Già a partire dal mese di novembre, in gran parte dell’Iran si sono verificati centinaia di casi di avvelenamento respiratorio, in particolare nel sud di Teheran e nella seconda città santa del Paese dopo Mashhad, Qom. Vittime le studentesse iraniane.
Germania, bevande avvelenate nei supermercati di Monaco. Caccia all'uomo su scala internazionale nei confronti di uno sconosciuto sospettato di aver avvelenato bevande nei supermercati di Monaco di Baviera, allo scopo di ricattarli. La polizia ha messo in guardia i consumatori. C'è rischio emulazione in Italia?
Avvelena l'acqua del collega mettendo l'acido nella bottiglietta: arrestata. In precedenza la 52enne aveva già molestato un'altra collega per telefono e le aveva imbrattato l'auto
Sembra un film che guardi alla tv. Una dipendente dell'Eni di San Donato, nell'hinterland milanese, avrebbe cercato di avvelenare un collega mettendo dell'acido cloridrico nella bottiglietta che aveva sulla scrivania.
I carabinieri hanno accertato che, in passato, la donna aveva già molestato una sua collega per telefono e le aveva imbrattato l'auto e la porta di casa. Per questo i militari hanno arrestato la 52enne per atti persecutori, ma le è stato contestato anche il tentato omicidio.
Nella sua abitazionre, evidenzia Giovanni D'Agata presidente dello "Sportello dei Diritti", i militari di San Donato hanno trovato delle bombolette spray. Nella borsa una bottiglietta con la sostanza caustica e una siringa.
(29 agosto 2018)
Filetti scongelati di marlin infetti: epidemia di origine alimentare per «avvelenamento da istamina». Allarme in Italia di Rasff: "Gravi rischi per la salute"
Nella notifica settimanale del Sistema di Allerta Rapido Comunitario (RASFF), l'elenco del sistema di allerta inviata dal Ministero della Salute italiano del 21 febbraio (455.2018), comprende una segnalazione di allarme livello "rischio grave", per epidemia di origine alimentare da filetti di "Marlin" (Makaira indica) scongelati provenienti dalla Spagna, contenenti elevate quantità di istamina e di altre amine vasoattive, che causa il cosiddetto «avvelenamento da sgombroidi». Nello specifico, su ordine dell' autorità, è stato disposto il ritiro dal mercato dei prodotti contaminati. La sindrome sgombroide è una patologia simil-allergica risultante dall'ingestione di pesce alterato.
È il secondo tipo più frequente di intossicazione da prodotti ittici, seconda solo alla ciguatera. Spesso tuttavia non viene rilevata perché assomiglia e confusa con l'allergia alimentare. Viene riportata con la massima frequenza relativamente a specie ittiche a carne rossa, appartenenti alle famiglie Scombridae (come il tonno, tonno pinna gialla, tonnetto striato (chiamato anche bonito), sgombro, lampuga, Clupeidae (sardine, aringhe, cheppie) ed acciughe e specie ittiche imparentate con queste, refrigerate o conservate in modo non adeguato dopo la pesca.La sindrome sgombroide può derivare dall'inappropriato trattamento del pesce durante l'immagazzinamento o la lavorazione; quando per l'innesco di processi di degradazione si producono quantità importanti di istamina.
L'istamina è una delle sostanze tossiche implicate nell'intossicazione sgombroide. Nel tessuto di pesci in decomposizione sono state trovate altre sostanze chimiche, ma la loro associazione con la sindrome sgombroide non è stata stabilita chiaramente. Le manifestazioni cliniche dell' intossicazione riguardano l'apparato gastrointestinale (nausea, vomito, diarrea) il sistema nervoso centrale (vertigini, cefalea), la cute (rush); raramente si osservano disturbi respiratori e ipotensione. L'inizio della sintomatologia è rapido (20-30 minuti dall'assunzione dell'alimento) e i disturbi, abitualmente di lieve entità, si risolvono generalmente in breve tempo; solitamente durano meno 24 ore. La sindrome, sebbene frequente, viene spesso diagnosticata come reazione allergica alimentare.
Pertanto Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", invita chiunque avesse acquistato questi prodotti a non consumarli e a consegnarli al rivenditore o al Servizio igiene degli alimenti e nutrizione della ASL locale.
(22 febbraio 2018)
Hanno scambiato il colchino autunnale per zafferano. Padre, madre e figlio della provincia di Modena sono dovuti ricorrere alle cure dei sanitari. Salvi grazie all'intervento tempestivo dei medici del Pronto Soccorso del Policlinico e della Terapia Intensiva, che hanno riconosciuto i sintomi da avvelenamento e sono intervenuti tempestivamente.
MODENA – Che cosa c'è di meglio che fare una bella passeggiata e raccogliere qualche fiore di zafferano per preparare un bel risotto? Deve averla pensata così la famiglia della provincia di Modena, padre di 59 anni, madre di 58 e figlio di 26, che lo scorso mercoledì si è presentata al Pronto Soccorso del Policlinico lamentando sintomi simili a quelli di una gastroenterite.
Dopo aver ascoltato il racconto dei tre, che dichiaravano di avere mangiato la sera prima un risotto preparato con fiori di zafferano, raccolti nei boschi di San Clemente, una frazione di Monterenzio, nel bolognese, il personale medico ha identificato i sintomi con un avvelenamento da colchicina.
La famiglia aveva, infatti, scambiato per zafferano il colchino autunnale, conosciuto anche come "zafferano bastardo", il cui fiore rosa violaceo è molto simile, appunto, a quello più nobile e innocuo del suo "gemello".
I tre sono stati sottoposti a lavanda gastrica ed è stato fatto loro assumere del carbone vegetale per assorbire la tossica nel tratto gastro enterico. I medici hanno poi forzato la diuresi per eliminare la sostanza tossica. La famiglia ora sta bene e dopo una breve ricovero in Osservazione Breve Intensiva è stata dimessa. L'intervento immediato ha consentito di invertire una prognosi che purtroppo è frequentemente infausta.
"Il Colchicum autunnale, ha spiega il dottor Antonio Luciani, Direttore del Pronto Soccorso del Policlinico, è un'erba velenosa altamente tossica che, come dice il nome, è diffusa in questa stagione. Non bisogna toccare né il fiore né la pianta perché il solo contatto può causare danni alla pelle. Se viene ingerita provoca bruciore alle mucose, nausea, vomito, coliche, diarrea sanguinolenta fino al delirio e alla morte. L'avvelenamento colpisce l'apparato digerente, biliare, respiratorio, cardiovascolare, renale, sul sistema nervoso e sulle ghiandole endocrine. In seguito a un'intossicazione acuta la morte avviene tra le 7 e le 48 ore". Per la colchicina non esistono antidoti specifici e, a differenza di altri veleni non è possibile eliminarla con la dialisi".
Il colchino viene spesso scambiata per zafferano poiché i due fiori sono molto simili. Il colchino tuttavia ha sei stami, mentre lo zafferano ne ha solo tre.
"Il consiglio, prosegue il Dottor Luciani, "è evitare di raccogliere piante, se non si conoscono alla perfezione. Anche se si sopravvive alla fase acuta dell'avvelenamento, gli effetti tossici della colchicina possono durare nel tempo e portare anche complicanze neurologiche o al sangue, causando forti anemie o calo di piastrine. Si tratta, insomma, di un rischio davvero eccessivo da correre. Non improvvisatevi esperti di piante, il rischio è enorme."
Per sfatare ogni dubbio ed evitare rischi per la salute, nel caso si raccolgano frutti, fiori o funghi e si intenda farne un uso alimentare, è bene rivolgersi preventivamene al Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN) dell'Azienda USL di Modena, che si occupa della sicurezza degli alimenti di origine non animale e ha anche la funzione di Ispettorato micologico. L'ufficio ha sedi in tutta la Provincia, a Modena, Carpi, Mirandola, Pavullo, Sassuolo e Vignola.