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La piccola Grecia ha messo alle corde l'UE. E se invece la Merkel volesse distrarre l'opinione pubblica dai problemi finanziari della sua Germania riunificata?

di Lamberto Colla - Parma, 12 luglio 2015 -
"Come può uno scoglio arginare il mare" si chiedevano Mogol e Battisti negli anni settanta e oggi ci chiediamo come possa verosimilmente la piccola Grecia creare tanto scalpore e imbarazzo in Europa.

Un Paese di poco più di 11 milioni di abitanti (quindi la nostra Lombardia), la metà dei quali concentrati a Atene, per non avere ubbidito alle teutoniche (è proprio il caso di dirlo) regole europee ha portato lo scompiglio in seno ai parlamenti UE riscaldando gli animi di quasi tutti gli eurodeputati. E' sembrato di rivivere i giorni in cui Berlusconi diede del "Kapò" a Martin Schulz (correva l'anno 2003), quell'eurodeputato che, guarda caso, è l'attuale Presidente del Parlamento Europeo.

Una voce così fuori dal coro, gli euroburocrati e gli europolitici, non erano abituati ad affrontare, non essendo stati stati programmati per l'opzione "disobbedienza". Così gli UEmanoidi sono andati in "Tilt" e il loro capo, la portinaia del condominio europa Angela Merkel, subito dopo l'esito del voto greco ha cercato rifugio nell'amichetto del cuore, Francois Hollande, dimostrando di essere proprio alla frutta!

Chissà cosa si saranno detti e quali strategie avranno approntato per quest'europa nella quale, giorno dopo giorno, si vede montare la protesta.

All'Austria (261.000 firme raccolte nella petizione popolare quando ne sarebbero state sufficienti 100.000), sembra voglia aggiungersi anche la Slovenia e comunque i vari focolai antieuropeisti, distribuiti in almeno 16 Paesi, hanno ripreso vigore.

Dopo le "gesta" di Tsipras e Varoufakis, anche i più pecoroni hanno ripreso coraggio tornando a alimentare un sentimento antieuropeista facendo facilmente presa su quella fascia di popolazione, peraltro sempre più ampia, scontenta della propria posizione economica e che non nutre più alcuna speranza per il futuro. Un sentimento montante pericoloso che rischia la disgregazione dell'Europa minando i principi di pace e libertà che furono le fondamenta sulle quali si costruì il condominio europeo.

Ebbene oggi, in forza di una mandria di politici presuntuosi, ottusi, probabilmente al soldo delle multinazionali più spregiudicate, ostinati a muovere la politica attraverso le leve finanziarie piuttosto che ricercare le soluzioni finanziarie per realizzare progetti politici e sociali, quest'Unione Europea a trazione Merkel, rischia di sciogliersi come neve al sole riportando la lancetta dell'umanità indietro di molti decenni.

E' gravissimo, a mio personalissimo giudizio, non aver trovato, in tempi rapidi, una soluzione per la "piccola" Grecia e dimostra per l'ennesima volta, al di là delle indubbie responsabilità dei vari governi ellenici, l'inconsistenza dei negoziatori e la scarsa lucidità politica dei rappresentanti del governo europeo.

Una incapacità già ampiamente dimostrata con la crisi degli immigranti e che, sinceramente, non vorrei misurare con l'Isis.

L'Unione Europea non si tocca ma le donne e gli uomini che la conducono sarebbe il caso di estrometterli e che ai nuovi venga assegnato il compito di reimpostare la politica restaurando i vecchi e sani principi che furono dei costitutori a partire dal Trattato di Roma del 1957.

Già in altre circostanze avevo sostenuto che la Germania, probabilmente con la complicità di qualcuno, avesse nascosto qualcosa tra le righe dei suoi bilanci. E la conferma comincia a affiorare da oltreoceano passando dai circuiti web ma nella totale indifferenza dei media più accreditati, le TV nazionali.

Una casermetta esplosiva ripiena di 54,7 trilioni di euro in prodotti derivati (i famosi prodotti finanziari "tossici") sarebbero detenuti dalla Deutsche Bank (DB). Una somma che equivale a 20 volte il Pil tedesco, che è di 2,74 trilioni e almeno a cinque volte il Pil dell'intera Eurozona, che è di 9,6 trilioni.

Lo scrive il giornale Usa online zerohedge.com. Però nonostante questa situazione, nessuno ne parla mentre si fa un gran parlare della "pesantissima" questione greca come se si volesse addossare, solo a altri, la responsabilità di una politica europea inconsistente, egoista e esageratamente sbilanciata verso gli interessi della Germania targata Angela Merkel. Donna forte e intelligente ma che, probabilmente, si è fatta prendere troppo la mano rischiando ora di trascinare la sua Germania unita e l'Europa, che di questa riunificazione si è addossata tutti gli oneri, verso un pericoloso burrone.

Pubblicato in Politica Emilia
Domenica, 05 Luglio 2015 12:08

In fuga dall’abbraccio mortale

L'Unione Europea in rotta di collisione. L'assedio di Atene non è certamente un buon esempio e prima o poi toccherà a altri paesi subire lo stesso trattamento. Intanto Regno Unito e Austria sarebbero al lavoro per progettare il distacco dall'Unione.

di Lamberto Colla - Parma, 5 luglio 2015 -
Il sogno di un'Europa forte e unita sta trasformandosi in incubo per le economie più deboli. La politica finanziaria ha preso in mano le redini del governo europeo lasciando alla politica, quella di governo, il compito di ratificare scelte attuate dai funzionari, euroburocrati scelti non si sa bene da chi, dalla presunzione di conoscere il futuro attraverso la mera lettura dei numeri.
La politica dell'Unione in mano a dei "cartomanti", per di più ben poco convincenti.

L'esempio di questa assurdità l'abbiamo tutti giorni davanti agli occhi.
Con tre fronti di guerra ai confini (crisi Russo-Ucraina, Isis a oriente e nord africa) e un esodo biblico di profughi in fuga dai teatri di guerra nel disperato tentativo di salvare almeno la vita tentando il rifugio nel Vecchio Continente, i premier sono in riunione permanente, da ormai due settimane, per imparare la lezioncina da impartire a Tsipras affinché si convinca di fare morire il suo popolo attraverso una lenta agonia altrimenti sarà una morte rapida. Un'alternativa ben poco allettante soprattutto per chi non ha più niente da perdere.

A questo punto mi domando dove sono finiti quei cantori, menestrelli moderni fieri di appartenere a quella sinistra radical chic, pronti a organizzare mega concerti in tutt'europa in favore dell'alienazione dei debiti del terzo mondo ma che, a favore della Grecia, non hanno organizzato nemmeno una messa cantata.

Che anche loro siano prezzolati dalla mano invisibile della finanza internazionale?

Fatto sta che tutti i giorni l'UE mostra i suoi lati peggiori.

Prima con l'Italia e la Spagna ora nei confronti della Grecia e del problema immigranti, e domani ancora con l'Italia e forse la Francia, l'Unione Europea non intende modificare la politica dell'abbraccio mortale porgendo così il fianco all'euroscetticismo dilagante che ha già fortemente contagiato Regno Unito e Austria. Della decisione del premier d'oltre Manica di aprire un referendum pro o contro la permanenza in UE già si sapeva ma dell'Austria e del suo progetto di fuoriuscita ben poco si è detto e tanto meno promozionato.

Nell'assoluto silenzio mediatico l'Austria, attraverso una petizione popolare (Volksbegehren) sta misurando la temperatura al popolo asburgico.
Secondo i promotori della petizione, che se supererà il numero di 100.000 firme obbligherà il parlamento a discutere e legiferare sulla questione, l'Austria trarrebbe notevoli benefici dall'uscita dall'UE consentendole di fatto di non aderire agli accordi transatlantici di libero scambio tra Ue, Usa e Canada; di recuperare parte dei miliardi di euro versati da vent'anni alle casse di Bruxelles per la "promozione Ue" senza aver alcun potere di codecisione nella destinazione dei medesimi fondi; di risparmiare i versamenti a favore dei «fondi di salvataggio per l'euro»; di risparmiare le obbligazioni di deposito per miliardi di euro a favore del «Meccanismo europeo di stabilità finanziaria»; di reintrodurre sovranità e politica monetaria proprie.

Insomma, anche l'aristocratica mitteleuropa si è rotta di partecipare o meglio subire una costrizione politica e monetaria, un "Superstato" costruito a misura di Germania sotto la vigilanza di Washington.

Un abbraccio mortale che, sino a quando si possiede qualche energia, varrebbe la pena sottrarsi o impuntando i piedi e facendo valere le proprie ragioni o, in ultima ratio, salutando l'allegra combricola come stanno proprio pensando di fare i sudditi di Sua Maestà Elisabetta e i ricchi Austriaci e come vorrebbero fare i Greci salvo diverso risultato della consultazione referendaria promossa, a sorpresa e in piena negoziazione con la ex troika, per oggi,  Domenica 5 luglio.

Così com'è strutturata e governata l'Unione Europea ha una aspettativa di vita molto breve.

Per immaginare un futuro è indispensabile un radicale cambiamento, riprogettando la politica dell'unione sulle basi originarie e relegando da subito i potenti ragionieri nei loro uffici.

europa divisa9 2

Pubblicato in Politica Emilia
Lunedì, 22 Giugno 2015 12:36

Renzi - Hollande: "No a isterismi e egoismi"...

A Expo2015 Renzi e Hollande si appartano per discutere della questione immigrati e se ne escono con la solita tranquillizzante dichiarazione ma...

di Lamberto Colla Parma 22 giugno 2015 -

Nel festoso clima dell'Expo e i piedi sotto il tavolo, almeno alle apparenze, Renzi e Hollande, sembrano avere ritrovato l'armonia.
Mentre a Ventimiglia continua lo stato di vergogna con 150 immigrati esposti al sole come lucertole, e non si è ancora spento l'eco della indecorosa affermazione della Ministra dell'ecologia transalpina, per la quale è persino intervenuta Greenpeace a difesa della Ferrero, i due leader se ne escono con la solita demagogica dichiarazione.

Hollande ha espresso, guarda guarda, la solidarietà da parte francese verso l'Italia che, a suo dire, "non deve assumersi tutto il fardello" della vicenda. Ognuno, ha detto il capo dell'Eliseo, "deve fare ciò che gli spetta" e "sottoscrivere un impegno", inoltre l'Europa deve dimostrare solidarietà e Parigi "farà il suo dovere".

Un dovere che, a quanto pare, si esprime in due modi diversi a seconda dell'interlocutore.
Infatti, come si evince da "dagospia", mentre a Mentone la Polizia fa barriera affinché i migranti non calpestino il suolo francese a Calais, al contrario, si oppone all'uscita per non irretire il Regno Unito.

Due pesi e due misure come è nella tradizione di questa sempre più lacerata Unione Europea.

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Lunedì, 22 Giugno 2015 10:27

Grecia, alla resa dei conti


Anticipato alle 12 l'incontro dei Capi di Governo per decidere sull'ultima proposta della Grecia. Scommettiamo che...

di LGC Parma 22 giugno 2015 - -
Vedendo come vanno le cose in Europa ci si può scommettere che la decisione che verrà presa questa mattina sarà all'insegna dell'attesa.

L'Europa dei numeri e non certamente della politica e delle strategie, men che meno della solidarietà, uscirà dall'incontro di stamane, con un trionfante comunicato nel quale si annuncerà che la Grecia "sta facendo bene i compiti". Per il momento verrà concesso a Tsipras un periodo di assestamento, presumibilmente sino a fine anno, e nel frattempo verranno anticipati i finanziamenti necessari a rimpinguare le casse del povero Stato ellenico.

Un po' per non tentare la Russia a ricambiare la cortesia dell'UE (vedi ex paesi del Patto di Varsavia entrati a far parte dell'UE e della Nato), un po' per scongiurare gli imprevedibili effetti di un default della Grecia, peraltro ben sottolineati da Mario Draghi, e un po' per "finta solidarietà" verso il popolo greco, i Capi di Stato decideranno di "Non decidere".

Il risultato; un'ulteriore inasprimento della pressione fiscale con ulteriore abbattimento del potenziale di crescita mentre, al contrario, verrà annunciato che, attraverso questo passaggio, Atene potrà presto riprendere la strada della crescita economica, quindi dell'occupazione.

Attendiamo per credere le ore 12,00.

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La Camera di Commercio di Reggio Emilia spiega alle PMI come ottenere i finanziamenti europei venerdì 6 marzo in un seminario di approfondimento che inizierà alle 9,15 nella sala convegni dell'Ente camerale -

Reggio Emilia, 5 marzo 2015 -

Sono ben 77 i miliardi di euro che l'Unione Europea mette in campo con il programma di investimenti "Horizon 2020", e l'aspetto più rilevante è che una significativa parte di questo budget è destinata, per la prima volta, alle piccole e medie imprese proiettate verso l'innovazione e l'internazionalizzazione.

"Per una realtà economica come la nostra – sottolinea il presidente della Camera di Commercio, Stefano Landi – si tratta, dunque, di un'opportunità rilevantissima, sia per la forte presenza di piccole e medie imprese, sia per la grande vocazione all'internazionalizzazione, sia per un orientamento all'innovazione che, come abbiamo recentemente sottolineato, vedono le imprese del nostro territorio in vetta alla classifica regionale".

Proprio per questo la Camera di Commercio di Reggio Emilia ha organizzato per venerdì 6 marzo un seminario di approfondimento che inizierà alle 9,15 nella sala convegni dell'Ente camerale. Un focus particolare è riservato allo strumento denominato "The SME Instrument", teso a soddisfare i bisogni finanziari delle piccole e medie imprese nelle tre fasi fondamentali del ciclo innovativo: la valutazione di fattibilità tecnico-commerciale dell'idea, lo sviluppo del prototipo su scala industriale, la prima applicazione sul mercato e la fase di commercializzazione. Il seminario è rivolto alle imprese, ma anche a consulenti interessati ad attrarre sul territorio reggiano i finanziamenti europei per lo sviluppo di progetti ad alto contenuto innovativo.

Al saluto del segretario generale della Camera di Commercio, Michelangelo Dalla Riva, seguiranno le relazioni di Alessandra Borgatti e di Viorika Dishnica (entrambe di Aster), che entreranno nel merito di tutti gli aspetti riguardanti i finanziamenti e le modalità di accesso.

(Fonte: Dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Reggio Emilia)

Domenica, 15 Febbraio 2015 12:00

Unione Europea cercasi.

La crisi Ucraina apre il sipario del teatrino europeo e dimostra al mondo intero la disunione sempre più marcata. L'Italia deve impedire che in Ucraina si commetta lo stesso errore commesso in Libia.

di Lamberto Colla - Parma, 15 febbraio 2015 -
Quanto accaduto in Ucraina affonda in radici profonde sin dalla riunificazione delle due germanie e forse ancor prima, alla metà degli anni '50. L'apertura alla riunificazione della Germania da parte dell'URSS, guidata all'epoca da Gorbaciov, si reggeva anche e soprattutto sulla clausola, "non scritta" ma sostanziale, che l'europa e la NATO non sarebbero avanzate di un centimetro verso la Russia.

Invece, prima una poi l'altra, diverse regioni dell'ex Unione Sovietica vennero attratte dalle lusinghe delle "Sirenette" europee.
Grandi concessioni economiche e privilegi vari furono messi a disposizione dei poveri Paesi dell'est per indurli a abbandonare le coperture della Russia e passare oltre cortina richiamati dalla prosperità e dalla democrazia occidentale.

Uno specchietto per allodole creato appositamente per allargare il mercato dell'UE e contestualmente per ridurre l'ingerenza politico militare della Russia sui Paesi di confine. Poco poté contrastare la Russia, in quel periodo stretta come era nella lotta alla povertà da un lato e alla riorganizzazione politico amministrativa dall'altro, e ancora molto lontana dalla valenza economica conquistata sotto l'era Putin.

La goccia che fece traboccare il vaso di Putin fu la Crimea, regione Russa da sempre, che solo per ragioni amministrative interne, a seguito di in un processo di decentralizzazione dei poteri avviato dal leader sovietico Nikita Chruščëv nel 1954, venne sottoposta al controllo della "provincia" Ucraina. Un processo interno come avvenne in Italia quando si costituirono le Regioni e a loro venne trasferito anche il potere legislativo, seppure limitato al settore agricolo.

Tant'è che sarà ben difficile trovare un nativo della Crimea dichiarare di non sentirsi Russo. L'errore di Mosca fu di non riportare quella regione sotto il controllo centrale d'orgine storica e etnica appena prima dello scioglimento dell'URSS non immaginando, forse, che sarebbe potuto accadere quanto invece è successo.

Oggi, a quasi 25 anni di distanza, l'Unione Europea ma soprattutto il Patto Atlantico è alle porte della Russia e la cosa non può far dormire sonni tranquilli al leader Vladimir Putin il quale, come ultima ratio, ha deciso l'uso della forza a difesa dei connazionali e dei confini nazionali. Non che si giustifichi, con questa affermazione, l'azione di Putin ma, se la corda si è strappata, l'UE e gli Stati Uniti sono altrettanto responsabili quanto la Russia per il conflitto civile che si è scatenato in quella regione dell'est.
Proprio per questa ragione, l'Unione Europea avrebbe dovuto intervenire per spegnere le fiamme sul nascere invece di buttare altro liquido infiammabile. Unita avrebbe dovuto dialogare con Putin prima e con la nuova leadership ucraina per negoziare una pace duratura. Già se l'Europa fosse unita e invece, come ormai siamo abituati a vedere, l'UE è di pochi legati come burattini agli USA. Obama chiama e Francia, Germania e Inghilterra rispondono. Ma questa volta hanno di fronte una rinnovata superpotenza, militare come la era prima del muro di Berlino ma anche economica e piegarla sarà ben difficile.

Forse meglio sarebbe stato coinvolgere Putin nella lotta al terrorismo internazionale e alle minacce dell'ISIS piuttosto che sfidarlo in casa propria.

L'Europa avrebbe dovuto alzare la testa e porsi come interlocutore unico e autorevole.

Invece è riuscita a perdere l'occasione per dimostrare che da "Je suis Charlie" qualcosa avesse imparato e che realmente un processo di cambiamento si sarebbe avviato nel vecchio continente.

Parigi - i Leader mondiali attorno a Hollande- "Je Suis Charlie"
Quel bel ritratto dei capi di Stato accoccolati attorno al "ferito" Hollande è servito solo a fare rialzare la popolarità del presidente francese, decaduta per sue colpe di natura politica e di natura personale.

Un ritratto che, alla luce dei fatti odierni, appare ancor più patetico e falso; l'ennesimo simbolo di demagogia sulla quale stanno proliferando le politiche europee.
E per non smentire il teorema ecco che, a discutere la ripacificazione prendono l'iniziativa Francia e Germania dimenticandosi a casa nientemeno che l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, quella Federica Mogherini che ricopre l'incarico da poco più di due mesi e lo manterrà per i prossimi 5.

Tanto era contenta la Merkel di andare a Minsk che ha persino fatto concessioni alla Grecia giusto per far capire quanto gliene freghi del popolo ellenico. L'importante è non cacciar moneta e prendersi i meriti.

Si sta riproponendo lo stesso errore commesso in Libia.

Allora furono Francia e Regno Unito a partire con i bombardamenti oggi Francia e Germania a spadroneggiare la situazione al soldo di Obama ma le conseguenze negative verranno equamente ripartite tra i soci di minoranza della "UE spa".

Questa volta, a differenza della crisi libica, l'Italia bene farebbe a imporsi soprattutto alla luce del fatto che l'Europa è definitivamente consumata.
Val la pena di rialzare la cresta e far valere la forza della ragione invece della ragione della forza e il veto all'ingresso dell'Ucraina in UE sarebbe il primo passo per riportare l'attenzione sulle questione prettamente politiche.

E, dopo la fase ostruzionistica, aprire un confronto aperto ma duro sul fronte dei confini terrestri e del mediterraneo e sulla sicurezza del continente e in questo la Mogherini dovrebbe fare valere il proprio ruolo internazionale per stimolare una rinnovata politica internazionale dell'Unione.

Altrimenti tutti a casa propria come era un tempo e... chi ha più filo fa più tela!.

 

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Prima, durante e dopo. Le dichiarazioni anti-euro non fanno bene alla borsa di Atene il cui indice è crollato prima e dopo il voto che ha confermato le previsioni dell'ascesa di Tsipras al governo ellenico.

di Lamberto Colla - Parma, 1 febbraio 2015 -
Sono bastate le proiezioni di una vittoria della sinistra antieuro di Tsipras per scatenare le ire della finanza internazionale sulla già martoriata Grecia, messa in ginocchio prima dai suoi governi rei di essersi intossicati dai prodotti finanziari di Goldman Sachs e poi dal colpo di grazia dalla Troika, a suon di ribassi in Borsa. - 11% prima e -10% post voto il crollo dell'indice borsistico di Atene accompagnato dai consueti commenti della "portinaia del condominio Europa" sempre pronta a dire la sua su tutto e tutti ma senza mai pagare dazio.

"Il salvataggio della Grecia è costato molto di più all'Italia che non alla Germania e alla Francia." A sostenerlo è il numero uno di UNICREDIT Giuseppe Vita presente alla trasmissione "Fischia il Vento(*)" di Gad Lerner del 21 gennaio scorso. "I soldi, prosegue il presidente del CDA di Unicredit spa, della Germania dati alla Grecia sono tornati nelle banche tedesche, i soldi della Francia sono tornati, in parte, a pagare i debiti delle banche francesi e i soldi dell'Italia sono rimasti lì, in aiuto alla Grecia".

Fatto sta che il popolo greco ha tutti i diritti di rialzarsi anche e soprattutto a fronte delle dichiarazioni dello stesso FMI (Fondo Monetario Internazionale) e componente della Troika che in più occasioni ha riconosciuto la gravità degli errori commessi in Grecia.

Tra il 2008 e il 2013 la Repubblica Ellenica ha lasciato per strada il 24% del proprio Pil, di gran lunga la contrazione più grave rispetto a quella accumulata in qualsiasi altro Paese di Eurolandia. Negli stessi anni i consumi sono sprofondati del 26% e gli investimenti si sono ridotti di quasi due terzi. Non solo: secondo un rapporto dei ricercatori delle Università di Cambridge, Oxford e Londra pubblicato a inizio anno dalla rivista medica britannica The Lancet, in Grecia la mortalità infantile nei primi mesi di vita dei bambini è aumentata del 43% a seguito dei tagli alla spesa pubblica e al dimezzamento del bilancio della Sanità imposti dall'Unione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale.

Val la pena perciò di gioire dello 0,7% di incremento del PIL greco frutto della "cura" imposta dall'UE?

Meno male che il "B" all'epoca, quand'era ancora presidente del consiglio italiano, avesse con tutte le sue forze contrastato e rifiutato gli "aiutini" del FMI ben conscio di quello che sarebbe accaduto: l'abbraccio mortale della troika!

Ed oggi il premier greco tenta il tutto per tutto alleandosi con l'estrema destra con buona pace dei nostri irriducibili e romantici comunisti i quali, ben attrezzati da sessantottini, cantavano "Bella Ciao" sotto il palco di Tsipras la scorsa domenica. Un esempio e un modello per tutta europa commentavano; poi il silenzio dopo la feroce notizia raccolta già durante il viaggio di ritorno. Altro che "Patto del Nazareno".
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(*)Fischia il vento è un programma di Gad Lerner nato dalla collaborazione tra Repubblica e laeffe Tv e prodotto da Pulsemedia. In onda il mercoledì alle 21 in contemporanea su Repubblica.it e laeffe (canale 50 del digitale terrestre e 139 di Sky)

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Domenica, 28 Settembre 2014 12:48

Il sesso a pagamento... alza il PIL

Tra un po' scopriremo che anche il lavoro non manca. Dall'UE il via libera al taroccamento dei bilanci con l'introduzione delle stime dei "ricavi" provenienti da spaccio e prostituzione.

di Lamberto Colla -
Parma, 28 settembre 2014
Finalmente qualcosa si muove. I massaggi erotici fanno alzare anche il PIL con gran soddisfazione di tutti. Adesso si tratta di mettere in campo ogni azione possibile per contrastare il crescente malcostume di perpetrare sesso a pagamento appena oltre il confine incentivando, al contrario, i consumi interni. E la crisi va via.

Non c'è che dire, i ragionieri di Bruxelles hanno trovato un buon modo, semplice, efficace e attendibile per fotografare la reale ricchezza dei paesi aderenti all'Unione. Un artificio contabile che apporterà notevoli benefici agli indicatori economici di tutti, Italia compresa. Si sa, che in questo campo dell'illecito, lavoro nero, sommerso, criminalità organizzata e prostituzione il nostro Paese ha ben pochi concorrenti. Se l'illecito diventa voce di bilancio la Guardia di Finanza dovrà anche garantire il contrasto al lavoro nero e al sommerso del sommerso?

L'Istat, sulla base delle nuove disposizioni e per quanto riguarda l'Italia, ha dunque redatto una stima dell'economia sommersa e del lavoro irregolare e sottodichiarato, pari a circa 187 miliardi, ovvero l'11,5% del Pil 2011. A ciò si può aggiungere l'illegalità (droga, prostituzione e contrabbando), per un conto combinato, relativo all'economia non osservata, di oltre 200 miliardi (ben il 12,4% del Pil).Con l'applicazione del paniere di rilevamento così aggiornato e il nuovo metodo di calcolo adottato, nel 2011 l'Italia ha registrato un Pil maggiore di ben 59 miliardi, portando il deficit molto al di sotto rispetto a quanto conteggiato all'epoca e attestandoci al 3,5% in luogo del 3,7% a suo tempo calcolato.

Ne ha dell'incredibile ma è la pura e sacrosanta verità. L'Unione Europea sotto la spinta dei suoi ragionieri, probabilmente formati alla scuola di finanza creativa della prima Parmalat e dell'Enron, ha introdotto a partire dal bilancio 2011, il computo del lavoro sommerso e delle attività illecite come droga, prostituzione, e contrabbando nella misurazione della ricchezza dei Paesi UE (PIL).

- Cui prodest? -
Già, a chi giova questo taroccamento legalizzato, risultato di un'Europa arida, decadente e autoreferenziale?
I media nazionali hanno riportato la notizia condita con l'enfasi degna della migliore stampa regime, sottolineandone gli effetti positivi sui bilanci.

Il rapporto deficit/PIL, con buona pace di Bruxelles, rientrerà nei parametri del 3%, e entro pochi giorni nessuno si ricorderà più che la spettacolare performance è il risultato di un cambio amorale di regole di bilancio e fra 40 anni i libri di storia e di economia riporteranno i dati statistici come il risultato di incisive manovre correttive dei governi che si sono succeduti nel quadriennio 2011-2014 "nonostante la più terribile crisi economica che avesse travolto il sistema economico occidentale".

Ma quello che ancora nessuno ha messo in evidenza è che questo risultato gioverà soprattutto all'apparato europeo. Di fatto è una nuova tassa che si scarica sui cittadini europei e lavoratori a favore della casta di nullafacenti in risonanza tra due inutili e dispendiosi sedi parlamentari. Insomma una troiata megagalattica, tanto per restare in tema, per introitare dai Paesi una maggiore contribuzione essendo calcolata sulla base della ricchezza del Paese misurata, appunto, con il PIL. Cresce il PIL cresce il valore della contribuzione del Paese alla UE.

Rigore, fermezza e sacrifici sono gli strali che da Bruxelles quotidianamente vengono indirizzati verso il sud, in particolare verso i Paesi PIGS, come sono simpaticamente indicati Portogallo, Italia, Grecia e Spagna le cui economie sono in maggior difficoltà. Con altrettanto rigore queste economie oggi in difficoltà, applicando le nuove regole di computo avranno occasione di riscattarsi e altri Paesi, oggi in auge, potrebbero trovarsi nella condizione di negoziare con la amministrazione centrale dell'UE.
E se a cadere in disgrazia fossero Francia, Irlanda, Germania e Austria non v'è dubbio che verrà assegnato loro l'altrettanto simpatico acronimo ... i Paesi della (omissis).

 

Pubblicato in Politica Emilia
Domenica, 12 Gennaio 2014 10:03

2014: UE governo di PIGS

 

 

Il 1 gennaio la Grecia ha assunto la Presidenza dell'Unione Europea. Poi, a giugno, toccherà all’Italia.

 

di Virgilio - Parma, 9 gennaio 2014 -
12 mesi di PIGS - l’acronimo ben poco rispettoso per identificare i Paesi in maggiore difficoltà finnaziaria all’interno dell’UE e cioè Portogallo, Italia, Grecia e Spagna - alla guida dell’UE. Una occasione unica per cercare di realizzare un tandem progettuale tra il primo ministro ellenico Antonis Samaras, leader del centro-destra di Nuova democrazia, che guida una coalizione con i socialisti del Pasok e il suo successore alla Presidenza di turno (giugno 2014) che probabilmente sarà Enrico Letta, salvo elezioni anticipate.

Un’occasione unica per cercare di portare quelle riforme che possano consentire ai Paesi in difficoltà di riprendersi e tornare compiutamente a meglio contribuire allo sviluppo dell’intera unione. 

L’obiettivo è convincere i partner più forti, a cominciare dalla Germania, a una maggior flessibilità. 

L’8 gennaio ci sarà l’investitura ufficiale del nuovo presidente di turno in attesa di vedere gli sviluppi della politica nostrana che, in teoria, dovrebbe già adoperarsi per fare un piano di azione da giocarsi nel secondo semestre del 2014. 

Attenzione che i partiti nazionalisti e antieurepeisti stanno crescendo in tutti i Paesi europei e alle prossime elezioni per il Parlamento Europeo (maggio 2014) potrebbero riservare molte sorprese.

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