrimoniale.
Come detto, avverso tale provvedimento il P.M. aveva presentato impugnazione e l’esecuzione del sequestro costituisce pertanto un importante sviluppo del più ampio contesto investigativo.
Si è conclusa con l’esecuzione di due ordinanze di custodia cautelare (una in carcere, l’altra ai domiciliari), l’indagine che la Stazione Carabinieri di Medesano e il Nucleo Operativo della Compagnia di Salsomaggiore Terme hanno avviato e condotto sotto la direzione della Procura della Repubblica di Parma (Dr. Ausiello) a seguito del decesso per overdose da eroina di un giovane 28enne del posto, avvenuto circa un anno fa.
L'attività investigativa, che ha preso le mosse dall’analisi degli ultimi contatti e frequentazioni della vittima, ha consentito di individuare due giovani “pusher” nigeriani, uno con ruolo di capo l’altro di aiutante, gravitanti nel comune di Parma, dediti in maniera assidua ed esclusiva all’attività di spaccio. I Carabinieri, sempre coordinati dal PM responsabile del fascicolo, sono riusciti, a seguito di complessi servizi di pedinamento e con l’aiuto delle indagini tecniche, a raccogliere nei confronti dei due indagati elementi indiziari circostanziati e decisivi per ricostruire decine di episodi di spaccio di sostanze stupefacenti, anche di diverso tipo, nonostante le misure che gli stessi, abituati ad agire in un contesto di illegalità, prendevano per eludere i controlli delle forze di polizia, cambiando spesso telefono e spostandosi sempre in zone diverse per incontrare i propri clienti.
E’ stato accertato che i due, tra la fine del 2018 e il 2019 abbiano ceduto complessivamente centinaia di dosi di crack, eroina, cocaina e marijuana, con un giro di affari di alcune decine di migliaia di euro.
Aderendo alla prospettazione della Procura di Parma, il G.I.P. ha disposto pertanto le due misure cautelari che i Carabinieri hanno eseguito in due momenti diversi, la prima a dicembre e la seconda nei giorni scorsi dopo aver rintracciato, non senza difficoltà, i due soggetti.
Nella mattinata odierna, i Carabinieri del Nucleo Antisofisticazione e Sanità di Parma hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. del Tribunale di Parma nei confronti di un ospedale privato accreditato parmense.
Parma 17 gennaio 2020 - Il provvedimento scaturisce da una complessa indagine denominata “HIP LARS” - coordinata dalla Procura della Repubblica di Parma (PM dott.ssa Dal Monte) e condotta dal citato N.A.S., anche con la collaborazione del Nucleo Aziendale di Controllo della locale Azienda USL- che ha consentito di raccogliere gravi indizi di reità a carico del direttore sanitario e di un dirigente medico della suddetta struttura sanitaria in ordine ai reati di concorso in truffa aggravata (art. 640, comma 2, c.p.) e falsità materiale ed ideologica commessa da pubblico ufficiale (artt. 476 e 479 c.p.) per fatti riferiti ad un arco temporale compreso tra gli anni 2013 e 2017.
Dalle indagini è infatti emerso che l’attività delittuosa veniva attuata mediante la procedura prevista per il rimborso delle prestazioni sanitarie eseguite da strutture pubbliche o private (purché accreditate), gestite per il tramite del sistema DRG (Diagnosis Related Grouper) che, in seguito all’elaborazione dei codici d’intervento per prestazioni sanitarie inseriti dal dirigente medico responsabile della dimissione e verificati dal dirigente medico addetto a tale controllo (primario/direttore sanitario), trasforma gli atti clinici complessi in un valore economico definito.
Nel corso delle investigazioni è stato possibile documentare, anche mediante una articolata consulenza tecnica sugli atti, che tutte le operazioni chirurgiche effettuate sull’articolazione del ginocchio, relative alla riparazione e/o alla sostituzione dei suoi legamenti, definite “interventi sul ginocchio senza diagnosi principale di infezione”, erano state falsamente classificate nelle SDO (Schede di Dimissione Ospedaliera) con codici d’intervento relativi ad operazioni chirurgiche dell’anca e del femore, di fatto mai effettuate. Tale espediente consentiva di generare, in sede di calcolo del corrispettivo monetario per il rimborso da parte del Servizio Sanitario Nazionale, un importo di oltre il doppio rispetto a quello realmente spettante. In particolare, a fronte di un rimborso previsto per gli interventi effettivamente eseguiti in una misura oscillante tra 1746,26 € e 2481,48 euro, veniva richiesto un rimborso (previsto per la tipologia di intervento più complessa, ma non effettuato) in una misura oscillante tra 4442,05 e 5489,19 euro.
Le valutazioni investigative che hanno chiarito la dinamica dei fatti sono nate da un primo confronto fra l’operazione chirurgica a cui i vari pazienti erano stati sottoposti, l’analisi di oltre 400 cartelle cliniche con i relativi verbali operatori (redatte tra il 2013 ed il 2017), l’analisi delle schede di dimissione ospedaliera, nonché la verifica del codice monetario ad esse attribuito, recante le indicazioni mendaci cosi come sopra descritte.
Alla struttura sanitaria interessata dal provvedimento è, altresì, contestato l’illecito amministrativo previsto dal Decreto Legislativo 231/01 (responsabilità amministrativa degli enti), per non aver adottato quegli efficaci modelli organizzativi e di gestione, idonei ad impedire e prevenire i reati di fatto attribuiti ai soggetti sottoposti alla sua direzione e vigilanza.
Sulla scorta degli elementi raccolti ed aderendo alla prospettazione della Procura di Parma, il GIP ha così disposto il sequestro preventivo di somme di denaro indebitamente percepite dalla struttura sanitaria in questione inducendo in errore l’AUSL di Parma sulla codifica degli interventi chirurgici, per un valore complessivo di circa un milione e duecentomila euro.
All’esito di una articolata attività di indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Parma (P.M. dott. Umberto Ausiello), la Squadra Mobile di Parma ha dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. di Parma nei confronti di quattro persone di nazionalità sudamericana, gravemente indiziati di concorso in furti aggravati commessi in Parma, rispettivamente in data 26.7.18 (ai danni del supermercato Conad) ed in data 1.10.18 (ai danni del supermercato Sigma).
Nel pomeriggio del 26/07/2018, una pattuglia dell’UPGeSP è intervenuta presso il Supermercato CONAD sito in questa via G. Rossa, in quanto i responsabili avevano accertato che dalla cassaforte custodita all’interno degli uffici era stato trafugato tutto il denaro presente, ammontante ad oltre 5000 €.
Personale della Squadra Mobile, attraverso le immagini di video sorveglianza dell’esercizio, riusciva a ricostruire la dinamica del furto, accertando che ad agire erano stati tre cittadini, verosimilmente sudamericani: mentre il primo dei tre si intratteneva all’esterno del supermercato fungendo da “palo”, gli altri due entravano mescolandosi agli altri numerosi clienti.
Trascorsi alcuni minuti, i due si avvicinavano agli uffici della direzione e, approfittando dell’assenza di personale, uno dei due si introduceva all’interno e, dopo aver rovistato nei cassetti e rinvenuto la chiave della cassaforte, la apriva appropriandosi di tutto il contante ivi presente.
In data 1/10/2018, la responsabile del supermercato SIGMA sito in via S. Pellico a Parma denunciava il furto di 845,00 da una delle casse dell’esercizio, avvenuto nel pomeriggio del 29/09/2019. La responsabile spiegava che, durante l’attività, la cassiera era stata distratta da due uomini che, con il pretesto di chiedere informazioni su alcuni prodotti, l’avevano fatta allontanare dalla cassa, permettendo ad un terzo complice di avvicinarsi al registratore di cassa e, con mossa fulminea, di aprirlo e di asportarvi le banconote presenti.
Dalla visione delle immagini di video sorveglianza, il personale della Squadra Mobile, riscontrava le dichiarazioni della responsabile ed accertava che uno dei tre malfattori coincideva con uno degli autori del furto perpetrato presso il supermercato CONAD il 26/07/2019.
Questi soggetti erano, tuttavia, sconosciuti nella provincia di Parma, ma, nell’ambito dello scambio info-investigativo con gli Uffici della Polizia di Stato del Nord-Italia, la Squadra Mobile di Parma apprendeva che, nell’ambito della c.d. “Operazione Santiago”, la Questura di Torino aveva identificato alcuni cittadini sudamericani resisi responsabili di furti aggravati in esercizi commerciali, ponendo in essere modalità simili a quelle riscontrate nei due furti sopra specificati.
Venivano dunque acquisite le foto di tutti i soggetti indagati presso il capoluogo piemontese e, all’esito delle successive attività di raffronto di tali foto con le immagini estrapolate dal sistema di videosorveglianza riferite ai furti perpetrati presso il CONAD ed il SIGMA, nonché all’esito del riconoscimento effettuato dalle commesse dei due esercizi in sede di individuazione fotografica, si acquisivano gravi indizi di reità a carico di PESSOA Emilio (di nazionalità argentina, classe ’87), MUNOZ QUEGLAS Jonathan Andres (di nazionalità cilena, classe ’89), BADILLA PAVEZ Luis Alejandro (di nazionalità cilena, classe ’85), DIAZ DIAZ Vladimir (di nazionalità cubana, classe ’90), nonché di un quinto soggetto di nazionalità cilena.
Ad eccezione di quest’ultimo -che si è sottratto alle ricerche ed è tuttora ricercato- nei confronti degli altri quattro è stata eseguita la misura della custodia in carcere ed i predetti sono ora reclusi presso gli istituti penitenziari di Cremona, Biella e Cuneo dove sono stati rintracciati.
I militari del Gruppo della Guardia di finanza di Parma hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Parma a seguito di richiesta della locale Procura della Repubblica (Pubblico Ministero dott. Umberto Ausiello), sui saldi di conto corrente, nonché sui beni mobili ed immobili nella disponibilità di un imprenditore parmigiano, per i reati di omessa dichiarazione e di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
L’attività investigativa è nata da un controllo di routine al confine italo svizzero, effettuato nei confronti di un imprenditore parmigiano attivo nel settore del commercio di orologi di lusso (tra cui Rolex, Panerai, Audemar-Piguet, Cartier, Tudor), nel corso del quale i finanzieri in servizio di polizia valutaria hanno sequestrato 50.000 euro in contanti, celati all’interno di un calzino, nonché una decina di orologi di pregio.
La successiva attività di polizia giudiziaria, svolta dal Gruppo della Guardia di Finanza di Parma in esecuzione di delega da parte della Procura della Repubblica di Parma, ha permesso di ricostruire il meccanismo fraudolento attraverso il quale P.C, di 73 anni, è riuscito ad occultare al fisco italiano, dal 2013 al 2018, ricavi superiori a 14 milioni di euro, con un’imposta evasa pari a 3.200.000 euro.
In particolare, è emerso come l’imprenditore, pur operando stabilmente su tutto il territorio nazionale, agisse formalmente con una propria società con sede a Londra, attraverso la quale acquistava gli orologi di lusso nuovi, provenienti da rivenditori italiani concessionari ufficiali delle più note griffe del settore. Gli orologi, che di fatto non sono mai stati trasportati nel Regno Unito, venivano rivenduti, sul territorio nazionale, a gioiellerie, ad altri rivenditori ed a soggetti privati come beni usati, con un notevole illecito risparmio fiscale.
Tale stratagemma, che ha alimentato tra l’altro il c.d. “mercato grigio”, ha consentito all’imprenditore parmigiano di piazzare sul mercato, a prezzi altamente concorrenziali, orologi di lusso di elevatissimo valore.
Le investigazioni di polizia economico-finanziaria -eseguite attraverso perquisizioni personali e locali, esame di documentazione contabile ed extracontabile ed escussione di persone informate sui fatti- hanno consentito di dimostrare come l’azienda inglese fosse, in realtà, una società esterovestita, ovvero un’impresa fittiziamente situata all’estero, di fatto residente nel territorio nazionale, utilizzata allo scopo di avvalersi di un regime fiscale, nel caso specifico, molto più vantaggioso.
L’ingente ammontare dell’imposta evasa ha fatto scattare a carico dell’amministratore la denuncia alla locale Autorità Giudiziaria per il reato di omessa dichiarazione finalizzata all’evasione dell’imposta sui redditi e dell’IVA.
Peraltro l’imprenditore in questione, dopo l’avvio degli accertamenti da parte della Guardia di Finanza, aveva fraudolentemente donato al coniuge tutti i beni immobili a lui intestati, evidentemente allo scopo di sottrarli alle pretese del fisco.
Per questo motivo, P.C. è sottoposto ad indagini anche per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, reato previsto proprio per chi compie atti fraudolenti sui propri beni al fine di rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva.
Onde garantire il rientro nelle casse pubbliche di quanto non versato, su proposta della Polizia giudiziaria, la Procura della Repubblica di Parma ha richiesto il sequestro dei beni posseduti dall’amministratore, applicando il particolare strumento di contrasto patrimoniale del sequestro per equivalente, ossia il “blocco” di beni riconducibili al soggetto cui è ascritto il reato, per un valore pari al danno cagionato allo Stato dall’evasione fiscale.
Accogliendo la prospettazione accusatoria, il GIP presso il Tribunale di Parma, dott. Mattia Fiorentini, ha disposto il sequestro di disponibilità finanziarie della società e dei soci dell’impresa, tra cui conti correnti, immobili e terreni, per un valore di oltre 3.200.000 euro
Parma 20 dicembre 2019 - Nella notte tra il 4 ed il 5 maggio scorso, come già riportato dagli organi di stampa, un quarantenne parmigiano veniva brutalmente aggredito da tre uomini “con accento straniero” che gli portavano via l’orologio ed il borsello contenente il proprio portafogli con una piccola somma di denaro all’interno, il telefono cellulare e documenti.
L’uomo, uscito da un locale dove aveva trascorso la serata con degli amici, mentre si recava verso il parcheggio Toschi, giunto nei pressi della Pilotta, veniva avvicinato da un ragazzo che gli chiedeva l’ora e, dopo pochi secondi, quest’ultimo, insieme ad altri due uomini che si erano repentinamente avvicinati, lo aggredivano con violenti pugni al volto, facendolo rovinare a terra; con l’uomo in terra, i tre continuavano a colpirlo anche con calci al capo e, nel frattempo, gli sfilavano borsello ed orologio per poi far perdere le proprie tracce.
La vittima, a seguito dei fatti, riportava la frattura bilaterale della mandibola, la frattura scomposta dell’omero e di un dito e delle contusioni multiple su tutto il corpo. Il tutto avveniva in una zona che, in ragione dell’orario e della pioggia battente, era completamente deserta e, pertanto, non vi era alcun testimone che potesse orientare le prime indagini.
Gli investigatori della Squadra Mobile, attraverso l’esame delle immagini di tutte le telecamere presenti in zona, riuscivano ad individuare i tre responsabili della violenta rapina ed a documentarne gli spostamenti prima e dopo l’aggressione, tuttavia, i loro volti apparivano del tutto sconosciuti: i dati raccolti consentivano di ipotizzare che i tre rei fossero originari dell’Europa dellest, ma, nonostante l’impegno degli agenti della Polizia di Stato, non appariva possibile risalire all’identità dei tre soggetti.
Nel frattempo, su delega del PM titolare dell’indagine, dr.ssa Daniela NUNNO, venivano avviate le attività di intercettazione sul telefono della vittima - trafugato dai rapinatori - ma anche su questo versante non vi era alcun esito, in quanto i responsabili del fatto se ne erano probabilmente disfatti.
Una prima svolta alle indagini, però, è giunta dall’analisi dei tabulati dello stesso telefono, in quanto si accertava che i malfattori, poche ore dopo la rapina stessa, lo avevano utilizzato con una scheda sim rumena per inviare alcuni messaggi.
Anche l’intercettazione di questa utenza non ha sortito alcun risultato; e tuttavia il lavoro di analisi sul traffico telefonico generato dall’utenza stessa, ha consentito di individuare altre due utenze che con questa avevano avuto dei contatti nei giorni precedenti e successivi alla rapina e che, in particolare, avevano agganciato nella notte tra il 4 ed il 5 maggio le “celle telefoniche” del centro di Parma.
Appariva dunque che le tre utenze telefoniche fossero molto probabilmente quelle in uso ai tre rapinatori, ma la loro identità era ancora sconosciuta.
Un ulteriore dato emerso dall’analisi del traffico telefonico ha, però, aggiunto un altro tassello decisivo: le tre utenze, nel pomeriggio del 5 maggio, quindi poche ore dopo la rapina, avevano agganciato per varie ore le “celle telefoniche” nei pressi della stazione centrale di Milano.
Sulla scorta di questa informazione, attraverso la consultazione della Banca Dati in uso alle Forze di Polizia, si è proceduto ad una verifica dei cittadini rumeni controllati presso il capoluogo meneghino nei primi giorni di maggio e, da una cernita delle foto segnaletiche di questi, sono stati individuati 3 soggetti che erano stati controllati in corso Buenos Aires e condotti in Questura dagli Agenti del Commissariato “Lambrate” nel pomeriggio del 5 maggio.
I tre erano stati identificati in HOANCA Laurentiu Valentin classe ‘85, MIHALCEA Daniel Ionut classe ‘91 e TOADER Ninel Georgel classe ’91.
Il confronto tra le foto dei tre soggetti controllati dai poliziotti milanesi ed i fotogrammi estratti dalle registrazioni che immortalavano i tre responsabili della rapina, costituiva ulteriore conforto alla ricostruzione che si stava delineando.
Il tassello definitivo veniva inserito grazie all’individuazione fotografica effettuata dalla vittima, la quale riconosceva in TOADER colui che per primo lo aveva aggredito con una gragnuola di pugni ed in MIHALCEA colui che gli aveva materialmente sottratto il borsello e l’orologio, mentre non riconosceva l’HOANCA che, probabilmente, per la concitazione, non aveva visto bene in volto.
Alla completezza della ricostruzione hanno contribuito anche i plurimi controlli subiti dai tre, insieme, in varie città di Italia.
Nei confronti dei tre rapinatori è stata dunque emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere e, stante la loro irreperibilità sul territorio nazionale, il PM titolare dr.ssa Daniela NUNNO ha chiesto ed ottenuto l’emissione di Mandato d’Arresto Europeo.
Attraverso il pronto coinvolgimento del Servizio Centrale di Cooperazione Internazionale di Polizia, è stata immediatamente attivata la Polizia rumena che, nel breve volgere di pochi giorni, ha comunicato l’avvenuto arresto di MIHALCEA Daniel Ionut, TOADER Ninel Georgel ed HOANCA Laurentiu Valentin, in esecuzione del provvedimento dell’AG Italiana: mentre i primi due sono stati raggiunti dal provvedimento all’interno di una Casa di reclusione rumena, dove sono reclusi in espiazione di delitti commessi in Romania, l’HOANCA, in data 1 dicembre, è stato rintracciato e tratto in arresto dalla Polizia Rumena e sono state avviate le procedure per la consegna all’Italia.
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