Meno 2,8% su gennaio, meno 10,9 % su base annua. Tendenza deflativa meno accentuata secondo l'indice "core" (-5,5% annuo). Ancora ribassi in campagna, per il quinto mese consecutivo.
Roma - Lo segnala l'Ismea sulla base dell'indice dei prezzi agricoli che si porta a febbraio a 105 (base 2010=100), registrando una flessione del 2,8% rispetto a gennaio e del 10,9% su febbraio 2015.
La dinamica negativa è confermata dall'andamento prezzi al consumo dei beni alimentari e bevande, inclusi gli alcolici, rilevati dall'Istat e che hanno riportato una variazione dello -0,1% rispetto a gennaio e del -0,3% su base annua.
In particolare, è determinante nella flessione dei prezzi al consumo la voce dei beni alimentari non lavorati, che a febbraio ha mostrato una variazione dei prezzi al consumo pari al -1,2% rispetto allo stesso mese del 2015.
L'Indice "core", elaborato dall'Ismea escludendo gli ortofrutticoli - componente più volatile dell'indice - al fine di cogliere la tendenza di fondo dei prezzi agricoli, è sceso invece a quota 110,4 (2010=100), registrando una dinamica deflativa più contenuta rispetto a quella segnalata dall' indice generale (rispettivamente -1,2% la variazione congiunturale e -5,5 la tendenza annua).
Più nel dettaglio, tra le colture vegetali, le elaborazioni Ismea segnalano una congiuntura negativa (-3,6% rispetto a gennaio) e una flessione più marcata su base annua (-17%). Il calo tendenziale riflette soprattutto la flessione dei prezzi di frutta e ortaggi (rispettivamente pari a -18,8% e -22% su base annua), e il calo dei listini olivicoli (-29,5%), che risultano tuttavia in leggera crescita su base mensile ( +1,1%)
Negativa, seppure in misura più contenuta, la variazione annua dei prezzi dei cereali, dei semi oleosi e dei vini (rispettivamente -9,4%, -9,8% e -2,6%), a fronte del segno più registrato dalle coltivazioni industriali (+10,5% su febbraio 2015).
Anche per quanto riguarda il comparto zootecnico la congiuntura si rivela nuovamente sfavorevole (-1,8% rispetto a gennaio) e la tendenza resta deflativa (-3,1%), con cali diffusi tra il bestiame vivo (-2,5% in media su base annua), uova (-22,3% sempre rispetto a febbraio 2015) e lattiero caseari (-1,5%).
(Fonte ismea Roma, 16 marzo 2016)
Osservatorio Ismea-Unioncamere sulla congiuntura dell'agroalimentare italiano. Valore aggiunto, occupazione, export, redditività: l'agricoltura corre di più.
Roma, 8 marzo 2016 - Performance migliori del settore rispetto alla media - Rallenta la contrazione del tessuto produttivo agricolo - Alta la partecipazione delle donne: nel I semestre 2015, 4 imprese agricole su 10 sono nate su iniziativa femminile.
L'ultimo scorcio del 2015, oramai alle spalle, ha in parte disatteso le previsioni sull'evoluzione economica mondiale formulate dai più autorevoli organismi internazionali. La ripresa messa in evidenza dai dati macroeconomici non è stata quella attesa, in ragione del rallentamento delle economie emergenti solo parzialmente bilanciato dalla migliore performance delle economie avanzate.
Grazie anche al calmieramento dei prezzi dei mezzi correnti di produzione, soprattutto dei prodotti energetici per il corso deflativo del greggio, nel 2015 migliora la redditività del settore agricolo nazionale, in misura più evidente rispetto agli altri 28 Paesi dell'Ue.
Ma le performance del settore non si limitano all'incremento della redditività. Lo segnala il Rapporto AgrOsserva realizzato da Ismea e Unioncamere, che evidenzia altri importanti segnali positivi: la cartina tornasole è chiaramente individuabile nella progressiva riduzione del trend negativo delle nuove imprese registrate, in un contesto in cui export, valore aggiunto e occupazione aumentano in maniera superiore alla media del sistema economico nazionale.
Si parte dal valore aggiunto (PIL) dell'agricoltura: il 2015 si è chiuso con una crescita complessiva del 3,8%, grazie soprattutto al contributo del IV trimestre che ha fatto registrare un incremento dell'8,4% su base tendenziale. L'andamento del Pil agricolo in media d'anno si rivela pertanto più intenso di quello messo a segno contestualmente dal settore industriale (+0,9% sul livello del 2014) e dal PIL nazionale (+0,8%).
Con un più 4,1% di nuovi occupati nel terzo trimestre 2015, l'agricoltura si rivela poi tra i settori più dinamici dell'economia (+1,1% l'incremento dell'occupazione complessiva nello stesso periodo in Italia) e nell'anno di Expo - vetrina internazionale del food & beverage made in Italy - le esportazioni dell'agroalimentare hanno raggiunto quota 36,8 miliardi di euro, con una crescita (+7,3%) molto più evidente di quella messa segna dall'export totale nazionale (+3,7%). Una dinamica positiva che, sottolinea Ismea, in controtendenza rispetto agli ultimi anni ha visto un contributo maggiore della componente agricola (+11,2%) rispetto a quella industriale (+6,5%).
Il saldo dello stock delle imprese agroalimentari, cioè la variazione annuale delle imprese registrate nel IV trimestre di ogni anno, segna un "meno" 6.464 imprese nel 2015 rispetto al 2014. Ma l'apparenza può ingannare. Bisogna considerare che nel IV trimestre 2014 erano state ben 18.344 le aziende registrate in meno rispetto allo stesso periodo del 2013, e nel 2013 ben 31.996. Sotto questa luce, sembra che l'"emorragia" si stia fermando. Il settore alimentare, poi, produce un segno "+" di 891 unità rispetto al 2014. Al 31 dicembre 2015, le imprese registrate del settore agroalimentare sono 816.587 (746.585 quelle agricole, 70.002 quelle alimentari). Il peso del settore sull'economia è del 13,5% (12,3% agricoltura, 1,3% industria alimentare).
L'indagine effettuata da Unioncamere sulle "Vere Nuove imprese" (eliminando quindi le attività derivanti da cambiamenti di forma giuridica, localizzazione, scorpori o nuove acquisizioni) mette in luce un settore primario in espansione. Sul totale delle vere nuove imprese nei primi sei mesi del 2015, quelle agricole rappresentano circa il 9%, un valore in crescita rispetto al 6,3% del 2014. Considerevole la quota femminile fra i neoimprenditori: 4 imprese su 10 sono nate, nel I semestre 2015, per iniziativa delle donne, valore di molto superiore alla media del totale vere nuove imprese (28,8%).
Tornando al reddito agricolo per addetto nel 2015, l'indicatore dell'Eurostat si attesta nel 2015 per l'Italia a 144,8 (2010=100) risultando superiore all'Indice medio dell'Ue28, pari a 108. Nel confronto con l'anno precedente, l'Italia registra un aumento di 8,7 punti percentuali. Di contro, la media dei Paesi Europei registra un andamento negativo su base annua, con una flessione di 3,8 punti percentuali rispetto al 2014.
Sul fronte dei consumi alimentari delle famiglie, i dati Ismea-Nielsen indicano una tendenza annua positiva nel segmento dei confezionati, bevande incluse (+2%), mentre arrancano i prodotti a peso variabile (-3%), a causa soprattutto, delle dinamiche discendenti di carni, salumi e formaggi. Nel suo insieme, la spesa di prodotti alimentari, registra un aumento dello 0,3% rispetto al 2014.
Per quanto riguarda l'andamento dei prezzi agricoli, l'indice elaborato dall'Ismea evidenzia un incremento annuale dei listini agricoli dell'1,5%, sintesi del +9,9% delle colture vegetali in parte controbilanciato dal -6,7% dei listini zootecnici. Calano nello stesso periodo i costi degli input produttivi (-3,5%).
L'accesso al credito rimane una questione delicata per l'intero sistema produttivo nazionale e per il comparto agroalimentare. I dati della Banca d'Italia sugli stock di prestiti bancari messi a disposizione delle imprese, attestano a fine 2015 un livello inferiore dell'1,7% rispetto a fine 2014. In termini assoluti, in un solo anno il tessuto produttivo del nostro Paese ha dovuto rinunciare a 15 miliardi di euro di finanziamenti esterni bancari. Per il settore agricolo, che intercetta il 5% degli stock dei prestiti bancari complessivi, il livello ha registrato solo una flessione dello 0,1% su base annua; mentre per l'agroindustria, che copre una quota del 3,5% dell'ammontare complessivo, si registra una lieve crescita dello 0,3%.
(In allegato i file Ismea - rapporto e infografiche)
(ismea Roma, 8 marzo 2016)
Il 2016 si apre con una nuova e più severa flessione dei prezzi agricoli. Lo segnala l'Ismea sulla base dell'Indice dei prezzi agricoli all'origine, che si è portato a gennaio a 108 (2010=100) facendo registrare un decremento del 3,5% su dicembre 2015 e del 7,9% su gennaio di un anno fa.
Roma, 4 marzo 2016
L'Indice "core" dell'Ismea - calcolato per evidenziare la tendenza di fondo dei prezzi agricoli, scorporando dall'indicatore i prodotti ortofrutticoli, più volatili e maggiormente influenzati da fattori stagionali - a gennaio si colloca a 111,7 (2010=100) mostrando al contrario una dinamica mensile lievemente positiva (+0,2%), e una tendenza deflativa più attenuata (-5,5%) rispetto a quella indicata dall'indice complessivo.
Nel comparto vegetale che fa segnare nel suo complesso un meno 6,4% sul mese precedente, pesano ancora una volta le significative flessioni degli ortaggi (-12,6%) accompagnate anche da una caduta delle quotazioni della frutta (-10,2% sempre su dicembre). Più lieve la flessione per i vini (-0,4%), che stentano a riprendere slancio dopo il positivo avvio di campagna e per le coltivazioni industriali (-0,1%). In recupero le quotazioni di oli di oliva (+2,8%) dopo i vistosi ribassi dei mesi precedenti, in un contesto lievemente positivo anche per i semi di soia (+0,3%) e stabile per i cereali.
L'insieme della zootecnia risulta invariato rispetto a dicembre. Mentre recuperano i listini del bestiame vivo (+0,6%) e in misura più attenuata dei lattiero caseari (+0,2%), le uova fresche cedono del 7,4%.
Su base annua, la riduzione complessiva dell'indice (-7,9%) risente di una flessione più marcata per il comparto delle colture vegetali (-12,1%) rispetto all'aggregato zootecnico (-2,4%). Più nel dettaglio, scendono tutte le coltivazioni, con ribassi compresi tra il meno 27,9% degli olii di oliva e il meno 2,6% dei vini. Nella zootecnia guidano i ribassi le uova (20,3%), seguiti dal bestiame vivo (-2,4%) e i lattiero caseari (-0,4%).
(Ismea 4 marzo 2016)
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