Con la parola d'ordine "consapevolezza" quale antidoto, per usare le parole del capo della Polizia Franco Gabrielli, "da inculcare nei tessuti sani della nostra società come si sta facendo qui a Reggio", si è chiuso questa mattina (ieri ndr) "Noicontrolemafie", il Festival della legalità promosso per l'ottavo anno dalla Provincia di Reggio Emilia in collaborazione con i Comuni e la Corte Ospitale di Rubiera.
Un gran finale che ha portato in città i vertici nazionali della lotta alla criminalità organizzata: oltre a Gabrielli, un altro "caro amico" di Reggio come il procuratore capo del Tribunale di Catanzaro Nicola Gratteri e i comandanti dei reparti speciali di Carabinieri, il generale Pasquale Angelosanto che guida il Raggruppamento operativo speciale (Ros), e Guardia di Finanza, il generale Alessandro Barbera, al vertice del Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (Scico).
Per oltre due ore si è fatto il punto della situazione nel contrasto alla criminalità da parte di istituzioni e cittadini.
Lo si è fatto insieme a loro - a partire dai tanti amministratori pubblici e soprattutto dai tanti studenti che hanno gremito l'Auditorium del Credem – e lo si è fatto proprio qui a Reggio Emilia, a tre anni di distanza dall'indagine Aemilia. E alla consapevolezza che cosa nostra, 'ndrangheta e camorra non sono un fenomeno circoscritto al Sud Italia, può oggi unirsi anche la consapevolezza che questa città e questa provincia hanno saputo reagire, nel modo giusto, al ciclone Aemilia.
Lo ha certificato, chiudendo la mattina, proprio il capo della Polizia (che tra l'altro, dal 2010 al 2015, ha guidato anche la Protezione civile italiana): "Quando si passerà dalla cronaca alla storia, si dirà che qui in Emilia, nel secondo decennio del nuovo millennio, ci sono stati due terremoti - uno naturale ed uno antropico – ma che ad entrambi avete saputo reagire con l'atteggiamento giusto". Ed eliminando, per l'appunto, quella "non consapevolezza che è elemento di debolezza in ogni azione di contrasto".
"Nel 2012 non eravate consapevoli di essere un territorio sismicamente delicato e il maggior numero di vittime si verificò perché molti capannoni erano stati costruiti in maniera non adeguata: ma avete fatto tesoro di quella esperienza, c'è stata una generale presa di coscienza del fenomeno e avete saputo costruire un percorso che oggi vi rende più sicuri. E in questo stesso modo avete reagito all'inchiesta che nel 2015 vi ha dato contezza dell'infiltrazione della 'ndrangheta in questa terra", ha aggiunto il capo della Polizia invitando i reggiani a "proseguire su questa strada perché i tentativi delle mafie di infiltrarsi al Nord non avranno comunque mai fine: quello che dobbiamo fare è evitare che rimanga una patologia e non si trasformi in fisiologia".
Quello di Gabrielli è stato l'ultimo di una lunga e qualificata serie di interventi aperta dal presidente della Provincia di Reggio Emilia, Giammaria Manghi, che ha spiegato come "siano ormai 40.000 gli studenti che abbiamo coinvolto in questi otto anni sui temi della legalità". "Questo costante impegno sul fronte culturale per sviluppare la formazione e la conoscenza della generazione che cresce è uno dei pilastri fondamentali sui quali si regge la nostra azione di contrasto alle mafie - ha proseguito – Poi ci sono le istituzioni, a partire dal quotidiano lavoro del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica; dalla decisione, non scontata, di far comunque celebrare il processo Aemilia a Reggio facendo scendere direttamente in campo tanti amministratori pubblici, attraverso la costituzione di parte civile, per chiedere il ristoro dei danni anche morali patiti dalle nostre comunità; dalla lunga e proficua stagione dei protocolli antimafia che nessun altro territorio può vantare e che rende oggi le pubbliche amministrazioni più solide nell'evitare i rischi di infiltrazione mafiosa".
Dopo i saluti del prefetto Maria Forte – che ha tra l'altro ricordato "i 108 provvedimenti interdittivi antimafia emessi in questi ultimi anni" e sottolineato "la speciale sinergia tra istituzioni e società civile che hanno saputo fare fronte compatto" - del sindaco Luca Vecchi e del presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, è stato il direttore scientifico di "Noicontrolemafie", il saggista e storico dei fenomeni criminali Antonio Nicaso, ad introdurre i relatori sottolineando a sua volta l'importanza della consapevolezza. "Anche negli Stati Uniti la lotta alla mafia fece il decisivo salto di qualità quando Robert Francis Kennedy, dopo anni di negazionismo, fece capire al Paese che non si era davanti ad una cospirazione aliena, riconoscendo per la prima volta che il fenomeno era interno e non esogeno – ha detto – Finalmente anche in Italia abbiamo smesso di dare la colpa al soggiorno obbligato, ma abbiamo compreso che la criminalità organizzata si radica al Nord perché c'è una reciprocità funzionale tra imprenditori, certi politici e mafiosi: come ci ricordano le intercettazioni "se vengono da noi, significa che hanno bisogno di noi"...".
Dal generale Pasquale Angelosanto, comandante del Raggruppamento operativo speciale (Ros) dei Carabinieri è quindi arrivato un invito a "non generalizzare – sarebbe un errore, perché se tutto è mafia alla fine nulla è mafia" e a prestare particolare attenzione alla 'ndrangheta, "perché quella calabrese è oggi la punta più avanzata delle mafie, quella dall'agire più evoluto e sofisticato e rappresenta, dunque, la minaccia maggiore". Cosa può fare la società civile? "Atti concreti, perché la legalità va praticata, non può essere solo pronunciata e tanto meno delegata" e dunque – ha aggiunto rivolgendosi ai ragazzi – "bisogna osservare sempre non solo le leggi, ma anche le regole organizzative della scuola, dei concorsi, del codice stradale: e non chiedere mai favori a nessuno, perché finireste per doverli ringraziare per tutta la vita rinunciando alla vostra dignità e libertà".
Anche il generale Alessandro Barbera, comandante del Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (Scico) della Guardia di finanza, ha voluto "approfittare di questa bellissima occasione per parlare con il cuore al vostro cuore: la mafia è il cancro della società, ma possiamo sconfiggerlo facendo anche noi rete come loro e comprendendo il fenomeno, perché conoscere significa poter prendere le necessarie precauzioni". "Oggi la priorità è il contrasto all'economia illegale, agli enormi patrimoni illeciti che vengono riciclati e abbiamo bisogno di voi, dell'apporto delle scuole e delle istituzioni, e che siate consapevoli del pericolo che la mafia rappresenta – ha concluso – Per fortuna in Italia abbiamo il sistema giuridico di contrasto più avanzato al mondo contro il crimine organizzato, un patrimonio che tutti ci invidiano che è frutto della nostra esperienza e anche del sacrificio di molte persone che hanno dato la vita nella lotta alla mafia: ed è soprattutto per loro che dobbiamo avere questa consapevolezza".
Come sempre estremamente coinvolgente per i ragazzi, ma anche denso di proposte operative, l'intervento del procuratore Nicola Gratteri, una delle presenze storiche del Festival della legalità reggiano. "Purtroppo prevedo che aumenteranno sensibilmente i Comuni sciolti per mafia, a causa della sempre più forte commistione tra criminalità organizzata e politica e al ribaltamento dei ruoli che si è verificato: oggi sempre più candidati vanno a cercare i mafiosi perché purtroppo il politico, sul territorio, si vede il mese prima delle elezioni, poi per 4 anni sparisce, e così è la mafia ad occupare sistematicamente una città o una provincia e a dare, a modo suo, risposte ai cittadini", ha esordito. "Però oggi il commissario prefettizio viene percepito come una sorta di congelamento della vita amministrativa del paese e noi uomini delle istituzioni non dobbiamo dare questa impressione – ha aggiunto - Servono prefetti che stiano in Comune sette giorni su sette, non a scavalco, e abbiano pieni poteri pieni, compreso quello di annullare le delibere, gli atti, anche le assunzioni compiuti da quella amministrazione, perché il comandante dei vigili urbani potrebbe essere anche la figlia del capomafia del paese".
Dopo essersi detto "molto confortato dal livello qualitativo della nostra polizia giudiziaria, perché nella loro testa è rimasta la cultura del controllo e della conoscenza del territorio, ed è un patrimonio che dobbiamo tenerci e insistere a potenziarlo", Gratteri ha rivolto un accorato appello ai ragazzi: "State lontani dalla mafia, anche perché delinquere non conviene: la ricchezza è tutta nelle mani dei capimafia, dinastie che si comportano come i regnanti del Settecento, tutti gli altri sono utili idioti morti di fame...".
Un’ora di confronto serrato e operativo tra il capo del Dipartimento nazionale, Franco Gabrielli, e tutto il sistema locale della Protezione civile.
Reggio Emilia 16 Marzo 2014 ----
Prima dell’incontro con la cittadinanza promosso per ieri pomeriggio dal Lions club Canossa Val d’Enza, il capo della Protezione civile ha voluto incontrare tutto il sistema reggiano: dalle istituzioni, a partire dal prefetto Antonella De Miro e dalla Provincia di Reggio Emilia con la presidente Sonia Masini e la responsabile Federica Manenti, al volontariato, dalle forze operative a quelle di soccorso alle strutture tecniche. Un sistema che il prefetto Franco Gabrielli ben conosce – quella di oggi era la sua quarta visita nella nostra provincia negli ultimi due anni – e nei confronti del quale ha sempre dimostrato grande stima e attenzione, tanto che la presidente Masini, nel corso del saluto portato all’incontro del Lions club, ha suggerito che “meriterebbe la cittadinanza onoraria”.
Ma soprattutto, un sistema che funziona, come ha dimostrato nella tante avversità che è stato chiamato a fronteggiare in questa terra e non solo.
“Purtroppo questi ultimi anni hanno dimostrato l’immensa fragilità del nostro territorio – ha esordito la presidente della Provincia di Reggio Emilia, Sonia Masini – Abbiamo i terremoti causati da diverse zone sismogenetiche, pianura, Lunigiana-Garfagnana e Val d’Enza; abbiamo avuto trombe d’aria, grandinate, fiumi e torrenti in piena, ma soprattutto abbiamo un dissesto idrogeologico diffuso, con colline e montagne in continuo movimento. Di fronte a tutto ciò, la Provincia con tutte le altre componenti del sistema di Protezione civile ha saputo mettere in campo una notevole forza e capacità di coordinamento, ed è stata finora in grado di affrontare emergenze gravi come il terremoto del 2012: abbiamo un volontariato meraviglioso, abbiamo componenti tecniche e operative valide, abbiamo attrezzature e una cittadinanza matura, ma manca un sistema di prevenzione a livello nazionale. Servono maggiore attenzione e maggiori investimenti, così come anche a livello locale serve una maggiore consapevolezza perché, purtroppo, si tende ancora a voler costruire anche in posti sbagliati”.
Sono quindi intervenute la varie componenti di questo sistema, a partire dal presidente del Coordinamento provinciale delle organizzazioni di volontariato, Volmer Bonini, che ha illustrato il prezioso lavoro degli oltre 2.500 volontari raggruppati in 38 associazioni: “Insieme e grazie alla Provincia, svolgiamo un lavoro importante non solo nelle emergenze, ma anche in tempo di pace, con una formazione continua dei nostri volontari, con iniziative di prevenzione soprattutto nelle scuole e, primi in regione, stiamo per rendere operativa una Colonna mobile provinciale in grado di assistere ancora meglio altre realtà a noi vicine, come è accaduto recentemente nel Modenese”.
Dopo gli interventi dei vertici di Vigili del fuoco e Corpo forestale dello Stato, Ugo D’Anna ed Ernesto Crescenzi, di Sergio Alboni del 118-Reggio soccorso, Fabrizia Capuano di Arpa, Giacomo Teveri della Croce rossa e Domenico Turazza della Bonifica Emilia centrale, è quindi intervenuto il prefetto Franco Gabrielli, che ha innanzitutto risposto alla preoccupazione espressa da Volmer Bonini, e non solo, circa il futuro delle Province, che in questo sistema di Protezione civile da tempo svolgono un ruolo fondamentale.
“Conosco bene la realtà di Reggio Emilia, una provincia viva che ha compiuto un percorso virtuoso, in cui le istituzioni si parlano e cooperano – ha detto il capo della Protezione civile nazionale Franco Gabrielli - Capisco la legittima preoccupazione sul domani che io per primo condivido, perché a me, come ho evidenziato più volte, questa svolta istituzionale pone non pochi problemi specie in zone, come l’Emilia-Romagna, o anche la Lombardia e il Piemonte, in cui sono presenti molte realtà strutturate. Il mio auspicio, e in tal senso avremo una forte interlocuzione a breve, è che soprattutto in queste realtà non si disperda questo tipo di esperienza, anche perché il modello delle Unioni di Comuni non è assolutamente sufficiente a reggere il sistema: avremo un sindaco capofila, e gli altri si sentiranno deresponsabilizzati, mentre uno dei cardini del sistema di Protezione civile è proprio il ruolo del sindaco”.
“Da parte nostra faremo dunque una forte pressione, e invito voi stessi dal basso a farla, verso le strutture regionali, perché queste sistemi provinciali permangano in una logica di accrescimento e non di depotenziamento: anche perché la presenza sul territorio è fondamentale e una unica sede o struttura regionale non può garantirla”.
Dopo aver rimarcato la propria attenzione al mondo del volontariato – “in 3 anni e 4 mesi il mio bilancio ha subito una riduzione del 56%, ma la voce del volontariato non l’ho mai modificata…” – Gabrielli ha quindi sottolineato come il “territorio italiano sia doppiamente vulnerabile, perché geologicamente giovane e pesantemente stressato, specie di fronte ai fenomeni estremi ai quali sempre più spesso dobbiamo assistere”. “Anche per questo ho proposto una sorta di moratoria di 10 anni alle nuove costruzioni per destinare risorse alla messa in sicurezza del già edificato, alle troppe scuole ancora non antisismiche, a un patrimonio storico-architettonico che rappresenta un punto di forza del nostro Paese ma che rischiamo di perdere – ha aggiunto – Questo consentirebbe anche di fornire una spinta alla ripresa economica, oltre a permetterci di alleggerire la pressione su un territorio già eccessivamente antropizzato”.
(Provincia di Reggio Emilia)
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