Alcune considerazioni sul caso del collaboratore della società STU Autority che, stando alla Gazzetta, avrebbe sottratto quasi 600.000 euro facendo poi perdere le proprie tracce.
Da quanto si apprende il collaboratore era stato assunto ai tempi della precedente gestione e poi successivamente confermato nel 2013. Poiché le società partecipate sono state il teatro nel quale si sono svolti gli aspetti più oscuri della gestione 2007/20011 del Comune di Parma, viene subito da chiedersi come mai un collaboratore avesse un ruolo connesso a funzioni gestionali, così importanti come la movimentazione dei fondi e l'accesso ai conti della partecipata, tutte funzioni affidate e gestite, sempre secondo la stampa, in autonomia e senza controllo.
Va chiarito quindi quali attività abbiano svolto la società e il Comune per verificarne l'affidabilità, dato il ruolo di particolare rilevanza.
Tralasciamo per ora l'aspetto giudiziario, di cui si stanno occupando le indagini.
Tuttavia politicamente il tema è come sempre quello dei controlli che il Comune dovrebbe avere messo in atto nei confronti della galassia delle partecipate: già l'anno scorso la società PGE ha manifestato i noti problemi e ci si chiede, alla luce di questo nuovo episodio, se il Comune sia in grado di controllare adeguatamente che l'operato delle proprie partecipate sia effettuato nell'interesse della collettività e quali misure precauzionali siano, nel tempo, state adottate per garantire tali verifiche. Esiste, per esempio, un obbligo di doppia firma per operazioni di cassa rilevanti e ciò sia per le partecipate sia per il Comune? Nel caso, si ritiene sia opportuno introdurlo?
Allo stato, prendiamo atto della precisazione del Comune di stamattina in ordine al recupero della somma mancante, ma riteniamo vada garantita un'informazione costante su questo tema e sullo stato delle indagini interne, qualora le stesse siano state avviate, oltre a un'informazione puntuale sull'organizzazione interna e le scelte gestionali di tutte le società partecipate, incluse quelle inerenti alle responsabilità degli amministratori.
Ci chiediamo infine: per quale motivo veniamo a sapere della vicenda solo oggi e dalla stampa, visto che i fatti risalgono a prima dell'estate? Perché finora non è stata informata né la Commissione consiliare competente, tra l'altro convocata giovedì scorso e il prossimo proprio per discutere sul bilancio consolidato delle partecipate, né il Consiglio Comunale, né la città?
A queste domande attendiamo risposte, in attesa di formulare valutazioni più complete in ordine alle eventuali responsabilità politiche e gestionali.
Il gruppo del Partito Democratico in Consiglio comunale
Lorenzo Lavagetto
Sandro Campanini
Daria Jacopozzi
"Fraudolenta produzione e commercializzazione, nonché contraffazione di ingenti quantitativi di formaggio..." è l'accusa mossa dal PM di Reggio Emilia.
di Virgilio, Reggio Emilia 23 marzo 2017 -
Dalla procura di Reggio Emilia pesantissime accuse mosse a 27 indagati e tra loro ben 12, "gravitanti intorno alla Nuova Castelli spa", sono accusati di associazione a delinquere.
L'accusa mossa dal sostituto procuratore Maria Rita Pantani parla di utilizzo di latte per la produzione di formaggio atto a divenire Parmigiano Reggiano DOP e Grana Padano DOP contenente residui di antibiotici, aflatossine, "nonché immettevano nella panna della soda (idrossido di sodio)".
Il caso, che prende origine dal sequestro di 7000 forme nel 2015 da parte dei Carabinieri, nonostante circoscritto a operazioni legate, direttamente e indirettamente, alla "Nuova Castelli spa" trascina nell'inchiesta le due più importanti DOP del nostro Paese con presumibile grave danno di immagine anche in ragione del fatto che la società reggiana è leader nell'esportazione dei due prodotti.
Prende molto in largo l'indagine della procura di Reggio Emilia. Infatti, tra i 27 indagati sono coinvolti nell'inchiesta anche due rappresentanti di vertice dei due Consorzi di Tutela ma anche semplici casari, espertizzatori e responsabili commerciali come dettagliatamente esposto nell'articolo di Benedetta Salsi che, dalle colonne del Resto Del Carlino, ha dato per prima evidenza alla notizia.
La Guardia di Finanza di Parma ha denunciato il titolare di una azienda agricola di Mezzani per i reati di contraffazione, ricettazione e frode in commercio.
di Alexa Kuhne
Parma, 20 giugno 2016 – 65.700 pedane di carico contraffatte che mettevano a rischio chi le maneggiava sono state sequestrate dalla Guardia di Finanza di Parma.
Le Fiamme Gialle hanno individuato e sottoposto a sequestro, all'interno di un'azienda agricola di Mezzani, circa 65.700 pallets contraffatti, ai quali era stato illecitamente apposto il marchio "EPAL".
Quest'ultimo, tutelato e registrato a livello internazionale e certificato da importanti società di controllo, è stato creato con lo scopo primario di garantire lo standard di qualità del pallet e di promuoverne la diffusione, così da consentire agli utilizzatori di effettuare scambi alla pari in tutto il territorio europeo. Ne circolano infatti più di 350 milioni di esemplari. La Guardia di Finanza ha appurato che l'azienda produceva abusivamente i pallets riutilizzando altri usati e/o danneggiati ed apponendovi indebitamente il marchio, pur in mancanza dei requisiti previsti dalla normativa vigente; ciò, con grave pregiudizio sotto il profilo della sicurezza: in effetti, gli articoli contraffatti non rispettano le specifiche norme in materia fitosanitaria, non assicurano l'igiene della merce trasportata e costituiscono un inevitabile rischio per gli operatori del settore durante la movimentazione dei bancali. Per l'individuazione dei pezzi non conformi, i militari operanti si sono avvalsi della collaborazione di alcuni ispettori del "Consorzio Conlegno", unico gestore del brevetto europeo EPAL per l'Italia, nonché organismo di controllo riconosciuto dalla Commissione Europea per la gestione delle tematiche fitosanitarie legate agli imballaggi in legno.
Il titolare dell'azienda agricola è stato denunziato alla Procura della Repubblica di Parma per i reati di contraffazione, ricettazione e frode in commercio.
La lotta alla contraffazione rappresenta una delle priorità nella diuturna attività di servizio della Guardia di Finanza: la produzione sommersa che alimenta il mercato del falso favorisce, parallelamente, la diffusione di altri gravi illeciti di natura amministrativa e penale, quali il lavoro nero ed irregolare, l'immigrazione clandestina, il riciclaggio, l'evasione fiscale e contributiva, il commercio abusivo, le ingerenze della criminalità organizzata.
La Forestale sequestra pane, focaccia e bruschette al carbone vegetale e denuncia dodici panificatori pugliesi. La preparazione dei prodotti da forno sequestrati avveniva, infatti, attraverso l'aggiunta alle ricette classiche del pane e della focaccia del colorante E153 carbone vegetale.
di Virgilio - Parma 10 gennaio 2016 -
A chi non è capitato di provare una pizza o un boccone di pane "al carbone"?
Maggiore digeribilità, almeno è quello che mi è stato "venduto" dal ristoratore offrendomi una pizza con impasto non comune, al "carbone" appunto.
E siccome la curiosità non è solo femminile mi sono lasciato tentare ignaro che, nonostante la gustosa prelibatezza della pizza, si celasse una non conformità che addirittura potesse eventualmente configurarsi in frode.
A fare emergere il problema è stata l'operazione condotta dal Corpo Forestale dello Stato che, alla vigilia dell'Epifania, ha denunciato 12 panificatori pugliesi i quali producevano e commercializzavano "pane, focaccia e bruschette al carbone vegetale".
"I presunti responsabili - informa il Corpo Forestale dello Stato, dovranno rispondere di frode nell'esercizio del commercio e produzione di alimenti trattati in modo da variarne la composizione naturale con aggiunta di additivi chimici non autorizzati dalla Legge. La preparazione dei prodotti da forno sequestrati avveniva, infatti, attraverso l'aggiunta alle ricette classiche del pane e della focaccia del colorante E153 carbone vegetale, procedimento vietato dalla legislazione nazionale e da quella europea. Tali normative appunto non consentono l'utilizzo di alcun colorante sia nella produzione di pane e prodotti simili, sia negli ingredienti utilizzati per prepararli: acqua, farina, sale, zucchero, burro e latte. I prodotti sequestrati venivano reclamizzati esaltandone la digeribilità per la loro presunta capacità assorbente che costituirebbe un ausilio per i disturbi gastrointestinali".
Il consumo di pane, in forza dei mutati stili alimentari, è sceso a 90 grammi procapite al giorno nel 2015 contro l'1,1 kg al tempo dell'unificazione dell'Italia, ai 230 grammi consumati negli ani '80 e ai 180 grammi dell'inizio del nuovo secolo.
Secondo Coldiretti al costante decremento di consumo di pane, 88% del quale è prodotto artigianalmente, si contrappone una crescente "domanda dei prodotti i sostitutivi del pane come crackers, grissini e pani speciali".
Staremo a vedere se alla luce di questa operazione la nuova tendenza alimentare verrà alienata o se al contrario l'operazione pugliese fungerà da leva per apportare modifiche ai testi normativi.
E' stata di un anno e 6 mesi la condanna chiesta ed ottenuta dal Pm Rino Massari per un commerciante 50enne residente a Fidenza, ma originario di Alseno.
Parma 11 Gennaio 2014 - -
L'uomo a seguito di un'indagine della Guardia di Finanza che risale al luglio del 2012, è stato trovato in possesso di una cinquantina di capi di abbigliamento che secondo le Fiamme Gialle sarebbero stati etichettati falsamente con il marchio di una nota griffes