Vignali: “Momento drammatico per molti. Nessuno resti indietro”. Frà Michele: “Forte aumento degli accessi alla mensa: quasi 160 al giorno”.
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Di Antonio Nunno (foto e report) Parma. 13 gennaio 2023 - Il nostro report fotografico continua alla scoperta della parte esterna di un edificio religioso, sito alla Barriera Farini, un tempo strada di ingresso dei mercanti genovesi.
La cerimonia dei guanti bianchi e la Messa d'Oltretorrente che apre la giornata del Patrono è tornata nell'Oratorio di Sant'Ilario
Si conclude con la celebrazione della santa messa nel Duomo di Parma la giornata dedicata al patrono della città di Parma.
(Foto di Francesca Bocchia)
Il Messaggio del Vescovo di Parma, Monsignor Enrico Solmi, in occasione della festa patronale
PARMA 2020 CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA
La solennità di Sant’Ilario apre “Parma 2020 Capitale italiana della cultura”. Un’iniziativa promossa dal Governo alcuni anni fa e volta a «valorizzare i beni temporali e paesaggistici e a migliorare i servizi rivolti ai turisti»1. La nostra città ha meritatamente raggiunto questo riconoscimento e si appresta a viverlo con molteplici iniziative.
Credo di interpretare il pensiero di tanti nell’affermare la volontà di mostrare «lo straordinario patrimonio umano e artistico»2 di Parma, l’immagine, lo stile di vita proprio della nostra città che, acquisito nel tempo, contribuisce a delinearne lo spessore culturale.
Più che una vetrina o una autocelebrazione, quest’anno rappresenta un’occasione unica per guardare in avanti, poggiandosi sulle spalle di una ricca storia.
UNA PROSPETTIVA PARTICOLARE
Ad emblema consideriamo la Chiesa di San Francesco del Prato, il suo restauro architettonico e il suo recupero al culto.
Lo assumiamo come esempio mettendoci in ascolto delle parole decisive che Francesco d’Assisi udì nella Chiesa diroccata di San Damiano: «Francesco va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina»3. Le coniugheremo con alcune realtà nelle quali si esplicita il significato di “casa”, senza dimenticare la casa in quanto tale. L’abitazione di persone e di intere famiglie, che rimane un problema aperto per la nostra città, come per tante altre.
Portare a termine progetti concreti a tal fine è un indicatore della nostra cultura e responsabilità civica.
Parma è bisognosa di alloggi per situazioni disagiate, non possiamo dimenticare i 239 sfratti attuati nel 2019. Un dato inquietante da valutare con attenzione e da affrontare con proposte attuabili. Altrettanto urgente è la richiesta di case accessibili «per favorire il formarsi di nuove famiglie... Dobbiamo – infatti – riporre fiducia nelle famiglie italiane. Su di esse grava il peso maggiore degli squilibri sociali. Hanno affrontato i momenti più duri, superandoli. Spesso con sacrificio. Fornire sostegno alle famiglie vuol dire fare in modo che possano realizzare i loro progetti di vita. E che i loro valori – il dialogo, il dono di sé, l’aiuto reciproco – si diffondano nell’intera società rafforzandone il senso civico»4. Così ha affermato il Presidente Sergio Mattarella nel discorso di fine anno.
«Francesco va’, ripara la mia casa» rappresenta un’esortazione che riferiamo alla Chiesa di San Francesco del Prato, alla città, “casa di tutti”, al Creato, la casa comune, e alla nostra comunità cristiana.
Riparare è un verbo che parla al futuro. Riconosce infatti che occorre intervenire nel presente per preservare e migliorare qualcosa che si vuole far durare nel tempo. Lo accogliamo, allora, con piacere, con gratitudine ed anche con cosciente responsabilità.
PARLANDO DI “CULTURA”
La nostra è una comunità sempre più composita. La variegata realtà di persone e di mondi che la abitano crediamo guardi con simpatia l’autore del Cantico delle Creature ed accolga, con meno difficoltà di quanto si potrebbe pensare, la Voce che lo ha chiamato a “riparare la casa che è in rovina”.
La connessione tra San Francesco del Prato, la Città, la Chiesa e il Creato, parla di uno stile di vita della nostra collettività e lo riconosce dinamico, componendo la storia che ci ha segnati, con l’oggi nel quale si prospetta la città del futuro5. Una cultura “alta” e insieme spicciola, quotidiana, che fa unità nella definizione di san Giovanni Paolo II: «Ciò per cui l’uomo diventa più uomo»6. Con una simile visione cerchiamo di specificare il significato del termine “cultura”. Lo troviamo in molti casi non lontano dal volto e dalla vita della città e della gente e gravido di sorprendenti e impegnative potenzialità.
“Parma 2020 capitale italiana della cultura” non è soltanto un crescendo di cose belle da vedere o un indotto che aumenta gli introiti, ma può e deve significare e stratificare livelli diversi di benefici, partendo da un rinnovato amore per la città, ponendo alla sua base la creativa armonia di “bello e buono” e di “giusto e vero”.
Parlare di cultura, infatti, significa osservare un poliedro che tutti esperimentano7.
La mente va all’eredità trasmessa dalla storia, dal mondo classico, che ricorre ad un’immagine agricola, cara alla nostra terra: cultura (dal latino colere “coltivare”) come coltivazione dell’uomo nella sua vita interiore, mediante il vero, il bene, il giusto, il bello. Valori assoluti e universali8. Un riferimento che si ripropone oggi nell’educazione, impegnativo dovere tra le generazioni: aiutare a crescere la persona è fare cultura!
La cultura si estende anche al frutto di questa “coltivazione dell’umano” per indicare il patrimonio di verità e di bellezza acquisito ed espresso da una persona, per poi estenderlo, in forma analogica, alla collettività, alla nazione. Si identifica così la cultura, con le sue scuole e i suoi istituti, con la produzione filosofica, letteraria, giuridica, artistica, musicale.
La concezione di cultura si è nel tempo arricchita di significati ulteriori andando ad esprimere la «totalità condivisa degli elaborati e dei comportamenti in tutti i campi di una specifica popolazione»9. Si può cogliere così che alcuni valori e atteggiamenti sono particolarmente rilevanti in una certa cultura e si può identificare, in essa, una gerarchia di valori, proposta e accettata.
Ogni gruppo umano ha e manifesta una sua cultura. Da qui dovrebbe nascere il rispetto verso le molteplici espressioni del vivere, insieme al desiderio di dialogo nell’incontro tra stili di vita diversi, potenziali latori di un contributo significativo per l’altro. In questo senso parliamo di dialogo tra culture, ma anche di cultura del dialogo, intesa come disponibilità permanente ad accogliere i valori altrui e a confrontarsi con essi.
Considerando queste facce del poliedro possiamo legittimamente fare riferimento a quella che si è rivelata nella storia, e nella nostra storia parmense, come cultura cristiana. Essa elabora e attua, sulla fonte del Mistero dell’incarnazione, un percorso per “coltivare l’umano”; si manifesta in un popolo, la Chiesa, capace di innestarsi in ogni realtà con un confronto franco e dialogante; forgia uno stile di vita che si rivela, pure nell’arte, valorizzando tutte le sue espressioni, perché nulla che sia umano è alieno dalla fede nel Cristo, vero Dio e vero uomo, morto e risorto per tutti10. “Parma 2020 capitale italiana della cultura” costituisce un grande impegno. Non può essere quindi soltanto lo scintillio di un momento, né un’operazione di marketing: è per tutti il fermo immagine della nostra storia, per riprendere una proiezione sul futuro, senza l’esclusione di nessuno.
“Parma 2020 capitale italiana della cultura” riserva infatti grandi potenzialità per “riparare” l’intera comunità. Utopia? La cultura, con il suo portato etico, offre un luogo, una casa all’utopia.
«RIPARA LA MIA CASA»:
LA CHIESA DI SAN FRANCESCO DEL PRATO
Vale la pena soffermarsi sul significato simbolico del suo recupero. Un’espressione di fede e di carità, sottratta al culto dall’occupazione napoleonica e trasformata da luogo di raduno del popolo di Dio a luogo di reclusione dei condannati. Rimasta per tanti anni abbandonata e vuota, nel 2020 ritornerà ad essere luogo di culto, aperta ad eventi consoni e importanti, portando in sé la memoria viva di tutto ciò che è stata e di tutti coloro che in essa hanno pregato, sofferto, sperato, vissuto.
“Riparare” la Chiesa di San Francesco del Prato ricollega la città alla sua storia. Alla sua origine romana, alla via Emilia lungo la quale è stata fondata, e alle radici cristiane.
“Riparare” la Chiesa di San Francesco è prelevare da un tesoro di vita per investirlo nel presente e per il futuro. Costituisce un contributo a disegnare un modo di vivere che raccoglie la storia per confrontarsi con l’oggi. Simbolicamente con le periferie esistenziali, qui rappresentate dal carcere, concentrato di dolore, e di rinascita attraverso l’aiuto dei buoni, quali furono la beata Anna Maria Adorni e padre Lino Maupas. (MV 2019)
Ora, nel cantiere che restituisce armonie antiche e inesplorate immagini, nel riaffermarsi come Chiesa casa aperta a tutti, si svela una meraviglia sorprendente, mentre ancora sembrano udirsi volute di preghiere, urla di tribolazione, attese di speranze. Chi vorrà, potrà lasciarsi prendere da questi suoni, misurarsi in se stesso con domande rinnovatrici.
«RIPARA LA MIA CASA»: LA CITTÀ CASA DI TUTTI
Il valore del piccolo
La città è la casa di tutti e chi la ama se ne prende cura. La ripara e la migliora.
I parmigiani sono orgogliosi di vivere nella loro “petìte Capitale”, con l’accento sul sostantivo, giustificato
comunque dall’aggettivo. Al di là del permanente pericolo della vanagloria, si delinea un dato controverso, che crediamo sia da riscoprire: il valore del locale, anche del piccolo.
La geografia di Parma è un insieme di zone storiche (Centro e Oltretorrente) e di periferie che si mescolano con la loro diversificata valenza esistenziale. Se per periferia intendiamo, secondo l’accezione bergogliana, realtà a rischio di scarto e di crisi, le troviamo pure al centro della città. (MV 2018)
Il centro geografico di Parma è fatto di viali storici e di borghi con squarci raccolti che aprono all’incanto da gomiti di strade affacciantesi di colpo su piazze e monumenti.
Per Parma il borgo ha uno spiccato significato e parla del valore del piccolo: dal borgo al mondo! La storia lo testimonia. Tante eccellenze di Parma sono partite da un “borgo” e hanno raggiunto il mondo. Il pozzo della Chiesa di San Michele per fare il pane; la farmacia che confeziona rimedi e farmaci; l’officina che si inventa una pompa idraulica per i camion dismessi dall’esercito americano. Un bambino di campagna – Guido Maria Conforti – che va in una scuola relegata in un borgo, dove in una piccola Chiesa un crocifisso «parea dirgli tante cose» e dalle Colonne di quel borgo il suo sogno scavalca la Grande Muraglia.
Piccolo non è sinonimo di chiuso. Non è di per sé “sovranista”. Può favorire una coscienza profonda e uno slancio mondiale. Costruire nel piccolo, nell’oggi, con pazienza e bene, e formarsi, apre al mondo. Questo vale anche per le nostre realtà locali che, proprio nelle ricchezze che contengono, nella cura del particolare, anche, identitario, accumulano potenzialità universali.
Piccolo è bello perché è “cattolico”, cioè universale.
Il lavoro e il tempo
Risalta nella nostra cultura il valore del lavoro e della creatività legata alle tradizioni.
In questa logica, la Chiesa di Parma offre un’occasione unica, ispirata ad un’idea di cultura che è consapevolezza, memoria e progetto: l’esposizione dei Mesi e delle Stagioni di Benedetto Antelami in Battistero11. Il tema del tempo e del lavoro racchiude in sé l’intera esistenza umana; la cultura contemporanea avverte spesso il tempo che passa come un nemico, e il lavoro come un peso alienante quando c’è, e come un’angoscia quando non c’è. Le sculture dell’Antelami ci offrono una lettura profondamente cristiana che ha ancora voce nella nostra società: i dodici mesi rappresentano persone intente ai lavori agricoli, ma i loro abiti sono nobiliari. Il lavoro non è prospettato come servile, ma è il lavoro redento di chi si sente chiamato a collaborare nel custodire e nel coltivare il Creato, e a riparare, oggi, la “casa comune”. Occasione per una riflessione sul lavoro nella nostra realtà. Ai problemi che pone e alle opportunità che rappresenta. Anche ammirare da vicino le statue antelamiche consente, insieme ad uno sguardo alla cultura della città medievale, di interrogarsi sull’oggi globalizzato12.
Quale cultura del lavoro, nella vita della nostra città, fatta di borghi e di periferie, e di apertura al mondo?
Uno stile di vita a testa alta
Al di là delle controverse classifiche è evidente che qui a Parma c’è più lavoro. Si sta meglio che da altre parti e proprio questa condizione interpella sulla collocazione di Parma nel nostro pianeta. Dal borgo, dalla sua storia, per le sue eccellenze, Parma è città d’Europa (MV 2019) e del mondo.
Come può questa presenza contribuire al bene di tutti? Percorriamo questa domanda dal versante più difficile e chiediamoci: il nostro stile di vita grava su altri? Intendiamo persone e Paesi che non riescono a sollevarsi verso una condizione di vita più umana e giusta perché privati di ricchezze e risorse proprie. Mondo nel quale ritroviamo l’iniquo divario tra Nord e Sud, e dove i sistemi prodotti garantiscono ad alcuni una posizione alta, improntata sul superfluo e addirittura sull’eccesso, e che costringe invece persone, famiglie e Paesi interi, ad una vita più povera. Un sistema spesso favorito dalla piaga della corruzione13 e da forme più o meno esplicite di neocolonialismo.
Se non possiamo dire che la persona “che sta bene”, in quanto tale, ne sia direttamente colpevole, non possiamo neppure negare che sia priva di responsabilità se non si interroga sul suo stile di vita e sulla distribuzione delle ricchezze.
Un esempio ci è dato dal permanere del fenomeno dell’immigrazione che ha in questo squilibrio una delle sue cause. «Aiutiamoli a casa loro» non deve significare un disimpegno o una delega, ma porta a mettere in discussione il nostro modo di vivere.
Oggi viviamo una grande occasione per rivalutare tante cose che abbiamo messo in ombra. Persone che vengono da “fuori” possono offrirci stimoli giusti per facilitare un ripensamento. Non è un caso se sono tra noi. Ma si impone la domanda: faranno in tempo a dirci questo o saranno già imbrigliati da un sistema che li omologa più che creare una relazione costruttiva tra diversità? Con loro può rinnovarsi la nostra cultura.
Un segnale di questo disagio è l’accrescersi della forbice (MV 2009; 2011; 2014; 2015; 2016; 2019) nella qualità della vita tra chi può tanto o tantissimo e chi può meno e sempre meno. Anche oggi a Parma ci sono i poveri14 all’interno dei quali una percentuale è in condizioni materiali, sociali e psicologiche da non reggere una progettualità e pertanto vive nella dipendenza di altri, come gli istituti preposti che non possono non farsene carico, e gli enti solidaristici e caritativi che godono di una particolare, sia pur fragile, forza creativa che necessita di essere sostenuta secondo il principio di sussidiarietà.
In questa logica la proposta della Chiesa per “Parma 2020 capitale italiana della cultura” non può prescindere dalla carità e dalla solidarietà. Sostenendo e valorizzando ogni forma di volontariato e di prossimità finalizzata al sostegno di persone svantaggiate e alla promozione di una cultura dell’integrazione e dello sviluppo.
Parte integrante di questa proposta sono un itinerario nei luoghi della carità; la presentazione del Rapporto Caritas sulla povertà e l’associare alla mostra dei mesi dell’Antelami un’iniziativa solidaristica volta a “riparare” almeno una casa perché sia messa a disposizione di persone che non l’hanno. È possibile riparare la casa partendo dal piccolo, con la stessa creatività che ha portato parmigiani intraprendenti dal borgo a raggiungere l’intero pianeta.
Uno stile più sobrio, che sa scegliere con la testa alta guardando al mondo, favorendo sia una cultura degli “occhi negli occhi” che dello sguardo globale, costituisce una risposta alla portata di ogni persona di buona volontà.
La domanda che può sorreggere questo impegno è semplice: «Perché a me è possibile e ad altri è negato?». L’oggetto è una vita soddisfacente, con possibilità formative, sanitarie e abitative adeguate. Con un lavoro stabile.
Possono svilupparsi le condizioni per una sostenibilità globale. Non richiesta solo agli altri, ma che parte dalla persona, dal suo gruppo. Dal piccolo arrivo al mondo. Parma ce lo insegna.
«RIPARA LA MIA CASA»: IL CREATO, LA “CASA COMUNE”
Il Creato, l’ambiente, è la casa voluta per l’umanità. Deve essere con urgenza riparata perché va veramente in rovina!
Alla grande e doverosa preoccupazione per l’ambiente, va unita l’eguale preoccupazione educativa verso un’ecologia integrale. Lo ricorda l'enciclica Laudato si', sottesa a questo paragrafo.
L’ umanità ha una casa che le è data per tutte le generazioni. La custodia e la coltivazione della terra è vita. È scelta etica il valorizzarla e non il depredarla, è trasmissione e parte essenziale del bene comune che unisce il presente al futuro. È un doveroso atto di giustizia, in particolare verso i Paesi poveri, a rischio più di altri, e verso le generazioni che verranno. I segnali drammatici non possono essere elusi per incoscienza e prepotenza. È possibilità di vita per l’oggi e il domani, senza divenire un assoluto, perché non risponde alle domande intrinseche alla natura umana, non la salva, ma pone le condizioni perché la donna e l’uomo possano interrogarsi e accogliere una Parola a loro rivolta per vivere il bene nella pace. L’ambiente non è Dio, ma è il luogo dove incontrarlo, dove rintracciare le impronte che portano a coglierne l’immagine in ogni persona.
Danneggiare il Creato è offendere Dio e i suoi figli.
Riparare la casa, il Creato, riporta la persona al centro, come chi lo custodisce e lo coltiva, mai dunque come un distruttore. È necessario che la persona, la collettività, si riapproprino della coscienza di sé e del proprio mandato eco-logico15, ricollocandolo davanti alla responsabilità delle loro scelte. La questione eco-logica è questione umana, cioè etica.
La campagna e lo slogan «plastic–free», ad esempio, pone la domanda sull’assenza di un apporto educativo che faccia cogliere il senso del limite.
Il mito dell’usa e getta e di possibilità infinite di consumo è passato indenne in una generazione che non ha educato al valore delle cose, al rifiuto dello spreco, al rispetto del Creato. È stato dato per antiquato uno stile di vita che sapeva valorizzare le cose delle quali siamo custodi, senza sprecarle.
Dal mangiare frutta di stagione, all’utilizzo di utensili che basta lavare per usarli ancora, al godere del vetro e della ceramica piuttosto che irriderli perché desueti.
Al di là di reazioni emotive e manichee, siamo chiamati a recuperare, in realtà, un vero concetto di noi stessi, della nostra persona che fa un uso equo e buono del Creato e delle sue creature.
La scelta green sarà efficace se sarà life, cioè etica, facendo leva su una persona che torna amica del Creato custodendolo nell’alleanza tra giovani e adulti ai quali si chiede, specialmente in chi governa, amministra, tesse strategie industriali, una levatura alta, non chiusa nell’interesse dell’oggi, ma protesa al futuro.
“Parma 2020 capitale italiana della cultura” può guardare alla cultura eco-logica della nostra terra e scoprire, in forma critica, costumi sapienti di armonia tra le persone, gli animali, la campagna. Parma non è solo la città. Non possiamo dimenticare le questioni ambientali che anche il nostro territorio deve affrontare: pensiamo, ad esempio, al tema dell’acqua (alla sua qualità, allo spreco), delle acque (dalla siccità alle alluvioni), della qualità dell’aria e dell’inquinamento, dell’abbandono della montagna, con le inevitabili conseguenze negative dovute all’assenza del “custode”.
Spacchettiamo questi temi da un’arcadia anacronistica e scopriamo quanto siano attuali e necessari.
Pensiamo anche allo spreco del cibo – un impegno vero e simbolico: non sprecare mai il pane, tagliare quello che serve, se rimane consumarlo nel pasto successivo –, al chilometro zero che aiuta la pazienza di coltivare il tempo dell’attesa, ma anche alla logica dell’armonia portata nella vita, godendo delle cose belle per il loro intrinseco valore, in modo che tutti ne possano usufruire, e rinnegando con ferma decisione la “non- cultura” dello sballo. Non si fa una scelta green vivendo l’eccesso o buttando via in un sabato sera quanto serve ad un coetaneo povero per vivere una settimana.
Guardiamoci anche intorno per verificare se il raggiungimento di uno stile più sano non possa essere a beneficio, sia pure gradualmente, di un raggio sempre più ampio di persone, anche svantaggiate. Unire ai beni primari, che ancora sono richiesti e non da tutti raggiunti con continuità, una qualità di vita progressivamente più salutare. Una condizione che non può essere appannaggio di pochi e deve essere perseguita con un delicato e rispettoso incontro.
Dal piccolo si raggiunge il mondo che apprezza e cerca i nostri prodotti ed anche li contraffà, tanto sono ricercati e famosi. Siamo già nel mondo globale e ci troviamo quindi nella condizione di fare scelte eco-logiche responsabili e sostenibili a vantaggio di tutti.
«RIPARA LA MIA CASA»: LA CHIESA DI PARMA
«Francesco va’, ripara la mia casa», si riferisce alla Chiesa di Parma, semper reformanda, sempre bisognosa di venire riparata.
Come e quale specifico contributo può offrire la comunità cristiana? Quale sinergia condividere con la città?
Lo stesso San Francesco lo indica all’inizio della sua Regola: «Vivere il santo Vangelo», ovvero «seguire l’insegnamento e le orme del Signore nostro Gesù Cristo»16.
Possiamo interpretare «vivere il Vangelo sine glossa». Tendendo alla sua pienezza, senza annacquarlo. Come ha fatto Lui. E questo non gli ha impedito di essere una persona da tutti apprezzata, al contrario, proprio per gli effetti del Vangelo vissuto in pienezza, è universalmente benvoluto.
La Chiesa di San Francesco del Prato, con la comunità francescana, vorremmo portasse questa proposta e questo annuncio. Tenendo, così, aperte le porte per tutti. All’Università, agli studenti, in primis, ai docenti e al personale tecnico-amministrativo che vivono e operano tutt’intorno. In una cordiale vicinanza con questo opificio di cultura, che ha ottenuto meritatamente grandi riconoscimenti e si conferma per tutti comunità educante alla ricerca del sapere e della sapienza, in sintonia con l’apertura universale del Santo di Assisi.
La casa comune, il Creato, l’ambiente, richiedono una risposta ferma e non più procrastinabile. Non è la paura che ci salverà dalla distruzione, né elevare l’ambiente a unica ragione di vita, ma la convinta risolutezza che nasce da Dio, che ha voluto essere uomo e abitare la casa degli uomini. San Francesco, che fa del Vangelo sine glossa la sua Regula et Vita, prega «Laudato sii mi Signore per sora nostra madre terra» e chiude «Guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali».
Appello attualissimo perché il male inferto all’ambiente è un peccato eco-logico, dal quale redimersi con una decisa conversione. Pensiamo con piacere di celebrare san Francesco come patrono di questo movimento e raccogliere annualmente per la sua festa gli sforzi per “riparare” la “casa comune”. La Chiesa di Parma si adopera in una permanente educazione e conversione ecologica, profonda e tenace, perché fondata sul Vangelo. Le Nuove parrocchie, gli Oratori, le associazioni, e le varie iniziative messe in campo, sono alcuni tra i luoghi e le occasioni di questo impegno.
La casa di tutti è la comunità civile nella quale i credenti vivono con partecipazione leale e costruttiva. Il Vangelo ha generato preziose forme di solidarietà che hanno ispirato la cultura della nostra città ed oggi si ripropongono con creatività, coordinate dall’ opera costante e tenace della Caritas parmense, che così adempie ad uno dei compiti richiesti alla sua fondazione da Papa Paolo VI, ora Santo.
Anche il rinnovato impegno politico dei cattolici costituisce un servizio specifico alla città. Il Vangelo illumina la coscienza del credente a parteciparvi da cristiano assumendosene la responsabilità, non soltanto da solo, ma anche attivando gruppi che, condividendone i valori di fondo, possano offrire un loro contributo a quanto serve per il conseguimento della pace e del bene comune.
È tempo ormai che questo contributo sia visibile e meglio riconoscibile e non si perda indistintamente, ma piuttosto si qualifichi per un’interpretazione più alta della politica, nella quale la volontà di promuovere relazioni porti ad un dialogo, fosse solo a livello operativo, senza mai venire meno all’ ispirazione evangelica. A tal fine è di prossima apertura a Parma una scuola di pastorale sociale e politica, rivolta ai giovani.
«Ripara la mia casa» è per la Chiesa di Parma il gioioso coraggio del Vangelo.
Nelle generazioni. Ai figli non solo da piccoli, ma in particolare mentre crescono negli anni dell’adolescenza e quando sono giovani, in una trasmissione che assume il carattere del confronto e della conversione reciproca. È il ministero proprio di essere tramite della fede nel generare. È servizio essenziale per far crescere cristiani e cittadini.
Proprio verso i giovani la Chiesa di Parma dovrà chiedere perdono se rimane vuoto l’impegno assunto ad attuare il Sinodo sui giovani, la fede e il discernimento vocazionale, voluto da papa Francesco. Tornando alla catena delle generazioni, l’annuncio del Vangelo è anche nella tribolazione e nella vecchiaia: quando la luce ai passi quotidiani indica la meta della città di Dio – posta in alto come sulla cupola del nostro Battistero – o sembra celarsi dietro ombre e nubi.
Il Vangelo sine glossa è lampada che non può essere coperta quando si esce da casa, o da luoghi rassicuranti. Nella politica, nel lavoro come nel tempo libero, ovunque il Vangelo è una torcia che si alimenta all’aria dell’incontro e accende speranza e vita buona in tutte le situazioni che il cristiano vive. Non a caso, ma per un appuntamento che ha fissato la stessa Voce, che parlò a san Francesco. Il Vangelo prende il volto del cristiano accogliente e buono, diventando il Messaggio che tutti capiscono e che innerva la cultura della “esistenza per” del Signore, come del credente. Esso ripara le relazioni, isola la solitudine, lenisce le lacerazioni e converte il rapporto con il creato. Opera la pace.
Il Vangelo è il contributo della Chiesa semper reformanda: sia in colpevole fuga verso i tanti Emmaus, sia viandante che si avvicina a chi va senza meta e annuncia procedendo insieme; soccorritrice ferita che si presta ad assistere, o locanda fiduciaria del Signore Gesù, il Samaritano dell’umanità.
Il Vangelo sine glossa è la via della Chiesa, la verità che annuncia, la conversione che continua e la vita che invita a vivere.
Parma, 13 gennaio 2020
+ Enrico Solmi Vescovo di Parma Abate di Fontevivo
NOTE
1 Decreto Legge 31 maggio 2014.
2 Discorso del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, 31 dicembre 2019.
3 TOMMASO DA CELANO, Vita Seconda 10, in Fonti Francescane, n. 593.
4 Discorso Presidente... cit.
5 E. SOLMI, Messaggio per la Festa di Sant’Ilario, 2010, d’ora in poi: MV.
6 C.M. MARTINI, Sintesi conclusiva dei gruppi minori, Assemblea CEI, Roma, 25 maggio 1995.
7 L. MONTEZ, Una comunità che si coltiva, in Vita Nuova, 5 gennaio 2020, p. 7.
8 “Cultura” esprime, in latino, la forma plurale del participio futuro, ad indicare qualcosa che è ancora in embrione, di cui si intravvede l’abbozzo, ma che deve o, meglio, si vuole far crescere.
9 G. BIFFI, Memoria e digressioni di un italiano cardinale, Ed. Cantagalli, Siena 2007, pp. 221, 222.
10 Il termine cultura, infatti, porta in sé anche la parola cultus, ad indicare il patrimonio di tradizioni, di religio, di religione, da
cui non può prescindere.
11 Nei mesi di maggio – ottobre le statue antelamiche dei mesi e delle stagioni saranno esposte nel Battistero di Parma.
12 Nel ricco programma che la diocesi propone è previsto un convegno organizzato dall’Ufficio diocesano per la pastorale del lavoro dal titolo “Tutto è connesso”, 16 maggio 2020.
13 PAPA FRANCESCO, Udienza nella Sala Nervi ai magistrati e ai funzionari della Corte dei Conti, 18 marzo 2019.
14 Undicimila nuclei familiari secondo i dati rilevati dal 4° rapporto della Caritas, cfr. CARITAS PARMENSE, Rapporto sulla
povertà a Parma 2019.
15 Il termine stesso indica una progettualità razionale (logos) a favore della casa (oikos) comune.
16 SAN FRANCESCO, Regola non bollata, 1.1, in Fonti Francescane 4.
Sant'Ilario 2018 - Federico Pizzarotti: "Parma, una città in marcia che non intende fermarsi". Il discorso del sindaco Federico Pizzarotti per la cerimonia di Sant'Ilario 2018.
Concittadini e autorità, buongiorno a tutti.
Benvenuti alla cerimonia di Sant'Ilario patrono di Parma e dei parmigiani, giunta alla sua 31esima edizione, a testimonianza di quanto sia per tutti noi una sentita tradizione.
Ringrazio per la presenza le istituzioni, e assieme a loro le forze imprenditoriali e della società civile.
Ringrazio chi ha ricevuto la civica benemerenza e il premio Sant'Ilario, perché con la propria attività unita al sapere, all'esperienza e al grande impegno, ha contribuito a rendere Parma una città ambiziosa e vitale.
Impegno ed esperienza sono i fondamenti su cui è stata edificata la città, unite da un'ideale: fare sempre un passo oltre.
Chi possiede un'idea che nel mondo non è ancora nata; chi mette la propria scienza a disposizione di tutti; chi destina parte del proprio tempo al servizio degli altri; chi non è mai sazio di entusiasmo; chi è capace di trasformare una sconfitta nell'inizio di un nuovo cammino:
il Sant'Ilario è dedicato soprattutto a voi!
Anche oggi il tempo e la storia esigono da parte di tutti noi un passo oltre.
Oggi si apre una nuova stagione della vita e della politica di Parma.
Una stagione il cui bilancio vanta un attivo di successi, ma che registra al passivo criticità sulle quali dobbiamo intervenire.
D'altra parte, la vita di una città è un continuo progredire: come istituzioni puntiamo al progresso facendo del nostro meglio, attenti a non trascurare le aspettative delle persone che bussano alla porta del Comune.
Oggi, in ogni caso, si dà inizio al secondo tempo di una sfida aperta cinque anni fa.
Nel 2012 abbiamo preso il timone di una città in grande difficoltà: rispetto ad oggi, altre erano le sfide che ci attendevano, mentre l'epoca in cui viviamo era appena agli inizi.
Quando dico "un'altra Parma", intendo una città che guardandosi allo specchio si era rivelata a se stessa. Certo, bella come sempre, vitale senza ombra di dubbio, ribelle e battagliera come è stata nella sua storia. Ma vulnerabile e fragile:
si era riscoperta debole e piegata dai suoi stessi errori.
Per un sindaco non è facile fare ad alta voce queste riflessioni, tanto più in un giorno di festa, ma è doveroso e necessario.
Come in ogni fase della vita avere coscienza delle proprie debolezze, delle occasioni perse, degli errori fatali, è il primo passo per rifiorire.
Molti di noi hanno vissuto il tempo in cui si cade, seguito dal tempo in cui ci si rialza.
Ecco, il primo tempo di questa sfida è stato esattamente quel momento: la caduta, seguita da una forte volontà di rialzarsi.
È stato un impatto forte, e sono stati anni davvero intensi quelli che ci hanno portato sin qui.
Se mi chiedete, se ci chiediamo, "Che cosa ci hanno lasciato?", rispondo senza alcun dubbio: una maggiore maturità.
Non lo dico con spirito personale, non parlo solo di me in quanto sindaco.
Parlo di tutti noi, parlo di Parma: oggi viviamo in una città più matura, consapevole delle energie individuali, collettive e culturali che è in grado di esprimere.
Parma si è fatta spazio in un mondo fatto di città competitive e in corsa per diventare centri vitali e di progresso.
Il periodo che viviamo, marchiato dalla globalizzazione, è caratterizzato dall'emergere delle città come motore di sviluppo dei popoli e delle Nazioni.
Per quanto possa sembrare paradossale è proprio così: la crisi degli Stati nazionali coincide con la fioritura e la crescita delle più competitive città del mondo.
Consapevoli di questa rapida evoluzione, abbiamo messo in fila i fantasmi di Parma. Affrontandoli uno per uno.
Rapidamente, diamo loro un nome: debito pubblico; divario strutturale e arretratezza tecnologica delle scuole; cementificazione selvaggia; crisi del Teatro Regio; lenta dispersione del prestigio di Parma in Italia e in Europa; isolamento politico e istituzionale della città.
Sono stati i fantasmi maggiori, che a cascata ne hanno alimentati altri.
Affrontandoli la città ha vinto una prova difficile che i più davano per persa: superare le difficoltà e tornare protagonista nel Paese.
Dal palco del Paganini ci siamo lasciati nel 2017 con queste parole:
Per quanto grande e complicato sia questo mondo, nessuno potrà toglierci la soddisfazione di dire: c'è ancora tanto da fare, ma questa è la strada giusta.
Ed è da quelle parole che oggi inizia il secondo di tempo di Parma, che racconta di un progetto ambizioso.
Recuperato il divario che ci separava dalle città leader nel cammino del progresso, iniziamo il 2018 avendo davanti a noi un preciso obiettivo:
Fare di Parma una città compiutamente internazionale, laboratorio di modelli all'altezza delle più importanti città d'Europa.
Portare le qualità di Parma nel mondo, e le qualità del mondo a Parma, sarà l'ultimo atto di un percorso politico decennale.
Sarà una sfida faticosa e difficile, che giocheremo oltre i confini regionali e nazionali.
Una sfida già iniziata, che impegnerà Parma nella sua totalità. Impegnerà tutti: la Giunta, il Consiglio Comunale, imprenditori, lavoratori, commercianti, mondo universitario e sistema sanitario, che deve mantenere alto il suo livello di eccellenza, e assieme alle istituzioni puntare a nuovi percorsi di crescita e sviluppo della ricerca e della tecnologia.
Ogni centro di vita, di cultura e di sapere;
ogni singolo atomo di questa grande e ambiziosa città sarà chiamato a esserci: è il tempo di prepararsi.
È comunque una sfida alla nostra portata: siamo nati e viviamo nella città dei duchi e delle duchesse, coi loro palazzi eleganti e sfarzosi; siamo quelli della città di Giuseppe Verdi, di Arturo Toscanini, di Pietro Barilla; ma la nostra è anche la città di Padre Lino, di Guido Picelli, di Mario Tommasini, dei borghi e delle barricate; città nobile e al tempo stesso umile e solidale: una città che ha saputo essere sempre un passo oltre.
Il primo atto è stato compiuto nel settembre scorso, quando ci siamo candidati al titolo di Capitale Italiana della Cultura 2020.
Presto si conoscerà il nome del vincitore. Se non dovesse essere Parma, abbiamo progetti su cui continueremo a lavorare, presentandoci agli occhi dell'Italia e dell'Europa: 32 ambiziose idee che abbracciano arte, cultura, letteratura, musica e storia, e che troveranno vita in ogni edificio storico della città.
Il succo del discorso, però, è un altro:
ancora una volta, forse la più importante, la città intera si è stretta attorno a un'unica idea mostrando coesione e maturità.
È vero: in una città ognuno vive la propria vita, ma per quanto le strade di ognuno di noi siano differenti e lontane, unite formano un percorso.
Così deve essere, soprattutto nell'epoca della "confusione globale": la città è la somma di tante storie.
Perciò invito tutti a dimenticare i litigi della politica, le contrapposizioni a prescindere, ogni sentimento di divisione:
parliamo di Parma e facciamolo bene, perché tutti siamo chiamati a essere interpreti e protagonisti della nuova sfida:
il bottegaio che alla mattina alza la saracinesca; l'assessore che al pomeriggio studia come migliorare la vita di un quartiere; l'imprenditore che la sera rincasa dopo aver salutato i suoi dipendenti; l'operatore che la notte pulisce le strade.
Anche il Comune di Parma è chiamato a fare la sua parte, e sul piatto del cambiamento propone nuove importanti riforme:
a cominciare dal turismo e dalla promozione internazionale, porte d'accesso alla parte di mondo vivo e produttivo.
Investire sulla promozione internazionale significa dare una seconda vita a Parma: la prima è quella della quotidianità, scandita dai ritmi della vita e del lavoro della sua gente; la seconda è la vivacità e l'energia di una città con zaino in spalla, che viaggia, inventa, investe e crea, e che nulla ha da invidiare alle grandi d'Europa.
C'è poi una cosa che noi parmigiani, uniti, sappiamo fare bene:
offrire e promuovere la nostra tradizione.
Si può scegliere di rimanere piccoli vivendo della propria luce e subendo il progresso delle altre città, oppure farsi spazio governando il cambiamento in atto.
Gli ultimi passi di questo cammino sono stati importanti: a fine dicembre è stata presentata alla città la Fondazione Unesco, con il compito di promuovere attività e iniziative legate all'immagine di città della Gastronomia; si è poi dato vita a una cabina di regia legata al turismo, composta dal Comune, da nomi illustri del tessuto economico e dalle istituzioni, finalizzata a promuovere iniziative enogastronomiche di respiro nazionale e internazionale su tutto il territorio.
Siamo in marcia e non ci fermiamo, anche se c'è una questione che va precisata.
Churchill infatti diceva:
"Senza tradizione, l'arte è un gregge di pecore senza pastore. Ma senza innovazione, è un cadavere".
Decliniamo le sue parole su Parma: la tradizione è dentro di noi, va colta ed espressa in tutta la sua potenza.
L'innovazione invece è tutta da inventare.
Per essere competitivi all'esterno dobbiamo esserlo anche all'interno, recuperando il gusto e il coraggio di provare a fare cose sempre più grandi. E il cambiamento non può avere luogo senza la garanzia di una città sostenibile e di qualità, sotto ogni aspetto.
Avere servizi più efficienti; risparmiare sull'illuminazione pubblica; riportare in vita un edificio storico, aprire una nuova scuola o creare nuovi spazi per i giovani:
sono tutti segnali di una città sostenibile, attrattiva, dinamica e inclusiva.
Se la società corre, noi non freniamo ma ci mettiamo al passo. Le nostre politiche avranno successo solo quando all'idea assoceremo la concretezza del saper fare, non avendo paura di compiere vere rivoluzioni in alcuni settori chiave.
Per questo da oggi e per i prossimi anni saranno almeno due i cambiamenti di Parma:
la rigenerazione urbana, 2) e la riforma dei servizi e della qualità di vita della città, che da provincia emiliana ambisce a essere città europea.
La rigenerazione urbana sarà visibile soprattutto nelle periferie di Parma, che nei prossimi 10 anni cambieranno volto: ben quattro milioni di metri quadrati continueranno a essere suolo agricolo, mentre aree di profondo degrado diventeranno luoghi di cultura, vita e socialità, come ad esempio l'ex Star a Corcagnano, l'ex Bormioli e l'ex Manzini-Pasubio al San Leonardo. Ma come questi ultimi, tutti i quartieri avranno i loro piccoli e grandi interventi.
Al risveglio di queste strutture, infine, legheremo il ritorno alla vita degli edifici monumentali e dei luoghi di tradizione, come l'Ospedale Vecchio, il Parco Ducale, i Chiostri del Correggio, la Cittadella, e come noterete quando transitate da via Mazzini, il ponte Romano.
Rigenerare significa ridare battito e cuore a scheletri di cemento. Per noi, in più, significherà unire la vita del centro storico con le anime della periferia, ridando valore e benessere a luoghi che rappresentano il nostro passato.
E poi il grande cammino che in parte abbiamo già intrapreso, e che in parte proseguirà dopo di noi: migliorare la qualità della vita dei parmigiani, sfruttando la carta dell'innovazione e dell'evoluzione tecnologica.
Le cosiddette smart cities, le città intelligenti, costituiscono la vera sfida che i Governi di tutto il Mondo stanno affrontando. Fino a vent'anni fa sembrava assurdo anche solo pensare di migliorare la qualità dell'aria, ridurre il cemento aumentando gli spazi verdi, utilizzare telecamere in ogni angolo delle strade, monitorare il flusso delle automobili, autoprodurre energia limitando l'utilizzo delle materie prime, connettere le periferie al centro, e le città tra loro nel più breve tempo possibile.
Non sarà una sfida semplice né breve, ma è una sfida che dobbiamo vincere.
Il primo salto avverrà a partire da quest'anno, con lo sviluppo di una nuova mobilità.
Non significa cambiare senso di marcia alle strade, o realizzare nuove rotonde, ma compiere una vera e propria rivoluzione copernicana: da provincia italiana ambiamo a essere una città europea della mobilità.
Avremo il centro più pedonalizzato, agevolazioni per l'utilizzo delle auto elettriche, limitazioni al traffico più stringenti; daremo priorità assoluta alla qualità dell'aria, alle linee di trasporto urbano elettriche; incrementeremo le piste ciclabili intelligenti, il bike sharing e il car sharing.
Una città immobile è destinata al crepuscolo: pensate, ad esempio, alla crescita di Milano e al declino di Roma. Al contrario, una città che evolve mostrando un pizzico di impopolarità per scelte coraggiose, richiama a sé interesse, attenzione e investimenti.
Nelle scelte politiche si può agire da timidi o insicuri, in modo da non scontentare nessuno. Oppure si può decidere di essere audaci e determinati: noi scegliamo questa seconda via, perché in gioco c'è il futuro di Parma.
Riassumendo, ricordo a tutti noi le tre sfide che ci attendono a partire da oggi:
Essere competitivi all'esterno, mediante la promozione internazionale del turismo, della cultura, delle eccellenze del territorio;
Essere competitivi all'interno, con la rigenerazione del contesto urbano, con la rivitalizzazione delle grandi testimonianze architettoniche del passato;
Infine, il miglioramento della qualità della vita e dei servizi, per ambire a essere sempre più una città europea.
Ecco, finora abbiamo parlato di cosa vuole fare Parma da grande, e penso che siamo stati abbastanza chiari e netti.
Ora vorrei parlare dei parmigiani, perché una città non è plasmata solo da progetti, palazzi, strade o piazze, ma dalle sue mille vite. E parlarne è la cosa più difficile.
È difficile, perché quando la politica incontra la vita delle persone sembra sempre non arrivare alla méta. Sul piano della fiducia, per ogni passo avanti compiuto si rischia di farne tre indietro.
D'altra parte le ultime elezioni comunali hanno rappresentato un segnale forte in tutta Italia: l'affluenza ha registrato un livello basso.
Le cause superano i confini delle città, ma noi non vogliamo né dobbiamo ignorarle. Perciò liberiamo il campo dai fraintendimenti: se la politica che parla e non fa cerca sempre alibi, noi a Parma puntiamo alle soluzioni.
Le infiltrazioni mafiose nel territorio, contro cui le istituzioni si mostreranno ancora più risolute e robuste; il fenomeno migratorio non pienamente controllato; la microcriminalità negli angoli di alcuni quartieri; l'impotenza e arretratezza delle leggi italiane di fronte ai problemi del periodo storico; il grande conflitto tra occupazione e disoccupazione; la mancanza di un tetto per ogni famiglia.
Alla fine i sindaci si trovano sul tavolo più domande che risposte; più dubbi che certezze; più rabbia che serenità.
È vero, fornire soluzioni ai problemi è il compito di chi fa politica. Ma questa volta in Italia e in Europa c'è di più: una mancanza di fiducia, la convinzione che la politica non sappia più indicare soluzioni, né dire apertamente da che parte stare.
La fiducia è essenziale per fare di Parma un luogo migliore. Allora dobbiamo essere chiari. È vitale riaffermare che la politica, come il Consiglio Comunale, devono continuare a essere il terreno fertile in cui seminare il domani di ogni parmigiano: donna o uomo di ogni età, condizione sociale, cultura e orientamento politico.
A chi pensa di non avere più nulla da raccontare al mondo, a chi scappa dall'Italia perché ritiene che il Paese non abbia più niente da offrire, a chi si rifugia nel ricordo dei fasti del passato, a chi rinuncia a progettare il futuro perché tanto "la situazione non cambia": a queste persone dobbiamo dire, insieme, che per tutti c'è sempre un domani.
Poco tempo fa mi aveva scritto una signora, che chiamerò Laura:
"Carissimo sindaco della città in cui sono nata e vissuta – scrive – io sono una tra quelle persone che a dicembre si troverà senza lavoro. Ho 60 anni, conto solo sul mio stipendio perché vivo sola, con soli 29 anni di contributi perché per 17 anni mi hanno tenuta stagionale. Ora mi troverò senza lavoro e nell'impossibilità di raggiungere la pensione. Mi trovo a piangere e a perdere il sonno. Credo non sia facile, alla mia età, poter trovare una nuova occupazione".
Ho dovuto rispondere dicendo la verità: ci batteremo per i tuoi diritti, ma sarà dura.
Ci batteremo, avevo pensato, perché è lì che la politica deve essere: con le mani immerse nel fango, ma con lo sguardo rivolto verso gli ideali per i quali ci battiamo ogni santo giorno.
La politica, infatti, non è "privilegi, promesse e utopie", ma "cultura del realizzabile" al servizio della gente.
Se Parma non lo comprenderà, sarà anche responsabilità nostra. Se Parma continuerà a ritenere inutile e immobile il suo agire politico, sarà anche responsabilità nostra.
Ma certo, ancora non basta: la cultura del realizzare, unita alle speranze di un futuro migliore, non è più sufficiente.
La politica deve tornare ad avere il coraggio di assumere posizioni nette, dichiarando da che parte stare: non si può pretendere la fiducia dei cittadini quando si agisce timidamente, o quando si spendono mezze parole. Viviamo un momento della storia su cui è scesa l'ombra di un inquietante passato, mosso da rabbia ed esasperazione, perciò non c'è più tempo per essere indifferenti o restare a guardare, è il tempo di fare la propria scelta:
se dall'oggi al domani un'azienda licenzia madri e padri di famiglia, guardate in direzione dei suoi cancelli perché è lì, assieme ai lavoratori, che ci troverete;
se c'è chi si arroga il diritto di dividere le persone tra italiani e stranieri, io sento il dovere di dire loro che l'errore è esattamente nel concetto: dividere le persone;
se ancora oggi vi sono ostilità nei confronti dei diritti civili, ciò avviene perché ci si scorda che i diritti non sono concessi, ma sono qualcosa che nessuno ci può togliere;
Infine, a chi vorrebbe erigere nuove cortine di ferro ai confini esterni e interni d'Europa, rispondo che continuo a sentirmi un italiano europeo, e un europeo italiano.
La fiducia dei cittadini non è cosa scontata: si guadagna goccia a goccia dicendo sempre le cose come stanno, non avendo mai timore di sostenere le proprie idee;
si conquista facendo il massimo possibile per realizzare i sogni dei parmigiani, contrastando le loro ansie e paure, pur nei limiti dei potere di un sindaco.
Perciò, l'appello che rivolgo è diretto a tutte le forze politiche: si ritorni a parlare alle persone come cittadini e non come fossero elettori, e si lasci il populismo in soffitta: il populismo è l'arma di chi inchioda i cittadini alle proprie paure.
Sentiamoci invece chiamati, tutti noi, a questo dovere: ridare fiducia, valore e impegno alla politica. Se non lo facciamo, se falliremo, accadrà ciò che temeva Piero Gobetti: assisteremo impotenti alla "tomba delle coscienze civili".
Da ultimo, mi sia consentito di uscire per un attimo dal ruolo istituzionale per parlare da parmigiano: la politica è importante, ma non è tutto. Come ho affermato il giorno del mio secondo insediamento, prima della politica c'è la vita, e la politica ha un senso se è al servizio della qualità della vita.
Prima della politica ci siete voi che siete figlie e figli, madri e padri di Parma. Il futuro della città non è monopolio delle sue istituzioni. Giunta, Consiglio Comunale, il sindaco stesso, sono solo strumenti.
Il futuro della città, come il vostro futuro, è nelle vostre mani: di voi che vi alzate presto la mattina, che portate i figli a scuola, che con fatica e passione cogliete ogni giorno il frutto del vostro lavoro; di voi, che scegliete chi ci governa.
A noi spetta il compito di rappresentare Parma in Italia e nel mondo, e cerchiamo di farlo ogni giorno con onestà e dignità. A voi il dovere di essere buoni cittadini.
Abbiamo certamente bisogno di ambiziosi progetti e nuove idee, ma anche di buoni esempi contro l'analfabetismo civico.
Non abbiamo bisogno di eroi né di salvatori. È sufficiente che ci sia chi raccoglie una cartaccia per strada; abbiamo bisogno di chi sull'autobus si alza per far posto a una signora, a un anziano, a un disabile; di chi ci dà una mano a ripulire le pareti imbrattate della città; di chi paga le tasse, di chi non parcheggia la macchina in doppia fila.
Abbiamo bisogno del buon esempio, perché la civiltà è la misura di tutte le cose.
A tal proposito ci tengo a citare una persona: ringrazio qui e ora, a nome della città intera, Gianluca, il ragazzo che alla fermata dell'autobus ha raccolto una cartaccia per strada, e che a causa di questo è stato picchiato da un vigliacco prepotente.
Ho profonda stima di Gianluca, del gesto semplice che ha compiuto: lui rappresenta l'essere pienamente cittadino, rappresenta la civiltà; chi lo ha picchiato rappresenta l'ignoranza profonda del bullismo e dell'inciviltà.
Parma stia dalla parte della civiltà e mai la dimentichi. Bastano piccoli gesti per fare di Parma una città civile.
Da qui, infine, si riparte. Inizia oggi l'ultimo mandato di un percorso politico e di vita complesso. Difficile ma entusiasmante; la chiusura del cerchio di 10 anni di riforme progettuali e sostanziali, caratterizzati dalla voglia sincera di riconsegnare ai parmigiani una città migliore di come l'abbiamo trovata.
Un cammino che faremo insieme, come i passati cinque anni e in misura maggiore nei cinque che ci restano. Ne sono convinto.
Non c'è una città che guarda solo al progresso e una città che guarda solo alla tradizione. C'è Parma. Non c'è una città di italiani e una città di stranieri, o una città di anziani e una città di giovani, o una città di operai e una città di imprenditori. C'è Parma.
È un cammino che faremo passo dopo passo.
E credetemi: ogni nostro passo sarà sempre un passo oltre.
Grazie.
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