Il ‘lavoro agile’ torna alla normalità: Coopservice ci crede
Di Coopservice Reggio Emilia, 29 agosto 2022 - Doveva essere una rivoluzione ‘strutturale’. Ma come spesso accade per le questioni troppo annunciate, le cose sembrano andare diversamente. E così lo smart working (‘lavoro agile’ nell’ordinamento italiano) con cui i lavoratori erano stati costretti ad una repentina frequentazione durante i picchi della pandemia rischia di tornare nell’alveo di un fenomeno minoritario. Per ora quello che è certo è che come è già avvenuto per il settore pubblico (15 ottobre 2021) dal 1 settembre anche per il privato si torna alle normative pre-pandemia, seppur semplificate. Dunque una novità che è durata lo spazio di un temporale? Forse, ma non per tutti. A maggiore ragione sulla scorta delle semplificazioni recentemente introdotte ci sono aziende che, riconoscendone i vantaggi, hanno deciso di continuare ad investire sullo strumento: Coopservice è tra queste.
Lo smart working in Italia dai lockdown alle forme ‘ibride’
Lasciando per un attimo da parte le pur fondamentali distinzioni tra il vero smart working e il semplice ‘telelavoro’, va preso atto che l’evoluzione del ricorso al ‘lavoro agile’ nella società italiana è andata di pari passo con l’evoluzione delle fasi pandemiche. Regolato da una disposizione di legge del 2017, durante la fase 1 della pandemia lo smart working si è rivelato la soluzione ideale per assicurare la continuità del business e dei servizi. Il governo, a partire dai famosi Dpcm del 23 febbraio e dell'8 marzo 2020, ne ha notevolmente spinto l’applicazione, facilitandone la procedura di accesso e scoraggiando il lavoro in presenza se non strettamente necessario. La seconda fase dell'emergenza, poi, per il settore privato ha portato all’adozione di un protocollo integrativo siglato da governo e parti sociali il 6 dicembre scorso e ha visto un'integrazione crescente tra lavoro da remoto e ufficio con il ritorno progressivo ad una prevalenza del secondo, in particolare a partire dalla cessazione dello stato di emergenza il 31 marzo scorso.
Il crollo delle modalità ‘smart’ finita l’emergenza
Rimane il fatto che nel nostro Paese le restrizioni messe in atto per fronteggiare il coronavirus hanno fatto conoscere lo smart working a 8,8 milioni di occupati, pari al 40 per cento della forza lavoro. Ma allo stato attuale, pur in presenza di numerose indagini che attestano il permanere dell’interesse di organizzazioni e lavoratori, la realtà sembra riportare una situazione diversa. L’ultimo rapporto Istat certifica come in Italia siamo fermi ad un livello di smart working che coinvolge soltanto il 13,6% dei lavoratori, contro il 25% della Germania e oltre il 30 della Francia. Numeri sensibilmente sotto la media dei Paesi UE (20,6%), confermati da una recente indagine Randstad secondo la quale in questo momento ad adottarlo sono non più di 2,9 milioni di lavoratori, vale a dire solo il 37,2% dei potenziali. Il nostro ritardo si accentua poi se guardiamo allo smart working cosiddetto ‘intensivo’: il numero di chi lavora da casa oltre metà tempo è 5 punti sotto la media UE.
Ma l’interesse per il ‘lavoro da casa’ permane
Eppure una indagine pubblicata solo alcuni mesi fa da alcuni ricercatori dell’Ocse (riassunta dagli stessi autori sul sito lavoce.info) mostra aspettative piuttosto ottimistiche da parte di manager e lavoratori italiani sul ricorso allo strumento nella fase post pandemica. Datori di lavoro e dipendenti convergono nell’attribuire a questa forma di lavoro un ruolo crescente in futuro, seppur con pesature diverse: mediamente le imprese prevedono di rendere possibili forme di smart working per circa il 40 per cento della forza lavoro, mentre le aspettative dei dipendenti si attestano al 70 per cento. Inoltre, datori di lavoro e dipendenti sono concordi nell’individuare la frequenza ideale dello smart working tra i due e i tre giorni a settimana.
I benefici attesi dallo smart working da lavoratori e imprenditori
L’indagine Ocse rivela dunque che il mondo imprenditoriale e del lavoro italiano si aspetta più smart working, ma in una forma ibrida, in cui la presenza sul luogo di lavoro è garantita per alcuni giorni della settimana. Ciò pare essere la soluzione migliore per massimizzare i benefici e al contempo ridurre i rischi del lavoro a distanza. Tra i principali benefici che gli imprenditori riconoscono la convinzione che lo smart working migliori la produttività del lavoro (60%) e consenta di reclutare talenti in uno spazio geografico più ampio (45%). Mentre dal punto di vista dei lavoratori fanno premio la possibilità di ridurre le spese del pendolarismo e di conciliare il lavoro con altri impegni familiari (87%), oltre che una generale maggiore flessibilità nell’organizzazione del proprio calendario (82%).
Gli ormai noti rischi e le resistenze al lavoro da casa
Potenzialità, dunque, da considerare insieme ai già conosciuti rischi, quali l’isolamento e la fusione della vita professionale con quella privata che potrebbero ridurre il benessere dei lavoratori, mentre la mancanza di interazione continua con i colleghi può ostacolare lo sviluppo di nuove idee. Così come dal punto di vista degli imprenditori si presta attenzione al pericolo che possa venire meno il lavoro di squadra e la collaborazione all’interno dei team, e che i dipendenti alla lunga si identifichino meno con l’azienda e abbiano minori possibilità di imparare sul luogo di lavoro. Soprattutto, appaiono ardui da superare i pregiudizi culturali indotti dalla diffusa incomprensione delle necessità riorganizzative dello smart working e dalle resistenze al cambiamento di datori di lavoro abituati al controllo visivo dei dipendenti.
Il 1 settembre si ritorna alla normalità ma semplificata, basterà a rilanciare lo ‘smart’?
Rimane il fatto che se la previsione di una immediata rivoluzione è forse andata delusa, nondimeno il riconoscimento generale delle potenzialità dello smart working ha portato il governo ad introdurre delle semplificazioni per favorirne l’utilizzo. Il 31 agosto cessa infatti la legislazione ‘di emergenza’, introdotta durante i periodi di lockdown, che prevedeva il lavoro agile quale scelta unilaterale dell’impresa. Dal 1 settembre il lavoro agile ritorna conseguentemente alla configurazione originaria: è necessario un accordo individuale tra azienda e lavoratore. La novità è però che il recente ‘Decreto Semplificazioni’ facilita gli adempimenti a carico delle imprese: non occorre più trasmettere l’intero contratto individuale ma bastano i dati di identificazione del lavoratore, o meglio dei lavoratori, poiché la trasmissione può essere cumulativa di tutti i nominativi degli interessati. Si tratta di semplificazioni importanti per le aziende italiane la cui attività è troppo spesso appesantita dalle incombenze burocratiche
Il progetto “Restart Smart Working” di Coopservice
Lo smart working è per Coopservice un tassello di una più ampia strategia di Digital Transformation che ha come obiettivo la diffusione di una nuova cultura aziendale aperta al cambiamento e all’innovazione e caratterizzata da un approccio costruttivo ai processi. Un ruolo fondamentale in questo percorso di trasformazione lo giocano le persone dell’organizzazione che, in questi ultimi due anni, hanno sperimentato, prima forzatamente poi consapevolmente, una differente modalità di lavoro – lo smart working o lavoro agile – che ha richiesto una ristrutturazione delle logiche organizzative e operative, con un vero e proprio cambiamento di mindset.
L’allentarsi delle misure restrittive ha progressivamente riportato i lavoratori in azienda, ma il ricorso al lavoro da remoto è stato mantenuto per rispondere efficacemente sia alle esigenze aziendali sia ai bisogni dei lavoratori, che hanno dimostrato di apprezzare questo strumento per conseguire un miglior equilibrio tra vita lavorativa e vita privata.
Per supportare questo processo di cambiamento culturale, i manager delle diverse funzioni aziendali sono stati coinvolti in un percorso di formazione “Smart people for Smart company” finalizzato all’acquisizione delle skills necessarie per diventare protagonisti e promotori della trasformazione digitale. Questo cambiamento richiede, infatti, lo sviluppo di un nuovo modello di leadership e la capacità di costruire per i propri team un ambiente idoneo alla collaborazione a distanza, di migliorare la comunicazione e di creare una cultura del lavoro di squadra che passa, anche, attraverso la responsabilizzazione dei collaboratori. Il passaggio dal controllo alla fiducia consente ai lavoratori agili di diventare più responsabili rispetto agli obiettivi aziendali e personali, più flessibili nell’organizzare le attività lavorative e più capaci di bilanciare l’uso delle tecnologie digitali con gli strumenti tradizionali di collaborazione, con evidenti ricadute positive sull’efficacia e l’efficienza della prestazione lavorativa e conseguentemente sulla produttività, ma anche sulla spinta innovativa dell’azienda attraverso lo sviluppo di nuove idee e la partecipazione alla definizione di nuovi processi.
Un’azione propedeutica ed indispensabile per trasformare lo smart working da risposta emergenziale a strumento strutturale e permanente, capace di rivelare tutte le sue potenzialità aumentando da un lato la produttività e la qualità del lavoro e dall’altro la soddisfazione e l’engagement dei collaboratori.
Il progetto “Restart Smart Working” vuole proprio significare, già dal nome, un nuovo inizio e una nuova consapevolezza rispetto ai benefici di questa modalità di lavoro agile per tutti gli attori coinvolti: organizzazione, persone e società.
Dal 1 settembre viene introdotto in Coopservice, previo sottoscrizione dell’accordo individuale, un modello bilanciato di smart working che prevede due giorni di lavoro da remoto e tre giorni in ufficio. Il modello amplia la flessibilità oraria di inizio e fine attività consentendo al lavoratore di articolare la propria prestazione tra le ore 7 e le ore 20, ed introduce il concetto di fascia oraria di contattabilità per garantire che almeno il 50% della prestazione lavorativa avvenga nelle ore in cui si concentrano le attività di coordinamento e di condivisione delle diverse funzioni aziendali.
Parallelamente continuano gli investimenti in formazione, non solo all’uso delle tecnologie ma soprattutto destinati all’acquisizione di soft skills fondamentali per incentivare la collaborazione, l’orientamento al risultato, la pianificazione. L’obiettivo principale è evitare di replicare in chiave nuova e tecnologicamente avanzata dinamiche organizzative tradizionali, ma sviluppare un approccio nuovo e innovativo ai processi riconoscendo alla componente umana pari dignità di quella tecnologica, entrambe fondamentali per il successo di un progetto di smart working.