Dal 17 al 19 ottobre a Milano torna Golosaria, la rassegna della cultura e del gusto arrivata ai suoi 10 anni. L’appuntamento è al MiCo – Milano Congressi
Di Chiara Marando – Venerdì 16 Ottobre 2015 -
Ormai siamo arrivati a 10 anni di Golosaria, 10 anni fatti di bontà in quella che rappresenta la rassegna del gusto e della cultura, l’incontro con la qualità italiana dei piccoli e grandi produttori. Un evento che nasce dall’idea di Paolo Massobrio e Marco Gatti, un contenitore di eccellenze enogastronomiche e di realtà capaci di distinguersi nell’ambito del food&beverage, aziende da conoscere, provare ed apprezzare.
Il prossimo appuntamento sarà a Milano dal 17 al 19 ottobre al MiCo - Milano Congressi, uno spazio di oltre 12.000 metri quadrati che ospiterà oltre 300 produttori, start up del settore e decine di incontri ogni giorno. Sarà anche il momento per ripercorre alcuni dei temi salienti emersi nei sei mesi di EXPO2015, affrontarli ed interpretarne le sfaccettature: "La qualità che nutre il futuro"
Protagonista indiscussa sarà l’Italia con i suoi prodotti e le sue aziende all’interno di percorso suddiviso in aree tematiche ispirate ai media del "mondo Golosaria”.
Si inizia con la guida ed il portale "Il Golosario" che darà il via alla grande esposizione FOOD permanente di 150 selezionati produttori, raccontati anche nei LAB, con un focus su argomenti quali la conservazione degli alimenti, ma anche un’incursione tra i Maestri del Gusto di Torino.
Intorno al "Gatti-Massobrio", nuovo Taccuino nazionale dei ristoranti, verranno invitati i migliori chef d’Italia, mentre nei MASTER la Scuola Internazionale di Cucina IFSE declinerà i temi della moderna ristorazione.
L’opera di carattere enologico "L'Ascolto del vino" sarà al centro del viaggio WINE con le 120 cantine della selezione Top Hundred ed imperdibili Wine Tasting di etichette tra le migliori dell’enologia italiana.
Ma Golosaria è nota anche per un’altra grande area, quella riservata alla cucina come luogo di lavoro e convivialità. Spazio quindi a SHOW COOKING che tratteranno l’argomento “vita domestica, dal non spreco all’utilizzo delle migliori tecnologie”.
Proprio a proposito di Show Cooking, sabato 17, dalle ore 19, l’aperitivo diventerà dolce ma soprattutto gluten free. A prepararlo sarà l’ormai nota Ilaria Bertinelli, interprete parmigiana e cuoca impegnata nella cucina per diabetici e celiaci, che insieme a Francesca Morandin, figlia di uno dei più famosi panettonieri italiani, realizzerà una golosa brioche senza glutine dal basso indice glicemico. Grazie alla loro esperienza, nonché alla grande conoscenza delle materie prime, daranno corpo ad un impasto preparato ad hoc con l’eccellente farina Glutinò del Molino Quaglia, che coniugherà fragranza, salute e gusto.
La terrazza coperta ospiterà l’area LOUNGE con la CUCINA DI STRADA, interpretata dai professionisti del Golosario, un tour “virtuale” che attraverserà tutta Italia: dagli hamburger di carne piemontese di Amati! Papillarium, a quelli in versione lomellina con la zucca di Genuino, dalla focaccia di Recco di Manuelina agli sciatt valtellinesi di Sciatt à Porter, fino ai plin langaroli di Cucina delle Langhe. Poi ancora le specialità partenopee di Friarié, la pizza d'autore di MamaPetra, il fritto ed il fusion all'italiana di Cheerin'guito, il bollito della tradizione emiliana di Clinica Gastronomica Arnaldo ed il “truck della griglia” della Street Food Company. Sinergia brianzola, poi, con gli gnocchi e le patate fritte con la patata bianca di Oreno dell'azienda agricola Fortuna, lo zafferano di Mastri Speziali e le birre del Birrificio Hibu, insieme ai rimandi d'oltreoceano di Vanilla Bakery. Il tutto innaffiato dai vini piemontesi di Bersano, le birre di Silvia Castagnero e dei Mastri Birrai Umbri, oltre alla prima cola nata sotto la Mole, MoleCola.
E’ appena terminato il Festival del Franciacorta, un weekend nel quale poter visitare le cantine più blasonate nel territorio conosciuto per la sua eccellenza vitivinicola. Vediamone alcuni pregi e difetti
Di Chiara Marando – Sabato 26 Settembre 2015 - (Guarda la gallery in fondo all'articolo)
Da pochi giorni è terminato il tradizionale appuntamento con il Festival del Franciacorta, un weekend all’insegna del buon vino e delle tradizioni che hanno reso questo suggestivo territorio un punto di riferimento nel mondo in fatto di eccellenze vitivinicole. Ma il Festival non è solo un’ottima occasione per assaporare alcune tra le migliori varietà di bollicine disponibili, è anche un’immersione completa nella cultura della zona, alla scoperta delle varie cantine, dei loro segreti e tecniche di lavorazione.
Per due giorni, ogni azienda apre le porte al pubblico per raccontare la realtà che le contraddistingue, far comprendere quanto lavoro e dedizione si trovi dietro ad ogni singolo sorso. Certo il marketing fa da padrone, ma la verità è che alcune sono veramente in grado di far respirare il grande amore che nutrono per il lavoro e la terra, se ne percepisce la reale piacevolezza di condivisione.
Ecco perché, anche lo scegliere quali cantine visitare all’interno del ricco programma di eventi non è propriamente semplice, ci si deve lasciare trasportare dall’istinto, dalla curiosità ed, ovviamente, dal desiderio di degustare qualcosa di nuovo. Difficile cadere male, anche se spesso alcuni produttori perdono di vista l’anima del Festival, ovvero che questi due giorni non sono solo fonte di puro guadagno, ma anche e soprattutto di grande ospitalità.
Inutile generalizzare, questo è certo, ma penso sia corretto evidenziare mancanze e pregi di alcune delle cantine che ho selezionato per la mia giornata in Franciacorta. Non si tratta di un giudizio prettamente legato alle diverse etichette, piuttosto ai diversi approcci riscontrati in fase di visita.
Cominciamo con il più che famoso “Cà del Bosco”, azienda che certo non ha bisogno di particolare pubblicità e la cui location lascia stupefatti: una distesa di prati e vigne che si rincorrono a perdita d’occhio lungo un terreno collinare verdeggiante al cui centro impera l’area di produzione, la zona eventi e quella degustazione. Una guida preparata ed estremamente disponibile ha illustrato tutto il processo di lavorazione delle uve, descrivendo le peculiarità che caratterizzano il prodotto finale. Il percorso nelle cantine di invecchiamento non smette mai di affascinare, complice la luce soffusa, i soffitti a volte e le migliaia di botti e bottiglie che arredano gli ambienti.
Non poteva mancare la fase di degustazione: tre diverse tipologie di Franciacorta, Vintage Collection Dosage Zéro 2010, Vintage Collection Brut 2010 e Vintage Collection Satèn 2010, abbinate a sfiziosi e ricercati finger food di mare e terra che ben si sposavano con il gusto e gli aromi dei vini.
In sintesi, due ore nelle quali la cura e l’attenzione verso il cliente si coniugavano con la raffinatezza delle proposte enogastronomiche.
La seconda tappa prevedeva un altro nome di rilievo, ovvero “l’Azienda Agricola Monte Rossa” conosciuta per la bevibilità delle sue etichette più famose: il Rosè Flamingo ed il Cabochon Brut 2009. Nulla da dire sulle due proposte, ma qualcuno dovrebbe insegnare agli organizzatori che il tavolo di presentazione dovrebbe essere imbandito con qualche cosa di più sostanzioso rispetto ai miseri grissini, soprattutto se si pensa che i visitatori quel giorno si dedicheranno anche ad altre cantine. A nessuno piace tornare a casa ubriaco o con la testa “molle”.
Stesso discorso per “Bellavista” dove, oltre alla totale assenza di professionalità ed ospitalità da parte del personale (sembrava di essere caduti in una catena di montaggio spremi-soldi), è mancata completamente una qualsiasi tipologia di stuzzichino che spezzasse gli assaggi e permettesse di godere al meglio ciò che si stava bevendo, ossia Alma Cuvée Brut e Vendemmia Satèn 2010.
Fortunatamente, dopo qualche esperienza poco soddisfacente, la giornata si è conclusa con una più che piacevole serata trascorsa nell’antica residenza “Guido Berlucchi”, il Palazzo Lana Berlucchi, dove per l’occasione è stato organizzato un particolarissimo “Aperitivo Pop” con i finger food dello chef Davide Oldani. Una location d’eccezione, come il parco interno della villa, ed un’accoglienza sincera da parte della titolare, la signora Ziliani, hanno reso ancora più apprezzabile la degustazione: ’61 Brut, ’61 Satèn e ’61 Rosé abbinati ad assaggi originali quali Pasta di salame su panella di ceci, tamarindo ed olive croccanti, Bignè allo zafferano ripieno di Erborinato ed accompagnato con Composta di fichi e semi tostati e, per finire, Centrifugato di verdufrutta con Stracciatella e fave di cacao. Veramente Deliziosi!
Il consiglio è quello di visitare le stanze del Palazzo, ricche di fascino ed eleganza senza tempo, ma soprattutto le antiche cantine sotterranee dove il vino riposa avvolto da un silenzio rigenerante: volte in pietra, lunghi corridoi che conservano la suggestione di epoche passate, nascosti da una luce morbida e quasi timida, ed una distesa di bottiglie che attendono solo di essere stappate.
Visitare il borgo medievale di Bolgheri significa immergersi nella storia, nella natura ma anche nel buon mangiare e bere. Ecco qualche consiglio sulle Cantine Vitivinicole da visitare e su dove fermarsi per una pausa godereccia
Di Chiara Marando – Sabato 19 Settembre 2015 -
Una giornata a Bolgheri, una giornata all’insegna della storia, della natura e del buon mangiare.
Camminare tra le vie di Bolgheri significa passeggiare fra stradine medievali dal fascino antico: un borgo suggestivo circondato da mura ed immerso in un paesaggio che incanta gli occhi, quello collinare toscano accarezzato dalla brezza marina che giunge dalla costa poco distante.
La storia di questo luogo si fonde con l’anima più profonda del territorio che lo ospita, un legame indissolubile che lo ha reso la patria di vere e proprie eccellenze vitivinicole italiane. Impossibile non notare i numerosi filari che si rincorrono perdendosi all’orizzonte, un’immagine ormai caratteristica, nonchè parte integrante delle famose tenute produttrici di ottimo vino, bontà note in tutto il mondo. Qui, si trova la rinomata azienda “Ornellaia” che vanta etichette quali appunto Ornellaia o il costosissimo e ricercato Masseto, ed ancora La Tenuta San Guido con il profumato Sassicaia, oppure la nota Tenuta Guado al Tasso dei Marchesi Antinori dove, oltre ai conosciuti Scalabrone e Vermentino, viene prodotto il prezioso Matarocchio, la risposta perfetta al Masseto.
Già, perché la particolarità di questi due vini è data dalla loro purezza e intensità di sapore, peculiarità che identificano il terroir da cui provengono: Il Matarocchio è 100% Cabernet Franc, mentre il Masseto è 100% Merlot. Due preziosi prodotti della terra che nascono dalla pazienza, dalla cura, dalla conoscenza e dal rispetto per la natura ed i suoi ritmi, due prodotti capaci di regalare esperienze sensoriali coinvolgenti.
Ecco perché durante una visita alla zona di Bolgheri non può mancare l’appuntamento con un percorso degustativo all’interno di queste tenute, per ammirarne le suggestive strutture, conoscerne metodi di raccolta e produzione, ma soprattutto per lasciarsi conquistare dagli aromi dei diversi vini.
Ma non si può solo bere, si deve anche mangiare. Veri protagonisti della tavola sono i salumi toscani, la carne di Chianina ed i legumi preparati con fantasia ancora alla vecchia maniera.
Difficile sbagliare ristorante da queste parti, le scelte sono tante e la cucina particolarmente gustosa ma, se volete andare sul sicuro, allora proprio nel piccolo centro storico del paese sorge “l’Enoteca Tognoni”, un angolo di bontà nel quale pranzare sarà un vero tuffo nella toscanità più pura.
Prima di tutto qui non basta dire “Vino”, e le due pareti stracolme di bottiglie lo testimoniano, qui si può scegliere la “crème de la crème” del vino Toscano con una cantina tra le più fornite della zona.
E poi il menù, dove tradizione e fantasia si incontrano e spaziano tra antipasti rustici come Crostini caratteristici, Affettati misti toscani, Formaggi e Verdurine sott’olio caserecce, a quelli più elaborati come i Fiori di zucca ripieni di ricotta e la Tartarre di Chianina, per arrivare a primi corposi quali tagliatelle al ragù di cinghiale oppure al ragù di Chianina. Poi i secondi, un trionfo di carne con succulente Tagliate e Costate di Chianina, Guanciale al brasato e Cinghiale in umido.
Se ancora non vi dovesse bastare, anche i dolci meritano l’assaggio: Tiramisù preparato al momento, Tris di sorbetti e Tortino di ricotta caldo accompagnato da gelato allo jogurt.
Enoteca Tognoni
Via Lauretta, 5 Loc. Bolgheri
57020 Castagneto Carducci (LI)
0565 762001
Visitare Expo: più facile a dirsi che a farsi. Ecco una carrellata di situazioni per capire cosa aspettarsi veramente da una giornata tipo tra i padiglioni di questa Esposizione Universale.
Di Chiara Marando – Sabato 05 Settembre 2015 - (guarda la gallery in fondo all'articolo)
Decidere quando andare ad Expo è un po’ come scegliere il giorno e l’ora giusti per una ”partenza intelligente”: si tirano i dadi e si tenta la fortuna. Solo che la fortuna non è utile esclusivamente all’ingresso, che anzi può essere addirittura rapido, bensì nel corso dell’intero giro turistico.
Ma andiamo con ordine e proviamo ad analizzare una giornata tipo da visitatore all’interno di questo enorme “parco giochi” mediatico.
Non si discute sull’impatto scenico che conquista già ad una prima occhiata, ci si trova catapultati in un universo parallelo che racchiude parte del mondo, un brulicare di nazionalità che si avvicendano tra i vari padiglioni, bandiere di culture che si esprimono in architetture originali e fantasiose. La parola d’ordine non è tanto “essere”, piuttosto “stupire” per raccontare l’eccezionalità racchiusa in ogni Paese.
Quindi, ecco che dopo un momento di panico da smarrimento si afferra la cartina e si decide da dove cominciare. Bene, prima di buttarsi nel turbinio di gente il percorso quasi obbligato giunge in aiuto e conduce nel Padiglione 0, quello dell’ONU. Un’enorme biblioteca in legno a parete accoglie i visitatori e mostra loro una metafora visiva del “Sapere Universale” per poi lasciare spazio, nelle sale successive, ad un excursus sul genere umano ed il suo rapporto con il cibo: conservazione, coltivazioni protette, consumismo e spreco.
Ma la cartina con l’elenco delle “attrazioni” è ancora lì tra le mani e, terminato questo giro iniziale, è praticamente impossibile non consultarla, pena l’essere recuperati chissà dove da un cane San Bernardo verso l’orario di chiusura.
Certamente chi decide di esplorare Expo ci arriva già con qualche idea su quali padiglioni visitare ma, ahimè, la realtà potrà dimostrarsi molto più crudele: le code non perdonano.
No, non si tratta di un bollettino di guerra ma è giusto evidenziare una mancanza estremamente importante in fatto di organizzazione, ovvero che non può essere umanamente sostenibile il sopportare ore di coda in piedi sotto il sole per riuscire ad entrare in quelli che vengono considerati i padiglioni più meritevoli. Tutto questo non solo riduce drasticamente le possibilità di visita, ma è causa di veri e propri collassi. E poi diciamolo, che cosa ci sarà mai di così strepitoso da vedere per meritare una tale fatica?
A onor del vero, molti Paesi sono riusciti a realizzare dei veri e propri capolavori emozionali, racconti che parlano di territori, usi e costumi, popolazioni ed , ovviamente, cibi tipici e specialità strettamente legate alla loro terra. Per farlo sono stati scelti strumenti diversi: pannelli descrittivi, foto, filmati, ologrammi, musica, composizioni create con elementi naturali, proiezioni e spettacoli. L’innovazione si sposa con la tradizione e da vita ad un viaggio della conoscenza.
Quindi quali sono i padiglioni da visitare?
In realtà non c’è una vera e propria regola, ma il consiglio è di non escludere a priori i meno vistosi e monumentali perché possono regalare piacevoli esperienze, nonché far scoprire caratteristiche meno conosciute delle diverse nazionalità. E’ il caso dell’Inghilterra che ha scelto un alveare gigante per raccontare l’importanza delle api nel suo ecosistema, oppure dell’Austria che propone una camminata tra i boschi che caratterizzano le sue montagne, un inno all’aria pura ed all’attenzione verso la natura.
Inutile dire che la via dedicata alle regioni italiane non può mancare. La carrellata si conclude con il Padiglione Italia e, soprattutto, con l’ormai famoso Albero della Vita, simbolo di questa Esposizione Universale. Ecco, il vederlo illuminato ed assistere allo spettacolo serale di luci, acqua e musica fa venire la pelle d’oca.
Ritornando al tour, una menzione particolare, anche per l’organizzazione e le tempistiche, va alla Corea del Sud che, grazie a straordinarie trovate tecnologiche, è riuscita a trasformare poeticamente il suo personale concetto della filosofia “Nutrire il Pianeta”. Segue il Marocco che, con grande sensibilità, narra la storia delle sue tradizioni passando tra i vari territori e prodotti che ne rappresentano l’identità.
Poi ci sono i più ricercati, e qui la pazienza per l’attesa non è mai troppa: parlo ad esempio del Giappone, dove la delicatezza di una narrazione ricercata accompagna in un cammino alla scoperta delle radici culturali e gastronomiche; degli Emirati Arabi Uniti, la cui struttura ha pareti in sabbia increspata dal vento alte 12 metri; della Francia, che ricorda nella forma quella del mercato coperto, luogo simbolo della cultura alimentare francese; della Cina, il cui padiglione rispecchia l’atteggiamento di integrazione e rispetto del popolo nei confronti della natura.
A tutto questo si aggiunge la possibilità di gustare le diverse specialità perché, alla fine di ogni tour, ad attendere gli avventori ci sono ristoranti e bar che propongono cibo tipico take away, oppure pietanze più elaborate da mangiare comodamente seduti al tavolo.
Purtroppo, anche in questo caso, una scelta meticolosa è d’obbligo perché alla domanda frequente «Offrono qualcosa da mangiare giusto come assaggio?», la risposta è un secco «NO». Fin qui però nulla di strano, solo che i prezzi esposti risultano veramente esagerati a fronte di porzioni estremamente ridotte che possono essere considerate dei veri finger food. Quindi, un controsenso in piena regola che ben dimostra la volontà di sfruttare in tutto e per tutto quella che costituisce la “gallina dalle uova d’oro” del momento.
Ma poi, sarà oro zecchino oppure splendida e vistosa bigiotteria?
Di Chiara Marando – Sabato 1 Agosto 2015
Inseparabili compagni di vita, amici fidati capaci di regalare il sorriso ed asciugare le lacrime nei momenti di tristezza: sono i nostri cani.
E’ vero, oggi la tendenza è quella di viziarli un po’ troppo ma in fondo che male c’è a fronte di tutto l’affetto e la dedizione che ci dimostrano. Quindi, se siete stanchi di preparare per loro il solito pasto secco fatto di crocchette, certamente equilibrate ma poco invitanti, provate a cimentarvi in qualche manicaretto sfizioso, perfettamente bilanciato ed estremamente gustoso. Insomma qualcosa che mangereste anche voi senza problemi.
Ci sono veri e propri chef che si occupano di inventare ricette alternative e naturali, una cucina che vuole ricalcare quella per i padroni ma con qualche accorgimento in più in fatto di ingredienti. Già, perché alcuni alimenti possono risultare estremamente nocivi quindi è bene tenere presente poche regole prima di cominciare.
L’alimentazione dei cani si basa su necessità nutrizionali molto precise, un mix perfetto di proteine, carboidrati e grassi che deve essere rispettato per poter garantire la perfetta salute dell’animale. Ecco quindi che un giretto dal veterinario per ricevere qualche informazione in più su caratteristiche ed esigenze legate alla razza ed all’età del cane possono essere fondamentali per comprendere quale strada alimentare intraprendere.
Ora passiamo alla composizione del pasto ideale: proteine (carne bianca o rossa, da alternare a pesce, uova o formaggio magro) e carboidrati (pasta, riso, pane secco, verdure e cereali).
Gli esperti consigliano carne non troppo grassa da bollire per un paio di minuti, formaggio light, uova cotte e sbriciolate nel pasto con tutto il guscio perché ricco di calcio, pasta e riso ben cotti e sciacquati per togliere l’amido, verdura cotta ad eccezione di spinaci, bietole e cicorie la cui quantità deve essere controllata.
Nella lista dei cibi da bandire ci sono cioccolata, caffè e tè per il loro contenuto di sostanze eccitanti, cipolla aglio e cavolo, perché possono causare anemie, ed ancora lattosio, uva e uvetta, alimenti crudi, funghi, sale e zucchero, ed infine l’impasto del pane che può crescere ed espandersi fino a provocare la rottura dello stomaco e dell’intestino.
Dopo questo breve ma importante excursus, ecco qualche idea gourmet direttamente dagli esperti per realizzare preparazioni che tenterebbero ai più golosi:
Di Chiara Marando – Sabato 18 Luglio 2015
La dolce brezza marina che soffia regalando temperature inaspettate, i colori accesi che riflettono lo splendore della natura ed un mare cristallino che invita a tuffarsi: tutto questo è l'Isola d'Elba. Uno scrigno che racchiude spiagge dorate, scogliere e massicci granitici avvolti dalla macchia mediterranea, paesini incastonati nei monti che raccontano storie di popoli, sapori e profumi di una terra baciata dal sole e accarezzata dal vento. Ed è proprio questa varietà di luoghi e paesaggi la caratteristica dominante dell'Isola, un alternarsi di spiagge che passano dai lunghi arenili di sabbia dorata, alle piccole calette di sassolini, ai ciottoli bianchi fino al liscio granito. Si può scegliere ogni giorno un punto diverso in cui fermarsi per lasciarsi andare a sole e relax.
La spiaggia di Cavoli è una delle perle dell'Isola. Si affaccia all'interno di una splendida insenatura circondata dalla vegetazione, il punto ideale per chi ama la tranquillità e lo spettacolo di un cielo stellato che si riflette nel lento movimento delle onde in notturna.
E ancora sabbia luminosa, acqua cristallina e scogliere protette da un promontorio selvaggio dominato dalla natura rendono la spiaggia di Fetovaia una tra le più suggestive dell'Isola.
Poco lontano, ideale per chi ha dei bambini e desidera la comodità, la spiaggia di Marina di Campo permette di camminare comodamente nell'acqua, con un fondale che degrada dolcemente anche oltre 50 metri dalla battigia. A due passi dal mare si apre il paese, le cui vie del centro sono continuamente animate da bancarelle, musica, ristoranti e negozietti tipici aperti fino a tardi.
Parlando di spiagge non si può dimenticare quella di Procchio, una delle più estese ed attrezzate. Percorrendo le strette stradine che fanno da anello tra i vari centri abitati si possono scorgere panorami mozzafiato dove le Isole di Capraia e la lontana Corsica fanno da cornice, calette nascoste dalla vegetazione e scogli levigati da vento e mare come nella rinomata Sant'Andrea.
Uno dei centri più mondani delle serate estive, immerso in un'atmosfera romantica soprattutto nelle ore del tramonto, quando il sole scompare dietro la Torre sul porto , è la piccola Marciana Marina. Il suo incantevole lungomare, ornato da tamerici e circondato da caratteristiche botteghe, è uno dei punti focali della vita del paese. Attraversando il vecchio borgo medievale, ciò che colpisce è la dimensione ferma nel tempo che veste ogni angolo, uno scrigno avvolto dalla macchia mediterranea che regala preziosi scorci da immortalare. La spiaggia più famosa e amata dai marinesi è quella della Fenicia, situata dietro la Torre, l’unica presente nel territorio comunale.
E poi ci sono i sapori dell'Isola. La cucina elbana si basa su piatti semplici dove dominano la fantasia e la sapienza nella scelta degli ingredienti. La lunga e complessa preparazione di alcune pietanze fa di esse delle specialità molto richieste, tra queste primeggia lo Stoccafisso alla Riese, un succulento piatto accompagnato da acciughe sotto sale, cipolla, basilico, pomodori, peperoni verdi ed ancora olive nere, pinoli, capperi e peperoncino. Altre prelibatezze sono il Gurguglione, a base di verdure, il riso al nero di seppia, i totani ripieni, il celebrato Caciucco ed altri piatti più semplici come le sardine ripiene. E visto che il dolce non può mai mancare la Schiaccia briaca è la degna conclusione: torta a base di pinoli, uvetta e nocciole con una abbondante spruzzata di alchermes.
Si dice che un buon pasto sia sempre accompagnato da un buon vino e tra le varietà proposte dal territorio dell'Isola spiccano l'Elba Bianco, l'Elba Rosso, il Rosato, l'Ansonica, l'Aleatico ed infine il Moscato da abbinare ai Cantucci per un perfetto connubio tra profumo e gusto.
Di Chiara Marando – Sabato 27 Giugno 2015
New York, ovvero la città cosmopolita per eccellenza, la Grande Mela che fa sognare, che incanta e stordisce. Le sue bellezze monumentali e la sua intensità architettonica sono ormai ben note, un tripudio di attrazioni che lascia senza fiato, il ritrovarsi increduli davanti a quei simboli di libertà tanto ostentati dalla cinematografia.
Ma quanto si sa della cultura gastronomica newyorkese? Quanto si conosce dell’identità culinaria di un luogo che ha fatto della multiculturalità il suo vessillo?
In realtà, anche in questo caso, non si può parlare di una vera e propria tradizione, ma più che altro di contaminazioni che nel corso del tempo si sono stabilizzate ed hanno portato ad una commistione vincente di sapori e profumi internazionali.
Bene, proviamo quindi a fare un breve excursus per scoprire alcune bontà e ristoranti che proprio non possono mancare in un diario di viaggio newyorkese, tenendo presente che non ci sono orari, si mangia liberamente a qualsiasi ora del giorno e della notte. Questo significa che potrà capitare di ritrovarsi seduti ad una “Bakery” alle 10 del mattino, intenti a gustare un muffin gigante con l’irrinunciabile caffè americano, e di imbattersi in qualcuno che ha scelto di mangiare un’insalata oppure un hamburger con patatine fritte. Nessuna stranezza, ma solo una parte del fascino di questa città.
Quindi, cominciamo proprio dalla colazione, forse il pasto principale perché completo di tutto e quando si dice tutto si intende un piatto come la classica torretta di pancakes con sciroppo d’acero, salsa ai mirtilli, frutta e burro, oppure uova fritte con bacon croccante e patate, ed ancora i già citati muffin…veramente spettacolari. Il ristorante Ruby Tuesday, a pochi passi da Time Square, saprà darvi il buongiorno al meglio (85 7th Ave, New York, NY 10036).
Un'altra piacevole abitudine è quella di passeggiare sorseggiando uno Smoothie alla frutta, oppure lasciandosi tentare dal Pretzel gigante o da un delizioso hot dog acquistato in uno dei tanti chioschi che animano le strade. E’ bene ricordare che lo street food a New York è ormai diventato una filosofia di vita, questo significa che sarà molto difficile non cadere in tentazione.
Sempre parlando di leccornie tipiche è impossibile non citare le golose Donuts, ciambelle fritte ricoperte di glassa, oppure i fragranti Bagel, ovvero sempre ciambelle ma questa volta di pane fragrante da imbottire con burro o salumi. Da provare il Murray’s Bagel(500 Avenue of the Americas, New York, NY 10011).
Ed ora passiamo alla carne. Che sia buona non c’è alcun dubbio, l’unico problema è che la maggior parte delle volte risulta sparire sotto uno spesso strato di salsa BBQ che ne nasconde il sapore. Se questo non spaventa ma anzi attira, allora il paradiso per gli amanti di Costine, hamburger, bistecche di manzo e maiale è il Dallas BBQ , nei pressi di Time Square: porzioni estremamente abbondanti e prezzi contenuti (241 West 42nd Street, NY).
Nel pieno centro di Time Square, invece, c’è un altro ristorante molto curioso che merita una visita: il Bubba Gamp, un locale ispirato al famoso film “Forrest Gump” dove poter mangiare sfiziosi gamberetti cucinati nei modi più disparati (1501 Broadway, New York, NY 10036).
Infine, una menzione particolare va al P.J Clarcks, vicino a Lincoln Square, uno dei locali più antichi della città che ha aperto i battenti nel lontano 1884 ed ha attraversato i grandi momenti della storia cittadina. Da qui sono passati artisti, intellettuali e personaggi noti come Jakie O, Nat King Cole, Jhonny Depp e tanti altri.Un luogo dall’anima retrò nel quale poter assaporare delle vere prelibatezze, dalla carne al pesce fresco, cucinate in modo raffinato ma al contempo semplice. Non fatevi scappare il Tortino di granchio, l’hamburger al pepe verde con salsa a parte ed un’altra specialità newyorkese, ovvero la ricca Cheesecake (44 West 63rd Street, New York, NY 10023).
D'estate il vino rosso si gusta freddo: 16 gradi è il consiglio che arriva direttamente dal Consorzio del vino Chianti
Di Chiara Marando – Sabato 20 Giugno 2015
Estate e vino, un binomio perfetto. Già, perché anche se in molti pensano di dover rinunciare al piacere di un buon bicchiere per via delle alte temperature, la realtà è un’altra.
No al vino rosso troppo caldo.
Cominciamo con lo sfatare il mito che il vino rosso debba essere servito sempre a temperatura ambiente. O meglio, tutto dipende dall’ambiente. Si tratta di un equivoco causato dal pensiero “vecchia scuola” che nega la possibilità di utilizzare il frigo come metodo di conservazione.
Invece il fresco, soprattutto durante l’estate, non solo aiuta a gustare al meglio tutti i sapori e gli aromi di un buon vino rosso, ma ne impedisce l’ossidazione e l’alterazione delle qualità sensoriali. Per non parlare del tipico Lambrusco, che può diventare anche un irrinunciabile aperitivo se servito ben ghiacciato.
La temperatura ottimale di servizio è tra i 16°-18C°, soprattutto per vitigni quali Lagrein, Teroldego, Schiava, Bardolino, Fumin e Chianti. Non a caso, proprio il Consorzio del vino Chianti ha lanciato l’iniziativa "Chianti Fresco" attraverso un particolare kit 'rinfresca vino' fornito a locali e vinerie utile per mantenere o raggiungere il livello termico ottimale. Il progetto, dal nome, "Chianti fresco: gustalo a 16 gradi", realizzato con la collaborazione di Co.Vi.Ro., l'Arte dei Vinattieri e l'Accademia della Cultura Gastronomica, desidera sfatare quello che fino ad ora era stato un tabù come ben spiega il Consorzio toscano: "Occorre seguire una semplice ma fondamentale regola, ovvero che la temperatura deve essere corretta come il clima che si trova in cantina". I famigerati16 gradi, quindi, sono perfetti per apprezzare la gradevolezza e la freschezza dei profumi che si sprigionano quando si sorseggia un calice di Chianti durante l'estate.
Ed ora un consiglio per gli amanti del vino bianco: mai berlo eccessivamente freddo perché perderebbe quelle caratteristiche che ne contraddistinguono i sentori.
Quindi, appena versato nel bicchiere, è sempre meglio aspettare qualche istante per farlo scaldare così da poterlo assaporare al meglio.
I visitatori possono selezionare i prodotti, acquistarli e farli recapitare a qualsiasi indirizzo, in Italia e nel mondo
Di Chiara Marando – Sabato 06 Giugno 2015
Occhi puntati su Expo 2015, ormai non è una novità certo, ma la vera curiosità è rappresentata dalle iniziative che ogni giorno prendono forma tra i diversi padiglioni.
Padiglioni come quello di “CIBUSèITALIA”, un luogo ideato per divulgare e valorizzare l’immagine dell’industria alimentare italiana, le sue eccellenze. Un viaggio all’interno del cibo Made in Italy, dall’agroindustria, alla ricchezza dei territori e dei prodotti, passando per gli imprenditori che questa ricchezza sono riusciti a svilupparla ed innovarla.
Ed è proprio ““CIBUSèITALIA” a lanciare l’idea della spesa virtuale. Da oggi i visitatori di EXPO potranno non solo conoscere, ma anche acquistare i migliori prodotti dello stivale, con la possibilità di riceverli comodamente nell’hotel in cui alloggiano, oppure direttamente a casa, in Italia o in qualsiasi altro Paese del mondo.
Come? Tramite il servizio CIBUS EXPO SHOP
Oltre 1.000 marchi del food italiano esposti e tra i quali scegliere per arricchire le proprie ricette quotidiane, con la possibilità di continuare ad apprezzare e degustare l’inconfondibile sapore di vere e proprie eccellenze: formaggi, salumi, riso, pasta, ed ancora dolci tipici, olio extravergine di oliva, pomodoro e caffè.
Tradizione e tecnologia si incontrano al primo piano del padiglione, dove è attivo un Service Point DHL Express che permette di creare su tablet il proprio carrello, pagare con carta di credito e segnalare l’indirizzo dove consegnare il tutto. Ma la spesa virtuale può essere effettuata anche avvicinando il proprio smartphone ai codici QR che accompagnano l’esposizione.
Infine, è attivo il sito e-commerce shop.cibusexpo2015.it.
Dal 15 al 17 maggio Sala Baganza sarà il regno del gusto con il “Festival della Malvasia Cosèta D’Or”
Di CM - Parma 06 Maggio 2015 -
Dal 15 al 17 maggio, Sala Baganza si trasformerà in un vero e proprio regno del gusto. Prende il via la XX° edizione de “Il Festival della Malvasia Cosèta d’Or”, un weekend intenso interamente legato al tema del vino e del cibo, che si animerà nella splendida cornice dell’antico Giardino farnesiano della Rocca.
Due gli anniversari che verranno festeggiati nell’edizione 2015: i 20 anni del Festival ed il primo anno del Museo del Vino, che ha sede nell’antica ghiacciaia della Rocca.
Degustazioni, laboratori, cooking show, pic nic all’aperto, spettacoli, concerti, incontri, mostre e tanto altro. Un Festival che si rivolge ad un pubblico ampio, dai giovani alle famiglie, coinvolgendolo attraverso iniziative enogastronomiche di sicuro successo, prima fra tutte la cena itinerante con il bicchiere al collo che si terrà il sabato sera per le vie del borgo ed in giardino. Un’ottima occasione per degustare le Malvasie ed i prodotti tipici di territorio che annovera eccellenze come il Prosciutto di Parma ed il Parmigiano Reggiano.
Ma l’evento non sarà soltanto questo. A riempire di profumi e sapori l’antico Giardino della Rocca Sanvitale, infatti, ci saranno anche prodotti provenienti da altre regioni, perfetta sintesi che spiega l’idea del Festival di diventare sempre di più un momento di incontro dei sapori d’Italia.
Il tutto avvolto nella suggestiva atmosfera di Sala Baganza, che per due giorni si vestirà da cittadella del vino anche grazie ai ristoranti che proporranno menù a base di malvasia, negozi aperti e gemellati con le cantine, strade chiuse al traffico e allestimenti tematici.
Per scoprire il programma di queste giornate basta consultare il sito ufficiale www.festivaldellamalvasia.it, oppure la pagina facebook.com/festivaldellamalvasia
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